I miei inizi di pesca alla Trota in un torrente
Sono passati decenni da quando, piccolo appassionato di natura e animali, mi infilai in un torrente guardando con occhi curiosi e stupiti un luogo per me completamente sconosciuto, avventuroso, molto particolare.
Forse la pesca non fu il mio primo pensiero, non avevo mai visto delle trote se non raffigurate sui libri, e non avevo amici o parenti pescatori, me li sarei fatti lì, in quei luoghi che hanno rappresentato la mia palestra di pesca alla trota e perché no, anche una palestra di vita.
Un giorno di inizi agosto, a seguito delle mie continue insistenze e richieste, con mio padre che finalmente mi accompagna, armato di una cannetta in bambù, per nulla adatta alla pesca della trota, una lenza rimediata, un amo prestato, addirittura un bullone come piombo, ripassato nel filo due volte, con due lombrichi raccolti nella piccola discarica del paese, ho ricevuto il battesimo della pesca, avevo undici anni, siamo agli inizi degli anni ' 70.
Per tutto c'è un inizio
Ovviamente non conoscevo le regole i divieti e la necessità di una licenza, né tantomeno le tecniche, non sapevo come comportarmi e muovermi, mi sono limitato a prendere una trota sfortunata, e forse a tenerla, nonostante non fosse in misura, ma non ricordo i dettagli, fu un inizio, inglorioso ma seminale per il futuro.
Feci pochissime uscite perché dipendevo dalla presenza di mio padre, pescai alcuni sfortunati pesci, ma mi appassionai, convinto l’ anno successivo di pescare trote giganti, e così, su suggerimento di pescatori locali dall’ esperienza decennale, mi comprai la mia prima attrezzatura seria, e i capi di abbigliamento utili per vivere i torrenti e le tecniche di pesca adeguate, con la promessa che alcuni di loro mi fecero di portarmi a pescare, insegnarmi a muovermi su un torrente e a comportarmi correttamente per poter vivere quello sport con profitto e divertimento.
Fu così che l’ anno seguente mi presentai attrezzato e decisamente motivato, ebbi il mio training di pesca alla trota in torrente e di pesca a spinning sul lago in cui sfociava il fiume della valle, avevo dodici anni e praticamente iniziò lì la mia avventura di pescatore di trote Fario sui torrenti dell’ Appennino Ligure, che tra qualche alto e basso, dura tuttora . . .
A distanza di così tanto tempo, posso affermare che quei primi anni di frequentazione dei torrenti si sono impressi indelebilmente dentro di me, nei sensi, nei pensieri, nelle emozioni, sulla pelle, nei miei occhi, segnandomi inevitabilmente per il resto della vita.
Tante le avventure, i ricordi, le delusioni, gli incontri, gli inconvenienti, le aspettative, le gioie, i disguidi, ogni uscita sul fiume mi ha arricchito, mi ha cambiato, mi ha donato qualcosa, ha contribuito alla mia formazione, nel carattere, nel fisico, nel cuore, nei sensi. In pratica è stata, la pesca, una maestra di vita, al pari di un caro amico, un insegnante, una guida che mi ha affiancato, aiutato a maturare, di esperienza in esperienza, negli anni più importanti della crescita.
Quegli anni in cui ognuno si forma, si afferma come persona e personalità, si costruisce i propri riferimenti e modelli, si crea le aspettative e gli ideali, si evolve da ragazzino a persona, testa pensante, creando e ampliando le proprie autonomie e conoscenze, pilastri della futura vita adulta. Credo anche che un simile interesse non si sarebbe così tanto radicato nei miei pensieri, nelle mie abitudini, nel mio immaginario, se non avessi iniziato ad appassionarmi in giovane età.
Molti buoni atleti che emergono in uno sport, cominciano a praticarlo in età precoce, diventa un elemento inscindibile della loro esistenza e spesso li accompagna per l’ intera vita. Per me è stato così con la pesca, ho iniziato ad avvicinarmi con continuità dai dodici anni, età in cui si impara in fretta, si ha entusiasmo, si partecipa e si cresce con il proprio sport, ci si misura con la propria passione, che, per inciso, non mi ha ancora abbandonato.
