Questo è un messaggio popolare. mozarteum Inviato 23 Febbraio 2023 Questo è un messaggio popolare. Inviato 23 Febbraio 2023 Se qualcuno lo fa finisce per essere un lamentoso passatista. E tuttavia il rischio e’ di smarrire, come si sta smarrendo, ogni liberta’ critica, in favore di un indistinto modernismo che ossequia cio’ che accade come processo ineluttabile. Trovo che la modernita’ tecnologica informatica ecc se da un lato ha reso piu’ facili certi accessi dall’altro manifesta una invadenza appiattente: si legge e approfondisce meno, si e’ tempestati di notizie di difficile verificazione e soprattutto contestualizzazione, di input di ideologie, comportamenti, credo poco strutturati, si e’ esposti a nuovi rischi di privacy; tutto cio’ puo’ generare un sovraffollamento mentale poco gestibile e foriero di ansie. Facevo questa riflessione scorrendo il web nelle sue varie articolazioni (informazione social canali tipo you tube ecc.). A me questo tratto della modernita’ appare oggettivamente peggiorativo 6 2
Velvet Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 10 minuti fa, mozarteum ha scritto: appare oggettivamente peggiorativo Lo è, anche secondo la maggior parte dei sociologi. Siamo in un momento storico dove si sono ridotte di molto le capacità di analisi e di filtro. L'eccesso di offerta, per lo più di bassa qualità, causa un rumore di fondo da cui è difficile estrapolare il segnale utile. A questo si aggiunge la crescente ignoranza nei confronti dei vari contesti, unita spesso alla mancanza di conoscenza del passato in ogni sua forma (storica, ma anche artistica o sociale). Però ci sarà la AI a carezzarci l'ego nell'immediato futuro, perciò stiamo tranquilli.
extermination Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 Il web logora sia il fisico che la psiche. 1
senek65 Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 Ogni aiuto tecnologico ha, come contropartita, una perdita di parte di competenze che prima si possedevano. In caso di crash tecnologico, chi ancora sia in grado di accendere un fuoco avrà i suoi vantaggi. 1 1
Velvet Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 1 minuto fa, senek65 ha scritto: In caso di crash tecnologico, chi ancora sia in grado di accendere un fuoco avrà i suoi vantaggi. Attendiamo con speranza il meteorite 1
rock56 Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 6 minuti fa, senek65 ha scritto: Ogni aiuto tecnologico ha, come contropartita, una perdita di parte di competenze che prima si possedevano. Vero. Una cosa semplicissima: chiedete ad un "giovane" di fare una "radice quadrata" o anche una semplice "divisione" senza calcolatrice! Vorrei vedere in quanti riescono!😕
Schelefetris Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 16 minuti fa, senek65 ha scritto: In caso di crash tecnologico, chi ancora sia in grado di accendere un fuoco avrà i suoi vantaggi. si può avere/essere entrambe le cose. Ho una casa ricca di domotica ma vado ancora a legna in inverno sia per cucinare che per scaldarmi, costruisco da solo (in effetti assieme alla mujera :D ) moltissime cose e mi scrivo le app che mi servono :) 2
mozarteum Inviato 23 Febbraio 2023 Autore Inviato 23 Febbraio 2023 Il tema pero’ non sono i comportamenti individuali di persone piu’ o meno avvedute, e qui non mancheranno certo pluviali autocertificazioni in merito, ma la ricaduta generale e di sistema di questo tratto di modernita’ 1
captainsensible Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 @rock56 non saranno pochi a chiedere cosa sia una divisione CS 1
Schelefetris Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 @mozarteum è collegato. Lo spirito critico lo hai o lo affini se sai quando è il momento per le varie "cose" ed il concetto si adatta a tutto nella vita. Quello che va insegnato alle nuove generazioni IMHO, ma di noi dicevano cose simili... e dei nostri nonni idem.
