maurodg65 Inviato 3 Settembre 2023 Inviato 3 Settembre 2023 https://x.com/lucianocapone/status/1698302057659129982?s=46&t=phklmWQpccGx7cWNtwpYmA Perché il superbuco del Superbonus è un fallimento della nostra democrazia 21 feb 2023 Politica di maggioranza e di opposizione, media, accademia, Ragioneria dello stato. Se una misura disastrosa da 120 miliardi di spesa e 50 miliardi di buco è stata possibile, è perché non ha funzionato nessun presidio di controllo Com’è stato possibile? Spesi 120 miliardi di bonus edilizi, circa 6 punti di pil. Due terzi del Pnrr (190 miliardi) che però è speso su un arco temporale più ampio. Il doppio delle risorse impiegate (60 miliardi) per affrontare la crisi energetica più grave degli ultimi 50 anni. Le agevolazioni fuori da ogni logica economica, insieme alla cessione illimitata dei crediti d’imposta, hanno per giunta prodotto circa 50 miliardi di buco di bilancio. All’improvviso, con un decreto d’urgenza del governo per evitare che i conti pubblici saltino per aria, il paese si sveglia dalla favola del “gratuitamente”. Ma il Superbonus 110% rappresenta di più di un disastro economico. Se si risponde alla domanda su come sia stato possibile, ovvero su come mai tutto ciò non sia stato impedito, ci si rende conto di essere di fronte a un fallimento della nostra democrazia. Se una sciagura del genere si è verificata è perché molte cose nel nostro sistema non hanno funzionato. Paradossalmente, ma forse non troppo, la misura che più di tutte ha sconquassato le finanze pubbliche è quella che ha goduto dei consensi più ampi e trasversali. Non solo il M5s e il Pd, che il Superbonus l’hanno realizzato insieme a un pezzo di Terzo polo (Iv). Ma anche l’opposizione. Forza Italia è sempre stata al fianco delle imprese edili, così come la Lega: quella che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti definisce una “politica scellerata” è stata convintamente sostenuta dal suo leader Matteo Salvini. Allo stesso modo Giorgia Meloni, che attaccava Mario Draghi per le correzioni delle storture del Superbonus al grido di “non si cambiano le regole in corsa”. “Se oggi il presidente del Consiglio (Draghi, ndr) si vanta di un 6% di aumento del pil, lo deve al Superbonus” diceva Marco Osnato, attuale presidente della commissione Finanze della Camera. Nessuna opposizione politica, quindi. Ma anche nessuna, o pochissime critiche dai media. La stampa, nella quasi totalità, si è allineata alla narrazione del settore delle costruzioni e all’idea che il Superbonus fosse il motore della crescita e non una discesa senza freni nel deficit. I giornali che generalmente invitano a fare attenzione ai conti e a fare presto quando c’è da correggerli, hanno applaudito a una misura che ha scavato come una talpa una voragine nel bilancio statale. Anche l’accademia, con poche lodevoli eccezioni, è stata distratta.Mentre altre misure, come ad esempio Reddito di cittadinanza e Quota 100, hanno spinto gli economisti a produrre numerose analisi, il Superbonus nonostante la mole di risorse in gioco e le criticità evidenti è stato ignorato. Tanto che gli unici studi sono quelli fatti da organizzazioni di settore, che hanno prodotto stime con effetti moltiplicativi fantastici e quasi lisergici. Numeri che poi, sebbene palesemente surreali, sono stati rilanciati acriticamente dai mediariproponendo con un timbro di (pseudo) scientificità la narrazione del bonus che si ripaga da sé. Ma a mancare sono stati anche i controlli istituzionali. Non è chiaro come sia stato possibile che la Ragioneria generale dello stato abbia bollinato una misura con coperture che, a ora, si sono dimostrate inferiori di 50 miliardi rispetto alla