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Good religion trascendenza/mistica


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Inviato

Ora leggerò un brano tratto dal Vangelo:
Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per Dente”; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Da' a chi ti domanda, e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle. (Mt 5, 38-42)
La pratica della tolleranza e della pazienza perorata in queste frasi è estremamente simili alla pratica della tolleranza e della pazienza proposta in generale nel buddhismo. Questo vale in particolare per il buddhismo (Mahayana), nel contesto degli (ideali del bodhisattva): la persona che subisce un danno viene esortata a reagire in modo non violento e compassionevole. In realtà, si potrebbe affermare che, inserendo queste frasi in un testo buddhista, sarebbe quasi impossibile riconoscere la provenienza da Scritture della tradizione cristiana.
Avete inteso che fu detto: (amerai il tuo prossimo) e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perchè siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti com'è perfetto il Padre vostro celeste.(Mt 5,43-48)
Questo brano mi ricorda un passo di un testo buddhista (Mahayana) conosciuto come il (Compendio delle Pratiche), (1) in cui (Santideva) chiede: “Se non pratichi la compassione verso il tuo nemico, verso chi potrai praticarla?”

Questi passaggi del Vangelo mi ricordano anche le riflessioni di un altro testo (Mahayana) intitolato (Guida allo stile di vita del Bodhisattva), in cui (Santideva) afferma che è molto importante tenere un atteggiamento corretto verso il proprio nemico. Se si riesce a coltivare una attitudine positiva, i nemici diventano i migliori maestri spirituali perchè la loro presenza offre la possibilità di accrescere e sviluppare la tolleranza, la pazienza e la comprensione. Aumentando la propria tolleranza e la propria pazienza, sarà più facile accrescere la propria capacità di compassione, e per suo tramite l'altruismo. Perciò, anche per praticare il vostro sentiero spirituale è fondamentale la presenza di un nemico. L'analogia espressa nel Vangelo, “il sole non fa differenze su dove splende”, è molto significativa. Il sole brilla per tutti e non fa discriminazioni. È una meravigliosa metafora della compassione. Ci dà il senso della sua imparzialità e della sua natura omnicomprensiva. Mentre leggo questi passi, mi rendo conto di come il Vangelo metta in particolare risalto la pratica della tolleranza e i sentimenti di imparzialità verso tutte le creature. Secondo la mia opinione, per sviluppare la capacità di tolleranza verso tutti gli esseri, e in particolare verso un nemico, è importante prima di ogni altra cosa provare un sentimento di equanimità verso tutti.

Tratto da: Incontro con Gesù (Dalai Lama)

  • Melius 1
Inviato

Alcuni di voi forse mi hanno già sentito raccontare che durante una visita al grande monastero di Monserrat, in Spagna, ho conosciuto un monaco benedettino. Era venuto apposta per conoscermi, e il suo inglese era molto peggiore del mio, quindi gli parlavo con minore imbarazzo. Dopo colazione abbaiamo passato un pò di tempo da soli, a quattr'occhi, e io ho saputo che quel monaco aveva trascorso qualche anno sulle montagne, proprio dietro il monastero. Gli chiesi che genere di contemplazione avesse praticato durante quegli anni di solitudine. La sua risposta fu semplice: “Amore, amore, amore”. Che meraviglia! Suppongo che talvolta dormisse anche. Comunque, durante tutti quegli anni aveva meditato semplicemente sull'amore. E non soltanto sul vocabolo. Quando lo guardai negli occhi, ebbi la prova evidente di una spiritualità e di un amore profondi, come mi era accaduto durante i miei incontri con Thomas Merton.
Queste due persone mi hanno aiutato a maturare una sincera venerazione per la tradizione cristiana e la sua capacità di creare uomini così buoni. Credo che lo scopo di tutte le principali tradizioni religiose non sia di costruire grande templi esteriori, ma di creare templi di bontà e di compassione (all'interno di noi), nei nostri cuori. Tutte le principali religioni in potenza possono farlo. Più siamo consapevoli del valore e dell'efficacia delle altre tradizioni religiose, più rispetteremo e venereremo le altre religioni. Questo è un buon sistema per favorire la compassione sincera e uno spirito di armonia fra le religioni del mondo. A parte gli incontri fra studiosi e praticanti esperti, è importante anche, soprattutto agli occhi del pubblico, che i capi delle diverse tradizioni religiose di tanto in tanto si incontrino e preghino insieme, come è accaduto durante l'importante incontro di Assisi nel 1986. È un terzo modo, semplice ma efficace, di favorire la tolleranza e la comprensione.

