Questo è un messaggio popolare. UpTo11 Inviato 14 Settembre 2023 Questo è un messaggio popolare. Inviato 14 Settembre 2023 L’Inps di Meloni fa sparire il lavoro povero Dati “torturati” per dare un assist al governo TRUCCHI STATISTICI PER “NUOVE NARRAZIONI” - Contro il salario minimo. Per l’Istituto sono 20.300 gli occupati con stipendi da fame: ecco come hanno “lavorato” i dati per fargli dire quel che serve al governo . Altro che un’emergenza che coinvolge milioni di persone. Chi si era convinto che la povertà lavorativa in Italia fosse un problema da affrontare subito tirerà un sospiro di sollievo leggendo il XXII Rapporto annuale dell’Inps pubblicato ieri. Il primo firmato dalla commissaria Michela Gelera, scelta dal governo dopo aver riformato per decreto la struttura di vertice dell’istituto e messo alla porta il presidente Pasquale Tridico. Il documento, infatti, assicura che i working poor sono solo 871.800 in tutto il Paese e quelli indigenti solo per colpa di paghe da fame (e non perché lavorano per poche ore) si fermano a 20mila, “una componente marginale”. Risultati ottenuti con qualche astuzia statistica, come vedremo. E perfetti come assist alla premier Giorgia Meloni, che è contraria al salario minimo e in agosto, incalzata dalle opposizioni, ha preso tempo passando la palla al Cnel di Renato Brunetta. Torturare i dati: come far sparire i working poor Per capire quanto quei numeri siano distanti dalle stime più accreditate conviene rispolverare la Relazione sul lavoro povero scritta nel 2021 dal gruppo di esperti istituito dall’ex ministro Andrea Orlando e coordinato dall’economista Ocse Andrea Garnero. La quota di lavoratori dipendenti con retribuzioni lorde inferiori al 60% di quella mediana – la definizione standard di povertà lavorativa – era risultata superiore al 24%: quasi uno su quattro. Considerato che nel 2017, anno di riferimento, i dipendenti oscillavano intorno ai 17,6 milioni, si parla di 4,2 milioni di occupati. Poco più di un anno fa, presentando il precedente rapporto, Tridico aveva poi ricordato come il 23% dei lavoratori guadagnasse in quel momento “meno del Reddito di cittadinanza” e oltre 4,3 milioni non raggiungessero i 9 euro lordi all’ora. Trucco: contare il reddito di un giorno, non dell’anno Cosa è cambiato nel frattempo? Non risulta che gli stipendi siano quadruplicati. L’unica novità riguarda la gestione dell’istituto di previdenza e, di conseguenza, quella che nel rapporto viene definita “rappresentazione (o, più modernamente, narrazione) della situazione sociale”. I poveri, mai citati nella relazione della commissaria straordinaria Gelera, vanno ridimensionati anche nell’analisi numerica. Per arrivare al risultato, l’Inps prende in esame i propri dati amministrativi sulle retribuzioni dei dipendenti delle imprese private, escludendo i lavoratori domestici e agricoli. Poi seleziona quelli con retribuzione sotto il 60% della mediana, cioè con un lordo giornaliero di 48,3 euro: circa 6 euro all’ora. Ma si concentra su un solo mese, ottobre 2022. “In questo modo non vengono considerati tutti quelli che lavorano poche settimane o pochi mesi all’anno, che sono proprio la platea a maggior rischio di povertà”, commenta Garnero. Così, ad esempio, si perdono per strada gli stagionali che si attivano solo in estate o durante le feste di fine anno: per loro il rischio supera il 50%. “Se si vuole indagare la povertà in senso stretto bisogna guardare ai redditi annuali. Banalizzando, il piatto in tavola va messo ogni sera dell’anno e non per un solo mese”. È attraverso questa selezione che Inps arriva a individuare solo 871.800 lavoratori poveri, “il 6,3% della platea di riferimento”: 517mila tra i full time e 354mila tra i part time, stando alla tabella di pagina 99. Segue un’ulteriore disamina mirata a dimostrare come solo una minuscola parte sia