La pesca ha dato un suo contributo, per me sicuramente importante, la prova è che ancora oggi amo viverla, magari con uno spirito diverso ma sempre con l’ entusiasmo e i presupposti del primo giorno, ovvero passare qualche ora in luoghi piacevoli, a praticare un’ attività splendida e avventurosa, in pace con il mondo e con me stesso, senza forzature ed esibizionismo, con grande rispetto dei luoghi, delle regole e di tutto ciò che mi circonda.
Un pensiero corre, doveroso, ai miei genitori, soprattutto a mia madre, che accettarono il mio nuovo hobby, presto tramutato in passione sfrenata, perché durante le estati successive, frequentando durante gli anni a seguire sempre gli stessi luoghi, io ero immerso in torrenti, affluenti, laghetti, boschi luoghi selvatici e quasi selvaggi, poco frequentati o per nulla abitati, sempre alla ricerca di nuove emozioni, avventure e catture, e spesso non mi vedevano per quasi tutto il giorno, non sapendo esattamente dove e con chi ero, quando sarei tornato, cosa mi poteva succedere, e altro ancora, limitandosi ogni tanto a dirmi di stare attento e di non farmi male.
Dalla mia parte c’ era il fatto che ero considerato un ragazzino tranquillo, attento, cosciente dei pericoli e sufficientemente attrezzato per potermi muovere in simili ambienti, ma certamente l’ imponderabile può essere sempre in agguato e sotto certi aspetti, ripensando oggi a tutto quello che ho fatto e vissuto in quei luoghi, sono stato anche molto fortunato !!
Le centinaia e centinaia di uscite su torrenti diversi, in condizioni meteorologiche le più variabili e spesso inclementi, in luoghi isolati, impervi, difficili, in quasi assoluta solitudine e lontananza da ogni avamposto di civiltà, con la probabilità di un incontro sgradito come una vipera, e la costante possibilità di un infortunio, anche banale, ma potenzialmente pericoloso, mi fanno pensare che ho avuto anche una buona dose di fortuna e di coincidenze positive, che la mia attenzione e concentrazione sono state sicuramente utili ma non garanti assolute di certezze, o di totale sicurezza.
Per fare una similitudine che renda l’ idea, in alta montagna qualche volta avvengono disgrazie che sono il frutto del fato e delle coincidenze, poiché la preparazione, la tecnica, l’ esperienza, l’ attrezzatura sono quasi sempre ai massimi livelli, ma purtroppo l’ imponderabile, il disguido, l’ errore o la semplice distrazione, hanno spesso conseguenze fatali.
E molti dei luoghi, dei torrenti ed affluenti che ho percorso, dei sentieri e dei fuori pista in boschi e monti spesso mai percorsi prima, nascondevano sicuramente insidie e pericoli, possibili frane, scivolate, cadute, botte contro massi e distorsioni o altre fatalità, come pure i rischi di fare tardi ed essere raggiunti dal buio in pieno bosco, le condizioni atmosferiche avverse, insomma, molte situazioni sono state vissute ai limiti del pericolo e con una buona dose di incoscienza, che era sicuramente aiutata dall' entusiasmo e dalla voglia, quasi un' impellenza, di avventura, di pescare la trota della vita, di vedere luoghi quasi inaccessibili e quasi mai percorsi da piede umano, ma solo da cinghiali, caprioli e altri animali selvatici.
La conquista dell'autonomia
Ho così trascorso un paio di stagioni estive di coesistenza e collaborazione con alcuni pescatori del posto, dai quali ho assorbito tante informazioni, molti utili suggerimenti ed il corretto approccio a muoversi su un torrente, luogo decisamente particolare e differente da qualsiasi altro, anche per la necessità di avere il giusto approccio alla pesca della trota, che in successivi capitoli illustrerò più nel dettaglio, iniziai a distaccarmene, trovando gradualmente la mia autonomia. Come un allievo che, seguito un maestro o una scuola, comincia a praticare da solo un’ attività, che sperimenta il suo percorso, elaborando in modo nuovo e personale quanto visto, imparato, vissuto.
