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Tassare i super ricchi


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Inviato

 

«Tassare gli ultraricchi» un 40enne geniale e 7 Samurai dell’uguaglianza rilanciano l’idea della patrimoniale

di Gianluca Mercuri

 

Sette premi Nobel per l’Economia che hanno vivisezionato le crisi di questi decenni ritengono che gli ultraricchi paghino solo spiccioli: una situazione semplicemente insostenibile sul piano morale e pratico

 

«Non sono mai stati così ricchi, ma contribuiscono poco agli oneri comuni in relazione alle loro capacità: da Bernard Arnault a Elon Musk, i miliardari hanno aliquote fiscali effettive più basse rispetto al contribuente medio».

È l’attacco dell’appello di 7 Premi Nobel per l’Economia, pubblicato da Le Monde, che promette di rilanciare il dibattito planetario sul tema dei temi, l’elefante nella stanza delle disuguaglianze, lo spettro che per decenni si è aggirato sulle leggi di bilancio dei grandi Paesi europei, per essere puntualmente scacciato in quanto antimoderno, paleorivoluzionario, controintuitivo perché «farebbe scappare i ricchi»: la tassa patrimoniale.

Invece 7 giganti del pensiero economico che hanno vivisezionato le crisi di questi decenni insistono sull’altro aspetto della faccenda: che gli ultraricchi paghino solo spiccioli è semplicemente insostenibile sul piano morale e pratico e trovare il modo di farli pagare di più non è un prurito gauchista ma un’esigenza di cui i primi a doversi fare carico dovrebbero essere i sacerdoti del rigore e delle compatibilità, sempre più impossibilitati a una quadratura dei conti che sia compatibile anzitutto con la realtà sociale.

 

L’imposta sul reddito personale

Si lanciano dunque nella battaglia (cui peraltro non si sono mai sottratti) personalità del calibro di Daron Acemoglu (MIT, Nobel 2024), George Akerlof (Georgetown University, Nobel 2001), Abhijit Banerjee (MIT, Nobel 2019), Esther Duflo (Collège de France e MIT, Nobel 2019), Simon Johnson (MIT, Nobel 2024), Paul Krugman (CUNY, Nobel 2008) e Joseph Stiglitz (Columbia, Nobel 2001). E partono dalla constatazione che «una ricerca pionieristica condotta in collaborazione con le autorità fiscali di diversi Paesi mostra che questi ultraricchi pagano tra lo 0% e lo 0,6% del loro patrimonio in termini di imposta sul reddito personale. Circa lo 0,6% in un Paese come gli Stati Uniti e lo 0,1% in un Paese come la Francia. Tenendo conto di tutti gli altri prelievi obbligatori (imposta sulle società, contributi sociali, imposta sui consumi, ecc.), e questa volta espressi in percentuale del reddito, le loro aliquote fiscali sono inferiori a quelle della classe media o dei dirigenti».

 

La holding di famiglia

Ma come siamo arrivati a questo punto? I 7 Samurai dell’uguaglianza (o meglio, di una disuguaglianza meno vergognosamente ingiusta e meno clamorosamente dannosa per la maggior parte dell’umanità) rispondono così: «In poche parole, (è successo) perché i ricchi possono strutturare il loro patrimonio in modo da evitare l'imposta sul reddito, che di solito è la pietra miliare della giustizia fiscale. Nei Paesi europei, questa ottimizzazione si ottiene attraverso la creazione di holding di famiglia, in cui i dividendi si accumulano al riparo dalle tasse. Negli Stati Uniti, l'uso di holding per evadere le tasse non è più consentito dagli anni '30, il che spiega perché le grandi fortune siano tassate più pesantemente che in Europa».

Come riassumere 150 anni di capitalismo familiare in poche righe. Il punto che i firmatari tengono a sottolineare è che non c’è nulla di irreversibile, nulla di scritto nelle tavole sacre del pensiero economico, nulla di intoccabile: «Questa situazione non è il risultato di una legge naturale o di un antico fatum: è il prodotto di decisioni umane e scelte politiche. Non c'è quindi alcuna inevitabilità».

