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l'appartenenza


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27 minuti fa, otaner ha scritto:

"L'appartenenza
È un'esigenza che si avverte a poco a poco
Si fa più forte alla presenza di un nemico
Di un obiettivo o di uno scopo" cit.

bella, davvero....

grazie del contributo.

però occorre stare molto attenti.

a volte il nemico lo si è inventato per raccogliere comodamente messi.

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Cresciuto idealmente, quasi sedotto direi,attratto dalla coerente e limpida morale di un grande Enrico Berlinguer.L'appartenenza ,ritengo sia un giudizio che spetta a chi mi sta intorno,io non voglio appartenere , il mio spirito libero,quasi Anarchico, lo vieta.Ti rispetto se mi rispetti,e da Ateo considero ogni forma di Religione,o meglio,la Fede,come un rifugio consolatorio.Dietro un cambio di "casacca" c'è sempre un errore, può capitare,importante che non avvenga con frequenza...ah, dimenticavo, Forza Roma da sempre.

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7 minuti fa, what ha scritto:

Ti rispetto se mi rispetti,

fra i riti, oltre a riunioni e altro, c'è il rituale del chi non salta...

oppure lo sminuire e offendere chi non porta le stesse insegne o semplicemente la pensa diversamente.

serve a rafforzare il gruppo e il senso di appartenenza.

proprio come allo stadio.

sono meccanismi chiari e visibili.

7 minuti fa, what ha scritto:

Ateo considero ogni forma di Religione,come un rifugio

ma anche la militanza politica è altro ancora.

con questo non si vuole necessariamente giudicare negativamente l'appartenenza.

al limite in alcuni eccessi si possono ravvisare, incoerenza, intolleranza e pregiudizio anche grave.

ti quoto e condivido il desiderio di anarchia, per quanto chiaramente improponibile come modello di società.

 

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Mai avuto senso di appartenenza, forse ne ho sentito il bisogno a volte ma poi la sola idea di pensare come "un gruppo" mi spinge istintivamente fuori dal coro;  qualunque sia il coro sento il bisogno di andare in direzione opposta. Oggi come oggi alle riunioni aziendali sto zitto che anche fare il bastian contrario altrimenti diventa macchietta; quando riesco le evito.

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La risposta non è semplice. Il primo sentimento profondo di appartenenza che riesco a ricordare è legato alla mia infanzia, in particolare al condominio: pur numeroso, era denso di relazioni sociali e parentali, formando comunità molto coesa e protettiva. La “casa” di famiglia era una sottocellula di questo organismo. 
Altro sentimento profondo di appartenenza, i miei anni di collaborazione alle feste dell’unità: direi dal 1994 al 2004. All’epoca il mio rammarico era essere troppo giovane e non aver fatto in tempo a votare P.C.I.

Poi sono stato fortemente aziendalista: utilizzavo ed indossavo con orgoglio i regali con il logo societario. 
Adesso il mio senso di “appartenenza” è più astratto: reputo di appartenere alla ristretta fauna delle persone oneste, sincere, leali.
Quando cambierò residenza, trasferendomi qui nel borgo medievale marchigiano, sono curioso di vedere se scatterà l’appartenenza comunale. 

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4 ore fa, LeoCleo ha scritto:

Altro sentimento profondo di appartenenza, i miei anni di collaborazione alle feste dell’unità: direi dal 1994 al 2004. All’epoca il mio rammarico era essere troppo giovane e non aver fatto in tempo a votare P.C.I.

Mi spieghi come si può passare da volontario alle feste dell'Unità ad apprezzare Vannacci?

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briandinazareth
13 minuti fa, Guru ha scritto:

Mi spieghi come si può passare da volontario alle feste dell'Unità ad apprezzare Vannacci?

 

non è un percorso inusuale con il passare degli anni, diventare più anziani spesso porta a non capire più il mondo, detestarlo, pensare che i giovani sono cretini, si diventa razzisti e spesso più chiusi.

non che capiti a tutti fortunatamente, ma non è una cosa inusuale.

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