LUIGI64 Inviato 23 Maggio 2024 Autore Inviato 23 Maggio 2024 Ed ancora, dallo stesso testo di cui sopra: ...Questo non deve stupire, visto il ruolo che il vuoto occupa nella cosmogonia indiana e nei miti della creazione. Shiva è il dio creatore e insieme distruttore dell’universo. Quando danza, tutta la Terra trema e l’intero universo si sbriciola, bruciando sotto l’incalzare del ritmo divino. Tutto si dissolve fino a concentrarsi nel bindu , il punto metafisico al di fuori dello spazio e del tempo il cui emblema colorato viene portato sulla fronte da molte donne hindu. Poi anche il punto lentamente si dissolve e tutto si disperde nel vuoto cosmico. Il ciclo riprende quando Shiva decide di creare un nuovo universo e ricomincia a danzare. Ancora il ritmo divino produce vibrazioni sempre più ampie del vuoto che finisce per gonfiarsi spasmodicamente dando origine a un nuovo universo che prende il suo posto nel ciclo infinito delle creazioni e delle distruzioni. Questa familiarità degli Indiani con il concetto di vuoto ci permette di capire meglio perché furono loro, per primi, a conferire allo zero le proprietà di numero a tutti gli effetti e, ispirandosi al sistema posizionale già adottato dai Babilonesi, ne decretarono la gloria definitiva.
LUIGI64 Inviato 24 Maggio 2024 Autore Inviato 24 Maggio 2024 «Sentii che mi stavo immergendo in quell’acqua fresca e seppi che il viaggio attraverso il dolore finiva in un vuoto assoluto. Sciogliendomi ebbi la rivelazione che quel vuoto è pieno di tutto ciò che contiene l’universo. È nulla e tutto nello stesso tempo. Luce sacramentale e oscurità insondabile. Sono il vuoto, sono tutto ciò che esiste, sono in ogni foglia del bosco, in ogni goccia di rugiada, in ogni particella di cenere che l’acqua trascina via, sono Paula e sono anche me stessa, sono nulla e tutto il resto in questa vita e in altre vite, immortale» (Isabel Allende – Paula)
zigirmato Inviato 24 Maggio 2024 Inviato 24 Maggio 2024 @LUIGI64 Quest' oggi mi hanno invitato a cena , non vado perché son tre mesi che non mangio e mi sta scoppiando lo stomaco.😎
LUIGI64 Inviato 24 Maggio 2024 Autore Inviato 24 Maggio 2024 @zigirmato prova con la dolce euchessina Una manosanta 🤪
zigirmato Inviato 24 Maggio 2024 Inviato 24 Maggio 2024 2 minuti fa, LUIGI64 ha scritto: @zigirmato prova con la dolce euchessina Una manosanta 🤪 Sono un bambino cattivo, non me la danno 😎👍 1
audio2 Inviato 24 Maggio 2024 Inviato 24 Maggio 2024 Il 23/5/2024 at 14:00, LUIGI64 ha scritto: Il ciclo riprende quando Shiva decide di creare un nuovo universo e ricomincia a danzare. Ancora il ritmo divino produce vibrazioni sempre più ampie del vuoto che finisce per gonfiarsi spasmodicamente dando origine a un nuovo universo che prende il suo posto nel ciclo infinito delle creazioni e delle distruzioni. questa parte secondo me è veramente attuale chiedo perchè non è che segua molto, si sa chi e quando ha scritto questi passaggi nella loro forma originaria ( cioè non quelli di dopo che li hanno solo riportati )
LUIGI64 Inviato 24 Maggio 2024 Autore Inviato 24 Maggio 2024 12 minuti fa, audio2 ha scritto: si sa chi e quando ha scritto questi passaggi nella loro forma originaria ( cioè non quelli di dopo che li hanno solo riportati Credo riguardi l'Upanishad...vedo se trovo la fonte bibliografica su ultimo testo citato 1
LUIGI64 Inviato 24 Maggio 2024 Autore Inviato 24 Maggio 2024 Sul mio ebook, nessuna bibliografia...piuttosto deludente, considerando che dovrebbe essere un testo scientifico. Mah
LUIGI64 Inviato 24 Maggio 2024 Autore Inviato 24 Maggio 2024 Ripropongo.... https://melius.club/topic/19713-fisica-e-buddhismo/?do=findComment&comment=1186500
