LUIGI64 Inviato 11 Maggio 2024 Autore Inviato 11 Maggio 2024 Capisco la battuta, ma ti rispondo seriamente ☺️ I monaci meditano soprattutto sulla vacuità dell'io Figurati se possa interessare loro abbigliamento e orpelli vari... .praticamente nulla, di nulla
LUIGI64 Inviato 12 Maggio 2024 Autore Inviato 12 Maggio 2024 Dal punto di vista etico il sé avendo raggiunto il luogo dell’“universale degli universali”, essendo diventato vuoto di sé, è ora interconnesso con tutto ciò che esiste in un rapporto o relazione che ha superato le dicotomie di soggetto-oggetto. Il luogo del nulla assoluto, infatti, è il luogo in cui ogni essere è riposto e la “sostanza” di cui ogni essere è composto. L’interconnessione tra individui (e le cose), allora, può accadere spontaneamente proprio perché essi sono già da sempre intrisi di nulla assoluto, sono modellati dalla stessa “sostanza”. L’individuo, infatti, può essere definito come un qualcuno che allo stesso tempo è assoluto e relativo: assoluto perché ogni individuo è unico, irripetibile ed insostituibile; relativo perché egli, essendo posto come gli altri all’interno di un medesimo universale e non essendo nient’altro che una delle tante concretizzazioni del nulla assoluto che forma anche gli altri individui, si trova a condividere con loro una stessa origine, una stessa matrice di provenienza. Eppure, per Nishida, è proprio qui, in questo rapporto dialettico tra individui in cui essi divengono totalmente relativi ed intercambiabili nel loro essere assoluti e insostituibili, nella loro paradossale individuazione per indeterminazione, che il sé – vuoto di se stesso – può unirsi agli altri individui in concreti gesti di responsabilità, compassione e amore. Questa vera compassione e amore sono possibili solo se il sé si scrolla di se stesso, diventa “nulla”, e condivide la sua vita con gli altri individui all’interno del terreno unificante del nulla assoluto, un nulla che a questo punto non deve solo essere contemplato ma anche vissuto. C’è infatti una stretta correlazione tra conoscenza e amore: quanto più il sé è autoconsapevole del suo essere “nulla”, tanto più esso si perde all’interno di quell’amore che assorbe e risolve in sé il conosciuto e il conoscente, colui che vede è ciò che viene visto. È solo in questo ambito interpersonale, in cui il “vero Sé” non riduce gli altri individui ad essere dei semplici oggetti offerti alla sua coscienza intenzionale, che la “spontaneità” derivante da quell’amore è capace di far sorgere un’infinita responsabilità verso altri individui storici. Una responsabilità che non nasce dal perseguimento o adeguamento a nessuna legge morale universale, a nessun precetto etico astratto (se così fosse il sé rimarrebbe ancora situato o impigliato all’interno delle aporie dell’universale intelligibile), quanto piuttosto da quella fusione e sostituibilità con l’altro che avviene nel momento stesso in cui ogni conscia deliberazione morale e scelta personale sono state abbandonate nel loro essere all’interno del “fondamento dei fondamenti” unificante del nulla assoluto. Tratto da: La logica del luogo e la visione religiosa del mondo (Nishida Kitarō - filosofo giapponese più noto e influente all’interno e fuori del Giappone, è considerato il fondatore della filosofia giapponese moderna. È inoltre la figura ispiratrice di un gruppo di intellettuali noto come «Scuola di Kyoto», una delle esperienze più creative e importanti nel panorama di pensiero del Giappone moderno e contemporaneo)