povera esclusivamente per colpa dei bassi salari e non, invece, perché ha un contratto intermittente (quindi a bassa intensità di lavoro) o di apprendistato oppure perché si trova in cassa integrazione, in malattia o fa orario ridotto per l’allattamento. L’ultima scrematura: così si arriva allo 0,2% Solo sul gruppo rimasto dopo aver escluso quei casi, spiega il rapporto, è stato “effettuato un controllo utilizzando la retribuzione di tutti i mesi” per depennare pure quelli che a ottobre risultavano poveri ma negli altri mesi hanno superato la soglia del 60% della mediana. L’ulteriore scrematura fa crollare i lavoratori poveri con un contratto a tempo pieno e poveri per ragioni strettamente legate al salario a 20.300 persone, “lo 0,2% sul totale della platea dipendenti”. Insomma, “una componente marginale dell’insieme del lavoro dipendente”. Si tratta di lavoratori, aggiunge il rapporto, “distribuiti tra un numero rilevante di Ccnl, inclusi quelli con le platee più vaste e firmati dalle organizzazioni sindacali maggiori”. Al primo posto quello delle agenzie di somministrazione con Assolavoro come controparte dei confederali, seguito dal diffusissimo contratto del terziario e servizi siglato da Confcommercio e da quello della logistica e trasporto merci. E qui la nuova “narrazione” si incrina: ne esce scalfita la tesi di Giorgia Meloni e della ministra del Lavoro Marina Calderone secondo cui il salario minimo in Italia non serve perché la forte contrattazione collettiva tutela a sufficienza i lavoratori. Del resto, quella leggenda è già stata involontariamente smentita due mesi fa da uno studio della Fondazione dei consulenti del lavoro, presieduta com’è noto proprio dal marito di Calderone, Rosario De Luca: il documento voleva dimostrare l’inutilità di un minimo orario fissato per legge, ma dalle tabelle emergeva che oltre un terzo dei 61 principali Ccnl firmati da Cgil, Cisl e Uil ha minimi retributivi ben sotto i 9 euro all’ora. Non proprio la prova di un successo. Chiara Brusini, Il FQ . «Dimmi che vuoi e ti dirò chi sei, dimmi chi sei e ti dirò "Che vuoi?"» . Sim Sala Bim sostituito dalla nuova avanguardistica formula Min Cul Pop e tutto torna, et voilà . 3 2 4
SimoTocca Inviato 14 Settembre 2023 Inviato 14 Settembre 2023 @Roberto M NO, purtroppo parlano i numeri veri. Cioè a dire, purtroppo parla la realtà! Ci possiamo tappare occhi e orecchie, infilare la testa sotto la sabbia per non vedere, come fanno gli struzzi, ma la realtá che ci circonda..ahimè ..rimane reale..! E sai cosa è reale, Roberto, a parte l’INPS e le sue statistiche (e i trucchi statistici che qualunque dilettante riesce a smascherare), è reale la “povertà generale” degli stipendi pubblici. Se prendo il comparto Sanità, che conosco bene, e confronto gli stipendi di medici e infermieri che lavorano nel servizio pubblico, ebbene la “grande nazione” che è l’Italia arriva ben ultima, nel G7 certo (e sono numeri ufficiali di ieri) per spesa medica “procapite”, ma arriva ultima in Europa per gli stipendi (se “indicizzati al costo della vita” siamo ultimi per stipendi ai sanitari, dopo la Grecia… e ho detto tutto!). Questa è la realtà…poi, oè Roberto, poi si può fermare davanti ad un distributore e farsi un selfie in cui si dice che la benzina costa troppo per via delle “accise”, che vanno levate… oppure che i barchini dei migranti vanno affondati”… ma poi la benzina continua ad aumentare clamorosamente…e i migranti arrivano lo stesso a migliaia ..anzi di più… Ç’est la vie, così è la vita… ooops, la realtà volevo dire…😉 1