LUIGI64 Inviato 26 Maggio 2024 Autore Inviato 26 Maggio 2024 ...Personificato nell’auriga del carro da guerra– colui che tiene le redini, che guida: come nel Fedro di Platone, dunque, il principio razionale reggitore dell’intera anima umana–, il “beato” è quel Dio che è, insieme, il Dio personale di ogni uomo, il Dio creatore dell’universo, e, infine, l’Assoluto che trascende ogni forma. Sotto quest’ultimo aspetto, perciò, sarà quella realtà ultima che le successive scuole buddhistiche identificheranno col sūnya, il “vuoto”, o, in quanto mèta dell’ascesi, col nirvāna, l’“estinzione”. Il nome stesso del dio, Krishna, significa etimologicamente il “nero”, l’oscuro, e rimanda perciò alla profonda, oscura, tenebra del “fondo dell’anima”, che ciascuno di noi porta sepolta nella coscienza e che è l’essenza dell’anima nostra individuale, là dove essa si identifica con la divinità universale, o con l’universale spirito. Dio trascendente e insieme immanente... ...i fattori psichici, i contenuti mentali– che tutti vengono compresi per quello che sono: impermanenti, insignificanti, dolorosi–, sia nella forma della “piena concentrazione” rivolta dal pensiero al pensiero stesso, per cui viene meno il pensiero logico-discorsivo, fondato sulla contrapposizione soggetto/oggetto, e, insieme, svaniscono i fattori emotivi e si accede a uno stato di quieta felicità, al di là della contrapposizione stessa felicità/infelicità, si tratta comunque di pervenire a quella condizione di svuotamento dallo psichismo, a quel “vuoto” (sūnya) insieme noetico ed emotivo, che è detto nirvāna, estinzione: Non v’è fuoco pari alla passione, non vi è tenebra pari all’ira, non v’è dolore pari all’esser composto di aggregati psichici (skandha), non v’è felicità pari alla calma interiore. La fame è la peggiore malattia, le predisposizioni psichiche (samskāra) le peggiori sventure. Chi ha riconosciuto ciò secondo realtà, prova suprema felicità nel nirvāna. (Dhammapada) ...Sotto questo profilo, perciò, l’esperienza del nirvāna, nel cui “vuoto” noetico viene meno la distinzione soggetto conoscente/oggetto conosciuto, è pur sempre un’esperienza di unità, giustamente paragonabile a quella che nei sistemi ontologici indiani viene concepita come unione del Sé individuale (ātman) con lo spirito universale (brahman) ...E, come lo stoico antico, il vero monaco non è legato neppure al proprio distacco e, dunque, è capace di stare in ogni situazione– monaco anche in mezzo alla folla: Essere nudi e attaccati alla propria nudità è peggio di essere vestiti senza attaccamento al proprio vestito. Rifiutarsi di portare un vestito per dimostrare la propria libertà è una libertà di tipo legalistico. L’uomo veramente libero non ha bisogno di dimostrare la propria libertà, né a se stesso né ad altri. L’uomo veramente libero è veramente “nudo”, vuoto, e, in questo senso eckhartiano e buddhista insieme, libero anche dalle immagini di Dio: Se uno non rinuncia a tutto quello che ha, omnia quae possidet [Lc 14, 33], anche a Gesù che ha davanti agli occhi […] Perfino al Dio di Gesù, perché anche questo è soltanto un’idea che possiede il mio “ego” e che impedisce all’ego di sparire nell’abisso. Andare oltre le immagini di Gesù, che sono sempre fonte di appropriazione, nutrimento per l’egoità. Rinunciare anche a Dio per Dio: questa è la suprema rinuncia. Radicale è perciò, anche in Le Saux, la critica alla teologia: I teologi partono di solito dall’uomo in presenza di Dio […] Ora l’uomo non può essere in presenza di Dio; l’uomo non può vedere Dio senza morire. In presenza di Dio l’uomo non è. In presenza di Dio l’essere umano non è. Dio solo è […]. “Mettiamoci in presenza di Dio”: ciò non ha senso. Perché non c’è niente e nessuno in presenza di Dio. Nell’essere c’è soltanto Dio, che è faccia a faccia con sé ...L’uomo non deve fare altro che lasciare fluire la shakti, ovvero accogliere la grazia di Dio, facendo il vuoto in se stesso, con quella apertura-spaccatura di se stesso, che apre il “passaggio all’altra riva”: L’altra riva l’uomo non la raggiunge che con la spaccatura di sé, con l’apertura di sé nel punto più profondo. E ciò non può essere misurato con nessun rito, con nessuna formula, con nessuna preghiera, con nessuna legge.164 L’“apertura” (break open) corrisponde in pieno al durchbruch eckhartiano, con cui si “passa” nella Divinità: Quando accetto che non vi sia per me né paradiso né inferno (in linguaggio biblico), soltanto allora passo all’altra riva. Gesù passò in Dio quando disse: Eloi, lamma sabachtani [“Dio, perché mi hai abbandonato?”: Mt 27, 46]. Soltanto nella rinuncia all’intero sé, tutto è ritrovato, è salvato. Ma se si fa questa rinuncia con l’idea di ritrovarsi, né ci si perde né ci si ritrova. Tratto da: Oltre il Cristianesimo (Marco Vannini - filosofo, storico della filosofia e traduttore italiano - Ha insegnato Filosofia e Storia nei Licei; per un triennio Storia della Filosofia Antica nella Università di Firenze e, nel 1998, Storia della Mistica all'Istituto di Scienze Religiose di Trento. Ha tenuto seminari e conferenze in Università ed Accademie italiane e straniere)
LUIGI64 Inviato 28 Maggio 2024 Autore Inviato 28 Maggio 2024 Non sono sicuro che l’individualità che noi sentiamo come persona, come individuo, sia reale, che essa non sia un’illusione. E’ in ogni caso un’idea diffusa in Oriente, presso i maestri delle Upanishad, che si tratti di un’illusione, che noi non siamo realmente individui spirituali, ma “parte” di una stessa Entità. (La mia visione del mondo, Erwin Schroedinger).
LUIGI64 Inviato 28 Maggio 2024 Autore Inviato 28 Maggio 2024 ...Forse la spiegazione migliore delle proprietà controintuitive del vuoto quantistico ce la dà proprio la teoria dei quanti, per cui anche il campo zero è qualcosa . Ad esempio, lo stato di vuoto di un campo elettromagnetico potrebbe essere visto come l’analogo quantistico del campo nullo. In altre parole, nella teoria quantistica dei campi lo stato di vuoto non è che un altro stato della materia : uno stato che assegna valori di probabilità evocativi ad alcune misure globali teoriche ma che può dare risultati ben diversi quando effettuiamo misure locali con i nostri rivelatori di particelle. Se consideriamo che le particelle sono solo una particolare manifestazione di un campo nella teoria quantistica, lo stato di vuoto non è che la configurazione del campo in cui tale manifestazione è minima. Ma non esistono configurazioni in cui possiamo sbarazzarcene completamente. Per descrivere la probabilità non nulla di trovare «qualcosa» effettuando una misura nello stato di vuoto in una porzione ridotta di spazio e di tempo, i fisici sono soliti associarla alla possibilità di catturare una «fluttuazione» del campo rispetto allo stato zero. Misurare una particella nel vuoto, quindi, equivale a rivelare una «fluttuazione del vuoto». L’immagine intuitiva del vuoto, quindi, è quella di un mare che ribolle di attività, o meglio ancora di possibilità , dato che le fluttuazioni riguardano ciò che potrebbe accadere all’atto della misura e non eventi reali in senso classico. Pensate alle scariche di un vecchio televisore, o a quelle di una radio tra una stazione e l’altra: non c’è un segnale vero e proprio – non ci sono particelle dotate di un’esistenza finita – ma non c’è nemmeno silenzio. C’è solo il rumore bianco, un segnale di fondo casuale e incoerente. In alcuni scenari della fisica sperimentale, in effetti, le fluttuazioni del vuoto hanno esattamente l’aspetto del rumore bianco. Con l’antimateria di Dirac, le fluttuazioni del vuoto si arricchiscono ulteriormente. Possiamo paragonare gli stati di energia positiva e negativa dell’elettrone scoperti da Dirac – cioè gli stati che associamo agli elettroni e ai positroni – alle onde elettromagnetiche ipotetiche di cui ho parlato poco fa e i cui