Sempre tratto dal testo di cui sopra

 

 

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Inviato

Ancora il Dalai Lama dal testo già citato:

Per finire, vorrei tornare all'argomento della meditazione, e ai cristiani miei fratelli e sorelle che la praticano nella vita quotidiana. Considero questa pratica estremamente importante. Tradizionalmente, in India c'è la meditazione (samadhi), detta anche “calmo dimorare della mente”, che è comune a tutte le religioni indiane, compresi l'induismo, il buddhismo e il jainismo. E in molte di queste tradizioni, sono comuni anche alcuni tipi di (vipasyana), la “meditazione analitica”. Ci si potrebbe chiedere perchè il (samadhi), la “stabilità meditativa”, sia tanto importante. Perchè il (samadhi), o meditazione concentrativa, è il mezzo per attivare la mente, per incanalare l'energia mentale. Il (samadhi) è considerato parte essenziale della pratica spirituale in tutte le principali tradizioni religiose dell'India, perchè permette di integrare tutte le energie mentali e consente di concentrare la mente in modo univoco su un dato oggetto. Sono convinto che l'effetto sulla mente e sul cuore del praticante sarà tanto più grande se si abbineranno nella pratica quotidiana la preghiera, la meditazione e la contemplazione (che è più discorsiva e analitica). Uno degli obiettivi e degli scopi più importanti della pratica religiosa è la trasformazione interiore delle persona da uno stato mentale indisciplinato, incontrollato e distratto, a uno disciplinato, controllato ed equilibrato. Una persona che ha perfezionato la facoltà della concentrazione univoca avrà senz'altro maggiori possibilità di raggiungere tale obiettivo. Quando la meditazione diventa una parte importante della propria vita spirituale, si riesce a realizzare in modo più efficace questa trasformazione interiore. Una volta ottenuta tale trasformazione, seguendo la nostra tradizione spirituale sentiremo nascere in noi una specie di umiltà naturale, che ci permetterà di comunicare meglio con persone di tradizioni religiose e origini culturali diverse. Saremo in condizioni migliori per apprezzare il valore e il pregio di altre tradizioni, perchè avremo percepito tale valore all'interno delle nostra. Spesso professando un credo religioso si prova il sentimento dell'esclusivismo, la sensazione cioè che la propria via sia l'unica via vera; da questo può nascere un senso di timore all'idea di entrare in contatto con altre persone di diversa fede. Credo che il modo migliore per contrastare questa forza sia di sperimentare il valore della propria via per mezzo della meditazione, che ci consentirà anche di percepire il valore e il pregio delle altre tradizioni. Per sviluppare un autentico spirito di armonia su una solida base di conoscenza, credo sia molto importante conoscere le differenze fondamentali fra le tradizioni religiose. Ed è possibile non solo capire le differenze fondamentali fra le singole tradizioni, ma riconoscere anche allo stesso tempo il valore e il potenziale di ciascuna di esse. In questo modo, una persona può sviluppare una percezione equilibrata e armoniosa. Alcuni ritengono che il modo più ragionevole per ottenere l'armonia e risolvere i problemi relativi all'intolleranza religiosa sia di creare una religione universale per tutti. Io invece sono sempre stato convinto che dobbiamo avere diverse tradizioni, perchè‚ gli esseri umani hanno numerose differenti inclinazioni mentali: una sola religione semplicemente non può soddisfare le esigenze di una così grande varietà di persone. Se cercheremo di unificare le fedi del mondo in una sola religione, perderemo anche molte peculiarità e molte ricchezze di ogni specifica fede.

Inviato

Non può mai esserci alcuna reale opposizione tra la religione e la scienza. Penso che ogni persona seria e riflessiva comprenda che l’elemento religioso nella propria natura dev’essere riconosciuto e coltivato se si vuole che tutti i poteri dell’anima umana operino insieme in perfetto equilibrio e armonia. E di fatto non è un caso che i grandi pensatori di tutti i tempi furono anche anime profondamente religiose, sebbene non fecero pubblico sfoggio dei propri sentimenti religiosi. È dalla cooperazione della comprensione e della volontà che è nato il frutto più raffinato della filosofia, ovvero il frutto etico. La scienza migliora i valori morali della vita perché promuove un amore per la verità e la riverenza: l’amore della verità perché esso si manifesta nello sforzo costante di giungere a una conoscenza più esatta del mondo della mente e della materia intorno a noi, e la riverenza perché ogni progresso nella conoscenza ci porta faccia a faccia con il mistero del nostro stesso essere. (Ken Wilber)

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...Le Chiese sembrano incapaci di fornire quell’ancoraggio spirituale che così tante persone cercano. E così le persone si rivolgono in altre direzioni. La difficoltà incontrata dalle religioni organizzate nel richiamare le persone di oggi è dovuta al fatto che la sua chiamata richiede necessariamente uno spirito che crede, o ciò che viene generalmente chiamata fede. In un completo stato di scetticismo, questa chiamata non può che ricevere una risposta povera. Si ha così un numero
di profeti che offrono merci sostitutive.

...la scienza richiede uno spirito di fede. Chiunque sia stato seriamente impegnato in un qualsiasi lavoro scientifico sa che sull’entrata delle porte del tempio della scienza vi è la scritta: «devi aver fede .»È una facoltà di cui gli scienziati non
possono fare a meno. Chi ha per le mani un mucchio di risultati ottenuti da un processo sperimentale deve avere un’immagine mentale della legge che sta cercando, e deve incarnare questa in un’ipotesi immaginaria. Le sole facoltà di ragionamento non lo aiuteranno a progredire di un solo passo, perché nessun ordine può emergere da quel caos di elementi a meno che non ci sia la qualità costruttiva della mente che lo instauri con un processo di eliminazione e di scelta. Ancora e ancora, il piano immaginario sul quale si cerca di metter su quell’ordine si frantuma e dobbiamo così riprovare con un altro. Questa visione immaginativa e la fede nel successo finale sono indispensabili. Qui non c’è posto per il razionalista puro.