 

La proposta

L’obiettivo dei Sette è convincere la politica francese a introdurre un’imposta minima sul patrimonio dei più ricchi, ispirata alla proposta dell’economista Gabriel Zucman, appena respinta dal Senato di Parigi: un’imposta minima del 2% sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro (che in Francia riguarderebbe circa 1.800 famiglie). In un momento storico in cui le finanze pubbliche faticano a mantenere i livelli di welfare necessari e la coesione sociale è a rischio, non sarebbe una misura rivoluzionaria ma il minimo sindacale, è il senso dell’appello. Basta pensare che proprio in questi giorni l’Insee, l’Istat francese, ha certificato che nel 2023 il tasso di povertà è salito al 15,4% della popolazione, il dato più alto degli ultimi 30 anni, cioè da quando esiste l’indicatore. In cifre, vuol dire che quasi 10 milioni di francesi (9,8) vivono sotto la soglia di povertà, fissata al 60% del reddito medio (1.288 euro per una persona sola). E che la cancellazione dei sostegni al potere d’acquisto introdotti nel periodo del Covid ha fatto precipitare nell’indigenza 650 mila persone in un solo anno. Dati che dovrebbero bastare, ragionano i Sette, a svoltare nella lotta all’elusione fiscale, impedendo agli ultraricchi di sfruttare i marchingegni societari per abbassare a livelli ridicoli il carico fiscale personale.

 

I paradisi fiscali

Gabriel Zucman, economista nemmeno 40enne e dal curriculum straordinario - al momento insegna all’Università della California-Berkeley e alla Paris School of Economics, e dirige l’Osservatorio fiscale dell’Unione europea - è da anni in prima fila nella lotta per una maggiore imposizione fiscale sui plutopatrimoni. Da grande esperto di paradisi fiscali, l’anno scorso ha dedicato anche all’Italia un capitolo del Global Tax Evasion Report redatto per l’Ue. Secondo la ricerca, ha scritto il nostro Marco Sabella, «dal 2016 al 2022 le somme di denaro depositate dagli italiani nei paradisi fiscali hanno registrato un’impennata senza precedenti. Infatti, considerando soltanto i patrimoni finanziari, ed escludendo di conseguenza gli immobili, in sei anni sono fuggiti all’estero 159 miliardi di euro, che sono andati ad aggiungersi ai 74 miliardi già espatriati in precedenza. L’incremento di questa massa di denaro che sfugge ad ogni controllo è del 144%. La massa totale dei capitali offshore equivale attualmente più o meno all’intero ammontare del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza su cui l’Italia punta per il suo rilancio economico di lungo periodo».

 

Il manifesto

Non a caso in questi anni Zucman ha fatto molti proseliti da noi, come dimostra il manifesto firmato sempre lo scorso anno da 134 economisti italiani di 50 università italiane e straniere, favorevoli all’introduzione di un’imposta progressiva per lo 0,1% più ricco dei cittadini italiani, titolari di patrimoni netti superiori a 5,4 milioni di euro, e all’aumento del prelievo sulle grandi successioni e donazioni.

In epoca Trump, con i plutocrati che vanno direttamente al governo per ridursi ulteriormente le tasse (vedi l’articolo di Elena Tebano dalla Rassegna del 1° luglio), questi appelli sembrano controcorrente. Ma Trump non è il mondo - Spagna e Brasile, per esempio, hanno appena presentato un’iniziativa congiunta per promuovere a livello mondiale una maggiore tassazione degli ultraricchi - e non è eterno. E come dimostrano Zucman e i 7 Nobel, ogni singolo Paese può sempre scegliere questa strada autonomamente. Il trend che vede le destre sfruttare il malcontento generato dalla disuguaglianza per vincere le elezioni e generare più disuguaglianza ha una sua perversione, ma non è un maleficio: è politica. E politica è anche l’antidoto.

 

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Inviato
24 minuti fa, Savgal ha scritto:

come dimostrano Zucman e i 7 Nobel, ogni singolo Paese può sempre scegliere questa strada autonomamente

senza tasse globali?

che mai ci saranno?

credo mai si farà un passo in tal senso, non si va oltre alle solite chiacchiere...

i ricchi, come del resto le aziende, poi possono scegliere dove andare come conseguenza di una concorrenza fiscale fra paesi garantita dagli eccessi della globalizzazione ( e c'è pure dentro la stessa Ue).

può divenire un atto controproducente quello di erodere la base imponibile a seguito di scelte geniali, 

così da continuare a fare scappare capitali e aziende.

un super ricco, come un semplice ricco, può sfuggire facilmente alla tagliola grazie alla libera circolazione dei capitali, più facile acchiappare poveretti.