briandinazareth Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 partirei dal fatto che ogni modernità, di ogni epoca, ha fatto perdere alcune capacità all'uomo (altre invece vengono stimolate) dall'agricoltura e la specializzazione del lavoro che circa 3000 anni fa ci hanno fatto perdere il 10% della massa cerebrale, è abbastanza condiviso il fatto che nel pleistocene gli uomini fossero nel complesso più intelligenti di quanto siamo noi. il cervello consuma tantissime energie, quindi quello che non serve, nei tempi evolutivi, si lascia perdere. una seconda perdità di capacità, in questo caso della memoria, si è avuta con la scrittura. socrate usava gli stessi identici argomenti usati oggi contro il web (quasi parola per parola quello che ha scritto @mozarteum), contro la scrittura. sotto un certo punto di vista aveva ragione: la scrittura fa esercitare meno la memoria, la scrittura fa perdere delle capacità. esternalizziamo parte delle nostre capacità, seguendo l'evoluzione che ci porta ad essere pigri e faticare il meno possibile; siamo ancora i cacciatori-raccoglitori, che lavoravano molto meno di noi e passavano molte ore a non fare nulla... ognuna di queste esternalizzazioni ha inoltre una conseguenza enorme sul bisogno che abbiamo gli uni degli altri e porta all'aumento della numerosità dei gruppi umani e delle interazioni necessarie per la sopravvivenza. nessuno di noi è più in grado di sopravvivere da solo o in piccoli gruppi. il web e poi la ia e ancora avanti gli impianti neurali, sono le nuove frontiere di questo fenomeno. a me viene difficile dare un giudizio complessivo, anche perché gli aspetti che possiamo ritenere positivi o negativi non possono essere disgiunti, hanno la stessa origine. sicuramente il bombardamento che subiamo dal web e che pompa dopamina nei nostri cervelli non è salutare, come giustamente detto provoca ansia e pure dipendenza. d'altra parte permette uno scambio di conoscenze (anche alte) totalmente precluso prima e anche quando parliamo di approfondimento, le limitazioni erano tali e tante che spesso si traduceva nel principio di autorità con informazioni spesso ancora meno verificabili. come detto non ricordo da chi (cercherò su google ) la difficoltà per chi volesse imparare qualcosa, prima era la capacità di trovare le informazioni, oggi è filtrarle. dobbiamo sviluppare nuove modalità, è difficile con i tempi così rapidi dell'evoluzione tecnologica. 1
stefanino Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 1 ora fa, mozarteum ha scritto: E tuttavia il rischio e’ di smarrire, come si sta smarrendo, ogni liberta’ critica, in favore di un indistinto modernismo vero 1 ora fa, mozarteum ha scritto: Facevo questa riflessione scorrendo il web nelle sue varie articolazioni (informazione social canali tipo you tube ecc.) senza il "tubo" probabilmente oggi non conoscerei Barbero (brillante storico) , Balbi (eccellente astrofisico) o Bressanini (un chimico gourmand che sfata miti e leggende varie). . e' vero pero' il WEB sta assumendo il ruolo della TV Il "come no, l'han detto in TV" e' stato sostituito da "come no, l'ho letto su internet" . Conclusione : passano i tempi ma la capacita critica delle persone resta strettamente legata all'uso che fanno del neurone. 2
Questo è un messaggio popolare. Savgal Inviato 23 Febbraio 2023 Questo è un messaggio popolare. Inviato 23 Febbraio 2023 Una premessa, la mia non intende essere una lezione, ma lo spunto per alcune riflessioni. Nell’invito a partecipare mi era stato riferito che l’incontro di oggi era destinato soprattutto a medici, ma il quesito che pongo vale anche per le altre professioni. Pongo quindi una domanda che penso tutti vi sarete posti: perché 40-50 anni fa raramente si metteva in dubbio la professionalità di un medico mentre oggi avviene sempre più frequentemente? La mia tesi è che ciò è conseguenza di un individualismo che è regredito a narcisismo. Partirò da Aristotele, che coloro che hanno frequentato il liceo sicuramente ricordano. Il titolo dell’intervento