LUIGI64 Inviato 12 Maggio 2024 Autore Inviato 12 Maggio 2024 Non sapevo che F. Nietzsche si fosse interessato al Buddhismo, non avendoci capito granchè, mi pare... Proseguendo il profondo interesse di Schopenhauer per il buddhismo, Nietzsche fa costanti riferimenti alle idee buddhiste nella sua trattazione del nichilismo. Egli riprese le simpatie di Schopenhauer, ma sbagliò specialmente riguardo alla tradizione Mahāyāna. Come ho ricordato prima, egli si riferì al più estremo nichilismo del «nulla (il “nonsenso”) eterno» come «la forma europea del buddhismo», e denominò la catastrofe nichilistica che stava per abbattersi in Europa «il secondo buddhismo». Inoltre, in base al pensiero che la sincerità coltivata dal cristianesimo riveli la falsità del cristianesimo stesso, egli chiamò la posizione del «tutto è falso» un «buddhismo dell’azione (Tat)», e considerò una tale «aspirazione al nulla» un «tratto buddhistico». Agli occhi di Nietzsche, il buddhismo è il culmine di ciò che egli chiama décadence: una completa negazione della vita e della volontà. Paradossalmente, non fu nella sua visione nichilistica del buddismo, ma in idee come l’amor fati e il dionisiaco come superamento del nichilismo, che Nietzsche si avvicinò al buddhismo, e specialmente a quello Mahāyāna. Ad esempio, come ricordavo prima, egli parlò del dionisiaco come una «grande simpatia panteistica del gioire e del soffrire» e un «senso dell’unità necessaria del creare e del distruggere». Va oltre l’ambito di queste pagine tentare una comparazione con il buddhismo. Ciò che è chiaro, comunque, è che c’è nel pensiero Mahāyāna una posizione che non può essere raggiunta neanche dal nichilismo che supera il nichilismo, sebbene quest’ultimo possa tendere in quella direzione. Per questa posizione: In virtù della vacuità tutto può nascere Ma senza la vacuità niente può nascere (Nagarjuna) In altre parole, tutto è possibile in una persona nella quale nasce la natura di vacuità Tratto da: Dialettica del nichilismo (Nishitani Keiji - Filosofo e studioso della scuola di Kyoto. Studiò con Martin Heidegger. Ha ricoperto la cattedra principale di Filosofia e Religione presso l'Università di Kyoto dal 1943, fino a diventare emerito nel 1964. Ha poi insegnato filosofia e religione all'Università di Ōtani. In vari periodi Nishitani fu professore in visita negli Stati Uniti e in Europa)
Savgal Inviato 12 Maggio 2024 Inviato 12 Maggio 2024 Fisica: scienza rivolta a fornire una descrizione razionale di quelli tra i fenomeni naturali che sono suscettibili di sperimentazione e che implicano grandezze misurabili. La fisica moderna è incentrata sulla matematica, non sul linguaggio naturale, ed è ciò che la rende ostica. Già lo sono le derivate per il calcolo della velocità istantanea nell'accelerazione nella meccanica classica. Se poi si parla di meccanica quantistica, l'equazione di Schrödinger è ben oltre la portata di uno studente di un liceo scientifico.
LUIGI64 Inviato 12 Maggio 2024 Autore Inviato 12 Maggio 2024 57 minuti fa, Savgal ha scritto: l'equazione di Schrödinger è ben oltre la portata di uno studente di un liceo scientifico. E quindi? Non vedo attinenza con l'oggetto del presente thread Poi ripeto, ovviamente può non piacere o non condividere, ma l'accostamento tra fisica quantistica e Buddhismo è stato ipotizzato da scienziati, anche eminenti e per lo più occidentali Inoltre, ho inserito citazioni con riferimenti ben precisi sul pensiero orientale e non solo Teorie che per certi versi, possono disorientare risultando a volte addirittura spiazzanti...
briandinazareth Inviato 13 Maggio 2024 Inviato 13 Maggio 2024 10 ore fa, Savgal ha scritto: La fisica moderna è incentrata sulla matematica, non sul linguaggio naturale, ed è ciò che la rende ostica. e come già diceva cicerone, se si vuole analizzare qualcosa occorre innanzitutto dare delle definizioni precise. e il linguaggio naturale usato in modo ampio diventa una trappola piena di false analogie. già le parole "vuoto", "tutto", "amore" e tate altre usate con faciità, senza una definizione precisa possono significare tutto e niente.
LUIGI64 Inviato 13 Maggio 2024 Autore Inviato 13 Maggio 2024 Tali analogie, non sono state ipotizzate dal sottoscritto, o da scienziati improvvisati, forumisti o fenomeni da web Vabbe'....
