Questo è un messaggio popolare. Partizan Inviato 6 Novembre 2021 Questo è un messaggio popolare. Inviato 6 Novembre 2021 In pochi giorni ho letto, di seguito, due autobiografie corpose (400 pagine la prima, oltre 500 la seconda) ed interessanti, anche se in genere non mi appassiona questo tipo di lettura; certamente mi ha aiutato molto il fatto che entrambe fossero legate al cinema, a due registi, che però -soprattutto il secondo- non ho mai apprezzato particolarmente. La prima lettura (A proposito di niente di Woody Allen) ha la particolarità di far trasparire la scrittura di un vecchio, stanco ebreo newyorkese di successo, senza più l’energia e la verve di un tempo. Non è certamente autocelebrativo, lo si capisce fin dal titolo; lui stesso è sorpreso dai suoi successi, dalla relativa facilità con cui li consegue: insomma un predestinato. La sua particolare infanzia, i soldi che gli saltano addosso: a 18 anni, scrivendo, guadagnava già parecchie volte più dei suoi genitori. Tutti avevano grande attese da lui, nonostante la particolarità del suo carattere e certe fobie che non riusciva del tutto a nascondere. Una carriera in continua crescita, donne avvenenti, un matrimonio in giovanissima età che finirà necessariamente male, come pure il secondo con la fascinosa Louise Lasser, troppo esuberante e folle anche per lui. La chiave di volta della sua vita è quando si mette con Mia Farrow, che tra l’altro mi è sempre stata antipaticissima come personaggio, è catturato da lei, dal suo mondo, con lei farà un sacco di film fino a quando, a rapporto esaurito tra loro, Allen si mette con la di lei figlia adottiva Soon-Yi, ventunenne studentessa universitaria. Va precisato perché dopo le denunce di violenza sessuale su minorenne da parte della Farrow, i media amplificheranno queste informazioni false, rimpolpate da quella della Farrow su presunte molesti sessuali di Allen sulla propria figlia adottiva Dylan di 7 anni, con un massacro mediatico ancora superiore. L’evidenza della estraneità alle accuse di Allen sono principalmente due: a distanza di 25 anni è ancora felicemente sposato con Soon-Yi, la seconda è che non è stato mai formalizzato un processo nei suoi confronti, perché ritenuto completamente estraneo ai fatti dagli organi giudicanti, compreso il fatto che la coppia Allen-Yi ha avuto in affidamento due figli adottivi, che se ci fosse stato poco più di un sospetto nei confronti di Allen, mai avrebbero potuto essergli assegnati. Solo per difendersi legalmente Woody Allen spese sei milioni di dollari, ma non c’erano problemi, i dollari gli piovevano addosso e conduceva una vita da nababbo. Questa parte del volume quasi sicuramente è la più sentita da parte dell’autore, che probabilmente ha scritto questa autobiografia, per rivendicare la propria pulizia morale e togliersi quell’infame marchio di violentatore, ma è anche –almeno per quanto mi riguarda- quella meno interessante e più fastidiosa. La scrittura di Allen scorre veloce nel narrare i suoi moltissimi film, gli incontri del jet set cinematografico e non, le sue abbuffate nei ristoranti di mezzo mondo, in maniera quasi mai veramente interessante, al di là di qualche battuta spiazzante e magnifica, piazzata qua e là… anche la sua attività di clarinettista jazz è vista con tanta passione e poco talento da parte sua; concerti sempre sold out sulla base del fatto che a suonarvi è un uomo di successo. Non seguo il chiacchericcio-pettegolezzo dei vari media e manco avevo mai pensato che con l’avvento del famigerato Me Too, Wody Allen fosse stato nuovamente coinvolto ed infangato per le precedenti accuse. Le baldracche che avevano fatto carriera col loro culo, a distanza di decenni si sono accorte che anziché figurare per quello che erano, potevano passare per vittime, accusando i vari passati profittatori, accusandoli di immoralità e di opportunismo, mentre loro… Tuttavia per il povero, ovviamente si fa per dire, Allen la seconda tornata fu peggiore della prima. La prima volta aveva retto all’infamia senza grossi costi se non quelli economici, sostanzialmente perché faceva una vita ritirata, quasi del tutto priva di occasioni mondane, e sul lavoro aveva ottenuto attestati di stima e fiducia. Questa volta l’infamia non era più una cosa privata ripresa dalla grancassa dei media, ma era stata ideologizzata dal movimento Me Too e di fatto ci fu un ingigantimento dei problemi per il regista, soprattutto in ambito lavorativo: nessun attore o attrice voleva/poteva più lavorare con lui, i produttori che prima facevano a gare per accaparrarsi le sue opere, improvvisamente chiusero i rubinetti. Allen dice che privatamente attori, produttori e gente del cinema si scusava