Savgal Inviato 16 ore fa Autore Inviato 16 ore fa Ricordo di aver più volte scritto che il concetto di individuo, centrale nella rappresentazione che oggi si ha del mondo, aveva in passato, fino all'età moderna, una valutazione ben diversa dal presente e per nulla positiva. Quella di Aristotele postata sopra era una delle testimonianze, ma ve ne sono molte altre. L'assenza di senso storico, di un passato sempre uguale al presente è una caratteristica negativa delle convinzioni popolari. La conseguenza ancor più negativa è che un passato uguale al presente impedisce di progettare il futuro.
extermination Inviato 16 ore fa Inviato 16 ore fa Pure unicità, autonomia e valore della persona son cose “cattive”?
dariob Inviato 15 ore fa Inviato 15 ore fa 52 minuti fa, extermination ha scritto: Pure unicità, autonomia e valore della persona son cose “cattive”? Per quel che Ho imparato io il concetto di "individuo" è un'invenzione tipicamente occidentale. Nelle altre culture si 'diluisce' nella etnia, o nella tribù, o nel clan eccetera, e queste ultime sono le unità di misura che contano. IMHO credo che questa particolarità abbia contribuito fortemente alla sua supremazia.
Savgal Inviato 15 ore fa Autore Inviato 15 ore fa @extermination Non sono cose "cattive", solo che non si deve pensare che uomini e donne del passato si rappresentavano la società come i contemporanei la rappresentano ora. Posto alcune righe che probabilmente ho già postato. La diffidenza del mondo antico e medioevale nei confronti dell’individuo conseguiva dal fatto che questo era considerato come un elemento di turbamento dell’ordine sociale, soggetto che poteva innescare conflitti potenzialmente in grado di disgregare lo stesso ordine. Per ordine sociale la filosofia politica intende la coesistenza pacifica dei soggetti, singoli o aggregati, in una società, con la conseguente accettazione delle istituzioni che la regolano. L’ordine sociale si manifesta anche nei rapporti tra i diversi soggetti sociali in relazione al ruolo da essi svolto nella gerarchia della società. In linea di massima nel mondo antico e medioevale, in cui dominava la comunità, la tradizione a questa connaturata e l’emarginazione delle pretese individuali, consentiva di limitare i conflitti, garantendo una coesistenza relativamente pacifica ed ordinata, fenomeno che nella storia e nella sociologia si definisce con il termine “consenso”. Con questo termine si deve quindi intendere l’adesione ai valori e la condivisione ed accettazione dei caratteri fondamentali dell’assetto politico, economico e giuridico di quella società, nonché le modalità con cui di distribuiscono i beni materiali ed immateriali. Da queste forme di distribuzione conseguono la collocazione nella gerarchia sociale, con le relative differenze nell’accesso ai beni. Quanto sopra corrisponde metaforicamente all’aria che respiriamo, sono fenomeni in cui siamo totalmente immersi ed è per questa ragione che molto spesso non ne abbiamo piena consapevolezza. Le questioni relative all’ordine sociale ed al consenso sono state oggetto di riflessione già in Platone, che scriveva nella Repubblica: “Ti sembra che una Città o un esercito, o una banda di delinquenti o di ladri, o qualsiasi altra associazione che si formi allo scopo di delinquere, potrebbe combinare qualcosa, se al suo interno si comportasse al di fuori di ogni principio di giustizia? (..) L’ingiustizia, Trasimaco, è fonte di sedizioni, di odi, di conflitti fratricidi (..) sì da rendere impossibile ogni forma di reciproca collaborazione”. Platone intende per giustizia l’accettazione e lo svolgimento del proprio compito (ruolo) ed è esso a garantire l’unità dello stato e l’accordo nella comunità. Il problema che Platone si pone è come far coesistere individui con interessi diversi e conflittuali, evitando una guerra di tutti contro tutti condurrebbe alla distruzione della società. Egli giustifica la stratificazione sociale prima ricorrendo ad una “nobile menzogna”, poi alle caratteristiche dell’anima dei diversi soggetti. L’Atene di Platone è per alcuni caratteri simile alla nostra, non più una comunità, dissoltasi per via di quella che fu la prima esperienza di governo democratico. Fu esperienza breve, cui seguì il ritorno alle tradizionali forme di organizzazione politica. Nel momento storico in cui le comunità si dissolvono, e con la dissoluzione l’adesione istintiva al loro ordine sociale, queste divengono società composte da individui potenzialmente in conflitto tra di loro. Tale conflitto potenziale pone il problema della costruzione del “consenso”, ossia di come costruire quella condivisione di valori e convinzioni fondamentali che consentono l’ordine sociale. Nel momento in cui tradizione e religione, connaturate all’ordine comunitario, non riescono più a garantire il consenso, nel momento in cui le relazioni fra gli individui sono prioritariamente definite dai contratti, diviene centrale il tema della condivisione di valori e convinzioni in grado di garantire un ordine sociale relativamente stabile.
