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Melius Club

Il Complotto Pugliese


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Inviato

Noncielodicono.

Ovvero come in Puglia si anticiparono alcune vicende che hanno caratterizzato la pandemia di Covid. 

 

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Il racconto
Dieci anni di Xylella
il fuoco invisibile
lasciato libero
di uccidere gli ulivi

La storia” credo l’abbiate 
sentita tutti almeno una 
volta ed è questa: «L’ulivo 
è una pianta immortale 
sulla quale, in Puglia, è sta-
to scoperto un batterio — 
in realtà del tutto innocuo 
— e l’Unione europea e le multinazionali vo-
glio approfittarne per distruggere gli alberi 
più antichi del Mediterraneo. A difesa dei 
maestosi ulivi ci sono solo gli abitanti del 
posto che protestano e si oppongono al fol-
le sterminio». Qualsiasi sceneggiatore vi di-
rebbe che “La storia” funziona, non a caso è 
grossomodo la stessa trama di Avatar, il 
film che ha il record d’incassi di tutti i tem-
pi, il tipo di primato che non si ottiene per 
caso, ma perché gli autori riescono a parla-
re alla psiche profonda delle persone. Per-
sonalmente incontro “La storia” nel 2015 
quando, preoccupato per gli ulivi della mia 
famiglia, incomincio a studiare l’epidemia 
e a scriverne. Scopro così che “La storia” ha 
un problema non di poco conto: è falsa, 
completamente falsa.
Xylella in realtà è tutt’altro che innocua, 
è davvero un batterio mortale e non è stata 
diffusa da scienziati pazzi di Bari (un’ipote-
si complottista che da mezzo leccese all’ini-
zio avevo trovato anche io piuttosto plausi-
bile), bensì è arrivata in Italia dal Costarica 
su di una piantina di caffè ed è passata indi-
sturbata attraverso i porosi confini della co-
munità europea. L’unico modo per salvare 
gli alberi è abbattere gli esemplari infetti in 
modo che non possano essere la base di 
un’ulteriore diffusione della malattia. Sco-
prire tutto questo — anche se duole un po’ 
alla mia autostima confessarlo — non è sta-
to poi così difficile: era già allora nero su 
bianco nelle carte della comunità scientifi-
ca mondiale, chiunque poteva leggerlo e in-
fatti non fui certo l’unico a scriverlo, per 
lungo tempo però rimase una consapevo-
lezza condivisa da una minoranza piutto-
sto ristretta di persone. Il dominio de “La 
storia” era pressoché assoluto. Negli otto 
anni successivi, ogni volta che saltava fuori 
che avevo lavorato su Xylella mi sentivo in-
variabilmente dire: «Conosco la storia: in 
Puglia vogliono tagliare gli alberi anche se 
in realtà stanno benissimo!». Accadeva in 
qualsiasi parte d’Italia mi trovassi e nei con-
testi più disparati, nel frattempo però 21 mi-
lioni di ulivi stavano morendo davvero, e la 
loro larghissima maggioranza, se non fosse 
stato per “La storia”, si sarebbe potuta sal-
vare. Tra questi c’erano anche gli alberi del-
la mia famiglia. 
Il fatto è che “La storia” era più affasci-
nante della realtà: forniva false speranze, 
garantiva audience, prendeva like, vende-
va copie, otteneva voti alle elezioni, faceva 
anche sentire moralmente superiori, il che 
non guasta mai. A favore de “La storia” in-
tervennero scrittori, cantanti, comici e atto-
ri. In virtù de “La storia” per anni non si ta-
gliarono gli alberi infetti o se ne tagliarono 
molto pochi e molto lentamente. Rove-
sciando il principio di precauzione si accet-
tò il rischio molto alto — che dai primi mesi 
del 2016 diventò una certezza scientifica 
non più discutibile — che l’epidemia si dif-
fondesse. 
Per sei mesi gli alberi destinati al taglio 
vennero sequestrati dalla magistratura lec-
cese e gli scienziati che avevano scoperto il 
batterio vennero accusati di averlo diffuso, 
venne messo sotto inchiesta anche il com-
missario speciale all’epidemia che, incre-
dulo, si dimise. Per mesi non furono più ef-
fettuati neppure i monitoraggi e il fronte 
dell’epidemia avanzò rapidamente. Nei primi 
anni di Xylella in Puglia abbiamo avuto una di-
mostrazione vegetale di cosa sarebbe potuto ac-
cadere con gli esseri umani se la prima e più pe-
ricolosa ondata di Covid non fosse stata affron-
tata con decisione. 
Oggi le misure di contenimento sono migliori 
ma ancora insufficienti e l’epidemia continua 
lentamente ad avanzare, nel silenzio generale e 
nella pressoché assoluta incredulità del prossi-
mo territorio destinato ad essere colpito. Una 
caratteristica di questa vicenda è infatti che, 