è “bios politikos”, perché questo titolo? Il termine politikos deriva da polis, la città-stato greca ed aveva quindi un significato differente a come lo intendiamo oggi. Scrive Aristotele: Quindi ogni stato esiste per natura, se per natura esistono anche le prime comunità: … Da queste considerazioni è evidente che lo stato è un prodotto naturale e che l’uomo per natura è un essere socievole: quindi chi vive fuori della comunità statale per natura e non per qualche caso è un abietto o è superiore all'uomo, … E per natura lo stato è anteriore alla famiglia e a ciascuno di noi perché il tutto dev'essere necessariamente anteriore alla parte: … È evidente dunque e che lo stato esiste per natura e che è anteriore a ciascun individuo: difatti, se non è autosufficiente, ogni individuo separato sarà nella stessa condizione delle altre parti rispetto al tutto, e quindi chi non è in grado di entrare nella comunità o per la sua autosufficienza non ne sente il bisogno, non è parte dello stato, e di conseguenza è o bestia o dio. L’uomo è quindi per Aristotele, che interpreta le convinzioni del suo tempo, un “animale sociale”, un bios politikos, appunto. L’essenza dell’uomo, la sua umanità, è in ragione del suo appartenere ad una comunità, che egli considera anteriore al singolo. La convinzione di Aristotele che l’uomo sia tale in quanto parte di una comunità e che solo in questa comunità possa esprimere la sua essenza, anzi che “La comunità esiste per rendere possibile una vita felice”. La stessa convinzione di Aristotele la ritroviamo nel mondo latino e in Cicerone, che giunge ad affermare: “Dunque, che un uomo sottragga qualcosa ad un altro e aumenti il proprio vantaggio con lo svantaggio di un altro è contro natura più della morte, della povertà, del dolore e di tutti gli altri mali che possono accadere al corpo o ai beni esterni: ciò infatti mina alle basi la convivenza umana e la società.” (Cicerone - de Officiis - Libro terzo - La legge naturale). La stessa convinzione la ritroviamo nel pensiero di Tommaso d’Aquino e del mondo medioevale. Per il filosofo l’individuo era percepito come un limite, come l’elemento lontano dalla razionalità. Per Tommaso d’Aquino la razionalità si esprime nel mondo e nel corpo sociale, l’individuo era considerato una fonte di disordine di quella natura che si esprime nel mondo sociale. L’individuo incarna un principio egoistico in antitesi con quello universale che nel mondo sociale trova espressione. La priorità della comunità e una sottile diffidenza verso l’individuo era radicata negli uomini nelle donne fino a pochi secoli addietro. La storiografia filosofica attribuisce l’inizio della modernità a Cartesio. Di Cartesio chi ha studiato filosofia ricorda la frase latina “Cogito, ergo sum”, che è della traduzione latina, mentre il saggio da cui è tratta, il “Discorso sul metodo”, fu scritto in francese. Scrive Cartesio: “Ma, subito dopo, mi resi conto che, nel momento in cui volevo pensare che tutto era falso, bisognava necessariamente che io, che lo stavo pensando, fossi qualcosa. E notando che questa verità: penso, dunque sono, è così ferma e salda che tutte le più stravaganti supposizioni degli scettici non erano capaci di farla vacillare, giudicai di poterla accogliere, senza scrupoli, come primo principio della filosofia che cercavo”. Cartesio ribalta la prospettiva del mondo antico e medievale, la priorità diviene il proprio io, non è più la comunità di cui quell’io fa parte. Anzi indirettamente è la comunità ad essere messa in dubbio, mentre l’io è certo. Il “Discorso sul metodo” è la rappresentazione, fatta peraltro nella forma di dialogo dell’autore con se stesso, dell’individualismo borghese. Inconsapevolmente consideriamo l’individuo e l’individualismo come fatto del tutto naturale, che non ha avuto origine. Riteniamo che da sempre l’individuo sia stato considerato il fondamento della realtà sociale, mentre è una convinzione che ha una sua origine storica relativamente recente. Il pensiero borghese, che trova espressione in