del loro rifiuto, che personalmente continuavano a ritenerlo innocente, estraneo alle accuse, ma che se avessero lavorato con lui avrebbero arrecato un grave danno alla loro carriera, sarebbero finiti nella famigerata lista nera… Una vita che comunque, nonostante il successo, non sarebbe stata del tutto facile causa le fobie, la particolarità della sua personalità, è stata pesantemente danneggiata e profondamente ferita per la vendetta di una stronza nevrotica ed isterica come la Farrow, questa era la mia opinione prima di leggere la biografia e non è cambiata, aumentato solo il fastidio per l’ipocrisia generale e la conoscenza di dettagli che ignoravo. Peccato sorvoli un po’ troppo sugli aspetti cinematografici parlando dei suoi film, ma d’altra parte non è mai stato interessato ad approfondire il lato tecnico del cinema, era uno sceneggiatore, un abile scrittore, che ha imparato progressivamente a fare la regia delle sue sceneggiature. Non si è mai considerato, nonostante i molti riconoscimenti ricevuti, un grande regista, ed io sono d’accordo con lui. Ne consiglio la lettura? Si e no. Ben differente l’autobiografia di Oliver Stone. Un personaggio della madonna, con una determinazione ed una visionarietà non comuni. Non me lo sono mai filato, mi ha incuriosito durante un pubblico incontro in Piazza del Popolo in occasione dell’ultima Mostra del Nuovo del Cinema a Pesaro, ed ho comprato immediatamente la copia della sua autobiografia con la sua firma autografa, così potrò spuntare un prezzo maggiore quando le venderò su ebay: è una battuta di Woody Allen nella sua autobiografia a proposito di Cary Grant –noto tirchio- che una sera si presentò ad un concerto jazz del gruppo di Allen con tutti i libri del comico e se li fece autografare… Nato a New York nell’immediato dopoguerra da una giovane madre parigina ed un ufficiale americano, di stanza nella capitale francese, ha sempre scontato questa dualità della sua personalità, estroversa e sociale come sua madre, rigida, competitiva e determinata come il padre. Le sue vicende familiari scoppiano, mentre non casualmente a 14 anni è in collegio, i continui tradimenti del padre –un assatanato di sesso- sono mal sopportati dalla moglie, ma quando sarà lei ad invaghirsi di un altro uomo ed a tradirlo, lui la metterà direttamente alla porta. Per il ragazzo sarà un crollo generalizzato , che lo porterà fortemente a dubitare dei suoi riferimenti, dei suoi valori, portandolo a in Asia prima come insegnante in una missione cattolica, poi arruolandosi nella Marina mercantile, e infine, abbandonati definitivamente gli studi a Yale, come volontario in Vietnam prima dei 20 anni, ma non cercando di fare il graduato, si era comunque diplomato e poteva aspirarvi, ma il soldato semplice e non nei marines o in qualche corpo speciale, ma banalmente nella fanteria. Sarà una esperienza devastante ed illuminante che lo segnerà per la vita, almeno per i primi 40 anni, dove si ferma questa autobiografia. Anche in Vietnam la sua forte personalità è scissa tra le figure dei suoi immediati superiori: il sergente maggiore Robert Barnes, algido, carismatico ed inflessbile (come lui vede suo padre) ed il sergente Elias Grodin, una persona di forte umanità, in Vietnam da tre anni, critico con i superiori e di conforto ai suoi sottoposti (la madre). Questi due, con i loro contrasti romanzati, oltre a se stesso diventeranno i personaggi principali di Platoon, il crudo film sul Vietnam col quale Stone nel 1987 vinse il suo primo Oscar come regista e miglior film, aveva già vinto un Oscar nel 1979 come sceneggiatura non originale per Fuga di Mezzanotte. Rientrato dal Vietnam con una croce di bronzo al valore, ma l’abitudine contratta in guerra a far uso di stupefacenti –per rilassarsi e sopravvivere- gli toglie ogni prudenza e tornato con mezzo chilo di erba, finisce in carcere, le cose potrebbero volgere al peggio, con una detenzione di parecchi anni, se non fosse per l’intervento risolutivo di suo padre e per cui viene immediatamente scarcerato. Non sa cosa fare della sua vita, è uno sbandato, si mette a scrivere ed in particolare si appassiona alla sceneggiatura, vedendo l’opera non una cosa finita, ma in progress, da limare, modificare. Inizia a spedire i suoi lavori a vari editori, case di produzioni che ovviamente lo ignorano, ma è determinato a non mollare, frequenta anche un corso di cinema, senza molta convinzione alla NYU, New York University Film School , dove alla fine si laurea. Tra gli insegnanti avrà il grande Martin Scorsese che apprezzerà il suo primo cortometraggio Last Year in Viet Nam, additandolo ai suoi compagni di corso come un vero regista, che si mette dentro l’opera, si