grazie a “La storia” e alle sue varianti, la mag-
gior parte delle persone non crede mai alla real-
tà della malattia fino a quando non è troppo tar-
di. Nella piana degli ulivi secolari fra Ostuni e Fa-
sano gli olivicoltori che hanno fatto gli innesti 
per salvare gli alberi si contano sulle dita di una 
mano: hanno avuto anni di tempo per preparar-
si e non l’hanno fatto. “La storia”, ancora una 
volta, è stata più forte. 
Ma cosa succede agli abitanti di un territorio 
travolto da una narrazione così potente e al tem-
po stesso fondamentalmente falsa? In un certo 
senso non esiste un incubo più contemporaneo 
di questo e Xylella è stata per me anche un’op-
portunità unica per entrare dentro un microco-
smo che per un lungo periodo ha abdicato alla 
razionalità. 
Proprio per rispondere a questa domanda ho 
scritto Il fuoco invisibile — Storia umana di un di-
sastro naturale, un libro che mi ha portato a rac-
contare i meccanismi di questa illusione collet-
tiva e a conoscere i protagonisti ignorati di 
questa vicenda. Fra di loro Donato Boscia, 
lo scienziato del Cnr che per primo capì 
che qualcosa non tornava nei disseccamen-
ti sugli ulivi di suo suocero e mise in moto 
la macchina che portò all’identificazione 
del batterio, prima di allora sconosciuto in 
Europa; nei laboratori ho incontrato anche 
Maria Saponari, detta dai colleghi Messi, la 
punta di diamante del Cnr di Bari, la prima 
scienziata che sia riuscita a isolare Xylella; 
sia Maria che Donato oggi sono a capo dei 
maggiori progetti di ricerca europei su Xy-
lella e vengono premiati in tutto il mondo, 
in Italia invece sono stati dipinti per anni 
come degli untori. O ancora Francesco Cur-
ci, l’agronomo di Oria che denunciò il foco-
laio nel suo paese e diventò un paria, osteg-
giato da tutti perché si era permesso di ri-
spettare la legge. Per non parlare di France-
sco Castrignanò, un ottantenne di Torchia-
rolo che aveva comprato degli ulivi dopo 
anni di lavoro alla Volkswagen, in Germa-
nia: quando lo conobbi aveva appena rice-
vuto l’ordine di taglio — scritto in un’incom-
prensibile lingua burocratica — e scoppiò a 
piangere davanti ai miei occhi; eravamo 
sotto i suoi grandi ulivi, a quasi cento chilo-
metri dal primo focolaio, il suo era un lutto 
che si sarebbe potuto evitare, come decine 
di migliaia di altri. 
Negli anni ho parlato per ore con Ivano 
Gioffreda, uno degli esponenti di punta del 
movimento negazionista e autore del pri-
mo esposto alla procura di Lecce, così co-
me sono diventato amico di Giovanni Mel-
carne, un olivicoltore visionario che le ha 
provate e le prova ancora oggi tutte per ren-
dere l’ulivo di nuovo coltivabile nel Salento 
e ricominciare così a produrre il suo olio ex-
travergine di straordinaria qualità. Tutte le 
vittime di questa storia hanno dimostrato 
una pazienza infinita e tipicamente meri-
diana, negli anni mi sono trovato ad ammi-
rare la loro fiducia nel fatto che, prima o 
poi, giustizia sarebbe stata fatta. Nicolás 
Gómez Dávila ha scritto che il tempo è temi-
bile non tanto perché uccide, quanto per-
ché smaschera, e alla fine è proprio quello 
che è successo con Xylella: lo smaschera-
mento è costato però la distruzione dell’e-
cosistema di intere province. Al cuore del li-
bro c’è poi la storia per me più importante, 
quella di mio padre che ha cercato in tutti i 
modi di salvare gli ulivi di mio nonno e di 
suo nonno e ancora oggi, a quasi ottant’an-
ni, attende con personale ossessione ai po-
chi esemplari sopravvissuti e ormai ridotti 
al lumicino. Per noi gli alberi non rappre-
sentano più un lavoro, sono una questione 
di continuità familiare: ogni ulivo è la testi-
monianza di una lunga catena di esistenze 
umane, spezzarla è un delitto dei più atro-
ci. 
Vent’anni fa, poco prima di morire, mio 
nonno sognò che un ulivo di una sua cam-
pagna, un grande albero che si affacciava 
verso la strada vicinale, era completamen-
te bruciato. Disse che era bruciato senza 
fiamme, come consumato da un fuoco invi-
sibile. Molte volte negli anni ho sentito rac-
contare quel sogno e oggi i rami di quell’al-
bero sono davvero senza foglie, il legno è 
imbrunito, è uno scheletro che spunta co-
me una cuspide nera sopra il muretto a sec-
co che lo divide dalla strada. Non è stato un 
incendio a ridurlo così ma un fuoco invisibi-
le. Scrivendo ho finalmente scoperto la na-
tura di questo fuoco invisibile: è il potere ar-
caico e inarrestabile che le storie esercita-
no sugli esseri umani. 
 