...La scienza non può risolvere il mistero ultimo della natura. E questo perché, in ultima analisi, noi stessi siamo parte della natura e quindi parte del mistero che stiamo cercando di risolvere. Anche la musica e l’arte sono, fino a un certo punto, tentativi di risolvere o almeno esprimere il mistero. Ma per me, più progrediamo con una di esse, più siamo in armonia con tutta la natura. E quello è uno dei più grandi servizi della scienza all’individuo.

...Sì, siamo sempre messi faccia a faccia con l’irrazionale. Se così non fosse, non potremmo avere fede. E se potessimo risolvere ogni rompicapo della vita per mezzo della ragione umana, senza bisogno di fede, quale insopportabile fardello sarebbe la vita stessa! Non avremmo né arte né musica né meraviglia. Né avremmo scienza; non solo perché così la scienza perderebbe quella che per i suoi seguaci è la sua principale attrattiva – cioè la ricerca dell’incognito – ma anche perché perderebbe la pietra angolare della sua struttura, cioè la percezione diretta, da parte della coscienza, della realtà esterna. Come ha detto Einstein, non potresti essere uno scienziato se non sapessi che il mondo esterno esiste in realtà, ma anche che la conoscenza non si ottiene da alcun processo di ragionamento. È una percezione diretta, e perciò è per sua stessa natura vicina a ciò che chiamiamo fede. È una credenza metafisica. Ora, questo è qualcosa che lo scettico mette in questione a proposito della religione, ma vale lo stesso anche per la scienza.

Max Planck (Fu il colpo di genio audace, brillante, ardito e completamente inaudito di Max Planck che, nel 1900, aprì la strada a tutta la rivoluzione quantistica, perché fu lui che si imbatté nell’idea che la natura non è continua, ma si presenta piuttosto in pacchetti discreti, o quanti. Giustamente considerato il padre della moderna teoria quantistica, Planck fu insignito del premio Nobel per la fisica nel 1918)

Tratto da: Questioni quantistiche (Ken Wilber)

  • Confused 1
Inviato

Ciao, Giacomino, come stai? Spero di cuore che tu stia bene E' tanto tempo che non ho tue notizie.  Un giorno, chissà, se avrai voglia di spiegarlo, capirò il tuo accanimento contro le religioni e ogni altra forma di spiritualità individuale.  (E pensare che i tuoi zii, don Ernesto e don Aldo erano dei gran buontemponi... ).  Un abbraccio.  

  • Thanks 1
Inviato

Noto una certa iper semplificazione riguardo a determinate questioni

È necessario ruminare, masticare e metabolizzare certi argomenti

In alternativa, possiamo adottare il sistema/paradigma dei neo ateisti, i quali senza eccezioni, né differenze, banalizzano e appiattiscono tutto per poter gettare l'acqua sporca con tutto il bambino

In fondo, in maniera alquanto semplicistica e riduttiva

Forse sarebbe utile uno shock

:classic_biggrin:

 

 

  • Thanks 1
Inviato

Alcune considerazioni di Ken Wilber, sempre estratte dal testo di cui sopra, sul pensiero di Wolfgang Pauli (In termini di pura brillantezza intellettuale, Wolfgang Pauli probabilmente non fu secondo a nessuno dei fisici di questo o qualsiasi altro periodo -secondo Max Born, il genio di Pauli superava persino quello di Einstein- I contributi attivi di Pauli stesso furono profondi e numerosi, incluso il famoso principio di esclusione e la predizione dell’esistenza del neutrino due decenni prima che fosse scoperto. Ricevette il premio Nobel per la fisica nel 1945)

...Un primo argomento centrale della riflessione filosofica per Pauli è il processo stesso della conoscenza, specialmente della conoscenza delle cose naturali, che in ultima analisi trova la sua espressione razionale nella determinazione matematica della formulazione delle leggi della natura. Pauli non era soddisfatto del modo di vedere puramente empirico secondo cui le leggi naturali possono essere tratte soltanto dai dati dell’esperienza. Si schierava piuttosto con coloro che «enfatizzano il ruolo dell’intuizione e della direzione dell’attenzione nell’inquadrare i concetti e le idee necessari a stabilire un sistema di leggi naturali (cioè una teoria scientifica), idee che in generale vanno ben oltre la sola esperienza.» Egli cercò dunque un anello di congiungimento tra le percezioni sensoriali da un lato e i concetti dall’altro:

«Tutti i pensatori coerenti sono giunti alla conclusione che la pura logica è fondamentalmente incapace di costruire un tale collegamento. La via più soddisfacente sembra essere quella di introdurre, a questo punto, il postulato di un ordine del cosmo distinto dal mondo delle apparenze, indipendente dalle nostre scelte. Sia che parliamo di oggetti naturali che partecipano alle Idee, o del comportamento di cose metafisiche (cioè cose intrinsecamente reali), la relazione tra la percezione sensoriale e l’Idea rimane una conseguenza del fatto che sia l’anima che ciò che è conosciuto dalla percezione sono soggetti a un ordine concepito oggettivamente.»