spesa effettiva. Eppure non si trattava di qualcosa di imprevedibile, visto che a maggio 2020 l’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb) segnalava come il mix dell’agevolazione al 110 per cento e della cedibilità del credito aumentava il rischio di far lievitare i costi. Per giunta, già all’epoca, il presidente dell’Upb Giuseppe Pisauro avvisava del “rischio sotto il profilo della classificazione contabile dei crediti d’imposta liberamente cedibili e utilizzabili in compensazione” con relativo impatto sul deficit. Esattamente ciò che sta accadendo ora dopo i rilievi di Eurostat. La Ragioneria dello stato ha sottovalutato entrambi i rischi, sia quello dei costi sia quello contabile sulla “pagabilità” del credito. Ed è l’istituto che, insindacabilmente, avrebbe potuto e dovuto fermare il Superbonus fatto in quella maniera così scellerata che ora ha costretto il governo a intervenire d’urgenza. Politica di governo e di opposizione, media, accademia, amministrazione pubblica. La voragine nel bilancio aperta dai bonus edilizi è la sommatoria dei fallimenti di quattro presìdi che in una democrazia sana avrebbero dovuto impedire questo disastro. La vicenda del Superbonus mostra che oltre agli immobili sono tante le cose che nel nostro paese hanno bisogno di ristrutturazione ed efficientamento. 1
ferdydurke Inviato 3 Settembre 2023 Inviato 3 Settembre 2023 Me che volete fare? Altro che ponte, in questa Itaglia vergognosa non si riesce neppure a dismettere una mangiatoia come Alitalia, che ci ha rubato migliaia di euro per ogni cittadino…una vergogna https://www.repubblica.it/economia/2023/09/01/news/ita_nuovo_ko_in_tribunale_no_a_sospensione_per_assunzione_ex_alitalia_il_vettore_lufthansa_vola_via-412915875/ Bisognava portare i libri in tribunale e chiedere tutto 30 anni fa e invece… Lo stato pensi a tre o quattro cose fondamentali e lasci fare al mercato…se il ponte ha un senso i privati lo facciano, ma senza un euro statale…
Moderatori BEST-GROOVE Inviato 3 Settembre 2023 Moderatori Inviato 3 Settembre 2023 14 ore fa, maurodg65 ha scritto: Infatti, ma il popolo si deve “ciucciare” il taglio alla sanità, alla scuola, alle pensioni ed al welfare più in generale senza “rompere”, lo stesso vale per chi ha governato e partorito quel mostro, dal M5S primo responsabile con Conte alla Lega partner del Conte 1, al PD partner del Conte2 ed a seguire tutti gli altri che hanno sostenuto il Governo Draghi, anche se di responsabilità oggettivamente quest’ultimo governo ne ha poche. tutta colpa di Conte e di chi o ha sostenuto, se la prendano con lui.
Martin Inviato 3 Settembre 2023 Inviato 3 Settembre 2023 Gonde ieri è stato chiaro, ha detto "Questo governo aveva riscevudo in eredidà una ferrari e si ridrova ora con una biscicledda a pedalada assistida..." 1
Questo è un messaggio popolare. andpi65 Inviato 3 Settembre 2023 Questo è un messaggio popolare. Inviato 3 Settembre 2023 Ma come? Qua mi sembra di aver letto da fonti autorevolizzzime che era un moltiplicatore economico, che da 1 euro di superbonus se ne sarebbero generati almeno 3 🙄 3
maverick Inviato 4 Settembre 2023 Inviato 4 Settembre 2023 6 ore fa, ferdydurke ha scritto: se il ponte ha un senso i privati lo facciano, ma senza un euro statale… Cos'è? ...una barzelletta?
maurodg65 Inviato 4 Settembre 2023 Inviato 4 Settembre 2023 6 ore fa, BEST-GROOVE ha scritto: tutta colpa di Conte e di chi o ha sostenuto, se la prendano con lui. A prendertela puoi pure prendertela con lui, ma tanto i conti li si fa con quanto c’è in cassa quindi io, te e tutti gli altri italiani ci “ciucciamo” ciò che sarà necessario fare sul fronte tagli ed amen. Cosi funziona la democrazia.