LUIGI64 Inviato 13 Maggio 2024 Autore Inviato 13 Maggio 2024 Il buddhismo oggi sta conoscendo un nuovo slancio. Ai giorni nostri il dialogo tra buddhismo e fisica quantistica sta diventando sempre più serrato. Anton Zeilinger (oggi uno dei miei punti di riferimento), fisico sperimentale di Vienna, incontrò pochi anni fa il Dalai Lama, cui raccontò la natura ultima della materia e della luce, cercò di dare un’indicazione su quello che si studia nei laboratori e di come lo si sta facendo, spiegò il concetto di elettrone e di fotone e la loro continua correlazione. Il Dalai Lama raccontò a Zeilinger la storia del buddhismo, di come sia diventato una via di mezzo tra una filosofia e una disciplina dello spirito, e di quanto possa essere d’aiuto per la comprensione dei fenomeni irrisolti della fisica quantistica. Zeilinger replicò invitando il Dalai Lama a fare un giro nei suoi laboratori. I due partirono insieme, e all’arrivo, quando le porte si aprirono, il Dalai Lama rimase sconvolto. «Questa tecnologia noi non ce l’abbiamo!» disse. Successivamente a questo incontro, a Nuova Delhi, in India, il Dalai Lama tenne una conferenza in cui parlò della filosofia madhyamaka, e sottolineò come il buddhismo e la fisica quantistica siano complementari, e di come necessitino l’uno dell’altra Tratto da: Ogni cosa è collegata (G. Greison)
LUIGI64 Inviato 14 Maggio 2024 Autore Inviato 14 Maggio 2024 Anche il grande scienziato, Robert Oppenheimer è stato un estimatore del pensiero orientale Oppenheimer, a theoretical physicist, had been introduced to Sanskrit, the ancient Indian language, and subsequently the Gita, as a teacher in Berkeley years before. More than 2,000-year-old, Bhagavad Gita is part of the Mahabharata - one of Hinduism's greatest epics - and at 700 verses, the world's longest poem. https://www.bbc.com/news/world-asia-india-66288900
LUIGI64 Inviato 14 Maggio 2024 Autore Inviato 14 Maggio 2024 Punto nodale, il quale troppo spesso viene trascurato, o addirittura negato: Quando ero giovane, la scienza ha favorito lo sviluppo economico e materiale in maniera fondamentale. Più avanti, nel corso del Ventesimo secolo, gli scienziati sono arrivati a comprendere che anche la pace della mente è vitale per la salute fisica e il benessere dell'uomo in generale… Combinando l'empatia con l'intelligenza, spero che riusciremo a contribuire sempre di più al benessere dell'umanità. (Dalai Lama) ..... Come ha ricordato il Dalai Lama nel suo discorso di apertura, le affinità di interessi tra la scienza quantistica e la filosofia Madhyamaka, una delle principali scuole di pensiero buddhista, le aveva comprese circa 20 anni fa, dopo una discussione con il fisico nucleare indiano Raja Ramanna. Secondo quanto raccontato da Sua Santità, Ramanna aveva studiato i testi di Nagarjuna ed era rimasto molto sorpreso nel constatare quanto le idee di questo filosofo Madhyamaka di duemila anni fa fossero complementari alla comprensione della fisica quantistica contemporanea raggiunta da lui https://www.vice.com/it/article/9aqj9z/dalai-lama-fisica-quantistica
LUIGI64 Inviato 14 Maggio 2024 Autore Inviato 14 Maggio 2024 Di estremo interesse, è il concetto di vuoto anche nella Kabbalah ebraica: L’idea della creatio ex nihilo è rappresentata dall’immagine ricorrente nei testi kabbalistici secondo cui la creazione sarebbe avvenuta come espansione di un punto primordiale, rappresentante la sapienza divina – e quindi privo di spessore, «vuoto», in quanto punto geometrico –, il quale acquisisce delle dimensioni. È quindi comprensibile che all’idea della creazione dal nulla si sia associata l’idea, ancor più audace, che Dio stesso sia il nulla... ...