Il ponte che collega i dati inizialmente disordinati dell’esperienza alle Idee è visto da Pauli in certe immagini primitive che preesistono nell’anima, gli archetipi discussi da Keplero così come dalla psicologia moderna. Queste immagini primitive – qui Pauli è in larga misura d’accordo con le opinioni di Jung – non sono da porsi nella coscienza o da correlare a idee specifiche che ammettano formulazioni razionali. È piuttosto una questione di forme che appartengono alla regione inconscia dell’anima umana, immagini dal potente contenuto emotivo che non sono pensate ma contemplate come un dipinto. Il piacere che si prova nel divenire consapevoli di un nuovo pezzo di conoscenza nasce dal modo in cui queste immagini preesistenti vengono a corrispondere con gli oggetti esterni. Nei suoi aspetti essenziali, questo modo di guardare alla conoscenza naturale deriva notoriamente da Platone, e penetrò nel pensiero cristiano attraverso il neoplatonismo (Plotino e Proclo). Pauli cerca di renderlo chiaro facendo notare che persino la conversione di Keplero alla teoria copernicana, che segnò l’inizio della scienza naturale moderna, fu influenzata in modo decisivo da certe immagini primordiali o archetipi.

...Critica in termini molto decisi l’impiego kantiano del concetto di a priori, poiché Kant utilizzò questa espressione per forme di intuizione o di pensiero che possono essere stabilite razionalmente. Avverte che «non si dovrebbe dichiarare che le tesi formulate razionalmente siano le uniche supposizioni possibili per la ragione umana». Al contrario, Pauli mette gli elementi a priori della scienza naturale in intima connessione con le immagini primordiali, gli archetipi della psicologia junghiana, che non devono essere necessariamente considerati come innati ma potrebbero invece essere lentamente variabili e relativi a una data situazione cognitiva. Su questo punto, quindi, i modi di vedere di Pauli e Jung divergono da quelli di Platone, il quale riteneva le immagini primordiali come qualcosa di esistente in modo immutato e indipendente dall’anima umana. In ogni caso, comunque, questi archetipi sono conseguenze o prove di un ordine generale del cosmo, che abbraccia tanto la materia quanto lo spirito.

...Egli era tanto poco disposto a vivere e pensare semplicemente all’interno della tradizione di una delle vecchie religioni quanto poco era preparato a optare per un ingenuo ateismo con basi razionali. Dell’atteggiamento di Pauli verso questa generalissima questione non si potrebbe fornire alcun resoconto migliore di quello che egli stesso offrì nella sezione conclusiva della sua lezione sulla scienza e il pensiero occidentale:
«Io credo comunque che per tutti coloro per cui uno stretto razionalismo ha perso tutta la sua persuasività ,e per cui il fascino di un atteggiamento mistico, che esperisce il mondo esterno nella sua oppressiva molteplicità come illusorio, non è parimenti abbastanza potente, non rimane altro che esporsi in un modo o nell’altro a queste intensificate opposizioni e ai loro conflitti. Proprio facendo così ,colui che cerca può anche percorrere, più o meno consciamente, una via interiore verso la salvezza. Lentamente emergeranno allora immagini interne, fantasie o Idee per compensare la situazione esteriore, che mostrano come sia possibile un approccio ai poli dell’antitesi. Messo in guardia dal fallimento di tutti i prematuri sforzi verso l’unità occorsi nella storia del pensiero umano, non mi avventurerò a fare predizioni circa il futuro. Ma credo, in opposizione alla rigida suddivisione dell’attività dello spirito umano in compartimenti stagni – una suddivisione che prevale sin dal xix secolo –, che l’ambizione a superare gli opposti e trovare una sintesi che abbracci sia la comprensione razionale che l’esperienza mistica dell’unità, sia la mitologica meta, più o meno consapevole, dei nostri giorni e della nostra epoca.»

 

