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Disastro economico Superbonus, altro buco da 35 miliardi


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Inviato


https://x.com/lucianocapone/status/1698302057659129982?s=46&t=phklmWQpccGx7cWNtwpYmA

 

Perché il superbuco del Superbonus è un fallimento della nostra democrazia

21 feb 2023

 

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Politica di maggioranza e di opposizione, media, accademia, Ragioneria dello stato. Se una misura disastrosa da 120 miliardi di spesa e 50 miliardi di buco è stata possibile, è perché non ha funzionato nessun presidio di controllo

Com’è stato possibile? Spesi 120 miliardi di bonus edilizi, circa 6 punti di pil. Due terzi del Pnrr (190 miliardi) che però è speso su un arco temporale più ampio. Il doppio delle risorse impiegate (60 miliardi) per affrontare la crisi energetica più grave degli ultimi 50 anni. Le agevolazioni fuori da ogni logica economica, insieme alla cessione illimitata dei crediti d’imposta, hanno per giunta prodotto circa 50 miliardi di buco di bilancio.

All’improvviso, con un decreto d’urgenza del governo per evitare che i conti pubblici saltino per aria, il paese si sveglia dalla favola del “gratuitamente”. Ma il Superbonus 110% rappresenta di più di un disastro economico. Se si risponde alla domanda su come sia stato possibile, ovvero su come mai tutto ciò non sia stato impedito, ci si rende conto di essere di fronte a un fallimento della nostra democrazia.  Se una sciagura del genere si è verificata è perché molte cose nel nostro sistema non hanno funzionato.

Paradossalmente, ma forse non troppo, la misura che più di tutte ha sconquassato le finanze pubbliche è quella che ha goduto dei consensi più ampi e trasversali. Non solo il M5s e il Pd, che il Superbonus l’hanno realizzato insieme a un pezzo di Terzo polo (Iv). Ma anche l’opposizione. Forza Italia è sempre stata al fianco delle imprese edili, così come la Lega: quella che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti definisce una “politica scellerata” è stata convintamente sostenuta dal suo leader Matteo Salvini. Allo stesso modo Giorgia Meloni, che attaccava Mario Draghi per le correzioni delle storture del Superbonus al grido di “non si cambiano le regole in corsa”. “Se oggi il presidente del Consiglio (Draghi, ndr) si vanta di un 6% di aumento del pil, lo deve al Superbonus” diceva Marco Osnato, attuale presidente della commissione Finanze della Camera. Nessuna opposizione politica, quindi.

Ma anche nessuna, o pochissime critiche dai media. La stampa, nella quasi totalità, si è allineata alla narrazione del settore delle costruzioni e all’idea che il Superbonus fosse il motore della crescita e non una discesa senza freni nel deficit. I giornali che generalmente invitano a fare attenzione ai conti e a fare presto quando c’è da correggerli, hanno applaudito a una misura che ha scavato come una talpa una voragine nel bilancio statale.

Anche l’accademia, con poche lodevoli eccezioni, è stata distratta.Mentre altre misure, come ad esempio Reddito di cittadinanza e Quota 100, hanno spinto gli economisti a produrre numerose analisi, il Superbonus nonostante la mole di risorse in gioco e le criticità evidenti è stato ignorato. Tanto che gli unici studi sono quelli fatti da organizzazioni di settore, che hanno prodotto stime con effetti moltiplicativi fantastici e quasi lisergici. Numeri che poi, sebbene palesemente surreali, sono stati rilanciati acriticamente dai mediariproponendo con un timbro di (pseudo) scientificità la narrazione del bonus che si ripaga da sé.

Ma a mancare sono stati anche i controlli istituzionali. Non è chiaro come sia stato possibile che la Ragioneria generale dello stato abbia bollinato una misura con coperture che, a ora, si sono dimostrate inferiori di 50 miliardi rispetto alla spesa effettiva. Eppure non si trattava di qualcosa di imprevedibile, visto che a maggio 2020 l’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb) segnalava come il mix dell’agevolazione al 110 per cento e della cedibilità del credito aumentava il rischio di far lievitare i costi. Per giunta, già all’epoca, il presidente dell’Upb Giuseppe Pisauro avvisava del “rischio sotto il profilo della classificazione contabile dei crediti d’imposta liberamente cedibili e utilizzabili in compensazione” con relativo impatto sul deficit. Esattamente ciò che sta accadendo ora dopo i rilievi di Eurostat. La Ragioneria dello stato ha sottovalutato entrambi i rischi, sia quello dei costi sia quello contabile sulla “pagabilità” del credito. Ed è l’istituto che, insindacabilmente, avrebbe potuto e dovuto fermare il Superbonus fatto in quella maniera così scellerata che ora ha costretto il governo a intervenire d’urgenza.