Cartesio, in Thomas Hobbes, in John Locke, negli autori dell’Illuminismo, ha degli elementi che contengono, limitano i rischi che il mondo antico e medievale percepiva nell’individualismo. Questi elementi sono la razionalità e la cultura borghese. È la razionalità rigorosa che Cartesio esprime nel suo metodo e nella matematica, non è un caso che la rappresentazione matematica dello spazio sia diventata possibile con gli assi cartesiani. Lo stesso rigore e la stessa razionalità la si trova nelle opere degli altri autori borghesi. Vi è poi un ottimismo di fondo del pensiero borghese. In antitesi alle convinzioni del mondo antico e medioevale, vi è la fiducia che siano gli interessi dell’individuo ciò che genera il progresso sociale ed economico. Vi è una eterogenesi dei fini per cui l’individuo, perseguendo i propri interessi contribuisce inconsapevolmente al progresso dell’intera società. Esemplare e noto in tal senso è il pensiero di Adam Smith, autore più noto in economia che in filosofia per la sua metafora della “mano invisibile”. Nel suo saggio “Indagine sulla natura e sulla ricchezza delle nazioni” del 1776 scrive: Ogni individuo si sforza di impiegare il proprio capitale in modo che il suo prodotto possa essere di grandissimo valore. Generalmente non intende né promuovere il pubblico interesse, né sa quanto lo sta promuovendo. Si prefigge solo la sua sicurezza, solo il suo guadagno. In ciò è guidato da una mano invisibile per prefiggersi un fine, che non ha nessun interesse della sua intenzione. Perseguendo il suo interesse spesso promuove quello della società più efficacemente di quando realmente intenda promuoverlo. Sono passati quasi due secoli e mezzo e dubito che oggi siano molti a condividere la convinzione di Adam Smith. Tuttavia l’individualismo borghese che caratterizza il pensiero di Cartesio è divenuto egemone, si è fatto inconsapevolmente carne e sangue forse in tutti, ed è il carattere dominante del nostro tempo. Il dubbio, il problema è che l’individualismo del nostro tempo non è temperato, contenuto dalla cultura e dalla razionalità borghese. Privo di cultura e razionalità l’individualismo regredisce in narcisismo. Non ho utilizzato casualmente il temine regredire. Il narcisismo, che si manifesta con il delirio di grandezza, la sopravvalutazione del potere dei desideri, la convinzione della “onnipotenza dei pensieri”, la fede nella virtù magica delle parole, possiamo vederla nei bambini. Il narcisismo è l’aurora della coscienza di sé, fenomeno che trova la sua manifestazione anche nella filogenesi. Il narcisismo infantile è proprio anche dei popoli primitivi. I popoli primitivi condividevano con i bambini la convinzione che i pensieri potessero mutare il corso degli eventi e che la parola dello stregone possedesse un potere magico in grado di modificare le leggi della natura. Con i bambini i popoli primitivi condividevano la convinzione che il significante, la parola, non fosse un segno, ma un elemento proprio delle cose. L’arbitrarietà del segno linguistico è estraneo al bambino come al primitivo. Nel narcisismo domina il principio di piacere, il desiderio infantile, e non solo, di poter piegare ai nostri desideri il corso degli eventi e le leggi della natura. Le considerazione che ho esposto sono tratte da un saggio di Sigmund Freud del 1914 dal titolo “Introduzione al narcisismo”. Nel suo pensiero Freud contrappone il principio di piacere al principio di realtà. Il cammino della scienza, che ha il suo inizio con la filosofia greca, corrisponde alla progressiva rimozione delle proiezioni antropomorfe sulla natura. Agli spiriti onnipresenti nelle cose, alla volontà degli dei, al disegno divino, si sono progressivamente sostituite le leggi che rappresentano i fenomeni naturali. Nel percorso della scienza al linguaggio naturale si è sostituito quello formalizzato, in particolare la matematica, alla spiegazione dei fenomeni con la finalità, proiezione dell’intenzionalità umana, i modelli scientifici in cui prevale il nesso causale. Sul