Questo è un messaggio popolare. Savgal Inviato 4 Settembre 2023 Questo è un messaggio popolare. Inviato 4 Settembre 2023 L’incredibile scomparsa delle entrate fiscali: perché gli italiani pagano meno tasse di Federico Fubini Ho passato l’ultimo paio di giorni in compagnia (via video-call) di storici dissidenti russi come Garry Kasparov e Mikhail Khodorkovsky, il che è stimolante benché non di tutto relax. Ma non finirò il mio weekend senza aver condiviso con gli iscritti a “Whatever it Takes” un dubbio che mi insegue da settimane: in Italia pagare le tasse sta passando moda? Perché a guardare l’andamento delle entrate fiscali, si direbbe di sì. Si direbbe che l’evasione stia rialzando la testa. La scomparsa delle entrate fiscali (e il flop della flat tax) Non che l’abbia mai abbassata molto. È vero che il Rapporto annuale sull’evasione fiscale, quest’anno firmato dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, mostra in genere un calo progressivo di quella che pudicamente chiama la “propensione al gap nell’imposta”. Dal 21,1% del 2015, al 18,3%. Significa che diciotto euro ogni cento che sarebbero dovuti allo Stato non vengono pagati. Tuttavia, per alcune categorie il “gap” è salito. Non sceso. La “propensione” a non pagare l’imposta sui redditi delle persone fisiche per il lavoro autonomo e d’impresa sale per esempio dal 65,1% del 2015 al 67,6% del 2018, fino al 68,3% del 2019. In sostanza, secondo la premier e il ministro dell’Economia, gli autonomi evadono oltre due terzi degli euro che dovrebbero versare al fisco. Qui a parlare non sembra la stessa Giorgia Meloni secondo la quale, in altre occasioni, il problema dell’evasione riguarda soprattutto i grandi gruppi. Questo dato riserva in verità almeno un’altra lezione: la flat tax al 15% sulle partite Iva, molto allargata sostenendo che avrebbe ridotto la propensione a evadere, in questo non sta funzionando. Il “gap” degli autonomi è cresciuto anche fra nel 2019, quando il governo Lega-M5S introdusse la prima flat tax rafforzata che l’attuale governo si ripropone di ampliare ancora. Ma qui c’è una questione più pressante, più vicina nel tempo. Come stanno le casse dello Stato Ho già scritto che quest’anno il fabbisogno dello Stato per il momento sta andando male: a fine maggio è già di 81,8 miliardi, cioè circa 46 miliardi più di un anno prima (vedi grafico sopra). La Ragioneria dello Stato spiega che contribuiscono molti fattori oggettivi: dal beneficio che i cittadini stanno traendo dai crediti d’imposta da bonus-casa accumulati negli scorsi anni, al fatto che l’aumento dei tassi riduce moltissimo gli utili da profitti portafoglio di titoli della Banca d’Italia. Dunque la Banca d’Italia ha smesso di pagare al Tesoro gli enormi dividendi degli scorsi anni. Poi però c’è un fattore in più, non citato nell’ultima nota della Ragioneria sul fabbisogno: anche le entrate fiscali vanno male. Affluisce meno gettito di quanto sarebbe logico aspettarsi. Cosa voglio dire? Semplice: l’ultima nota del Dipartimento delle Finanze sulle entrate erariali fotografa il quadro fra gennaio e aprile di quest’anno in confronto allo stesso periodo del 2022. Sono entrati nei primi quattro mesi del 2023 esattamente 150,9 miliardi di euro, cioè l’1,75% in più dei 148,3 miliardi di euro dei primi quattro mesi del 2022. Eppure, i conti non tornano. Per niente. Perché? In primo luogo perché fra aprile dell’anno scorso e aprile di quest’anno l’economia italiana è cresciuta in termini nominali – cioè in valore monetario, in quantità di euro con cui si misura il prodotto lordo – di circa l’8%. Questo infatti è il risultato della somma fra crescita reale e inflazione. Dunque anche il gettito sarebbe dovuto salire di circa l’8%, se le entrate non fossero andate né peggio né meglio dell’anno scorso. Invece di 150,9 miliardi di entrate, avremmo