LUIGI64 Inviato 14 ore fa Inviato 14 ore fa In sintesi, cosa dovremmo fare per riuscire a migliorare tale situazione ? Medioevo, Platone e religioni...si rischia di teorizzare molto, ma poi nella prassi quali sarebbero le soluzioni possibili
best_music Inviato 14 ore fa Inviato 14 ore fa Il 01/09/2025 at 17:37, Savgal ha scritto: Gli odi ciechi e la rabbia con cui si manifestano caratterizzano l’adolescente e l’utente compulsivo dei social. Suvvia, non improvvisiamo in base a dei banali luoghi comuni! : Quella che chiami "rabbia" quasi sempre è un profluvio di parole in libertà causate da: : 1) totale (o quasi) impunità del gesto 2) desiderio di causare una reazione (essere ignorati è un problema per chiunque) 3) sfogo del sentimento di impotenza nei confronti delle dinamiche socio-economiche (povertà percepita, cambiamenti sociali ritenuti "avversi" ecc ecc) 4) sindrome del cane ovvero istinto di avventarsi sull' essere percepito come debole : La "rabbia" è una cosa seria, ti spinge all' azione, un chiaro esempio sono le cosiddette "manifestazioni" dove si bruciano effigi dei leader avversi, si appendono a testa in giù, li si rappresenta sporchi di sangue ecc ecc.
extermination Inviato 14 ore fa Inviato 14 ore fa 27 minuti fa, Savgal ha scritto: tema della condivisione di valori e convinzioni in grado di garantire un ordine sociale relativamente stabile. l'UE promuove valori condivisi ( ne cito alcuni - democrazia, Stato di diritto - libertà - diritti umani) in grado di garantire un ordine sociale stabile e comune tra Stati membri e cittadini europei. Valori sanciti nei trattati che costituiscono la base dell'identità europea, “legando” gli Stati membri e indirizzandone l'azione verso la pace, la sicurezza e la solidarietà. ora però devo mangiar la pizza con il Fede
simpson Inviato 14 ore fa Inviato 14 ore fa 1 ora fa, extermination ha scritto: Pure unicità, autonomia e valore della persona son cose “cattive”? Purchè non vengano eccessivamente esaltate, arrivando alla conclusione che non c’è bisogno degli altri.
