audio2 Inviato ieri alle 15:40 Inviato ieri alle 15:40 ps: se ho ben letto affluenza al 43 e rotti % direi che ormai è anche inutile insistere
Martin Inviato ieri alle 19:56 Inviato ieri alle 19:56 5 ore fa, indifd ha scritto: nonostante il grande successo delle manifestazioni per Gaza con milioni in piazza Piazze piene, urne vuote. Lo diceva già Nenni nel 1948...
indifd Inviato ieri alle 20:33 Inviato ieri alle 20:33 31 minuti fa, Martin ha scritto: Piazze piene, urne vuote. La situazione è IMHO più complessa e con implicazioni più profonde (vedi il titolo dell'argomento in cui scriviamo), ma deve essere chi ha il problema ad affrontarlo, comprendo che la cosa non sia piacevole e comprendo il silenzio e lo rispetto, inutile forzare la volontà altrui
loureediano Inviato 19 ore fa Inviato 19 ore fa La destra vince e continueranno a vincere per molto tempo ancora. Il motivo semplice La destra è nel bene e nel male identitaria, il centro con poca sinistra e confusionario privo di una qualsiasi identità Ormai chi vota il candidato che si contrappone a quello di destra prende i voti dei soli che vedono il nero dall'altra parte e si turano il naso. Il resto rimane a casa e non vota perché schifato da destra e centro sinistra. 4
Savgal Inviato 9 ore fa Inviato 9 ore fa Per le tante eterogenesi dei fini della storia l’effetto più grande del c.d. “comunismo reale” si manifestò dopo il 1945. Come osservava Hobsbawm ne “Il secolo breve” la presenza di un’alternativa all’economia capitalistica indusse i governi del secondo dopoguerra ad edificare il sistema dello stato sociale europeo e ad un incremento dei salari congiunta con la crescita della produttività. Il potenziale politico ed ideologico del comunismo reale consentì ai partiti socialisti e comunisti dell’Europa occidentale di giungere al punto più alto di pressione politica anche se erano collocati all’opposizione. Ciò rese possibile l’accoglimento delle loro richieste anche da parte dei governi liberali o conservatori di redistribuzione della ricchezza e dell’edificazione dello stato sociale. I partiti che rappresentavano i lavoratori dipendenti e i sindacati occidentali ebbero il massimo ascolto per via di una minaccia indiretta di lotta di classe, che riuscirono a fare fruttare nei rapporti con le controparti, anche senza bisogno di giungere allo scontro aperto. Era sufficiente far notare quanto avveniva oltre la “cortina di ferro” per far comprendere alla parte imprenditoriale che anche in Occidente la pace sociale aveva il suo prezzo. I costi della pace sociale in Occidente furono rivisti nel momento in cui la potenziale di minaccia dei partiti di sinistra e dei sindacati si attenuò in modo inarrestabile in ragione del fatto che l'Unione Sovietica, il “comunismo reale”, era sempre meno credibile. Si era perso il fattore di poter far leva sulla paura del comunismo. Per il campo conservatore divenne evidente che il contraente che sedeva ai tavoli delle trattative salariali era fortemente indebolito. Le conseguenze di ciò determinarono un nuovo clima politico già dai primi anni Ottanta. Non è un caso che i salari operai negli USA sono fermi da quel momento. Il neo-liberismo è stato nei fatti un ricalcolo dei costi della pace sociale interna ad iniziare dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, con la Thatcher e Regan, per poi passare all’Europa occidentale causata dalla temporanea pressione politica e ideologica del “comunismo reale”. Negli stessi anni si assisteva al diffondersi di un “individualismo popolare” che toglieva il terreno sotto i piedi alla solidarietà di classe del proletariato. In pochi anni si passò dalla priorità della piena occupazione a quella della dinamica imprenditoriale. Questa nuova situazione ha condotto a salari stagnanti da 40 anni, congiunti con il tentativo di ridurre lo stato sociale, tollerati senza reazioni e senza che ciò accendesse nuovamente il conflitto di classe. I rapporti di forza erano cambiati. Le organizzazioni del lavoro dipendente non possedevano più strumenti con cui fare pressioni e, in ultima istanza, minacce. Anzi, il privilegio di poter fare minacce era passato quasi unilateralmente nelle mani delle imprese, che possono prospettare scenari peggiori nel momento in cui la controparte rifiutasse di condividere le nuove regole del gioco. Non è del tutto infondato il timore che si sia in presenza di una svolta neo-autoritaria del capitalismo, con l’appoggio della stessa classe operaia sua antagonista nell’immediato secondo dopoguerra. 1 1
liboize Inviato 8 ore fa Inviato 8 ore fa @Savgal Senza essere Hobsbawm, che non ho letto , e' sempre quello che ho pensato anch' io , anche perche' mi sembra un' interpretazione piuttosto intuitiva e condivisibile .