È qui che si arresta la comprensione umana, essa non trova nulla da capire dove vi è soltanto il «nulla». Perciò, la conclusione è che il primo moto dell’atto creativo di En Sof è Ayin , il nulla. E Dio, che è En Sof in quanto essenza trascendente, ha la sua prima manifestazione come Ayin o Ayin Gamur (nulla completo). Come vedremo, la prima emanazione di Dio, nello schema delle sefirot è la «corona», luogo d’ingresso della luce divina: dietro di essa vi è En Sof , l’infinito, che si manifesta come niente, vuoto, pura presenza dichiarativa di Dio, l’«Io sono», secondo alcune interpretazioni. Secondo altre sfumature interpretative, la stessa luce emanata da En Sof , da cui deriva ogni cosa creata, deve essere pensata come il nulla stesso. Secondo l’espressione di Josef Taitazak, «nel palazzo del nulla risiede il tutto». Molti kabbalisti ritenevano che la creazione dal nulla dovesse essere interpretata come un atto interno a Dio stesso. In tale quadro va vista la dottrina lurianica dello tsimtsum , cui abbiamo già accennato, secondo cui il vuoto – il posto per la creazione del mondo – fu creato con un atto di autocontrazione di En Sof Tratto da: La Kabbalah (Giorgio Israel - Giorgio Israel - storico della scienza, matematico ed epistemologo. E' stato prof. Storia delle matematiche nell'Università di Roma "La Sapienza")
LUIGI64 Inviato 14 Maggio 2024 Autore Inviato 14 Maggio 2024 Si può forse formulare così il principio che soggiace a questo modo di vedere: la divinità nascosta – En Sof, l’Infinito –, che riposa nella profondità inconoscibile del suo essere, è priva di figura, perché è superiore a ogni asserzione e può essere colta solo nella negazione, anzi nella negazione di ogni negazione. Non ci sono immagini che la rappresentino né nomi in grado di designarla. Tratto da: La figura mistica della divinità (Gershom Scholem - Ebraista e storico delle religioni, prof. all'univ. ebraica di Gerusalemme, presidente dell'Accademia israeliana delle scienze, è stato tra i massimi studiosi della cabala, dei movimenti mistici ebraici e del movimento sabbatiano)
LUIGI64 Inviato 17 Maggio 2024 Autore Inviato 17 Maggio 2024 Nella tradizione Zen c’è una famosa serie di dieci illustrazioni note come le icone del mandriano (o del bue) che rappresentano le tappe del sentiero spirituale. ...La prima illustrazione si intitola ‘la ricerca del bue’ e mostra il giovane mandriano che si guarda intorno alla ricerca del bue: è ansioso di trovarlo ma non può vederlo, dato che non compare nell’immagine. Penso che l’immagine si riferisca all’inizio del cammino spirituale se non addirittura a una fase precedente. Può darsi che all’inizio del percorso spirituale ci capiti di sentire che nella nostra vita manca qualcosa: possiamo anche avere molti amici, ricchezza, un legame affettivo, un impegno politico, ma sentiamo di aver bisogno di qualcosa che ci manca. Perciò proviamo ogni genere di cose nel mondo esteriore, ma anche così continuiamo a sentire che ci manca qualcosa. ...E’ come se cercassi un bue mentre lo stai cavalcando": questa espressione metaforica fu usata da BaiZhang (VII sec.) per spiegare a un suo allievo che cosa fessela "buddhità". "Buddhità"! Ma che cos’è, in che consiste? E se non si risolve questo quesito, come si può individuare poi la via da percorrere per raggiungerla? "E’ il bue che stai cavalcando". In altri termini, non cercarla lontano da te; cercala dentro di te. La metafora del bue ebbe fortuna, perchè all’idea filosofica sottile e profonda accoppia un'idea visiva, rappresentativa di un concetto di per sé astratto Furono concepite immagini in cui il bue ebbe il ruolo della "coscienza di Sé", in una serie che prendeva inizio dalla ricerca della propria coscienza (la ricerca del bue), dal suo primo svelarsi (le tracce del bue) e così via via sino al compimento del processo, che si attua quando l'uomo (dopo aver soggiogato il bue) parteciperà alla vita della società nella nuova natura di colui che ha superato il dualismo tra il "sé" e il "fuori di sé" Vari artisti monaci chan hanno rappresentato la filosofìa chan con la metafora del bue. Qui non farò la storia, perchè nel testo c’è tutto. Ma le illustrazioni di questo testo sono frutto del grandissimo artista-monaco Zen Shubun, vissuto in Giappone nel XV secolo. ...La Cina dell’epoca Sung (11° sec.), era un paese di grandi sistemi filosofici, di ferventi dibattiti religiosi fra taoisti, buddisti e confuciani, di grandi scoperte scientifiche, ma