racconta. Nel frattempo, si è allontanato dalla casa paterna e per sopravvivere fa il tassista di notte, è sposato con Najwa Sarkis, una ragazza libanese più grande di lui che lavora nel consolato del Libano. Lei lo proteggerà e lo consolerà, ospitandolo nel suo appartamento. Sei anni dopo, trentenne decide che deve darsi una scrollata, pensare al suo futuro, si sente un fallito e decide che deve provare a cercare di costruirsi una sua vita, per questo riempie due valigie e lascia la casa della dolce e rassicurante Najwa, di cui serberà un buon ricordo e manterrà saltuari rapporti. Si butta a capo fitto nella scrittura, riesce ad avere qualche contatto ed effettivamente un paio di anni dopo la sua sceneggiatura di Fuga di Mezzanotte ha addirittura il riconoscimento di un Oscar; la sua vita cambia, da New York si trasferisce a Los Angeles, Hollywood dove incontra ed inizia ad avere contatti importanti nel mondo cinematografico. Vive in un villone, è pieno di donne, fa una vita mondana e si strafà di cocaina, meglio inizia la giornata con un Quaalude, un forte tranquillante per rilassarsi, per poi farsi ripetute righe di coca per stimolarsi durante il giorno. In questo periodo conosce, si innamora e si accasa con Elizabeth Burkit Cox , condivide con lei anche la passione per la coca e nel 1981 si sposano. Nel frattempo il suo lavoro ed i risultati conoscono continui alti e bassi, ma lui non demorde. Molto appassionanti e ricchi di particolari sia tecnici che sugli attori e produttori i suoi racconti sulla stesura delle sceneggiature, i continui tagli e limature richieste dai produttori, senza però mai rinunciare alla sua visione ed alle sue violentissime immagini. Più ancora appassionanti le descrizioni delle regie, sempre a basso budget, dei suoi durissimi film, i salti mortali per realizzarli, a rischio della vita stessa, penso a Salvador realizzato in Messico e peggio Platoon realizzato nelle Filippine e dove Stone ed altri della troupe in uno stracarico elicottero rischiò di schiantarsi contro una montagna, superata per centimetri! Con la sua grande determinazione, quando si rese conto della sua sudditanza nei confronti della cocaina, decise di reagire, abbandonò Los Angeles e tornò a New York, dove ne farà uso saltuario, ricreativo, ma sotto controllo. La sua vita scorre felice tra grandi riconoscimenti e l’affetto ed amore di Elizabeth e del loro figlio Sean, avuto dopo tre anni di matrimonio e che lo seguiranno nei vari set, foresta delle Filippine compresa. Questa prima parte di autobiografia termina dopo la conquista degli Oscar con Platoon, i grandi riconoscimenti, le nuove prospettive, inizia a lavorare su Wall Street, anche se preannuncia le “tempeste” che arriveranno dopo. La sua feroce critica alla società americana ed alle sue criminali politiche coloniali in centro e sud America, sempre col dualismo che lo caratterizza, causa la sua formazione di destra avuta in famiglia dal padre militare; oltre ad andare volontario in Vietnam, non nasconde che votava repubblicano, perfino una mela come Nixon, pur non rinunciando alla sua attenzione per i diritti dei popoli calpestati dagli americani, e con la sua evoluzione democratica che lo porterà a militare nel partito democratico e fare campagna elettorale per Obama. Ne consiglio la lettura? Assolutamente si, ed intanto ho messo nella wish list di Amazon i Blue Ray di Salvador e Platoon, probabilmente non li apprezzerò più di tanto, ma a questo punto mi pare doveroso vederli. Ciao Evandro 8 1
analogico_09 Inviato 13 Dicembre 2021 Inviato 13 Dicembre 2021 Il 6/11/2021 at 18:20, Partizan ha scritto: La prima lettura (A proposito di niente di Woody Allen) ha la particolarità di far trasparire la scrittura di un vecchio, stanco ebreo newyorkese di successo, senza più l’energia e la verve di un tempo. Ottime le tue osservazioni, a prersscindere, anche se per qunto riguarda Allen Peggio che vedere uno di suoi ultimi film.., da "Provaci ancora Sam" (non diretto da woody ma alleniano fino al midollo) fino d oggi con qualche buona eccezione nel mezzo, poche rispetto alla quantità industiale dei film sfornati non di rado con lo stampino. Mi pare capire, presumo sulla base di qualche conoscenza del "nostro" Woody Allen_EGO .., che , come nel cinema, nei suoi film, anche questa lettaratura, questa "scrittura di un vecchio, stanco ebreo newyorkese di successo, senza più l’energia e la verve di un tempo"... diventa occasione di celebrare se stesso, il proprio egostismo autoreferenzialistico.., stanco, invecchiato - "furbescamente" autocritico, invero autoincensante.., nel bene e nel male - ma non ancora vinto... 😅
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