maurodg65 Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 https://pagellapolitica.it/fact-checking/quanti-lavoratori-poveri-italia È vero che oltre 3 milioni di lavoratori in Italia sono poveri? di CARLO CANEPA | 16 MAR 23 Elly Schlein LA DICHIARAZIONE «Sono più di 3 milioni le lavoratrici e i lavoratori che sono poveri anche se lavorano» FONTE: CAMERA DEI DEPUTATI| 15 MARZO 2023 ANSA VERDETTO SINTETICO Il dato è sostanzialmente corretto, anche se dipende da che cosa si intende per “povero”. IN BREVE Secondo Eurostat, nel 2021 l’11,7 per cento degli occupati in Italia viveva in condizioni di povertà lavorativa (a grandi linee, quasi 2,6 milioni di occupati). TWEET Di recente un gruppo di esperti del Ministero del Lavoro ha ampliato la definizione di lavoratori poveri usata da Eurostat, calcolando che questo fenomeno riguarda oltre il 13 per cento degli occupati nel nostro Paese, quasi 3 milioni. Il 15 marzo, durante il question timedella presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la segretaria del Partito democratico Elly Schlein ha dichiaratoche in Italia oltre 3 milioni di persone sono povere «anche se lavorano». Nella sua domanda a Meloni, Schlein ha chiesto se il governo è intenzionato a introdurre il salario minimo, ricevendo una risposta negativa dalla presidente del Consiglio. Al di là del dibattito sul salario minimo, su cui i partiti dell’opposizione hanno proposte diverse, il numero citato da Schlein è corretto oppure no? Abbiamo verificato. I lavoratori poveri in Italia A gennaio 2022 il Ministero del Lavoro, all’epoca guidato dal ministro Andrea Orlando (Partito democratico), ha pubblicato la relazione di un gruppo di lavoro sulle misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia. Il rapporto è stato curato da otto esperti del settore, coordinati dall’economista del lavoro Andrea Garnero, che lavora per l’Ocse. Per valutare il fenomeno della povertà lavorativa in Italia, il gruppo di lavoro è partito dall’in-work poverty, un indicatore calcolato da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, per individuare gli occupati poveri nei 27 Stati membri dell’Ue. Secondo Eurostat, un lavoratore è considerato “povero” se rispetta quattro condizioni: deve avere un’età tra i 18 e i 64 anni, deve essere occupato al momento della rilevazione dei dati, deve aver lavorato per almeno sette mesi nell’anno di riferimento, e in un anno deve avere un reddito disponibile equivalente (un particolare tipo di reddito che tiene conto del numero dei membri della famiglia) inferiore alla soglia della cosiddetta “povertà relativa”. Questa è fissata a un valore pari al 60 per cento del reddito disponibile mediano nazionale equivalente (valore mediano significa che la metà dei redditi ha un valore inferiore e l’altra metà superiore). Per un lavoratore single stiamo parlando di una soglia di 11.500 euro l’anno. Nella relazione del Ministero del Lavoro, si faceva riferimento ai dati Eurostat del 2019 sulla povertà relativa. In quell’anno l’11,8 per cento degli occupati italiani era considerato in condizioni di in-work poverty, una percentuale di fatto rimasta uguale nel 2021 (11,7 per cento). Eurostat non fornisce però il numero di lavoratori poveri in valore assoluto. Con un calcolo spannometrico, se si rapporta la percentuale dell’11,7 per cento di lavoratori poveri con i circa 21,9 milionidi occupati (fascia 15-64 anni) secondo Istat nel 2021, si ottengono quasi 2,6 milioni di occupati poveri. Come spiega la relazione del gruppo di lavoro, «la definizione di lavoratore povero non è affatto univoca». Gli esperti consultati dal Ministero del Lavoro hanno così ampliato le condizioni di Eurostat per considerare un occupato come “povero”, mettendo dentro anche le persone che sono state occupate almeno un mese in un anno e che «reputano il loro lavoro come il loro status prevalente». Sulla base di questi criteri, il gruppo di lavoro ha stimato che nel 2017 la percentuale di lavoratori in povertà lavorativa era pari a 13,2 per cento. Assumendo che questa percentuale sia rimasta stabile fino a oggi, vorrebbe dire che – anche qui con un calcolo