soprattutto di un’estetica raffinatissima che si rivela attraverso "l'universo ineffabile" della pittura di paesaggio. In questa atmosfera particolarmente stimolante nascono i wen-jen o pittori-letterati. Wen in cinese significa "disegno", "cultura", "civiltà" e comporta in sé l’idea di verità e bellezza; jen significa uomo, così wen- jen designa per analogia l’uomo civilizzato, il saggio per eccellenza, l’uomo vero. Spesso erano anche monaci Ch’an che unificavano nella loro esistenza tutto il meglio della cultura del tempo: pittura, poesia, calligrafia, musica, filosofia, ma in maniera estremamente spontanea e informale incarnando una saggezza di vita tipicamente taoista, aperta e variegata E' da ricordare che Il simbolismo: è un linguaggio e una forma di pensiero esatta, una lingua ieratica e metafisica, non una lingua determinata da categorie somatiche e psicologiche. Suo fondamento è la corrispondenza analogica tra tutti gli ordini della realtà e gli stati dell’essere o livelli di riferimento (A. Coomaraswamy - Storico dell'arte, considerato uno dei principali studiosi dell'arte indiana e dei rapporti tra la civiltà simbolica orientale e quella occidentale) -- Quello che a noi più interessa in relazione a questo thread, è l'ottava icona/tappa L’ottava icona è un cerchio vuoto che nel Ch’an rappresenta la vacuità o illuminazione, lo stato mistico in cui si percepisce intuitivamente l’unità di tutti i fenomeni. Pur essendo il momento culminante del processo di realizzazione non ne è qui la fine, ma il passaggio che permette "il fiorire dell’essere" per poter ritornare nel mondo col cuore aperto. Frusta e corda, uomo e bue fanno ormai parte del vuoto. L’immensità del cielo azzurro in verità è difficile da penetrare. Sopra la rossa fiamma del fornello come può la neve conservarsi? Arrivato qui e solo allora ha il potere di identificarsi con la tradizione dei patriarchi ...Nel vuoto primordiale non esiste più nulla, né cercatore né oggetto di ricerca né metodi per cercare. Nel grande oceano della verità non esistono più onde e l’immensità di questo vuoto, come il cielo azzurro, è difficile da penetrare tanto è infinito. Persino le idee di saggezza e Nirvana, prima così sostanziali scompaiono come neve sul fuoco. Tutto è estremamente chiaro e trasparente. Giunto a questo livello di vuoto si può dire che la sua realizzazione è pari a quella degli antichi maestri. "Ha il potere di identificarsi con la tradizione dei patriarchi", come se attraverso la realizzazione si creasse un filo che congiunge tutti i maestri e i patriarchi illuminati di tutti i tempi. Nel Tao Te Ching è detto: "Raggiungi il vuoto estremo e conserva una rigorosa tranquillità. Raggiungendo un vuoto estremo e conservando una rigorosa tranquillità, mentre i diecimila esseri tutti insieme si dibattono, io contemplo il loro ritorno" (XVI). Gli antichi maestri che hanno raggiunto questo vuoto e che erano "abili nella via... http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/zen/iconebatchelor.htm Gran parte del testo, tratto da: Le dieci icone del bue (Migi Autore) --- Come non ricordare anche il simbolo sacro Giapponese (Zen), l'Enso ...Sono simboli di insegnamento, realtà, illuminazione, e una miriade di cose in mezzo. Apparentemente perfetti nella loro continuità, equilibrio, e senso di completezza, eppure spesso irregolare nell'esecuzione, lo sono anch'essi allo stesso tempo la forma fondamentalmente più semplice e più complessa. Essi sembrano lasciare poco spazio alla variazione, eppure nelle mani dei maestri Zen, le varietà di espressione personale sono infinite. Enso evocano potenza, dinamismo, fascino, umorismo, drammaticità e quiete. Come e perché viene utilizzata una forma così semplice per trasmettere i vasti significati e le complessità dello Zen? Come spiega Helmut Brinker: ‘original countenance before birth, of which is said in the Gateless Barrier, ‘even when one paints it, it is not painted Tratto da: ENSO Zen Circles of Enlightenment (Audrey Yoshiko Seo) Poi ci sarebbe la famosa O (cerchio) del nostro Giotto...