  • Confused 1
Inviato

Sebbene io abbia optato per un compito più leggero considerando solo la religione mistica (e non ho l’impulso a difenderne altro tipo), non ho la competenza di dare una risposta che possa essere in qualche modo completa. È ovvio che non ci si debba affidare all’intuizione della coscienza implicitamente, senza alcun controllo, sebbene essa sia l’unico accesso a ciò che ho chiamato conoscenza intima della realtà al di là dei simboli della scienza. Nel corso della storia, il misticismo religioso è stato spesso associato a stravaganze che non si possono approvare. Suppongo che anche l’eccessiva sensibilità a influenze estetiche possa essere un segno di un temperamento nevrotico insalubre per l’individuo. Dobbiamo ammettere che vi possa essere qualcosa di patologico nella condizione del cervello in quelli che appaiono essere momenti di visione estatica. Uno comincia a temere che dopo che tutti i nostri errori saranno stati individuati e rimossi non vi sarà rimasto alcun noi. Ma nello studio del mondo fisico dobbiamo, in ultima analisi, dipendere dai nostri organi di senso, sebbene essi siano capaci di tradirci con crude illusioni; in modo simile, l’accesso della coscienza al mondo spirituale potrebbe essere pieno di insidie, ma ciò non significa necessariamente che non sia possibile avanzare. In quanto scienziati, realizziamo che il colore è una mera questione di lunghezze d’onda di vibrazioni dell’etere, ma ciò non sembra aver eliminato l’impressione che gli occhi che riflettono la luce prossima a una lunghezza d’onda di 4800 possano essere i soggetti di una rapsodia, mentre quelli che riflettono una lunghezza d’onda di 5300 debbano restare incelebrati. Non abbiamo ancora raggiunto la pratica dei Laputani, i quali «se devono, ad esempio, lodare la bellezza di una donna, o di qualsiasi altro animale, la descrivono in termini di rombi, cerchi, parallelogrammi, ellissi e altri termini geometrici.» Il materialista, convinto che tutti i fenomeni nascano da elettroni e quanti e cose simili, in maniera regolata da formule matematiche, deve presumibilmente credere che sua moglie sia un’equazione differenziale piuttosto elaborata, ma è dotato, con tutta probabilità, di abbastanza tatto da non farsi scappare la sua opinione nell’ambiente domestico. Se questo tipo di dissezione scientifica è percepita come inadeguata e irrilevante nelle ordinarie relazioni personali, è certamente fuori luogo nella più personale delle relazioni: quella dell’anima umana con uno spirito divino.

Dal testo di cui sopra (Ken Wilber)

Inviato

Fiore che spunti dal muro screpolato

Fiore che spunti dal muro screpolato,
io ti colgo dalla fessura,
ti tengo qui, la radice e tutto, nella mia mano,
piccolo fiore - ma se potrò capire
ciò che sei, la radice e tutto, e tutto in tutto,
saprò che cosa sono Dio e l'uomo

Alfred Tennyson

...

Chiamami con i miei veri nomi

Non dire che domani scomparirò,
perché io arrivo sempre.

Guarda in profondità: io arrivo ogni secondo,
per essere un germoglio sul ramo a primavera;
per essere un minuscolo uccellino con le ali ancora fragili
che impara a cantare nel suo nido;
per essere un bruco nel cuore di un fiore,
per essere un gioiello che si nasconde in una pietra.

Io arrivo sempre, per ridere e per piangere,
per temere e per sperare.
Il ritmo del mio cuore è la nascita e
la morte di tutto ciò che è vivo.

Io sono un insetto che muta la sua forma sulla superficie di un fiume.
E io sono l’uccello che, a primavera, arriva a mangiare l’insetto.

Io sono una rana che nuota felice nell’acqua chiara di uno stagno.
E io sono il serpente che, avvicinandosi in silenzio, divora la rana.

Sono un bambino in Uganda, tutto pelle e ossa, le mie gambe esili come canne di bambù,
e io sono il mercante di armi che vende armi mortali all’Uganda.

Io sono la bambina dodicenne profuga su una barca,
che si getta in mare dopo essere stata violentata da un pirata.
E io sono il pirata, il mio cuore ancora incapace di vedere e di amare.

Io sono un membro del Politburo, con tanto potere a disposizione.
E io sono l’uomo che deve pagare il ‘debito di sangue’ alla mia gente,
morendo lentamente in un campo di lavori forzati.

La mia gioia è come la primavera, così splendente che fa sbocciare i fiori su tutti i sentieri della vita.
Il mio dolore è come un fiume in lacrime, così gonfio che riempie tutti i quattro oceani.

Per favore chiamatemi con i miei veri nomi,
cosicché io possa udire tutti i miei pianti e tutte le mie risa insieme;
cosicché io possa vedere che la mia gioia e il mio dolore sono una cosa sola.

Per favore chiamatemi con i miei veri nomi,
cosicché io mi possa svegliare
e cosicché la porta del mio cuore sia lasciata aperta,
la porta della compassione.

Da: Thich Nhat Hanh, “Essere pace”

...

La luce

 

Sì, lo so, non è nient'altro che il tuo amore
questa luce dorata che danza sulle foglie,
queste pigre nubi che veleggiano nel cielo,
questa brezza che passa lasciando
la sua freschezza sulla mia fronte.

La luce del mattino m'ha inondato gli occhi:
è questo il tuo messaggio al mio cuore.
Chini il viso, i tuoi occhi fissano i miei occhi,
e il mio cuore ha toccato i tuoi piedi.

R. Tagore 

 

 

Inviato

 

Questo corpo non è me.
Non sono limitato da questo corpo.
Sono vita senza confini.
Non sono mai nato e non sono mai morto.

Guardo l’oceano e il cielo stellato,
manifestazioni della mia meravigliosa Vera Mente.

Sono libero al di là di ogni tempo.
Nascita e morte sono soltanto porte che oltrepassiamo,
sacre soglie nel nostro viaggio.
Nascere e morire sono come giocare a nascondersi.

