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Società e politica al tempo della morte di Dio


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loureediano
Inviato

Diciamo che la sinistra da almeno 30 anni dei diseredati e dei mal pagati se ne è bellamente fregata.

Inviato
1 ora fa, P.Bateman ha scritto:

Sono ateo/agnostico non militante, le religioni mi interessano come fenomeno politico/culturale.

vale anche per la politica, i politici, i partiti, i militanti?

chiedo per un amico:classic_biggrin:

Inviato
4 ore fa, loureediano ha scritto:

Diciamo che la sinistra da almeno 30 anni dei diseredati e dei mal pagati se ne è bellamente fregata.

Non so che intendi per sinistra perche' io lo sono sempre stato e mi sono sempre impegnato nel sociale a favore degli altri

Inviato
7 ore fa, P.Bateman ha scritto:

Sono ateo/agnostico

Non è che sia proprio la stessa cosa...

Diciamo, un ateo moderato 😜

Inviato

sarei agnostico anche io, il problema sono sempre i pretazzi.

prendi l' ebraismo, sono convinto che senza rabbini fin dall' inizio

non sarebbe mai diventato 'sta roba qua.

Inviato

Abbiamo il latte senza lattosio, la pasta senza glutine, la coca cola senza zucchero, si potrebbe avere una religione senza preti? 

Non credo proprio.

Inviato

 

Sull’incidenza della religione sulla società sono stati scritti tanti volumi. Il più noto e citato è “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” di Max Weber.

Weber sostiene nel saggio che sebbene il capitalismo sia stato determinato fortemente dalle possibilità tecniche, rifiuta che questo presupposto di tipo “materialistico” sia stato il solo ad aver prodotto il fenomeno. Weber cerca lo spirito del capitalismo in quei presupposti culturali senza di cui non si sarebbe sviluppato e li trova in particolare nell’etica puritana, con la sua dottrina della predestinazione. Tale dottrina, se da un lato comporta l’inutilità dell’attività individuale e la totale sottomissione all’imperscrutabile volontà divina, d’altra parte comporta che il lavoro, pur non potendo salvare l’uomo “torna ad incremento della gloria di Dio e perciò è da Dio stesso voluto”. Tuttavia per l’autore il lavoro del calvinista non è finalizzato al consumo, ma a provare le capacità di controllo e di sistematicità, da cui consegue indirettamente l’agire razionale. La capacità di guadagno finalizzata al reinvestimento diviene così un segno esteriore della propria predestinazione alla salvezza riscontrabile nella vita terrena (ascesi intramondana). Weber sostiene che da ciò discende l’importanza attribuita dal denaro alla cultura capitalistica.

Il lavoro di Weber intendeva far emergere le correlazioni, le influenze esercitate dall’etica protestante sullo spirito del capitalismo, influenza che mantiene la sua efficacia sugli individui anche quando sono dimenticate le origini religiose del fenomeno storico specifico. Alla spiegazione materialistica di Marx, Weber contrappone, o forse sarebbe meglio dire affianca, l’influenza religiosa. L’autore non intende difatti confutare la tesi marxiana circa le origini del capitalismo, che ritiene perfettamente legittima; non ritiene legittima la pretesa marxiana di porsi come l’unica spiegazione corretta e scientifica, tacciando le altre di ideologia. Weber è chiaramente consapevole della non esaustività del suo punto di vista e alla fine del saggio rende un implicito omaggio a Marx dicendo che dovrebbe dimostrarsi “in qual modo l’ascesi protestante sia stata influenzata nel suo divenire e nei suoi caratteri dal complesso delle condizioni della società e soprattutto da quelle economiche”.

Scriveva Durkheim: “In ciascuno di noi in proporzioni variabili c'è qualcosa dell'uomo di ieri; è proprio l'uomo di ieri che per forza di cose è predominante in noi, poiché il presente è solo poca cosa in confronto a quel lungo passato durante il quale ci siamo costruiti e del quale siamo l'emanazione. Solo che quest'uomo del passato non lo avvertiamo, perché è inveterato in noi; costituisce la nostra parte inconscia. Quindi tendiamo a non tener conto di esso né delle sue legittime esigenze. Al contrario, abbiamo una percezione vivida delle acquisizioni più recenti della civiltà, perché essendo recenti non hanno ancora avuto il tempo di organizzarsi nell'inconscio.”

La tesi dell’incipit del thread è che questo passato oggi si è dissolto anche nell’inconscio.

Il nostro tempo ha obliato il passato, l’autorità, il senso di appartenenza alla comunità, la fede religiosa, come il trionfo dell’individuo sulla società e con ciò la rottura di quei sottili legami che in passato avevano legato gli uomini al tessuto sociale. Quella trama di sottili legami era anche retta e giustificata dalla fede religiosa, sia con l’accettazione di quanto era in Terra, sia dal premio della vita dopo la morte, sia dal castigo che il Giudice supremo avrebbe inflitto ai “cattivi”.

Con la morte di Dio tutto ciò cade. Sempre Nietzsche scriveva “Se vi fossero dei, come potrei sopportare di non essere Dio? Dunque non ci sono dei.”

Il nostro tempo è il paradossale ribaltamento della frase di Nietzsche, ci sono tantissimi dei.

 


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