LUIGI64 Inviato 19 Maggio 2024 Autore Inviato 19 Maggio 2024 Come non ricordare l'istituto Mind & Life Mind & Life è nato nel 1987 dall'incontro di tre visionari: Tenzin Gyatso, il 14° Dalai Lama, leader spirituale del popolo tibetano e sostenitore globale della compassione; Francisco Varela, scienziato e filosofo; e Adam Engle, avvocato e imprenditore... Al Mind & Life Institute uniamo scienza e saggezza contemplativa per comprendere meglio la mente e creare un cambiamento positivo nel mondo. In questo momento critico della storia, è chiaro che gli sforzi per affrontare le crescenti sfide globali devono tenere conto delle nostre vite interiori e di come il benessere individuale contribuisce alla prosperità collettiva https://www.mindandlife.org/about/#mission
LUIGI64 Inviato 19 Maggio 2024 Autore Inviato 19 Maggio 2024 L’‘uso del vuoto trova le sue modalità espressive in altri ambiti dell’estetica giapponese. Si pensi, per esempio, a quanto avviene nei giardini Zen e, in modo particolare, in quella tipologia definita kare sansui 枯山水 (giardini secchi/asciutti’). Tralasciando la varietà di interpretazioni, a volte fantasiose o arbitrarie, che si sono susseguite per spiegare le ragioni della scelta di alcune composizioni, dalla disposizione delle pietre, o della ghiaia, per esempio, fino ai significati reconditi di una certa impostazione planimetrica, molto più semplicemente si può suggerire che il giardino è uno strumento concreto di aiuto alla meditazione, quasi un mandala organico, che permette a ciascuno di raggiungere quel vuoto necessario all’unione del sé con il tutto. Come ha fatto notare Pasqualotto riferendosi a uno dei più noti giardini kare sansui il Ryōanji è un oggetto da meditazione: non nel senso che sia un oggetto su cui meditare, ma nel senso che è un’occasione per mettere alla prova grado e qualità del vuoto realizzato dalla mente di chi lo contempla.(Silvia Vesco - Università Ca’ Foscari Venezia)
LUIGI64 Inviato 20 Maggio 2024 Autore Inviato 20 Maggio 2024 ...È per questo che la vita dello spirito è così straordinaria, ma allo stesso tempo così rischiosa: essa si muove sempre nell’ordine del tutto o niente, o piuttosto del tutto e del niente. Ricorderà le famose massime di Giovanni della Croce: «Per arrivare a gustare tutto, non vogliate avere gusto per niente. Per arrivare a possedere tutto, non vogliate possedere niente. Per arrivare a essere tutto, non vogliate essere niente». Il tutto non è mai la somma di tutte le parti. Todo y nada. Nonada è un termine di santa Teresa, e credo che essa utilizzi l’altro termine, così profondo, di anonadamiento, non per annientarsi ma per distruggere il suo niente. (R. Panikkar - E' stato sacerdote, dottore in filosofia, scienza e teologia, ha insegnato alle università di Madrid, Roma, Bangalore, Harvard e California)
LUIGI64 Inviato 22 Maggio 2024 Autore Inviato 22 Maggio 2024 https://www.raiplaysound.it/audio/2019/06/RADIO3-SCIENZA-del-02072019---Dellaposinizio-ec21332d-f2b6-4505-ab69-34b881a6833b.html All'inizio c'era il vuoto Intervista a Guido Tonelli