Allora ridi con me,
prendimi per mano, diamoci un saluto,
un arrivederci,
per ritrovarci presto.
Ci ritroviamo oggi.
Ci ritroveremo domani.
Ci ritroveremo alla sorgente in ogni momento.
Ci ritroveremo in ogni forma di vita
.

Da: Il Canto del Cuore, Thich Nhat Hanh

 

Inviato

 

Sri Ramana e il suo messaggio all’uomo moderno

Sri Ramana è un figlio dell’India nel senso più vero del termine: è una figura autentica e ha, inoltre, qualcosa di straordinario. Nel suo Paese risalta come il punto più bianco di una superficie immacolata.

Nella vita e nell’insegnamento di Sri Ramana, troviamo infatti l’aspetto più autentico dell’India, con il suo anelito verso un’umanità liberatasi dal mondo e a sua volta liberatrice in un canto che sfida i millenni. Tale melodia è costruita su un unico grande motivo, che si trasforma, colorandosi di mille riflessi, all’interno dello spirito indiano, di cui Ramana Maharshi rappresenta l’ultima incarnazione.

L’identificazione del Sé con Dio appare, certamente, sconcertante agli occhi europei. E difatti, così come viene formulata da Sri Ramana è un’intuizione propriamente orientale. La psicologia non ci può venire in aiuto, se non per ribadire che si tratta di qualcosa al di là della sua portata per potersi pronunciare. Per l’indiano, tuttavia, è fuori discussione che il Sé in quanto Principio spirituale non differisce da Dio e, dal momento che l’uomo risiede nel Sé, non solo è parte di Dio, ma è Dio stesso. Sri Ramana non lascia dubbi in proposito.

C.G. Jung

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La descrizione dell'esperienza della Realtà Ultima dipende in ultima istanza dal fatto di disporre di una concezione di sé e del mondo di tipo antropologico oppure cosmico. Chi considera la specie umana al centro dell'evoluzione cosmica avrà sempre delle difficoltà leggendo la descrizione di un'esperienza mistica. La ragione, infatti, è costretta ad aggrapparsi alla presenza di una struttura personale, poiché non è in grado di interpretare altrimenti il mondo. L’esperienza mistica, invece, trascende una simile struttura personale. Si tratta di un'esperienza transpersonale che supera un “altro” dualistico posto di fronte a noi. È più completa ed ha un'altra qualità. La ragione non è in grado di comprendere e pertanto neanche di accettare, temendo che da qui parta la dissoluzione della persona, con il conseguente pericolo che si dissolva anche la propria struttura. Chi non riesce ad accettare il fatto che esiste un'esperienza che trascende la nostra razionalità umana avrà sempre delle difficoltà nei confronti delle esperienze mistiche. Tenderà a nutrire dei sospetti anche nei confronti di una “vera gnosi”.
Ridogmatizzazione dell'esperienza mistica
Dal momento che la nostra fede cristiana viene interpretata in modo razionale, l'esperienza dei mistici cristiani ha sempre dovuto essere ridogmatizzata, il che, alla fin fine, non significa altro che ripersonalizzata. Non pochi teologi cristiani sono convinti del fatto che la visione personale del mondo e della fede costituisca la vera novità introdotta nella religione dal cristianesimo. Tuttavia il cristianesimo si trova in difficoltà sempre maggiori a causa del continuo sviluppo delle scoperte della scienza e della psicologia. L’interpretazione della dottrina e della vita di Gesù non ha saputo tenere il passo con tali scoperte. La Realtà Ultima è transpersonale e trascende il concetto di Dio delle religioni teistiche tradizionali. La concezione del mondo dell'uomo moderno e l’interpretazione teologica divergono. In effetti non abbiamo ancora superato il cosiddetto dualismo ontologico tra Dio e la creazione, anche se era proprio questo l’obiettivo di Gesù: “Io sono la vite e voi siete i tralci” - “Non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamati amici” - “Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17, 21). In fondo Gesù cerca di farci accedere a quella stessa consapevolezza che lo permeava. Il nostro sforzo nella contemplazione è teso a vivere la “natura di Cristo”, ad essere Cristo.
Sono sempre più numerosi coloro che riescono ad integrare le potenzialità transpersonali nell'area dell’esperienza razionale. I cammini esoterici delle grandi religioni possono rivelarsi molto utili in tal senso.

Tratto da:

 


 

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Inviato

 

 Lo Zen sottolinea particolarmente questo punto. È cosa certa che l'interna virilità che, a parte i voli mistici, si ritrova nello Zen, deriva dall'aver combattuto intrepidamente e strenuamente la battaglia della vita.

Così dal punto di vista etico lo Zen lo si può considerare come una disciplina che mira alla costruzione del carattere. La nostra vita ordinaria si svolge solo ai margini della personalità essa non muove gli strati più profondi dell'anima. Perfino quando si desta la coscienza religiosa, essa per la gran parte di noi è una esperienza che passa senza lasciare i segni di una dura battaglia. Siamo portati a vivere ogni cosa solo in superficie. Possiamo anche essere intelligenti, svegli, brillanti e cosi via, ma tutto ciò che produciamo manca di profondità e di sincerità, non impegna l'essere più profondo. Molte persone sono assolutamente incapaci di creare qualcosa che non abbia il carattere di un surrogato o di una imitazione di cui è ben visibile la vuotezza e la nessuna relazione con una esperienza spirituale. Pur essendo in prima linea religioso, lo Zen forma anche il carattere. 0, ancor meglio: è una esperienza spirituale profonda tenuta ad effettuare una trasformazione della struttura morale della personalità.