Politica di governo e di opposizione, media, accademia, amministrazione pubblica. La voragine nel bilancio aperta dai bonus edilizi è la sommatoria dei fallimenti di quattro presìdi che in una democrazia sana avrebbero dovuto impedire questo disastro. La vicenda del Superbonus mostra che oltre agli immobili sono tante le cose che nel nostro paese hanno bisogno di ristrutturazione ed efficientamento.

  • Melius 1
Inviato

Me che volete fare? Altro che ponte, in questa Itaglia vergognosa non si riesce neppure a dismettere una mangiatoia come Alitalia, che ci ha rubato migliaia di euro per ogni cittadino…una vergogna 

https://www.repubblica.it/economia/2023/09/01/news/ita_nuovo_ko_in_tribunale_no_a_sospensione_per_assunzione_ex_alitalia_il_vettore_lufthansa_vola_via-412915875/

Bisognava portare i libri in tribunale e chiedere tutto 30 anni fa e invece…

Lo stato pensi a tre o quattro cose fondamentali e lasci fare al mercato…se il ponte ha un senso i privati lo facciano, ma senza un euro statale…

  • Moderatori
Inviato
14 ore fa, maurodg65 ha scritto:

Infatti, ma il popolo si deve “ciucciare” il taglio alla sanità, alla scuola, alle pensioni ed al welfare più in generale senza “rompere”, lo stesso vale per chi ha governato e partorito quel mostro, dal M5S primo responsabile con Conte alla Lega partner del Conte 1, al PD partner del Conte2 ed a seguire tutti gli altri che hanno sostenuto il Governo Draghi, anche se di responsabilità oggettivamente quest’ultimo governo ne ha poche.


tutta colpa di Conte e di chi o ha sostenuto, se la prendano con lui.

Inviato

Gonde  ieri è stato chiaro, ha detto "Questo governo aveva riscevudo in eredidà una ferrari e si ridrova ora con una biscicledda a pedalada assistida..."  :classic_biggrin:

  • Haha 1
Inviato
6 ore fa, ferdydurke ha scritto:

se il ponte ha un senso i privati lo facciano, ma senza un euro statale…

Cos'è?  ...una barzelletta?

Inviato
6 ore fa, BEST-GROOVE ha scritto:

tutta colpa di Conte e di chi o ha sostenuto, se la prendano con lui.

A prendertela puoi pure prendertela con lui, ma tanto i conti li si fa con quanto c’è in cassa quindi io, te e tutti gli altri italiani ci “ciucciamo” ciò che sarà necessario fare sul fronte tagli ed amen.

Cosi funziona la democrazia.

Inviato
9 ore fa, ferdydurke ha scritto:

se il ponte ha un senso i privati lo facciano, ma senza un euro statale…

Sarebbe un investimento  di utilità collettiva, una infrastruttura strategica. Come la rete elettrica enel e come le ferrovie e le autostrade che consentono alle fabbrichette del nord di consegnare la merce ai clienti. Se non lo fa lo stato con la raccolta fiscale, ed a vantaggio della collettività, chi lo dovrebbe fare? I privati potrebbero farlo per scopo di lucro, un po' come le spa di Benetton che si arricchiscono drenando dalle tasche di pendolari e viaggiatori per un servizio pubblico.  In Svizzera la vignetta autostradale costa 50 euro all'anno, l'altro we ne ho spesi 100 per una sola andata e ritorno da Milano.  Quanto costerebbe un ticket per l'attraversamento del ponte? Un fiorino?