dovuto averne per poco più di 160 miliardi. Sta succedendo qualcosa che frena il pagamento delle tasse da parte degli italiani. Già, ma cosa? Il primo colpevole può essere il solito sospetto: l’enorme massa di crediti d’imposta da bonus-casa (“Superbonus e i suoi fratelli”) che gli italiani stanno iniziando a sfruttare, legittimamente, per liberarsi di un po’ di carico fiscale. Ma questo colpevole da solo non può aver fatto tutto, dev’esserci per forza un complice. Come faccio a dirlo? Secondo le proiezioni del Documento di economia e finanza (di solito, accurate) quest’anno i crediti d’imposta ridurranno le entrate di 20,7 miliardi, dunque di poco meno di sette miliardi fra gennaio e aprile del 2023. Ma le entrate fiscali in meno rispetto a quanto sarebbe stato prevedibile sono una decina di miliardi. In sostanza mancano all’appello tre miliardi di entrate fiscali, nei primi quattro mesi dell’anno, che i crediti d’imposta da bonus-casa non bastano a spiegare. Di questo passo farebbe ben oltre mezzo punto di deficit e di debito in più alla fine dell’anno, non proprio noccioline. Le tasse meno pagate: l’Iva Ma andiamo un po’ più addentro al mistero, guardando l’area più sintomatica dell’evasione: le imposte indirette, quelle sui consumi come l’Imposta sul valore aggiunto (Iva). Qui l’aumento del valore nominale del giro d’affari del sistema-Italia è del 12%, dunque le entrate nominali sarebbero dovute crescere del 12% (se tutto fosse andato come un anno fa). Nella realtà invece com’è andata? Le entrate da imposte indirette sono addirittura diminuite, in quantità di euro, rispetto a un anno fa. Se misurate in proporzione al Pil, sono semplicemente crollate. Erano di 69,8 miliardi fra gennaio e aprile del 2022, sono di 69,7 miliardi nello stesso periodo di quest’anno. Qui mancano all’appello oltre otto miliardi. E anche qui ci sono le solite attenuanti (i bonus-casa), ma non sembra possano spiegare tutto. L’Iva fra gennaio e aprile cresce del 5,25% rispetto a un anno prima, quando appunto avrebbe dovuto essere più alta del 12%. Soprattutto è interessante il confronto, nei dati del Dipartimento delle Finanze, con quello che succedeva durante il governo di Mario Draghi. Le entrate in genere e le entrate Iva erano state stagnanti nell’ultima fase del governo giallo-rosso di Giuseppe Conte. Poi è come se gli italiani fossero diventati improvvisamente scrupolosissimi nel pagare le tasse. Hanno iniziato a prendere la cosa maledettamente sul serio. Da quando si insediano Draghi a Palazzo Chigi e Daniele Franco al ministero dell’Economia, ogni mese le entrate Iva iniziano a fare balzi di ben oltre il 20% e fino al 40% in più sull’anno prima. Ogni mese, sempre misurando la differenza cumulata sull’anno prima nel periodo dall’inizio di ciascun anno. E le entrate in genere sono regolarmente in aumento di ben oltre il 10% e fino al 16%, sempre in confronto all’anno prima. Durante la fase di Draghi e Daniele Franco le entrate sono cioè anche un po’ oltre a dove avrebbero dovuto essere, data la forte crescita dell’economia e gli aumenti dei prezzi. Prendevamo tutti le tasse molto sul serio, durante quella breve stagione. Come si fa a scuola con un maestro prestigioso, un po’ sconosciuto e un po’ temuto. Il passo indietro con il governo Meloni Insediatasi Meloni, questa dinamica sembra afflosciarsi. A febbraio e marzo di quest’anno si viaggia addirittura sotto ai livelli complessivi di entrate di un anno prima. Possono esserci molte spiegazioni, ovviamente. Ma nessuno mi toglie dalla testa una delle tante possibili: qualche italiano dev’essersi convinto – a torto, spero – che adesso con le tasse non c’è più bisogno di fare troppo sul serio. Si può avere interpretato così i segnali che continuano ad arrivare dal governo: l’aumento della soglia del contante consentito per