picchi e valli si cancellano completamente. Una coppia formata da un elettrone e da un positrone, quindi, sarebbe «equivalente» a una situazione in cui non ci sono particelle: nella contabilità totale della quantità di cose presenti nell’universo, la materia e l’antimateria, di fatto, si annullano a vicenda. In una teoria classica tutto ciò sarebbe impossibile, poiché sia gli elettroni che i positroni possiedono massa ed energia... Tratto da: La fisica del nulla (James Owen Weatherall , fisico, filosofo e matematico, è docente di Logica e di Filosofia della scienza alla University of California, presso Irvine. Nella stessa istituzione è anche membro dell’Institute for Mathematical Behavioral Science)
LUIGI64 Inviato 29 Maggio 2024 Autore Inviato 29 Maggio 2024 ...Come esempio tratto dal mio campo, quello della cosmologia, vorrei citare il recente libro di Lawrence Krauss, L’universo dal nulla. Krauss sostiene che le osservazioni recenti mostrano un universo dalla geometria semplice, piana, e questo potrebbe suggerire che è stato creato dal nulla. La sua argomentazione, a mio giudizio, si fonda su un errore tecnico, ma non è questo che mi interessa, in questa sede. Attraverso una rappresentazione sbagliata della fisica, salta alla conclusione che non c’era bisogno di un creatore. Il libro comprende una postfazione di Richard Dawkins, che saluta l’argomentazione di Krauss come l’ultimo chiodo sulla bara della religione. Dawkins conclude dicendo che «se Sull’origine delle specie fu il colpo più mortale inferto al soprannaturalismo [è questo il nome che usa per designare la religione], potremmo cominciare a vedere L’universo dal nulla come un colpo equivalente inflitto alla religione dalla cosmologia. Il titolo significa esattamente quello che dice. E quello che dice è devastante». La retorica è impressionante, ma gli argomenti sono superficiali. Nella sua recensione al libro di Krauss sul New York Times, il filosofo David Albert – uno dei pensatori contemporanei più profondi sulla teoria quantistica formulò la sua risposta al giusto livello, lamentando che «tutto quello che ci viene ora offerto da tipi come questi, in libri come questo, è la pallida, piccola, sciocca, rozza accusa che la religione è, non so come dire, stupida». Confrontando gli argomenti di Krauss e di Dawkins con l’attenzione e la rispettosità di quelli presentati da Hume nei Dialoghi sulla religione naturale, ridiscendendo il corso del tempo fino al Settecento, non si può fare a meno di sentire che la discussione è regredita. Hume presenta il suo scetticismo attraverso un dialogo che permette di esprimere con energia opinioni opposte, ma che, mantenendo un atteggiamento umile, non raggiunge alcuna conclusione definitiva. Dopo tutto, il suo punto principale è questo: non sappiamo se Dio esiste... Come dire, Mr. Dawkins non si smentisce mai... (aggiungo io) Tratto da: L’uomo e l’universo Dai quanti al cosmo (Neil Turok - insegna Fisica matematica nel dipartimento di Matematica applicata e Fisica teorica all’Università di Cambridge. Insieme a Steinhardt è considerato uno dei massimi studiosi di cosmologia moderna)
LUIGI64 Inviato 30 Maggio 2024 Autore Inviato 30 Maggio 2024 ...Un dio personale non può comparire in un’immagine dell’universo divenuta accessibile solo a patto di allontanarne ogni carattere personale. Sappiamo, quando sentiamo Dio, che lo sentiamo in modo altrettanto reale quanto le impressioni immediate dei sensi, quanto la nostra personalità. Come queste egli deve mancare nell’immagine spazio-temporale. “Non trovo Dio nello spazio e nel tempo”, cosí dice l’onesto pensatore scientifico, e ne è rimproverato da coloro nel cui catechismo sta pur scritto: Dio è spirito. Tratto da: L'immagine del mondo (E. Schrödinger)