 

Daisetz Teitaro Suzuki (Saggi sul Buddhismo Zen)

 

 

 

Inviato

LA CONOSCENZA SUPERIORE
La conoscenza superiore
vede tutto come se fosse uno.
La conoscenza inferiore
lo sgretola in tanti frammenti
.
Quando il corpo dorme,
anima é assorbita dall’Uno.
Quando il corpo si sveglia,
i suoi fori cominciano a funzionare.
Risuonano di ogni incontro,
delle varie attivita della vita,
degli aneliti del cuore;
gli uomini sono inibiti, perplessi, dubbiosi.
Le piccole paure rodono la pace del loro cuore.
Quelle grandi li inghiottono tutti interi.
Frecce scagliate contro il bersaglio:
colpito e mancato,
giusto e sbagliato.
E questo che gli uomini chiamano
giudizio, decisione.
Le loro sentenze sono definitive
quanto i trattati fra imperatori
.
Oh, sono ben capaci
di dimostrare che hanno ragione!
Eppure le ragioni che adducono
cadono più in fretta e con meno forza
che non le foglie morte
in autunno e in inverno.
I loro discorsi scorrono come piscio,
e non si recuperano piu.
Alla fine stanno in piedi, bloccati,
legati e imbavagliati,
ingorgati come tubi di scarico vecchi.

La mente vacilla.
Non vedra mai più la luce.
Piacere e rabbia
tristezza e gioia
speranza e rimpianto
mutamento e stabilita
debolezza e determinazione
impazienza e indolenza:
sono tutti suoni dello stesso flauto,
tutti funghi della stessa muffa umida
.
Il giorno e la notte si alternano
e ci piombano addosso
senza che noi li vediamo spuntare!
Basta! Basta!
Presto o tardi incontriamo il «quello»
da cui nascono tutti «questi»!
Se non ci fosse il «quello»
non ci sarebbe il «questo».

Se non ci fosse il «questo»
tutti questi venti non avrebbero nulla
da far risuonare.

Fin qui ci possiamo arrivare.
Ma come faremo a capire
qual é la causa di tutto?
Si puo supporre che ci stia dietro
il Vero Governatore.
Che una simile Potenza sia all’opera
sono pronto a crederlo.
Ma non posso vederne la forma.
Egli agisce, ma non ha forma.

Chuang Tzu (tratto da: La via semplice di Chuang Tzu di T. Merton)

Chuang Tzu (o Zhuangzi) è stato un filosofo e mistico cinese vissuto presumibilmente nel quarto secolo a. C. Considerato tra i fondatori del taoismo.

 

Thomas Merton nome religioso M. Louis, era un monaco trappista americano, scrittore, teologo, mistico, poeta, attivista sociale e studioso di religione comparata. Era un monaco nell'abbazia trappista di Nostra Signora del Gethsemani, vicino a Bardstown, Kentucky. Ha scritto più di 50 libri in un periodo di 27 anni, per lo più sulla spiritualità, la giustizia sociale e il pacifismo, così come decine di saggi e recensioni. Merton divenne un appassionato sostenitore della comprensione interreligiosa, esplorando le religioni orientali attraverso lo studio e la pratica. Ha aperto la strada al dialogo con importanti figure spirituali asiatiche tra cui il Dalai Lama, lo scrittore giapponese D. - T. Suzuki, monaco buddista thailandese Buddhadasa e monaco vietnamita Thich Nhat Hanh.

 

Inviato

Una esperienza transpersonale riportata da Sri Aurobindo (Lettere sullo Yoga) 

 

Sri Aurobindo Ghose, uno tra i più importanti filosofi e maestri spirituali dell'India moderna. Nasce il 15 agosto 1872 a Calcutta, studia in Inghilterra dall'età di sette anni, dove fu educato essenzialmente da insegnanti occidentali.

Torna in India nel 1892 alla morte di suo padre. Impara il sanscrito per poter comprendere i testi sacri indiani e si dedica quindi allo yoga secondo i suoi principi, facendo cinque, sei ore al giorno di esercizi di respirazione e concentrazione.

In questo periodo incontra anche dei maestri che gli insegnano la meditazione. 