gli acquisti fino a 5 mila euro; il tentativo di far saltare l’obbligo di accettare anche piccoli pagamenti per carta nei negozi; il “concordato fiscale preventivo” previsto dalla delega fiscale, che qualcuno deve aver interpretato come una specie di condono fiscale preventivo (“se l’hanno scorso evadevo il 68%, nei prossimi due anni evaderò solo il 62% ma lo Stato non mi può più mandare i controlli”); infine, segnali dei politici come l’infelice frase meloniana sulle tasse come “pizzo di Stato” (ve\ro, la premier l’ha pronunciata dopo le entrate discusse qui, ma essa fa parte di una numerosa famiglia di dichiarazioni simili). Tutto questo, se vogliamo, è un paradosso. La politica economica di questo governo si impernia sulle riduzioni delle aliquote promesse con la legge delega fiscale. I nodi verranno al pettine con la Legge di bilancio il prossimo autunno. Ma se le entrate e il fabbisogno continuano così, mi sa che quel testo resta nei cassetti a prendere la polvere (come tanti suoi predecessori, del resto). 1 2 1
melos62 Inviato 4 Settembre 2023 Inviato 4 Settembre 2023 9 ore fa, ferdydurke ha scritto: se il ponte ha un senso i privati lo facciano, ma senza un euro statale… Sarebbe un investimento di utilità collettiva, una infrastruttura strategica. Come la rete elettrica enel e come le ferrovie e le autostrade che consentono alle fabbrichette del nord di consegnare la merce ai clienti. Se non lo fa lo stato con la raccolta fiscale, ed a vantaggio della collettività, chi lo dovrebbe fare? I privati potrebbero farlo per scopo di lucro, un po' come le spa di Benetton che si arricchiscono drenando dalle tasche di pendolari e viaggiatori per un servizio pubblico. In Svizzera la vignetta autostradale costa 50 euro all'anno, l'altro we ne ho spesi 100 per una sola andata e ritorno da Milano. Quanto costerebbe un ticket per l'attraversamento del ponte? Un fiorino?
Savgal Inviato 4 Settembre 2023 Inviato 4 Settembre 2023 Nota di lavoro n. 1/2022 “Un bilancio di “Quota 100” a tre anni dal suo avvio” Ufficio Parlamentare di Bilancio Di seguito una sintesi dei principali risultati. Al 31 dicembre 2021 le domande complessivamente accolte nel triennio 2019-2021 sono risultate poco meno di 380.000, ampiamente al di sotto di quelle attese sottostanti alla Relazione tecnica del DL 4/2019. A ricorrere a “Quota 100” sono stati soprattutto gli uomini. Quasi l’81 per cento dei pensionati con “Quota 100” vi è transitato direttamente dal lavoro, poco meno del 9 per cento da silente (soggetti che pur avendo in passato versato contributi non lavoravano né percepivano altre prestazioni), poco più dell’8 per cento da una condizione di percettore di prestazioni di sostegno al reddito, circa il 2 per cento da prosecutori volontari di contribuzione. La gestione di liquidazione è stata da lavoro dipendente privato per quasi la metà dei casi, da lavoro dipendente pubblico per poco più del 30 per cento, da lavoro autonomo per circa il 20 per cento. Se in valore assoluto le pensioni con “Quota 100” sono state più concentrate al Nord, meno al Mezzogiorno e ancor meno al Centro, in percentuale della base occupazionale o del flusso medio delle uscite per pensione anticipata (quelle più simili a “Quota 100”) mostrano le incidenze maggiori al Mezzogiorno e minori al Nord, con il Centro in posizione intermedia. I pensionamenti dal comparto privato sono lo 0,4 per cento della relativa base occupazionale (con un picco dell’1,2 per cento per il settore “Trasporto e magazzinaggio”), quota che diventa dell’1,3 per cento nel comparto pubblico (con picco del 2,9 per cento per le “Funzioni centrali”). Si è registrata una prevalenza a lasciare il lavoro alla prima decorrenza utile, con almeno uno dei requisiti di età e anzianità al livello minimo. Il rapporto tra anticipo effettivo e anticipo massimo (quello corrispondente all’utilizzo di “Quota 100” non appena possibile) si colloca in media poco sopra il 90 per cento per buona parte degli utilizzatori di “Quota 100”. Mediamente l’anticipo rispetto al più vicino dei requisiti ordinari è di 2,3 anni. L’anticipo ha inciso in maniera significativa sul valore dell’assegno: mediamente lo ha ridotto del 4,5 per cento per anno di anticipo per i lavoratori autonomi, del 3,8 per cento per i dipendenti privati e del 5,2 per cento per i dipendenti pubblici. L’età media alla decorrenza si è attestata poco al di sopra di 63 anni, mentre l’anzianità media è di 39,6 anni. Utilizzando i database annuali dei contribuenti alle gestioni INPS integrati con le informazioni del monitoraggio su “Quota 100” è stato possibile stimare i tassi di adesione (take-up rate) dei soggetti che hanno maturato il diritto negli anni 2019 e 2020, che si sono rivelati inferiori a quelli ipotizzati, in modo prudenziale, nella Relazione tecnica del decreto che ha introdotto il canale pensionistico. Il pensionamento con “Quota 100” è avvenuto prevalentemente a ridosso della maturazione dei requisiti: per chi ha maturato il diritto nel 2019 il take-up complessivo a fine 2021 è stato del 49 per cento, suddivisibile in 39 per cento realizzato nel 2019, 14 per cento nel 2020 e 4 per cento nel 2021 (per costruzione, cambiando di volta in volta il denominatore, la somma delle parti non fornisce il take-up complessivo); per quanti hanno maturato i requisiti nel 2020 il tasso di adesione complessivo a fine 2021 è del 47 per cento, suddivisibile in 41 per cento realizzato nel 2020 e 10 per cento nel 2021. I takeup complessivi, soprattutto per il 2020, sono destinati ad aumentare finché l’intera platea dei potenziali aderenti avrà raggiunto i requisiti per i canali di pensionamento ordinari (approssimativamente cinque anni dall’acquisizione del diritto a “Quota 100”). Lo spaccato per situazione occupazionale mostra che i disoccupati, i silenti e soprattutto i prosecutori volontari fanno registrare take-up rate notevolmente più alti di quelli degli attivi. La distribuzione per livello di reddito dei soggetti che hanno utilizzato “Quota 100” mostra che i take-up aumentano notevolmente nel passaggio dal primo al secondo quintile di reddito per poi restare sostanzialmente stabili fino al quarto quintile e ridursi per l’ultimo quintile, tornando a livelli comparabili con il primo quintile. A livello territoriale, infine, i tassi di adesione appaiono abbastanza omogenei tra Regioni. Tenendo conto di queste evidenze, si può stimare che la spesa effettiva – di consuntivo sino al 2021 e proiettata dal 2022 al 2025 – potrà attestarsi a circa 23 miliardi. Si tratta di un importo inferiore di circa 10 miliardi rispetto ai 33,5 originariamente stanziati dal DL 4/2019 e di oltre 5 miliardi se si tiene conto dei definanziamenti decisi solo pochi mesi dopo nell’ambito della NADEF 2019 e nella legge di bilancio per il 2020.
Velvet Inviato 4 Settembre 2023 Inviato 4 Settembre 2023 24 minuti fa, melos62 ha scritto: Se non lo fa lo stato con la raccolta fiscale, e La raccolta fiscale non basta neanche per pagare pensioni, il sistema scolastico, far funzionare decorosamente la sanità e manutenere le infrastrutture in essere. Resta un mistero da quale cappello possano uscire quei miliardi. Debito? Ah be'allora, tanto checcefrega, pesa già per il 120% del Pil ... 1
appecundria Inviato 4 Settembre 2023 Inviato 4 Settembre 2023 14 ore fa, Jack ha scritto: Che dovrebbero pensarci (molto) di più da soli anche è vero In verità nessuno ha chiesto niente, né a te né a Salvini il quale è passato dalla ottima idea della secessione alla balla del ponte. Mentre nel frattempo cancella investimenti veri e finanziati dal PNRR. Ah già, lì c'è Ursula che controlla, le lettere anonime non funzionano.