LUIGI64 Inviato 1 Giugno 2024 Autore Inviato 1 Giugno 2024 Bisogna ritenere che sia di pertinenza del fisico anche l’indagine sul vuoto […] se esiste davvero o non esiste, come esso sia, e che cosa sia. Su questa base il fisico ha quasi le stesse ragioni per credere alla sua esistenza o non crederci (Aristotele) --- ...Sul piano logico, oggi non abbiamo difficoltà a concepire il vuoto assoluto, come una regione che non contiene assolutamente nulla. Ma non fu sempre così, e questa stessa possibilità fu a lungo discussa nella storia del pensiero e negata da importanti filosofi. Dai pensatori della Grecia classica il vuoto fu identificato con il nulla, e la sua esistenza fu ammessa da alcuni, come gli atomisti, ma negata dai maggiori filosofi, Aristotele sopra tutti, e nacque l’horror vacui. Il periodo ellenista vide un rivoluzionario sviluppo delle scienze applicate, in particolare dell’idraulica, ma l’orrore per il vuoto rimase. E rimase fino a tutto il Rinascimento e a Galilei stesso, sebbene questi sollevasse i primi dubbi. Furono i suoi allievi, Berti, Viviani e Torricelli, seguiti da Pascal in Francia, a scoprire sperimentalmente che il vuoto esiste, nel senso di spazio senza aria, o meglio con poca aria a pressione molto bassa. Ma, nonostante l’evidenza sperimentale, il pensiero in Francia rimaneva dominato, ancora alla fine del XVII secolo, quando l’Illuminismo stava nascendo, dall’idea che il vuoto non potesse esistere, idea trasformata in dogma da Descartes. Dall’altro lato della Manica, Newton sviluppava la teoria che descrive in maniera unificata la meccanica dei corpi terreni e di quelli celesti, genialmente assumendo che essi interagiscano qualunque sia la distanza tra loro attraverso il vuoto. Ma questo vuoto sarà presto riempito – nel XIX secolo, ancora in Gran Bretagna con Faraday e Maxwell – non già di materia ma di un campo di forze, quello elettromagnetico. Oggi con la teoria quantistica il vuoto mostra caratteristiche inaspettate e affascinanti. Se osservato su scale estremamente piccole il vuoto ci appare come entità dinamica, continuamente pulsante, fondamento dell’Universo stesso... ...Il vuoto quantistico è un mezzo estremamente dinamico. Lo studiamo sperimentalmente e teoricamente per comprenderne le proprietà, perché sono esse che determinano, in larga misura, quelle della materia stessa. La massa dei nucleoni, e quindi della materia che vediamo e di cui siamo fatti per la grandissima parte, quantitativamente il 99%, non è dovuta alla massa dei quark, ma all’energia del campo che pulsa nel vuoto. Tornando al punto di partenza, tornando indietro nel tempo di 14 miliardi di anni al Big Bang, l’universo è tutto racchiuso in dimensioni microscopiche. La temperatura, che è anche la densità di energia, è altissima. L’Universo della genesi è un sistema quantistico. E le fluttuazioni di energia del vuoto di allora furono il seme delle strutture che vediamo oggi, ammassi di galassie, galassie, stelle con i loro pianeti, e noi stessi. Siamo figli del vuoto o, tornando al mito, dell’esiodeo Cháos primigenio: πρώτιστα Χάος γένετο, primissimo venne ad essere il vuoto Tratto da: Nove parole della fisica (Alessandro Bettini è professore emerito di Fisica all’Università di Padova e ricercatore sperimentale nella fisica delle particelle elementari. È stato per sei anni direttore del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso e per otto del Laboratorio sotterraneo di Canfranc in Spagna, oltreché vicepresidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. È autore di più di 200 pubblicazioni scientifiche sulle maggiori riviste internazionali e di libri di testo universitari)
simpson Inviato 1 Giugno 2024 Inviato 1 Giugno 2024 Resta sempre il fatto che, perché una intuizione diventi oggetto di discussione e condivisione fra esseri umani, dobbiamo sempre rivolgerci alla scienza, altrimenti resta sempre e solo esperienza di una sola persona. Uno può avere tutte le ragioni del mondo, ma se non può condividere questo sapere su basi comuni, resta un sapere.. vuoto? 1