Con questo non voglio dire che rinnegai i miei compagni di avventure, o che mi isolai, perché le uscite di pesca con loro, mirate ad esplorare luoghi poco conosciuti, a sperimentare nuove esche artificiali o tecniche particolari, rappresentavano una parte del mio bagaglio culturale e di condivisione, ma sviluppai parallelamente a ciò una mia personale e solitaria gestione dell’ arte di pescare, un modo originale e autonomo di approccio al torrente. Per inciso, è vero che spesso pescavo in compagnia di un amico, appena più grande di me, che i luoghi, boschi, sentieri e fiumi erano allora più popolati, che tutti mi conoscevano, che lasciavo sempre detto, o quasi, dove mi recavo, ma dopo i quindici anni venne spontanea la scelta di muovermi da solo e più avanti spiegherò perché.
Cominciai a cercare i luoghi di pesca meno convenzionali, più isolati, perché lì erano le trote più grosse, indisturbate, perché lì erano più alte le probabilità di essere soli, di essere i primi, di far fruttare la giornata di pesca, unito anche al senso di avventura, al piacere di vedere affluenti nuovi, allo stimolo di percorrere tratti di torrente che riservavano una sorpresa ad ogni lago, sia per la bellezza e novità dei posti, sia per le possibilità di incontrare trote in luoghi dove la maggior parte dei pescatori non si avventuravano mai. Dirò anche che col tempo, e l’ esperienza, ho spesso privilegiato la pesca su affluenti minori, caratterizzati da un senso di intimismo spesso notevole, quasi dei rigagnoli in estate, ma che possono riservare grosse soddisfazioni, sia per la pesca in sé che per i bellissimi luoghi, impervi e solitari, che sono parte integrante del piacere di percorrerli.
Di certo questi piccoli affluenti laterali non sono mai ricchi di fauna acquatica, per ovvii motivi, tra i quali la difficoltà dei pesci a risalire, ci sono dei punti nei quali anche un essere adattato a nuotare controcorrente come la trota non ce la fa a superare balzi e strapiombi. Inoltre nei piccoli rigagnoli secondari, c’ è meno acqua in estate e meno cibo a disposizione, minori opportunità riproduttive, condizioni di vita decisamente difficili, che comportano anche una maggior lentezza nella crescita dei pesci stessi. Vanno tenuti presente, riguardo a queste mie scelte, anche dei motivi più sottili, gli affluenti hanno dalla loro un’ accessibilità e una logistica limitata rispetto al torrente principale, sentieri, passaggi, punti di uscita e questo preserva di più le poche, spesso belle trote, che lo popolano. Inoltre, cosa non rara, succede che qualche pescatore abbia seminato degli avannotti in un affluente con l’ idea di venire a pescarle qualche anno dopo, non tornando mai più in loco, bene, chi giunge per primo su un tale corso d’ acqua cinque, otto anni a seguire, potrebbe non credere ai propri occhi, trote belle, meno diffidenti, in poche parole una riserva di pesca personale.
Un’ altra regola fondamentale, per la pesca alla trota, è di essere i primi, a percorrere il torrente, altrimenti le probabilità di non vedere neanche un pesce sono elevate, chi percorre il torrente per primo nella giornata, è nella condizione ideale di incrociare trote non disturbate, attive, spesso in caccia, motivate ad abboccare se non ci si palesa malamente. Chi segue, trova trote disturbate e impaurite, quasi sempre in tana, non motivate a mangiare ma solo a mimetizzarsi salvo qualche rara eccezione, magari un pesce che si trovava in tana al primo passaggio, potrà mostrarsi al secondo pescatore che transita in quel tratto di fiume.