LUIGI64 Inviato 22 Maggio 2024 Autore Inviato 22 Maggio 2024 Il nulla-vuoto richiama paure ancestrali come l’incubo comune e ricorrente della caduta nel pozzo senza fondo; la vacuità è sinonimo di disvalore: un animo vuoto, un discorso vuoto. L’associazione del concetto di vuoto al nulla nasce anche per l’assonanza inevitabile, per chi appartiene alla cultura occidentale, fra la teoria cosmologica di un universo che nasce dal vuoto e il concetto giudaico-cristiano della creazione del mondo ex nihilo , dal nulla. In realtà, come vedremo fra poco, si tratta di concetti quasi opposti; il vuoto come sistema fisico è, per certi versi, il contrario del nulla. Il concetto di vuoto ha invece molti punti di contatto con lo zero. Il termine viene dal latino zephirum , che compare per la prima volta in Occidente nel 1202. In un suo scritto, il grande matematico Leonardo Fibonacci traduce in questo modo in latino la cifra araba sifr , che significa appunto zero o vuoto, per quanto nell’equivalente latino riecheggi il mito greco di Zephyros, il vento leggero che annuncia la primavera. Nell’arabo si era mantenuto il significato originale del termine che indicava il numero zero, introdotto dagli indiani, che lo chiamavano sunya , cioè v uo to. La stessa radice si ritrova nella Śūnyatā, o “dottrina della vacuità”, concetto fondamentale del buddhismo tibetano secondo cui tutti i corpi materiali sono in realtà privi di un’esistenza propria e indipendente. Furono gli Indiani a introdurre per primi il concetto di zero-vuoto. L’espressione ricorre per la prima volta in un’opera scritta in sanscrito nel 458 d.C. Il titolo è Lokavibhaga , il cui significato letterale è “Le parti dell’universo”, ed è curioso che sia un trattato di cosmologia; quasi a stabilire, fin dall’inizio, una connessione fra il concetto di vuoto e la nascita dell’universo. ....Per questo la cultura occidentale ha costruito una specie di tabù riguardo allo zero che si è poi esteso al vuoto. Di questo pregiudizio, che ancora condiziona il nostro modo di pensare, ci dobbiamo liberare per capire il meccanismo con il quale un universo può nascere dal vuoto. Il vuoto di cui parliamo non è un concetto filosofico, è un particolare sistema mater ia le , quello in cui materia ed energia sono nulle. È uno stato a energia nulla, ma è un sistema fisico come tutti gli altri, che si può investigare, misurare, caratterizzare. ...Il vuoto è cosa viva, sostanza dinamica e incessantemente mutevole, gonfia di potenzialità, gravida di opposti. Non è il nulla, è al contrario un sistema traboccante di quantità illimitate di materia e antimateria. Per certi versi somiglia veramente al numero zero, come pensavano i matematici indiani. Lungi dall’essere il non-numero, lo zero contiene l’insieme infinito dei numeri positivi e negativi, organizzati in coppie simmetriche, di segno opposto, a somma nulla. L’analogia potrebbe essere estesa al silenzio, inteso come sovrapposizione di tutti i suoni possibili che si cancellano l’un l’altro quando si sommano in opposizione di fase, o al buio che può nascere dall’interferenza distruttiva di onde luminose. Incredibile, anche lui stesse analogie..... Tratto da: Genesi (anno 2019) di Guido Tonelli - fisico al Cern di Ginevra e professore all’Università di Pisa, è uno dei padri della scoperta del bosone di Higgs. Ha ricevuto il premio internazionale Fundamental Physics Prize (2013), il premio Enrico Fermi della Società italiana di fisica (2013) e la Medaglia d’onore del presidente della Repubblica (2014) per essere “l’ultimo esempio di una tradizione di eccellenza che è cominciata con Galileo Galilei per passare attraverso scienziati come Enrico Fermi, Bruno Pontecorvo e Carlo Rubbia-
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