Inviato

 

Nota di lavoro n. 1/2022 “Un bilancio di “Quota 100” a tre anni dal suo avvio”  Ufficio Parlamentare di Bilancio

 

Di seguito una sintesi dei principali risultati.
Al 31 dicembre 2021 le domande complessivamente accolte nel triennio 2019-2021 sono
risultate poco meno di 380.000, ampiamente al di sotto di quelle attese sottostanti alla
Relazione tecnica del DL 4/2019. A ricorrere a “Quota 100” sono stati soprattutto gli
uomini. Quasi l’81 per cento dei pensionati con “Quota 100” vi è transitato direttamente
dal lavoro, poco meno del 9 per cento da silente (soggetti che pur avendo in passato
versato contributi non lavoravano né percepivano altre prestazioni), poco più dell’8 per
cento da una condizione di percettore di prestazioni di sostegno al reddito, circa il 2 per
cento da prosecutori volontari di contribuzione. La gestione di liquidazione è stata da
lavoro dipendente privato per quasi la metà dei casi, da lavoro dipendente pubblico per
poco più del 30 per cento, da lavoro autonomo per circa il 20 per cento.
Se in valore assoluto le pensioni con “Quota 100” sono state più concentrate al Nord,
meno al Mezzogiorno e ancor meno al Centro, in percentuale della base occupazionale o
del flusso medio delle uscite per pensione anticipata (quelle più simili a “Quota 100”)
mostrano le incidenze maggiori al Mezzogiorno e minori al Nord, con il Centro in posizione
intermedia. I pensionamenti dal comparto privato sono lo 0,4 per cento della relativa base
occupazionale (con un picco dell’1,2 per cento per il settore “Trasporto e magazzinaggio”),
quota che diventa dell’1,3 per cento nel comparto pubblico (con picco del 2,9 per cento
per le “Funzioni centrali”).
Si è registrata una prevalenza a lasciare il lavoro alla prima decorrenza utile, con almeno
uno dei requisiti di età e anzianità al livello minimo. Il rapporto tra anticipo effettivo e
anticipo massimo (quello corrispondente all’utilizzo di “Quota 100” non appena possibile)
si colloca in media poco sopra il 90 per cento per buona parte degli utilizzatori di “Quota
100”. Mediamente l’anticipo rispetto al più vicino dei requisiti ordinari è di 2,3 anni.
L’anticipo ha inciso in maniera significativa sul valore dell’assegno: mediamente lo ha
ridotto del 4,5 per cento per anno di anticipo per i lavoratori autonomi, del 3,8 per cento
per i dipendenti privati e del 5,2 per cento per i dipendenti pubblici. L’età media alla
decorrenza si è attestata poco al di sopra di 63 anni, mentre l’anzianità media è di 39,6
anni.
Utilizzando i database annuali dei contribuenti alle gestioni INPS integrati con le
informazioni del monitoraggio su “Quota 100” è stato possibile stimare i tassi di adesione
(take-up rate) dei soggetti che hanno maturato il diritto negli anni 2019 e 2020, che si
sono rivelati inferiori a quelli ipotizzati, in modo prudenziale, nella Relazione tecnica del
decreto che ha introdotto il canale pensionistico.
Il pensionamento con “Quota 100” è avvenuto prevalentemente a ridosso della
maturazione dei requisiti: per chi ha maturato il diritto nel 2019 il take-up complessivo a
fine 2021 è stato del 49 per cento, suddivisibile in 39 per cento realizzato nel 2019, 14 per
cento nel 2020 e 4 per cento nel 2021 (per costruzione, cambiando di volta in volta il
denominatore, la somma delle parti non fornisce il take-up complessivo); per quanti
hanno maturato i requisiti nel 2020 il tasso di adesione complessivo a fine 2021 è del 47
per cento, suddivisibile in 41 per cento realizzato nel 2020 e 10 per cento nel 2021. I takeup
complessivi, soprattutto per il 2020, sono destinati ad aumentare finché l’intera platea
dei potenziali aderenti avrà raggiunto i requisiti per i canali di pensionamento ordinari
(approssimativamente cinque anni dall’acquisizione del diritto a “Quota 100”). Lo
spaccato per situazione occupazionale mostra che i disoccupati, i silenti e soprattutto i
prosecutori volontari fanno registrare take-up rate notevolmente più alti di quelli degli
attivi.
La distribuzione per livello di reddito dei soggetti che hanno utilizzato “Quota 100” mostra
che i take-up aumentano notevolmente nel passaggio dal primo al secondo quintile di
reddito per poi restare sostanzialmente stabili fino al quarto quintile e ridursi per l’ultimo
quintile, tornando a livelli comparabili con il primo quintile. A livello territoriale, infine, i
tassi di adesione appaiono abbastanza omogenei tra Regioni.
Tenendo conto di queste evidenze, si può stimare che la spesa effettiva – di consuntivo
sino al 2021 e proiettata dal 2022 al 2025 – potrà attestarsi a circa 23 miliardi. Si tratta di
un importo inferiore di circa 10 miliardi rispetto ai 33,5 originariamente stanziati dal DL
4/2019 e di oltre 5 miliardi
se si tiene conto dei definanziamenti decisi solo pochi mesi
dopo nell’ambito della NADEF 2019 e nella legge di bilancio per il 2020.