Savgal Inviato 3 ore fa Inviato 3 ore fa @liboize Ciò che non è facile comprendere sono le ragioni per cui l'elettorato operaio si è fatto catturare dalle sirene del populismo e dal nazionalismo dei «conservatori identitari». Un'ipotesi è che il passato di cui hanno nostalgia sia quello prossimo dei 30 anni subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
audio2 Inviato 3 ore fa Inviato 3 ore fa più che altro hanno nostalgia di quando si lavorava da cristiani con stipendio e orari adeguati le riforme del lavoro che hanno spappolato tutto le ha fatte treu del pd, mica i maledetti destri
indifd Inviato 3 ore fa Inviato 3 ore fa Comprendere perché la maggioranza dei colletti blu italiani e non solo in occidente vota non per il centro-destra, ma proprio per la far right (fasisti per gli amici di sinistra) è alla portata di un bambino mediamente dotato, non un genio NB Nel caso ci fossero difficoltà (massima comprensione ) è facile uscirne : chiedere direttamente a diversi colletti blu che votano FdI/Lega le motivazioni del loro voto Comprese le motivazioni lo sdegno e la massima riprovazione è sempre lecita ovviamente fino alle più pesanti offese verso i nuovi fasisti con il colletto blu
Gaetanoalberto Inviato 3 ore fa Inviato 3 ore fa 16 ore fa, loureediano ha scritto: il centro con poca sinistra e confusionario privo di una qualsiasi identità Caro Lou, se permetti tu esprimi (legittimamente per carità) il pensiero che da sempre impedisce alla sinistra di far governare (quantomeno anche) la sinistra. Un malriposto senso identitario, più spesso polemico ed immobilista per principio, che spinge i detentori del pensiero puro ed originale a far mancare gli appoggi od a sottrarli a metà legislazione. Mi viene in mente quel gran signore di Bertinotti che peraltro apprezzo. Questo accade, e non sto scherzando, dagli albori del socialismo italiano (e non solo), ed è stato causa di disastri storici. Persone anche molto, molto intelligenti, pensano che stare al governo non sia obbligatorio. Se anche questo portasse la destra al governo pazienza... Se anche la destra non mollasse il governo pazienza.. Al limite dopo un ventennio si prova a ricominciare, ma sempre con lo stesso obiettivo... I cinque stellette, dopo la fase Uomo Qualunque e quella brasileira, stanno provando a scimmiottare il PSIUP, ma sembrano Benito ai tempi dell'abito con le ghette, prima delle divise. E insieme al PD raccattano più astensione di prima. Ma niente, quella D del PD é quella che determina il problema
Morenik Inviato 3 ore fa Inviato 3 ore fa Il 05/10/2025 at 12:54, LeoCleo ha scritto: il momento in cui la sinistra ha voltato le spalle agli ultimi, ai più deboli, ai meno istruiti, non solo smettendo di rappresentarli ma addirittura schifandoli e deridendoli. Da quando sono comparsi i nuovi parassiti...il sindacalista lando e l'immobiliarista salis. 1
extermination Inviato 2 ore fa Inviato 2 ore fa Grazie anche alle tecnologie, ed al titolo di studio, gli operai di fabbrica-manifatturiero, non son più quelli di una volta- son di meno- frammentati - non coesi- poco e mal rappresentati e di poco conto- non determinante- alle urne. 1
Gaetanoalberto Inviato 2 ore fa Inviato 2 ore fa @SavgalQuella che hai proposto é una lettura interessante ed autorevole, che coglie alcuni aspetti. Tuttavia è una costruzione che vista la premessa porta a certe conclusioni in modo così lineare che sembra quasi che si sia arrivati alla premessa partendo dalle conclusioni. Altri elementi cruciali andrebbero aggiunti, e non sarei così sicuro di poter ricondurre tutto a dinamiche si classe (sto semplificando). Alcuni aspetti sono legati alla natura del sistema produttivo, agli intrecci stato/impresa e ad aspetti strettamente macroeconomici. L'incremento dei salari (tardivo), finalmente ottenuto negli anni sessanta dopo una crescita trainata da basso costo del lavoro e bassa fiscalità, si è sfortunatamente scontrato in tempi troppo brevi con la crisi petrolifera dei primi anni settanta che ha rapidamente fatto da contrappeso. La crisi della grande impresa ha dirottato le energie (ad esempio sindacali) verso il salvataggio dalla perdita del lavoro e gli ammortizzatori sociali più che verso la crescita salariale, drenando immani risorse, destinate anche all'impresa nell'accordo col movimento dei lavoratori. La ripresa della crescita salariale poi, negli anni 80, si è incrociata con una spirale inflazionistica alimentata anche dalla crescita del debito, da cui la necessità del contenimento dei prezzi, tra cui i salari (ma naturalmente é stato più facile frenare questi). Frattanto l'ingresso di nuovi attori nel mercato ha messo in crisi alcune economie più di altre. Italia ed altri paesi infatti non hanno vissuto le stesse dinamiche. C'entra anche un tasso generale di occupazione più basso, che spinge naturalmente verso il contenimento dei salari. Insomma, lo scenario sociologico andrebbe coniugato un po' di più con quello economico. La curiosità della spinta verso il populismo nasce dall'insoddisfazione, che però non tiene conto appieno del quadro e attribuisce ai governi un potere taumaturgico che non sempre possiedono. Naturalmente, nella divisione, il furbo prospera, e dunque é vero che l'impresa approfitta della generale debolezza dei lavoratori e delle loro organizzazioni, in un contesto globalizzato. Il colpevolismo, le dietrologie, il celoavevodettismo, il vittimismo, sono il frutto di visioni semplicistiche.
Savgal Inviato 2 ore fa Inviato 2 ore fa @Gaetanoalberto La politica si fonda sugli interessi, la forza del Pci era di aver ben chiari quali erano gli interessi dei suoi elettori. Bertinotti aveva un elettorato di opinione, mentre pensava di rappresentare la classe operaia degli anni Sessanta.. L'elemento fondante della sinistra è l'idea di uguaglianza. Una politica di sinistra dovrebbe tendere all’equa eguaglianza delle opportunità e garantire l’accesso ai beni sociali primari: libertà, diritti, reddito, opportunità, rispetto di sé. Dovrebbe porre dei rimedi alle “ingiustizie” determinate dalla casualità sociale o naturale. Dovrebbe definire, attraverso l’assetto delle istituzioni maggiori, l’assegnazione dei diritti e dei doveri e la distribuzione dei vantaggi e degli oneri della vita associata, nel modo più equo possibile. Dovrebbe tendere a costituire quello che e l’elemento fondamentale di una società giusta, l'equa eguaglianza delle opportunità. Tutto ciò può avvenire se si pensa ed opera avendo come priorità il "noi". Il neo-liberalismo ha vinto perché quasi sempre si pensa ed opera avendo quale priorità lo "io". Il populismo è una conseguenza del neo-liberismo, della priorità dello "io". 2
Savgal Inviato 2 ore fa Inviato 2 ore fa @Gaetanoalberto Qualche mese fa postai una riflessione sulla mia prima modesta retribuzione da impiegato di fine 1987. Oggi corrisponderebbe rivalutata a oltre 1.400 euro, ossia dopo quasi 40 anni le retribuzioni sono rimaste ferme.
Savgal Inviato 2 ore fa Inviato 2 ore fa @extermination La "coscienza di classe" era l'eredità del senso di appartenenza ad una comunità degli operai. L'individualismo, un tempo caratteristica della borghesia, è diventato popolare ed il senso di appartenenza ad una comunità e la coscienza di classe si è dissolta. 1
Savgal Inviato 2 ore fa Inviato 2 ore fa @Gaetanoalberto Il populista è una persona che vuole abbattere le elité nella segreta speranza di diventare un membro di una nuova elité. Purtroppo i posti di vertice sono pochi e i populisti sono tanti. 1
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