appecundria Inviato 4 Settembre 2023 Inviato 4 Settembre 2023 15 ore fa, Roberto M ha scritto: somari o complici
melos62 Inviato 4 Settembre 2023 Inviato 4 Settembre 2023 42 minuti fa, Velvet ha scritto: La raccolta fiscale non basta neanche per pagare pensioni, il sistema scolastico, far funzionare decorosamente la sanità e manutenere le infrastrutture in essere. Resta un mistero da quale cappello possano uscire quei miliardi. Lo stato è un ente di erogazione, analogamente alla famiglia. La raccolta fiscale dovrebbe servire sia al funzionamento (spesa corrente) dei servizi essenziali, sia agli investimenti con utilità collettiva pluriennale, per i quali è legittimo, anzi doveroso fare debiti da amortizzare in n anni. Come nella famiglia si può fare un mutuo per acquistare la casa di abitazione , per migliorare la situazione patrimoiniale della famiglia al termine dell'ammortamento del muttuo e da subito poter fruire del cespite. Se una famiglia spende non il 100% ma il 120% del proprio reddito per la spesa corrente (consumi, vestiti, auto, aperitivi, vacanze) - nel caso dello stato: stipendi, pensioni, manutenzione ordinaria, prebende, bonus, contributi a fondo perduto, compensi ai cda delle partecipate, ripianamento dei deficit della gestione ad capocchiam delle aziende partecipate, dei Comuni, delle Regioni ecc) va a finire a schifio, cicala e non formica. 1
appecundria Inviato 4 Settembre 2023 Inviato 4 Settembre 2023 1 ora fa, Savgal ha scritto: proiettata dal 2022 al 2025 – potrà attestarsi a circa 23 miliardi. Si tratta di un importo inferiore di circa 10 miliardi rispetto ai 33,5 originariamente stanziati dal DL 4/2019 e di oltre 5 miliardi Dunque in totale saranno spesi 23 miliardi, 5 meno del previsto. Be' se si pensa che Salvini ha già tagliato 16 miliardi di investimenti al Sud e il 31 dicembre è ancora lontano, c'è tutto il tempo per rimediare. Resta da capire che fine hanno fatto i 33,5 stanziati ma soprattutto da quale lettera anonima vengono fuori i 35 mancanti. Dopo aver affidato la riforma più importante dello Stato ad un dentista c'è da augurarsi che affidino i conti pubblici quantomeno ad un ginecologo. 1
Velvet Inviato 4 Settembre 2023 Inviato 4 Settembre 2023 8 minuti fa, melos62 ha scritto: va a finire a schifio, cicala e non formica. Eh ma noi cicaleggiamo da una quarantina d'anni. Dura formicheggiare di punto in bianco
Questo è un messaggio popolare. melos62 Inviato 4 Settembre 2023 Questo è un messaggio popolare. Inviato 4 Settembre 2023 @appecundria quindi Conte avrebbe il merito delle condizioni finanziarie internazionali (nel periodo in cui la BE immetteva liquidità per evitare la stagnazione) e Draghi e Meloni la responsabilità della guerra, dell'inflazione dei prezzi per la crisi degli eneregtici, della politica astringente dei tassi della VDL ? Oppure l'inflazione odierna in Italia non è dovuta per caso alla sua politica di bonus a pioggia (e a debito) , del 110 a cani e porci, dei bonus alle aziende in utile nel periodo covid , del RDC con controlli ex post ecc. ? 4
Roberto M Inviato 4 Settembre 2023 Autore Inviato 4 Settembre 2023 @appecundria Con l’inflazione che decolla il rendimento dei titoli di stato naturalmente aumenta. Ovviamente non e’ colpa del governo italiano l’aumento dell’inflazione che, come noto, e’ un fenomeno mondiale, e peraltro in Italia più contenuto rispetto ad altri paesi. E’ economia elementare, sicuramente non alla portata dei somari a 5 stelle che hanno messo le freccette e i nomi su quel grafico. La diffusione di notizie false o distorte per mera propaganda politica dovrebbe essere osteggiata ai sensi del regolamento, siamo o no su Melius ?
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