Inviato
24 minuti fa, melos62 ha scritto:

Se non lo fa lo stato con la raccolta fiscale, e

La raccolta fiscale non basta neanche per pagare pensioni, il sistema scolastico, far funzionare decorosamente la sanità e manutenere le infrastrutture in essere.

Resta un mistero da quale cappello possano uscire quei miliardi. 

Debito? Ah be'allora, tanto checcefrega, pesa già per il 120% del Pil ... 

  • Melius 1
Inviato
14 ore fa, Jack ha scritto:

Che dovrebbero pensarci (molto) di più da soli anche è vero

In verità nessuno ha chiesto niente, né a te né a Salvini il quale è passato dalla ottima idea della secessione alla balla del ponte. Mentre nel frattempo cancella investimenti veri e finanziati dal PNRR. Ah già, lì c'è Ursula che controlla, le lettere anonime non funzionano. 

Inviato
15 ore fa, Roberto M ha scritto:

somari o complici

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Inviato
42 minuti fa, Velvet ha scritto:

La raccolta fiscale non basta neanche per pagare pensioni, il sistema scolastico, far funzionare decorosamente la sanità e manutenere le infrastrutture in essere.

Resta un mistero da quale cappello possano uscire quei miliardi. 

Lo stato è un ente di erogazione, analogamente alla famiglia. La raccolta fiscale dovrebbe servire sia al funzionamento (spesa corrente)  dei servizi essenziali, sia agli investimenti con utilità collettiva pluriennale, per i quali è legittimo, anzi doveroso fare debiti da amortizzare in n anni. Come nella famiglia si può fare un mutuo per acquistare la casa di abitazione , per migliorare la situazione patrimoiniale della famiglia al termine dell'ammortamento del muttuo e da subito poter fruire del cespite. Se una famiglia spende non il 100% ma il 120% del proprio reddito per la spesa corrente (consumi, vestiti, auto, aperitivi, vacanze) - nel caso dello stato: stipendi, pensioni, manutenzione ordinaria, prebende, bonus, contributi a fondo perduto, compensi ai cda delle partecipate, ripianamento dei deficit della gestione ad capocchiam delle aziende partecipate, dei Comuni, delle Regioni ecc) va a finire a schifio, cicala e non formica.

  • Melius 1
Inviato
1 ora fa, Savgal ha scritto:

proiettata dal 2022 al 2025 – potrà attestarsi a circa 23 miliardi. Si tratta di
un importo inferiore di circa 10 miliardi rispetto ai 33,5 originariamente stanziati dal DL
4/2019 e di oltre 5 miliardi

Dunque in totale saranno spesi 23 miliardi, 5 meno del previsto. Be' se si pensa che Salvini ha già tagliato 16 miliardi di investimenti al Sud e il 31 dicembre è ancora lontano, c'è tutto il tempo per rimediare. Resta da capire che fine hanno fatto i 33,5 stanziati ma soprattutto da quale lettera anonima vengono fuori i 35 mancanti.

Dopo aver affidato la riforma più importante dello Stato ad un dentista c'è da augurarsi che affidino i conti pubblici quantomeno ad un ginecologo. 

  • Haha 1
Inviato
8 minuti fa, melos62 ha scritto:

va a finire a schifio, cicala e non formica.

Eh ma noi cicaleggiamo da una quarantina d'anni.

Dura formicheggiare di punto in bianco 

Inviato

@appecundria

 

Con l’inflazione che decolla il rendimento dei titoli di stato naturalmente aumenta.

Ovviamente non e’ colpa del governo italiano l’aumento dell’inflazione che, come noto, e’ un fenomeno mondiale, e peraltro in Italia più contenuto rispetto ad altri paesi.

E’ economia elementare, sicuramente non alla portata dei somari a 5 stelle che hanno messo le freccette e i nomi su quel grafico.


La diffusione di notizie false o distorte per mera propaganda politica dovrebbe essere osteggiata ai sensi del regolamento, siamo o no su Melius ? 


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