Agli inizi l’ aspetto della sfida, l’aspetto ludico, il cercare di catturare tanti pesci, uno più del mio compagno di pesca, prendere la trota grossa, quella sognata da tutti, erano gli stimoli e le aspettative principali, oggi, a distanza di oltre quarant’ anni, alcune sono rimaste identiche ma altri elementi sono cambiati, come io sono cambiato, obiettivi modificati e maturati dalla vita, come ogni periodo ed esperienza dell’ esistenza è in grado di fare, influendo su scelte, interessi, passioni.
Ogni uscita di pesca è sempre ricca di emozioni, carica di coinvolgimento, ma alcuni elementi di fondo sono decisamente mutati, diversi, nuovi. Esiste un’ aumentata consapevolezza e conoscenza dei propri limiti, concetti che a quindici anni risultano decisamente approssimativi, c’ è un maggior rispetto di ciò che mi circonda, dovuto alle maggiori conoscenze e alla maturazione, ci sono elementi e momenti che vengono gustati diversamente, perché allora la mia stagione di pesca durava tutta l’ estate e coincideva con la vacanza scolastica, tale che potessi uscire a pescare tutti i giorni e io spesso lo facevo due volte al giorno. Oggi non solo non ho il tempo per poterlo fare, ma anche fisicamente non sarei in grado di mantenere i ritmi degli anni in cui il fisico mi assecondava in tutte le mie richieste, anche le più ardite e impegnative.
Come capita spesso nella vita normale, devo fare i conti con le energie e i ritmi di una persona di mezza età, che non sempre riesce a fare ciò che lo spirito vorrebbe, ciò che le emozioni esigerebbero. Sono infatti costretto a mediare tra spinte emotive e possibilità fisiche, mentre un giovane neppure sa cosa siano tali limiti o non riflette minimamente sulla possibilità di porsi dei limiti. Ai tempi della mia gioventù, anagrafica e di pesca, potevo pescare per quattro ore il mattino e replicare per altrettante ore il pomeriggio, senza grossi contraccolpi fisici, tranne magari un piccolo indolenzimento alle gambe, ed il giorno dopo, ripartire per un altro tratto di torrente.
Valutando questa passione sotto il punto di vista odierno, la consapevolezza acquisita e il cambiamento di ritmo attuali mi impongono di godere di più dei tempi che posso dedicare al mio hobby, mi fanno centellinare di più le emozioni, i luoghi, le situazioni, con lo spirito di chi ha un bel momento e lo vuole ricordare, di chi vive un attimo prezioso, visto più come un dono e non come un diritto, vissuto come una gratificazione e non come una vittoria del sé sul mondo esterno, piuttosto di compartecipazione con tutto ciò che mi circonda, sia del mondo inanimato, l’ ambiente, sia degli esseri viventi che lo popolano e con esso interagiscono.
Una storia che continua
Centinaia, dicevo, le avventure, gli aneddoti, le situazioni vissute, alcune le racconterò nel proseguo, non prima di aver fatto un minimo di introduzione sulla tecnica e le modalità di pesca alla trota, che possono sembrare semplici o ripetitive, ma che invece nascondono molteplici sfaccettature, numerose varianti, tanti aspetti che apparentemente sono secondari, ma che spesso determinano i risultati finali di una battuta di pesca alla trota.
Tutto ciò non per fare dello sterile tecnicismo o per entrare in argomenti e terminologie da iniziati, ma soprattutto per permettere a chi legge di entrare meglio nei meccanismi che regolano la pratica della pesca in torrente, e capire meglio le emozioni che sottendono una simile passione.
E con le prossime puntate di questa mia nuova avventura sul Blog di Melius Club, spero di appassionare anche voi a questo bellissimo hobby, sport, mezzo per vivere la natura, se mi seguirete mi auguro che la condivisione delle mie avventure sia cosa gradita e fonte di reciproco scambio di esperienze e di condivisione di passioni, emozioni e ricordi . . . !!!
A presto su questo torrente, Dario
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