 

 

Il raggiungimento del Nirvana mi proiettò all' improvviso in una condizione al di sopra, senza pensiero e non contaminata da alcun movimento mentale o vitale; non c'era ego, né mondo reale; solo quando "si" guardava attraverso i sensi immobili, qualcosa percepiva o portava sul suo assoluto silenzio un mondo di forme vuote, di ombre materializzate prive di vera sostanza. Non c'era l'Uno e neppure il Molteplice, ma solo e assolutamente Quello, senza forma, senza relazioni, puro, indescrivibile, impensabile, assoluto, tuttavia supremamente reale e unicamente reale. Non si trattava di una realizzazione mentale né di qualcosa intravisto lassù da qualche parte, non era un'astrazione, era positivo, l'unica realtà positiva (sebbene non fosse un mondo fisico spaziale) che pervadeva, occupava o piuttosto inondava e sommergeva questa sembianza di mondo fisico, senza lasciar posto o spazio a qualunque realtà che non fosse se stessa, senza permettere in alcun modo ad altro di sembrare reale, positivo o sostanziale.
Non posso dire che nell'esperienza, così come la ebbi, ci sia stato qualcosa di esaltante o di affascinante - l'Ananda (beatitudine) ineffabile lo ebbi anni più tardi - ma ciò che portò fu una Pace inesprimibile, un silenzio stupendo, un'infinita liberazione e libertà. Vissi in quel Nirvana giorno e notte prima che esso cominciasse ad accogliere in sé altre cose o a modificarsi, e il nucleo stesso dell'esperienza,il suo ricordo costante e il suo potere di ritornare rimasero finché alla fine essa cominciò a scomparire in una più grande Supercoscienza più in alto. Ma, nel frattempo,una realizzazione veniva ad aggiungersi ad un'altra realizzazione e si fondeva con questa esperienza originale. Presto l'aspetto di un mondo illusorio lasciò il posto ad un aspetto in cui l'illusione - l'interpretazione sbagliata da parte della mente e dei sensi dell'esistenza manifestata - non era che un piccolo fenomeno di superficie con un'immensa Realtà divina dietro, una suprema Realtà divina al di sopra, e un'intensa Realtà divina nel cuore di tutte le cose che,all'inizio, mi erano sembrate solo immagini od ombre cinematografiche. E questo non era un reimprigionamento nei sensi, una diminuzione o una caduta dall'esperienza suprema; anzi era come un'elevazione e un ampliamento costanti della Verità; era lo spirito, non i sensi, a vedere gli oggetti, e la Pace, il Silenzio, la libertà nell'Infinità rimanevano sempre, mentre il mondo e tutti i mondi erano solo come un episodio ininterrotto nell'eternità senza tempo del Divino.

Inviato

Per quanto valida possa essere la «vita nel mondo», in tutte le culture ci sono sempre stati uomini pronti ad affermare di aver trovato nella solitudine qualche cosa di molto più prezioso. Sant’Agostino fece una volta un’affermazione piuttosto dura (che in seguito spiegò) secondo cui «quella che viene chiamata religione cristiana esisteva gia presso gli antichi e non si può dire che non sia esistita dall’inizio del genere umano fino a quando Cristo si fu incarnato » (De vera religione, 10). Sarebbe senz’altro esagerato definire «cristiano» Chuang Tzu, e non é mia intenzione perdere tempo a speculare sugli eventuali rudimenti di teologia che é possibile rinvenire nelle sue misteriose affermazioni riguardanti il Tao.

...La sua filosofia é, a mio parere, profondamente originale e sana; può, é vero, essere fraintesa, ma fondamentalmente é semplice e lineare e, come tutte le grandi correnti di pensiero, punta direttamente al nocciolo delle questioni. Chuang Tzu non é interessato a parole e formule che spieghino la realtà, bensi a un diretto contatto esistenziale con la realta stessa. Tale presa di contatto è necessariamente oscura e non si presta all’analisi astratta, mentre é possibile presentarla sotto forma di parabola, di favola, o di storiella umoristica in cui è riportato un dialogo tra due filosofi.

...L’insegnamento che ne deriva, la «via» contenuta in questi aneddoti, in queste poesie e in queste meditazioni, sono invece tipici di una mentalità diffusa in tutto il mondo: un certo gusto per la semplicità, l’umiltà, il nascondimento, il silenzio e in generale il rifiuto di prendere sul serio l’aggressività, l’ambizione, l’arrivismo e la superbia di cui bisogna armarsi per farsi strada in questa società. Questa «via» consiste nel non cercare di arrivare da nessuna parte nel mondo, neppure
per tendere a una presunta meta spirituale. II libro della Bibbia che più si avvicina ai testi classici taoisti é il Siracide, ma anche nel Vangelo si parla spesso di quella semplicità, di quell’ingenuità e umiltà che corrispondono alle più profonde aspirazioni del libro di «Chuang Tzu» e del «Tao Te Ching». Per Chuang Tzu, come per il Vangelo, chi perde la sua vita la salverà e chi cerchera di salvarla la perderà. C’é un modo di essere nel mondo che é solo sinonimo di rovina e desolazione, mentre é possibile, pur rinunciando al mondo, trovare l’uomo e salvarlo nella sua vera patria, che é la patria di Dio. La «via» proposta da Chuang Tzu é comunque misteriosa perché é cosi semplice che «funziona» anche se di fatto non é una vera via e tanto meno una «via d’uscita». Chuang Tzu avrebbe fatto sua l'affermazione di san Giovanni della Croce secondo cui questo é il cammino che uno intraprende quando ha abbandonato tutte le altre strade e si é, in un certo senso, smarrito.

Tratto sempre da: La via semplice di Chuang Tzu  (T. Merton)


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