 

Inviato
17 minuti fa, Panurge ha scritto:

Basta appaltare la riscossione al Mossad.

sehh, qua ti dicono ogni tre per due che gli israeliani sono brutti, cattivi e da bastonare...

tocca tornare a puntare sui marchigiani.

Inviato
1 ora fa, Savgal ha scritto:

Il divario tra ricchi e poveri continua ad approfondirsi,

E continuerà ad ampliarsi.

Inviato

“Tassare i super ricchi” : è giusto, oltre che necessario.
Troppa ricchezza e potere in mano a pochi, può generare solo un’oligarchia, a discapito della moltitudine di poveri. 

Se la ricchezza crea benefici solo a chi è già ricco (leggasi finanza) e non a tutta la collettività (leggasi lavoro) è fondamentalmente inutile allo sviluppo del mondo. 

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Inviato

Non poche volte i grandissimi patrimonio rinvengono dal fatto che coloro che hanno un vantaggio competitivo iniziale si adoperano per bruciare i ponti dietro di loro e ricorrendo ad ogni mezzo per soffocare la concorrenza.

Nel '900 in USA Carnegie, Mellon, Rockefeller, Morgan hanno operato in tal senso, spesso con l'appoggio e la protezione di uomini politici. Roosevelt definì quelli di cui sopra del "malfattori di grande ricchezza".

Inviato

"Negli affari, la concorrenza non è mai così salutare come il dominio totale". Peter Lynch

mozarteum
Inviato

Be’ l’Antitrust esiste sia in Usa che in Europa e legna come se non ci fosse un domani in caso di posizione dominante.

a volte le sanzioni resistono alle Corti altre volte vengono annullate.

chi ci guadagna ville e ferrari sono gli avvocati, quindi l’Antitrust giova all’economia generale anche quando sbaglia

Inviato

I super ricchi, vanno redistribuiti… a pezzetti. 😱

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Coltr@ne
Inviato

Giusto per sapere, io mi sento già super ricco se guardo un palestinese ora, o un ucraino o un afgano, dove è posta esattamente l'asticella? Giusto per capire se devo sotterrare o no.

Inviato

parole a vuoto, non riescono neanche a recuperare gli spiccioli, figurati i super ricchi che si sono opportunamente occultati i danè

briandinazareth
Inviato
2 ore fa, mozarteum ha scritto:

In realta’ queste discussioni servono a saggiare ben altre intenzioni. Quelle di overtassare non gia’ le poche migliaia di ricchissimi sparsi per il mondo ma i benestanti e gli agiati (a milioni nel mondo e anche in Italia) che peraltro -gli onesti - gia’ pagano uno strafotto di imposte dirette e indirette.

 

vai tranquillo che non è per la gente come te questa misura... ;) 

e parliamo di percentuali risibili, tra l'altro. 

  • Amministratori
cactus_atomo
Inviato

Non sempre quello che è giusto è anche realizzabile. Come è certo che alcuni riuscirebbero pure ad accedere qualsiasi imposta. Piuma efficace di una imposta sui super ricchi potrebbe essere una vera e solida legislazione antitrust che non si limiti a irrogare multe ma obblighi le imprese a suddividersi come successe in usa con Bell telephone. La definizione soldi super ricco può essere quantificata ma una minimum taxi universale sono le grandi potenze a non volerla. Per cui resta valido il piano b che ho più volte illustrato, tasare i poveri ed ancora più i nullatenenti, o sono fonti poveri, o schiattano sotto il peso delle imposte o di decidono a diventare ricchi, se il soldo è la misura di tute le cose, meno netturbini e più spacciatori

Coltr@ne
Inviato

Nessun iscritto a x ci può dire cosa ne pensa il muschio?

Servirebbe un intervista a suo figlio che ha sfanculato trump :classic_biggrin:

Inviato

Il mercato azionario guarda esclusi profitti, per cui premia la redistribuzione che toglie al lavoro e dà al capitale. Chi possiede pacchetti di titoli azionari sono i lavoratori con alte retribuzioni, per cui se costoro beneficiano di piani contributivi in azioni, tolgono indirettamente ai lavoratori a bassa qualificazione per incrementare il loro reddito.

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