spannometrico – sui 22,4 milioni di occupati in Italia nel 2022 quasi 3 milioni di lavoratori sono in condizioni di povertà lavorativa. Il gruppo di lavoro del ministero ha calcolato come cambia la percentuale di lavoratori poveri a seconda della forma contrattuale. Nel 2017, per esempio, la povertà lavorativa colpiva di più i lavoratori autonomi rispetto a quelli dipendenti, e riguardava in particolare gli occupati con almeno un mese di lavoro part-time (Tabella 1). Tabella 1. Percentuale di lavoratori poveri – Fonte: Elaborazioni del gruppo di lavoro del Ministero del Lavoro sulla povertà lavorativa Il verdetto Secondo Elly Schlein, «sono più di 3 milioni le lavoratrici e i lavoratori che sono poveri anche se lavorano». Il dato della segretaria del Partito democratico è sostanzialmente corretto, anche se dipende da che cosa si intende per “povero”. Secondo Eurostat, nel 2021 l’11,7 per cento degli occupati in Italia viveva in condizioni di povertà lavorativa (a grandi linee, quasi 2,6 milioni di occupati). Di recente un gruppo di esperti del Ministero del Lavoro ha ampliato la definizione di lavoratori poveri usata da Eurostat, calcolando che questo fenomeno riguarda circa il 13 per cento degli occupati nel nostro Paese, quasi 3 milioni di occupati.
maurodg65 Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 8 ore fa, UpTo11 ha scritto: «Dimmi che vuoi e ti dirò chi sei, dimmi chi sei e ti dirò "Che vuoi?"» . Sim Sala Bim sostituito dalla nuova avanguardistica formula Min Cul Pop e tutto torna, et voilà . Se non ti fosse chiaro ciò che riporta il precedente post, sinceramente analitico ed esaustivo oltre che chiaro a differenza del copia incolla da Il Fatto Quotidiano che hai postato poco sopra, chi ha fatto ciò che affermi è proprio il procedente Governo giallorosso con Orlando ministro e Tridico all’INPS che ha artatamente cambiato le modalità definite da Eurostat per la definizione di working poor per arrivare a numeri differenti, più in linea con gli intendimenti programmatici del governo di allora, vedi RdC. Questo a sottolineare come a te, tutto sommato, dei lavoratori “poveri” interessasse il giusto, quindi quasi nulla, ma interessasse più trovare la strada per “perculare” l’attuale maggioranza di governo che è un obiettivo legittimo ovviamente, ma magari concentrati su altri temi, ricordandovi sempre “da dove venite”, giusto per evitare di finire per auto percularvi come nel caso in oggetto.
maurodg65 Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 3 ore fa, SimoTocca ha scritto: Se prendo il comparto Sanità, che conosco bene, e confronto gli stipendi di medici e infermieri che lavorano nel servizio pubblico, ebbene la “grande nazione” che è l’Italia arriva ben ultima, nel G7 certo (e sono numeri ufficiali di ieri) per spesa medica “procapite”, ma arriva ultima in Europa per gli stipendi (se “indicizzati al costo della vita” siamo ultimi per stipendi ai sanitari, dopo la Grecia… e ho detto tutto!). Purtroppo per te lavori in un sistema sanitario generalista completamente pubblico, quindi la spesa sanitaria pur aumentando ogni anno in assoluto, le percentuali sul PIL su cui giocano molti dipendono appunto dall’andamento del PIL, non può competere con il privato o il pubblico dei paesi più ricchi ed allo stesso modo deve essere sostenibile sulla base del bilancio dello Stato. Quando si ripete che per esserci redistribuzione la ricchezza va prima creata, per molti si tratta di demagogia o di ideologia, ma purtroppo è la realtà che è quella stai vivendo esattamente sulla tua pelle e, purtroppo, sarà anche destinata a peggiorare perché le cose, per cose sono state impostate con una visione di stampo socialista estremo, finirà per andare sempre peggio perché i limoni, una volta spremuti non li può spremere di nuovo e di nuovo….all’infinito, il “succo” non esce poi più.