  • Thanks 1
Inviato
25 minuti fa, wow ha scritto:

si anticiparono alcune vicende che hanno caratterizzato la pandemia di Covid. 

Vero, comprese le decine e decine di ore-video in tV regalate ad ogni sorta di negazionista e/o stregone che sosteneva di aver trovato la cura, dal "basta trattar bene gli alberi" a quello che "io con gli olivi ci parlo e li guarisco" passando dall'inevitabile complotto di "big-pesticid" e da "Xilella c'è sempre stata"

  • Melius 2
Inviato

quando c'e un incendio in una foresta

si tagliano le piante (sanissime e manco tiepide)  intorno alla zona che sta bruciando per evitare che le fiamme si propaghino a tutto il bosco passando di pianta in pianta.

Che l'agente distruttivo sia fiamma o parassita che differenza fa?

 

Mistero...

.

 

quando leggo questi "articoli" mi viene un attacco di pecolla

(la pel del cul che si discolla)

 

 

Inviato

Proprio ieri un grosso camion ha scaricato in un giardino qui nei pressi quattro ulivi secolari trasportati chissà da dove. Queste importazioni sempre più frequenti non mi piacciono e non so neppure se siano legali. Temo possano infettare zone al momento sanissime. Su questa moda bisognerebbe mettere un punto fermo. 
I miei ulivi ringraziano.

  • Melius 2
Inviato
1 ora fa, mom ha scritto:

non so neppure se siano legali.

contatta la forestale e chiedi lumi

Schelefetris
Inviato

se non sono stati acquistati in vivaio sono illegali.

 

Inviato

Tempo fa un ex-compagnuccio delle medie ora compagno di spritz  (di dinastia florovivaistica) mi diceva che gli olivi secolari costituivano un bel bizness nel mercato dei villettari:  Vialetto in piastre d'ardesia, lampioncini in ghisa stampata, cespo di typha latifolia in mezzo al quadrato erboso e, appunto, ulivo secolare nel francobollo di terra davanti casa.

Poveri olivi, nel clima della pianura padana tirano a campare a suon di flebo e rimangono rachitici. Tronchi enormi (se spaccati costano di più)  con pochi rametti focomelici dalle foglioline in sciopero permanente effettivo...

Molto bene invece gli olivi nelle rive collinari protette, non subiscono la nebbia e rendono anche dal pdv oleario, sopratutto dal lato della qualità. Non diventano però secolari, a queste latitudini la gelata esiziale ha tempi di ritorno di una ventina d'anni. 