extermination Inviato 14 ore fa Inviato 14 ore fa La società non esiste, esistono solo gli individui- il suo lascito è innegabile ed il suo pensiero, al netto delle decontestualizzazioni, offre spunti di incredibile valore. Perché la sua presenza ha nei fatti caratterizzato un'epoca, lasciandoci in dote una società radicalmente diversa. Resa diversa nel cuore e nell'anima, proprio dall'economia, traslando una delle sue considerazioni divenute celebri: "L'economia è il mezzo, l'obiettivo è quello di cambiare il cuore e l'anima". Ed è ciò che in molti le rimproverano. Aver contribuito a cambiare forse per sempre (e certamente non da sola) l'orizzonte ideale di milioni di persone, per il tramite del primato del mercato, della meritocrazia che diviene arrivismo, della ricerca del successo, della vittoria ad ogni costo. Non si tratta tanto di rintracciare nel pensiero di Margaret Thatcher quell'individualismo di matrice liberista che ha portato alla dissoluzione di concetti antichi e radicati nella coscienza occidentale da secoli, ma di comprendere fino in fondo la gerarchia valoriale del "migliore dei mondi possibili" da lei immaginato. Quello di chi "non conosce il significato della parola sconfitta"; di chi "sa quello che deve essere fatto e lo fa"; di chi "considera l'inattività un male e predilige l'azione"; di chi sa che "le cose si conquistano"; di chi "ama essere al centro delle cose" e "sa di meritarsi il successo che ha ottenuto"; di chi si batte "solo ed esclusivamente per vincere"; di chi pensa che "non conta altro che il risultato finale".
briandinazareth Inviato 3 ore fa Inviato 3 ore fa 10 ore fa, extermination ha scritto: di chi si batte "solo ed esclusivamente per vincere"; di chi pensa che "non conta altro che il risultato finale". però il risultato finale della sua politica non è stato di grande impatto sull'economia mentre ha reso peggiore la vita di moltissime perrsone. dati alla mano. inoltre è un pensiero infantile, 10 ore fa, extermination ha scritto: Quello di chi "non conosce il significato della parola sconfitta" niente di tutto questo c'è nella vita vera delle persone.
loureediano Inviato 2 ore fa Inviato 2 ore fa Il periodo Thatcher ha coinciso con quello Reagan Il consumismo e studio 54 Edonismo e fotti che fotto anch'io, altro che liberismo. L'inizio del declino del walfare. Hanno vinto loro, i soldi vincono sempre. Sono frutto del diavolo, ma i credenti si riuniscono a Rimini per omaggiare il dio denaro Si questa società è pazza
Savgal Inviato 2 ore fa Autore Inviato 2 ore fa @extermination Un mondo in cui ciascuno persegue il proprio interesse e i propri desideri conduce allo “stato di natura” di Hobbes, nel quale gli uomini, a causa della loro “natura”, vivono in uno stato di guerra di tutti contro tutti (bellum omnium contra omnes), dove tutti pretendono di avere diritto su tutto. Questa guerra di tutti contro tutti, in cui l’uomo è lupo nei confronti dell’altro uomo (homo homini lupus). Quella della Thatcher è una ipersemplifcazione che ignora quanto del passato sia inconsapevolmente interiorizzato nella quasi totalità degli uomini e della fragilità della coesione sociale Il capitalismo, come osserva Weber, è un fenomeno storicamente specifico e distinto dalla semplice volontà di sopraffazione economica presente in ogni tempo e luogo. Esso si fonda su di un calcolo razionale finalizzato ad un guadagno sempre rinnovato. E’ tale calcolo a caratterizzare l’impresa capitalistica, che presuppone, a sua volta, il libero scambio, il lavoro formalmente libero, la possibilità di guadagno formalmente pacifiche, l’organizzazione dell’impresa in termini razionali ai fini del guadagno, la separazione dell’amministrazione domestica dall’azienda, la tenuta razionale dei libri contabili. Tutti questi elementi, ritenuti da Weber essenziali per il capitalismo, si ritrovano congiunti solo nell’Occidente moderno. Sebbene il capitalismo sia stato determinato fortemente dalle possibilità tecniche, Weber rifiuta che questo presupposto di tipo “materialistico” sia il solo ad aver prodotto il capitalismo. Weber cerca ciò che egli chiama "lo spirito del capitalismo" in quei presupposti