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La questione ucraina


newton

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13 minuti fa, appecundria ha scritto:

Col senno di poi abbiamo capito che aveva ragione il PD e che per un soffio non abbiamo inguaiato il Paese consegnandolo ad oscuri personaggi manovrati da una potenza ostile.

Giusto per trarre le logiche conseguenze.

A riciao.

Innanzi tutto vorrei continuare a leggerti su questo thread, poi ti chiederei di essere più esplicito perché secondo me stai affermando una grande verità ...

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30 minuti fa, Dima83 ha scritto:

Oligarca Deripaska: porre fine a capitalismo di stato russo

E' arrivato il momento di porre fine al "capitalismo di stato" in Russia. Lo ha detto l'oligarca Oleg Deripaska, molto vicino al presidente russo Vladimir Putin.

Azz... eppur si muove...

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6 minuti fa, wow ha scritto:

Guarda che è un articolo di una lucidità spaventosa.

 

Non lo nego.

Ma non aggiunge molto alla lettura dei fatti effettuata finora:

-in Russia c'è una dittatura autocratica che segue regole sue lontane da quelle democratiche. Dato acquisito da mo' (uno che  da lustri manda in giro ad ammazzare oppositori a colpi di veleno cos'altro dovrebbe essere?). Non mi pare una gran scoperta.

 

- la forza vale più del diritto: Ok, ma poi devi anche saper usarla e soprattutto dimostrare di averla fino in fondo. Putin lo farà e ne avrà la possibilità?

 

L'occidente sa di essere in guerra contro il male che vorrebbe distruggere la democrazia?

Mi pare che in questa settimana se ne sia finalmente accorto (noi compresi, ed anche Ezio Mauro probabilmente) e si sia ricompattato in modo prima impensabile in quella direzione.

 

 

 

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Salvini stregato da Mosca

di Sebastiano Messina

Salvini rompe il fronte italiano e avverte Draghi: non voglio che siano inviate «armi letali» all’Ucraina, «e comunque non in mio nome».

Ricordando le teatrali scenate del capo leghista sul lockdown, sulle mascherine, sui vaccini e sul Green Pass, nessuno oggi si stupisce davvero. Conosciamo il personaggio. Sappiamo anche come vanno a finire i suoi ultimatum. Ma quella di ieri non è una delle tante mosse acchiappavoti di un leader nazionalpopulista. È una scelta di campo, in quello che Ursula von der Leyen ha giustamente definito «un momento spartiacque» per il mondo libero. Ed è, purtroppo, la scelta sbagliata.

Che fino a ieri Salvini sia stato - dopo Berlusconi - il più fedele e appassionato sostenitore di Vladimir Putin in Italia, lo ricordiamo tutti. Non abbiamo dimenticato i suoi viaggi della speranza a Mosca, le sue sperticate lodi all’amico russo («Scambierei due Mattarella con mezzo Putin», «Preferisco Putin all’Europa», «Con Putin in Italia staremmo meglio», eccetera), la sua imbarazzante resistenza alle sanzioni dopo l’invasione («Sono l’ultima delle soluzioni») e la sua difesa d’ufficio della Russia contro l’esclusione dal sistema Swift, perché «rischiamo di lasciare milioni di italiani al freddo e al buio».

Ma oggi, con il suo no a ogni aiuto concreto a un Paese che rischia di essere schiacciato da un invasore terribilmente più forte, il segretario della Lega rivela di non essere un leader affidabile nella difesa dei due valori sacri per l’Occidente, la libertà e la democrazia, e perde sulla scena internazionale la sua residua credibilità di aspirante premier.

L’invasione russa di una nazione sovrana è infatti, come ha detto Mario Draghi dopo il vertice Nato di venerdì, «la più grave minaccia alla sicurezza euro-atlantica da decenni e soprattutto alla nostra democrazia e alla nostra libertà». Una provocazione così inquietante da convincere all’invio di lanciarazzi anticarro e missili antiaerei la Francia di Macron e la Germania del socialdemocratico Scholz, e poi l’Olanda, il Belgio, la Slovacchia, la Repubblica Ceca e persino la Svezia, che non inviava armamenti a un Paese in guerra dal 1939, quando Stalin invase la Finlandia.

L’Italia ha fatto la sua scelta. «Siamo pronti a fare la nostra parte», ha detto Draghi al vertice Nato, informando il coraggioso presidente Zelensky che il nostro Paese fornirà all’Ucraina «assistenza per difendersi». E purtroppo in una guerra l’«assistenza» si può dare in un solo modo: con le armi. Ma ora Salvini dice che no, non bisogna inviare armamenti. I carri armati del suo amico Putin sono alle porte di Kiev, i missili piovono sulle case degli ucraini e lui il leader di uno dei maggiori partiti italiani - se la cava dicendo che «è fondamentale non smettere di pregare», anche se poi precisa con un’ambigua dichiarazione di avere «piena fiducia in Draghi per fermare con ogni intervento e aiuto necessario, l’aggressione russa».

Ma questo è davvero «un momento spartiacque». Oggi il governo approverà il decreto legge sugli aiuti all’Ucraina: se i suoi ministri seguiranno Sal vini sulla sciagurata linea del no alle armi, la Lega porterà la responsabilità di una rottura non con Draghi ma con l’Europa e con l’Occidente. Una rottura che la porterà inequivocabilmente dalla parte sbagliata. E stavolta nessuno lo dimenticherà.

 

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6 minuti fa, Velvet ha scritto:

Non lo nego.

Non lo neghi tu, ma ascoltando e leggendo opinioni, c'è gente che soffermandosi su dettagli di vecchia geopolitica, impelagandosi nei soliti sensi di colpa, fermandosi all'ammirazione della mascella dell'uomo solo al comando, ancora non ha compreso il significato di questo momento storico. 

E' una chiamata alle armi.

  • Melius 2
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