narcisismo Freud fa delle osservazioni che purtroppo trovano conferma nella esperienza quotidiana nella gestione della scuola. Freud scrive che il narcisismo infantile dei genitori riemerge nei comportamenti che essi assumono nei confronti dei figli. Il narcisismo infantile riemerge nella tendenza quasi incontenibile ad attribuire ai propri figli il possesso di ogni sorta di perfezione, di cui chi osserva non trova alcun indizio. Vi è, purtroppo, la tendenza a coprire ogni loro manchevolezza, ma ovviamente non quelle dei figli degli altri. Vi è la tendenza a voler sospendere per il proprio figlio le rinunce imposte dal vivere civile, a rivendicare per lui dei privilegi che si negano agli altri. Le restrizioni e i limiti imposte dalle leggi della società pare non debbano valere per il proprio figlio. Egli deve essere il centro del creato. Da uomo di scuola posso affermare che questa deriva è sempre più evidente. Si moltiplicano il numero dei genitori che ritengono il proprio figlio un genio incompreso, che rifiutano i suoi limiti ed attribuiscono gli esiti non brillanti a scuola esclusivamente all’incapacità degli insegnanti. Ma il narcisismo è continuamente ferito dall’esperienza quotidiana. Inevitabilmente ci si deve confrontare con chi possiede delle conoscenze e delle competenze in ambiti specifici, come nel momento in cui ci si ammala e si deve ricorrere ad un medico. Se si riconosce ed accetta la propria collocazione sociale e quella delle altre persone con cui si entra in relazione, si riconosce la gerarchia sociale delle competenze, ci si rimette nella mani del professionista, sia nel caso il medico o il docente. Era ciò che avveniva fino ad un recente passato. Ma se si ritiene di essere il “centro del creato” e si è convinti che in ciascuna delle proprie qualità si è almeno pari a chi più si stima, scatta il rifiuto della gerarchia sociale delle competenze. Troviamo sempre più spesso la persona “informata” che si reca dal medico dopo una rapida ricerca su internet e ci si rivolge al professionista con il tono di chi è in grado di fare diagnosi al pari di un medico. Questo è un primo risvolto della regressione narcisistica, vi è un’altra conseguenza di questo individualismo regredito. Il mondo si rifiuta di piegarsi ai desiderata dell’individuo. Le frustrazioni che l’individuo atomizzato della folla solitaria subisce al suo narcisismo si trasforma in paranoia, il delirio di grandezza si converte in delirio di persecuzione. Perso il senso di appartenenza ad una comunità e la sicurezza che questa appartenenza generava, il singolo in cui l’individualismo è regredito a narcisismo tende a percepire la società come popolata di soggetti che tramano contro di lui. La fiducia nel proprio medico del paziente degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso si è trasformata progressivamente in diffidenza. Il riconoscimento del ruolo sociale del professionista e della sua collocazione nella gerarchia sociale è rifiutata. L’individuo regredito non può accettare che vi sia chi abbia competenze superiori alle sue o che sia collocato più in alto nella gerarchia sociale perché ciò ferisce il suo narcisismo. La recente crisi pandemica ha reso a mio parere ancora più evidente questa regressione. I no-vax sono una commistione di deliro di grandezza e delirio di persecuzione. La pandemia ci ha posto di fronte a fatti che tendiamo a rimuovere, la fragilità del nostro corpo e la precarietà della vita, che era invece esperienza quotidiana di coloro che sono nati nella prima metà del secolo scorso. Fino a pochi decenni addietro era normale morire per una banale infezione, i primi antibiotici risalgono agli inizi degli anni Quaranta del secolo scorso. Fino a pochi decenni addietro al mortalità infantile contava numeri che fanno rabbrividire. Precarietà della vita e fragilità del proprio corpo sono tuttavia una grave ferita al delirio di grandezza. La reazione è stata la negazione e la rimozione, che si sono manifestate nel negare i morti per COVID e nel rifiuto del lockdown