Inviato

ma magari una botta a meno 10 anche di giorno per almeno una settimana come nell' 85

chissà che schiattassero per sempre un bel pò di cimici

Inviato

Che l'olivo inizi a rendere anche a nord (cambiamento climatico) è testimoniato ad esempio da questo impianto in piena proseccolandia (I mean: Non ha piantato olivi al posto di sorgo da silos) :

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Inviato

Oggi sono passata dal Gardenland e siccome c’erano alcuni ulivi secolari sono andata a informarmi. Gli ulivi in questione hanno da 90 a 180 anni, mi hanno detto. Provengono tutti dalla Spagna dove ne stanno togliendo tanti ( perché?).  Hanno svernato in Toscana e adesso sono arrivati qui. In Spagna costano pochissimo mentre qui sono molto cari anche per i vari trasporti. Mi hanno fatto vedere che le piante hanno pochissime radici per cui si collocano bene ovunque. Ho ringraziato e sono venuta via con ancora più dubbi. Loro però dicono che hanno tutto certificato. 

Inviato

piantagioni prontamente rifornite di co2 dalla contigua autostrada e vai col lissio.

Inviato
1 ora fa, audio2 ha scritto:

che schiattassero per sempre un bel pò di cimici

E un po' di zanze

  • 2 anni dopo...
Inviato

 

 

Xylella, la cura c’è sempre stata. Ora lo dice anche chi lo negava
 

 

 

- Il Dentamet, un biofertilizzante a base di rame, zinco e acido citrico, si è dimostrato efficace contro la Xylella sin dal 2018, ma è stato osteggiato da scienziati, istituzioni e stampa.

- Uno studio recente di ricercatori di Bari, tra cui Maria Saponari, conferma l’efficacia in vitro del Dentamet, sebbene non ancora testato in campo dal loro gruppo.

- Circa 1.500 ettari di uliveti trattati col protocollo Scortichini sono tornati produttivi, mentre studi preliminari indicano una possibile resilienza naturale degli ulivi.

 

Dal 2013, il disseccamento rapido degli ulivi (CoDiRO) ha devastato 800 mila ettari in Salento, con la Xylella come concausa. Un trattamento efficace esiste dal 2018: il Dentamet, un biofertilizzante economico (3 euro per ulivo all’anno), sviluppato da Marco Scortichini con Unisalento. Testato con successo su 41 piante nel 2021, ha permesso a 1.500 ettari di tornare produttivi, con oli premiati. Tuttavia, Efsa, istituzioni pugliesi e ricercatori di Bari, come Saponari e Boscia, lo hanno a lungo contestato.

 

Un nuovo studio in vitro, co-autorato da Saponari, conferma che il Dentamet è tra i migliori tra 19 battericidi testati, anche se Saponari precisa che non è una cura provata in campo. Intanto, la Xylella avanza verso Bisceglie, oltre le zone di contenimento e cuscinetto imposte dall’Ue, che prevedono abbattimenti drastici. L’istituto Pantanelli-Monnet di Ostuni applica il protocollo Scortichini da cinque anni, preservando 10 ettari di ulivi. Studi preliminari di Sapienza e Crea suggeriscono che alcuni ulivi mostrano resilienza naturale, producendo ormoni che contrastano il batterio, aprendo nuove prospettive per salvare l’olivicoltura salentina.

 


https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2025/07/20/xylella-la-cura-ce-sempre-stata-ora-lo-dice-anche-chi-lo-negava/8067404/

 

Inviato

@claravox beh ma più o meno si sa anche per altre coltivazioni cosa serve perchè si ammalino di meno.

cioè, meno chimica, meno prodotti di sintesi, coltivazioni meno intensive e meno spinte, più ore di lavoro

manuale ecc ecc in pratica non si fa più così perchè non è economicamente conveniente e vai in perdita di brutto.

Inviato
Il 22/03/2023 at 17:46, mom ha scritto:

dalla Spagna dove ne stanno togliendo tanti ( perché?)

In Spagna non si fanno problemi a fare reimpianti, via gli olivi centenari e sotto con gli oliveti a siepe meccanizzabili sopra le 1500 piante/ha. Non per nulla col doppio della superficie olivata fanno il triplo della produzione, quest'anno probabilmente sfioreranno il quadruplo.  

Inviato
10 ore fa, LeoCleo ha scritto:

l’acerbo complotto matura sempre in verità.

Me lo traduci in parole contadine

Inviato
12 minuti fa, permar ha scritto:

Me lo traduci in parole contadine

Non posso, sto leggendo la biografia di D'Annunzio, si offenderebbe!!!!

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