LUIGI64 Inviato 2 Giugno 2024 Autore Inviato 2 Giugno 2024 Ho citato decine di scienziati Più che altro è un approfondimento personale, argomento che ritengo molto interessante. Un punto di vista che avevo completamente sottovalutato Poi, ognuno faccia le proprie riflessioni
LUIGI64 Inviato 2 Giugno 2024 Autore Inviato 2 Giugno 2024 ...Questo perché ci manca quell’anello iniziale, quella decifrazione dei concetti metafisici che hanno prodotta quella che, impropriamente, definiamo “estetica orientale”. Impropriamente perché si dovrebbe invece definire “l’estetica del vuoto”... Le due filosofie di vita nate dal Buddismo antico e sviluppatesi in Cina (Buddismo Chan) e in Giappone (Buddismo Zen) hanno interessato ed influenzato tutte le arti, coltivando la funzione del vuoto, che le ha impregnate in modo determinante. I testi buddisti contenuti nel “Canone buddista” producono innumerevoli riflessioni sul vuoto che si possono sintetizzare in questa sentenza: “Contempla il mondo con vacuità, sempre restando rammemorante”. La pratica meditativa è espressa nel significato di “contemplare”. Azione che porta all’ascesi: trascendendo e modificando il contemplato, dove la “vacuità” è il prodotto di una meditazione vigile. Questo atteggiamento è fondamentale per comprendere perché siano ricercati, nell’esecuzione di forme artistiche, stati di grande concentrazione in essere solo col raggiungimento del vuoto, ottenibile con la pratica della meditazione. Il vuoto, quindi, come sorgente prima di forme d’arte che scaturiscono da “esperienze” e non da “teorie”, esperienza del vuoto realizzata con la pratica della meditazione. Difficile da comprendere per noi occidentali, come da questa esperienza, possano nascere tante forme d’arte così vive e vitali Non troviamo infatti quei connotati “scientifici” e “teoretici” che fanno parte dell’estetica occidentale. Per esempio: prospettiva, regola aurea, dei terzi, sequenza Fibonacci e quant’altro, sono sviluppi teorici di un’estetica “regolamentata” che non è immaginabile né riscontrabile nelle culture di cui ci occupiamo. Applicarle per adattare il pensiero orientale al nostro è una forzatura non solo incongrua, ma fuorviante al “cuore” dell’estetica di quei paesi. La teoria e la pratica sono fasi culturali tipicamente legate al pensiero occidentale, mentre in oriente: “ogni cosa è già un’azione ed ogni azione possiede in sé energia e valori spirituali” G.C. Calza ,uno dei maggiori esperti di cultura giapponese italiani, scrive: “La civiltà giapponese è un ricettacolo di mezzi toni e sfumature, di spazi vuoti che non vanno subito colmati, ma goduti come sono, di un’infinità di arti che hanno come scopo non il prodotto estetico, ma l’atto che arricchisce il rapporto. Rapporto con le persone, rapporto con la natura, rapporto con le cose” ...Occorre trovare la via che arriva all’essenza di queste religioni , scoprire il loro “centro”, da cui si irradia l’energia che genera le forme di esperienza estetica. Il VUOTO è questo centro, il suo nucleo. Non l’IDEA del vuoto ma l’ESPERIENZA del vuoto Il teorico della calligrafia Cheng Yao Tian (din. Ching), afferma: “la via della calligrafia è fondata sulla padronanza del vuoto. E’ proprio grazie al vuoto che Sole e Luna si muovono, che le stagioni succedono; è da esso che procedono i diecimila esseri. Tuttavia il Vuoto non si manifesta e non opera se non mediante il Pieno”. ...E’ grazie al vuoto, creato fuori e dentro di noi, che possiamo “comprendere”, ovvero prendere dentro. Il vuoto quindi è vita, è pulsante, creativo. https://www.aias-suiseki.eu/2024/04/02/il-vuoto-come-origine-di-fenomeni-artistici/
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