per contenere la diffusione del virus. Il delirio di persecuzione si è invece manifestato nel rifiuto del vaccino, nell’affermare che il vaccino provochi danni superiori alla malattia, nel sostenere che la pandemia fosse conseguenza di un “complotto” ordito dalle grandi case farmaceutiche. L’individualismo regredito in narcisismo mostra aspetti che lo pongono lontano dalla rappresentazione dell’individuo di Cartesio. Un primo aspetto è l’irrazionalità, le argomentazioni sono irrazionali, con premesse false e conclusioni contraddittorie. Vi è un secondo aspetto, anche questo lontano dal pensiero di Cartesio, dell’Illuminismo e del Positivismo, il rifiuto della scienza e con esso la fiducia nel progresso che ha caratterizzato il comune sentire fino a pochi decenni addietro. Il delirio di persecuzione può essere placato solo da certezze e queste sono della fede, il che pone il dubbio di quanto sul fenomeno abbia inciso l’abbandono delle fedi religiose. La scienza non produce certezze, la scienza elabora modelli con cui cerca di rappresentare i fenomeni, e le teorie scientifiche sono sempre in linea di principio falsificabili. La scienza non è il prodotto di un singolo, ma della comunità scientifica, che sulle ipotesi si confronta e talvolta si scontra. I progressi della scienza talvolta avvengono per caso, la scoperta della penicillina è attribuita al britannico Alexander Fleming nel 1928 ed è avvenuta casualmente. Si dovette tuttavia aspettare il 1943 affinché l'industria americana, spinta dalla necessità di curare i feriti della seconda guerra mondiale, avviasse la produzione a livello industriale della penicillina, rivoluzionando il mondo della medicina. I progressi della scienza ricadono sul quotidiano dopo anni, se non decenni, sono spesso un’eredità che una generazione passa alla successiva. I passaggi generazionali non possono essere interpretati in termini individuali, il passaggio avviene all’interno della comunità. Fino a poche generazioni addietro uomini e donne si identificavano istintivamente con la comunità di cui erano parte, ne accettavano l’ordinamento gerarchico e le stratificazioni di potere e reddito come fatto naturale. L’individualismo borghese ha progressivamente posto in dubbio e demolito questa idea di comunità. Uomini e donne sono diventati individui, in potenziale conflitto di interessi con la società in cui vivono ed in un mondo in cui l’ordine, in linea di principio, si regge solo su relazioni definite da leggi o di tipo contrattuale. L’individualismo regredito a narcisismo rifiuta anche la simmetria razionale dei rapporti definiti da leggi e contratti, si considera un "princeps legibus solutus", un soggetto sciolto dalle leggi, una libertà che si osserva nelle tante manifestazioni di cattiva educazione. Vi è un aforisma attribuito a Mark Twain che dice: “La buona educazione consiste nel nascondere quanto bene pensiamo di noi stessi e quanto male degli altri.” Questi sono, a mio parere, i caratteri della contemporaneità. Il quesito è ora cosa è possibile fare. Pensare ad un nuovo modello di società futura è un tema gigantesco, che coinvolge tutti coloro che nella società rivestono un ruolo di rilievo. Ritengo che non sia possibile un ritorno ad un passato in cui il singolo si identificava istintivamente alla comunità cui apparteneva. L’individualismo di Cartesio era contenuto dalla razionalità e dalla cultura borghese. Il tema tocca da vicino la scuola, che è l’istituzione in cui lavoro. L’istruzione dovrebbe guidare alla costruzione della persona, rendendola consapevole di se stessa e dei suoi limiti. L’infantilismo narcisista è guidato esclusivamente dal principio di piacere, la persona matura deve essere guidata dal principio di realtà. Importante è, a mio parere, tornando a Cartesio il ruolo che deve giocare la cultura scientifica. Siamo un Paese in cui se qualcuno non ha conoscenze sufficienti su Petrarca, viene considerato un ignorante. Ma se un persona non sa come e perché avviene il passaggio di calore da un corpo caldo a