culturali senza di cui non si sarebbe sviluppato e li trova in particolare nell’etica puritana, con la sua dottrina della predestinazione. Tale dottrina, se da un lato comporta l’inutilità dell’attività individuale e la totale sottomissione all’imperscrutabile volontà divina, d’altra parte comporta che il lavoro, pur non potendo salvare l’uomo torna ad incremento della gloria di Dio e perciò è da Dio stesso voluto. L'impegno nel lavoro del calvinista non è finalizzato al consumo, ma a provare le capacità di controllo e di sistematicità e da cui consegue indirettamente l’agire razionale. La capacità di guadagno finalizzata al reinvestimento diviene così un segno esteriore della propria predestinazione alla salvezza riscontrabile nella vita terrena (ascesi intramondana). Lo sforzo di Weber è di far emergere le correlazioni, le influenze esercitate dall’etica protestante sullo spirito del capitalismo, che mantiene la sua efficacia sugli individui anche quando si stanno dissovendo le origini religiose del fenomeno storico specifico. Alla spiegazione materialistica di Marx, Weber contrappone l’influenza religiosa. L’autore non intende tuttavia confutare la tesi marxiana circa le origini del capitalismo, che ritiene perfettamente legittima; non ritiene legittima la pretesa marxiana di porsi come l’unica spiegazione corretta e scientifica, tacciando le altre di ideologia. L'etica puritana e il timore di Dio si sono totalmente dissolti e con essi ciò che limitava e conteneva al regressione allo "stato di natura" di Hobbes. Tantissimi sostengono di credere in Dio, ma nei comportamenti reali hanno elevato il loro io a dio e sono convinti in cuor loro di essere il flgli unico di queso dio. Sta avvenendo ciò che Nietzsche aveva anticipato circa 150 anni fa quando scriveva l'aforisma dello "Uomo folle" che annunciava la morte di Dio.
extermination Inviato 2 ore fa Inviato 2 ore fa 1 ora fa, loureediano ha scritto: L'inizio del declino del walfare. Hanno vinto loro, i soldi vincono sempre. Che i soldi vincano sempre è un dato di fatto.
Gaetanoalberto Inviato 1 ora fa Inviato 1 ora fa Non credo ci sia da meravigliarsi troppo delle dinamiche per le quali gli uomini vanno in cerca di potere e solidità economica, con l'accento posto di più o di meno su uno dei due elementi. Tra un attimo Brian ci spiegherà che le dinamiche evolutive hanno selezionato i soggetti, esaltando in ciascuno alcune caratteristiche favorevoli all'evoluzione, e mischiando i caratteri nel genere umano un po' come i ruoli nei formicai. Una visione disincantata temo lo debba riconoscere come inevitabile. Per questo, un po' per deformazione professionale ed un po' per indole innata, sono da sempre convinto che la componente regolatrice della convivenza, che pure deve essere parte del patrimonio biogenetico, sia fondamentale. Nella storia assistiamo a momenti di maggiore anarchia e individualismo, ad altri di più alta ricerca del consenso, ma anche a lunghi periodi in cii prevale l'imperativo del più forte e dei suoi sodali. Le organizzazioni umane replicano le caratteristiche dei componenti, anche dal punto di vista della storicizzazione citata. É un ciclico ripetersi del conflitto inevitabile tra libertà e regola, individuo e società, forza e ragione e, in definitiva, conflitto o pace. Sono parte della nostra natura e ciclicamente si ripresentano vincenti. É abbastanza ingenuo pensare che il risultato in termini di benessere possa essere lasciato al caso, perché il compito della politica sarebbe proiettare lungo lo sguardo al fine di creare le condizioni migliori per difendere il progresso. Purtroppo però, non esiste "una" politica, ma una pluralità, e tutte rappresentano, purtroppo, gli stessi schemi di cui si è detto per l'individuo. Nelle democrazie la partecipazione resta essenziale, ma la consapevolezza di questa essenzialità è influenzata sempre dalle dinamiche citate, ed è dunque alterna, o spinge nell'una o nell'altra direzione. Tornando ai problemi attuali, non sono soltanto eterogenerati, ma anche intrinseci del nostro agire politico. Per dirla in breve, la colpa è vostra.
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