un corpo freddo, il fatto non è considerato una grave mancanza. Al pari vi è chi afferma, senza porsi il problema, di non comprendere nulla di matematica, perché da non pochi non è considerata una grave lacuna. Se mi consentite, importante è il ruolo che può svolgere lo studio della filosofia (sono laureato in filosofia). Il rigore logico, lo spirito critico, la capacità di argomentare e di confrontarsi con le argomentazioni altrui, la riflessione personale ed il riconoscimento dei propri limiti sono tutti elementi che possono contribuire alla crescita della persona. La scuola dovrebbe contribuire a costruire delle intelligenze, in un confronto aperto e continuo con la realtà sociale. Infine, la scuola dovrebbe essere estranea al clima competitivo che ammorba le relazioni sociali. La motivazione allo studio deve essere la costruzione delle intelligenze, se a questa si sostituisce la competizione sul voto in più rispetto al compagno o alla compagna di classe snaturiamo il ruolo e il valore dell’istruzione. 3 1
LeoCleo Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 La modernità sta imponendo una sola narrazione dominante, insensibile al contraddittorio, spesso autoreferenziale. Quindi girerei la prospettiva: perché e soprattutto CHI sta proponendo con forza un solo modello di futuro, buono giusto e inevitabile, e se qualcuno non è d’accordo… vade retro mummia, smettila di berti le fake che trovi sul web?
briandinazareth Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 @LeoCleo quale narrazione di preciso? e chi avrebbe il potere di imporla?
31canzoni Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 Grazie a Moz. Anche se qui la maggioranza è di boomers anzi no, diciamola come quando si era civili, di nati negli anni sessanta, l'abuso in particolare degli smartphone ci sta facendo esperire un ritorno all'adolescenza un po' triste perchè non accompagnato dal regime ormonale dei 15 anni né dalla freschezza ed ingenuità dei senza esperienza. Non vorrei dire che talvolta siamo patetici, ma che ci sottoponiamo ad un bombardamento di informazioni che non possiamo umanamente processare e che in gran quantità è rumore di fondo. Alla lunga se non elaboro le informazioni le elaborerà qualcun altro per me e per pigrizia ed impotenza accetterò la pappa pronta che è parecchio comoda; per di più questo eterno aspettare godot nevrotizza e sottrae tempo per leggere un libro, vedere un film dall'inizio alla fine senza interruzioni, ascoltare un disco senza saltare da una traccia all'altra, andare a fare due passi in centro storico senza dover comprare nulla, senza meta solo a guardare le persone, i monumenti, la storia...camminare a zonzo e senza l'assillo del tempo. Proprio in questi giorni ho letto un articolo che qui vi linko - non so che sito sia ma dice esattamente ciò che si può trovare anche sui giornali - https://www.haveueverroad.com/adolescenti-che-si-liberano-dagli-smartphone-il-luddite-club/ La lettura l'ho vissuta come una piccola speranza o almeno come una buona notizia. 1
nullo Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 1 ora fa, mozarteum ha scritto: non mancheranno certo pluviali Letto queste parole, la mia mente è corsa subito su @audio2 2
briandinazareth Inviato 23 Febbraio 2023 Inviato 23 Febbraio 2023 4 minuti fa, 31canzoni ha scritto: er di più questo eterno aspettare godot nevrotizza e sottrae tempo per leggere un libro, vedere un film dall'inizio alla fine senza interruzioni, ascoltare un disco senza saltare da una traccia all'altra, andare a fare due passi in centro storico senza dover comprare nulla, senza meta solo a guardare le persone, i monumenti, la storia...camminare a zonzo e senza l'assillo del tempo. è la condanna del bombardamento di dopamina che i nostri cervelli subiscono, sempre più scientificamente ricercato ed efficace. e la dopamina non è in alcun modo una molecola del piacere ma è solo quella del "sempre di più". come giocatori incalliti o tossicodipendenti. 1
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