maurodg65 Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 http://www.doctor33.it/politica-e-sanita/medici-buste-paga-a-confronto-in-europa-il-report-eurostat/#:~:text=Per l'Italia gli ultimi,mila per il medico specialista. Medici, buste paga a confronto in Europa. Il Report Eurostat C'è un nesso tra paga oraria dell'addetto alle costruzioni o dell'agente immobiliare e retribuzione dei professionisti sanitari, e si trova confrontando le medie delle buste paga nelle diverse nazioni. A consentirci di trovarlo è il Report Eurostat "Labour Cost Survey" che sui 27 paesi membri dell'Unione Europea considera il lavoro dipendente (e non solo) nei vari settori produttivi. A ben guardare si scopre che i paesi a maggior emigrazione sanitaria d'Europa non sono in questa fase i più poveri ma, almeno in proporzione, quelli come il nostro dove lo stipendio del dipendente-tipo è aumentato meno. Il Rapporto si ferma al 2022, quindi con dati recentissimi, e valuta terziario, industria, costruzioni fino ai servizi "non economici" escludendo la Pubblica amministrazione. Considerando tutti i comparti, in Italia in media un'ora di lavoro nel 2021 era pagata 28,7 euro, nel 2022 si è saliti ad euro 29,4. Nel 2020 c'è stato un calo, complice il Covid, e quindi tra il 2020 e il 2022 va considerato un aumento totale dello 0,2%. A breve vedremo perché la lettura su due anni è importante. Intanto, scopriamo che in Unione Europea le retribuzioni sono più alte che da noi: la media 2021 era 28 euro (32,4 nei paesi dove si usa l'Euro), e si è saliti a 32,5 (34,3 in "area euro") con un aumento del 4,5%. Nei paesi senza euro ci sono aumenti più consistenti, specie nei più poveri che hanno tenuto la vecchia valuta; questi ultimi hanno avuto ottime performance a partire dalla Bulgaria (+15% ma resta ultima in classifica con paghe orarie medie intorno ai 10 euro), la Romania (+12,2%) o la Polonia (+11,7%); pure la Lituania, unica passata all'euro, ha visto balzare gli stipendi di oltre il 13%. In generale, paghe sotto i 20 euro ora caratterizzano tutti i paesi dell'ex Cortina di Ferro più Grecia, Croazia e Portogallo, fra i 20 ed i 30 ci siamo noi italiani e la Spagna, fra i 30 e i 40 Francia Germania Olanda Svezia e Belgio, oltre i 40 Norvegia e Danimarca (no-euro), a 50 euro il Lussemburgo. Tra i vari settori, il comparto industria appare più remunerativo dei servizi, 33,3 euro/ora in media in area Euro e 30,2 in tutta l'UE; il settore costruzioni vale una media di 6 euro in meno in area euro ed è più remunerato negli altri paesi; una differenza meno netta tra settore costruzioni e media dei settori si trova in Spagna (1,5 euro) mentre in Italia, Germania, Francia il divario è oltre il doppio. Interessante valutare come è cambiata la paga negli stati comunitari dal 2008 ad oggi. L'Italia in 14 anni è passata da una media di 25 euro orari ad una di 29 con il minore incremento in assoluto per l'area euro se si eccettua la Grecia dove si è invece crollati dai 19 euro medi del 2008 a 14,5 attuali; nello stesso periodo la Francia è cresciuta da 31,2 a 40,8 euro orari, la Germania da 22,9 a 39,5, l'Austria da 26 a 39, la Spagna da 19 a 24, la Slovenia da 14 a 25, il Portogallo da 12 a 16. A questi dati va aggiunto il carico per il datore di lavoro in termini di costi sociali, che in Italia incide per il 25%: siamo terzi dopo Francia e Svezia che hanno un carico del 30%. Non è possibile disporre di dati sul pubblico impiego dei paesi considerati, ma un raffronto "a spanne" con lo stipendio del personale del Servizio sanitario è sollecitato da questi ultimi dati, che fanno coincidere i paesi a maggior emigrazione di medici ed infermieri (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia) con le nazioni dove si è vissuto in tutti i settori un minor incremento reddituale negli ultimi 14 anni, tanto da far percepire una prospettiva di sviluppo negativa. Per l'Italia gli ultimi dati della Ragioneria dello Stato dicono come l'infermiere nel 2020 percepisse una media annua di 35 mila euro ed il medico specialista di 100 mila euro, mentre a livello Unione Europea la retribuzione annua fosse rispettivamente 39 mila euro per l'infermiere e 97 mila per il medico specialista. Ora, se consideriamo l'Unione Europea e sommiamo alle paghe di medici ed infermieri gli incrementi del biennio 2021-22 in Italia ed Europa (0,2% contro 4,5%) osserviamo che le categorie del nostro paese sono rimaste al palo, le altre hanno avuto incrementi tangibili. In particolare, se consideriamo una media di 2000 ore di lavoro annuali a categoria, che sta a metà strada fra le 1600 da contratto comparto e le 2500 "di fatto" denunciate da molti sindacati medici, troviamo per l'Italia una paga oraria ferma per l'infermiere a 17-18 euro e per il medico a 50; laddove l'infermiere d'area UE arriva, con lo stesso orario a 20 euro e il medico specialista UE, in origine più "povero", che a parità d'orario ha praticamente raggiunto il collega italiano; sul punto bisogna però aggiungere che il sovraccarico lavorativo è peculiarità del SSN, e che l'età media del medico ospedaliero italiano è maggiore.
maurodg65 Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 8 ore fa, UpTo11 ha scritto: Del resto, quella leggenda è già stata involontariamente smentita due mesi fa da uno studio della Fondazione dei consulenti del lavoro, presieduta com’è noto proprio dal marito di Calderone, Rosario De Luca: il documento voleva dimostrare l’inutilità di un minimo orario fissato per legge, ma dalle tabelle emergeva che oltre un terzo dei 61 principali Ccnl firmati da Cgil, Cisl e Uil ha minimi retributivi ben sotto i 9 euro all’ora. Questo, del primo post, è l’unico passaggio interessante che dimostra quanto sia obsoleta e “novecentesca” la contrattazione nazionale, infatti ora si capisce perché si vogliano “mistificare” i dati per poi portare a € 9,00 ora la paga oraria a minima per legge, contrariamente alle indicazioni della Commissione europea proprio sul salario minimo per il quale il calcolo è chiaro, si vuole arrivare per legge a ciò che i sindacati non sono riusciti ad ottenere, sempre per restare @UpTo11 sulle tecniche da “Mago Oronzo” che piacciono molto alla sinistra italiana.
maurodg65 Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 Quindi, concludendo, in Italia abbiamo le organizzazioni sindacati che licenziano sfruttando il Jobs Act e non sono in grado di negoziare per oltre il 60% dei loro iscritti delle paghe orarie superiori ai € 9,0, quindi a che servono i sindacati in Italia? 1
maurodg65 Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 Questo per smentire la narrazione ricorrente: https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/aziende-e-regioni/2023-04-18/def-2023-nessun-rilancio-sanita-preoccupanti-segnali-definanziamento-2025-rapporto-spesa-sanitaria-pil-62percento-sotto-pre-pandemia-urge-cambio-rotta-evitare-collasso-ssn-095346.php?uuid=AEtYWmID#:~:text=Il rapporto spesa sanitaria%2FPil,2022 (%2B3%2C8%). “…Il rapporto spesa sanitaria/Pil nel 2023 scende a 6,7% rispetto al 6,9% del 2022, anche se in termini assoluti la previsione di spesa sanitaria è di 136.043 milioni, ovvero 4.319 milioni in più rispetto al 2022 (+3,8%). …” P.S. 4.319 milioni sono quasi 4,5 miliardi di euro in più, ed è così da decenni anni su anno.
maurodg65 Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 1 ora fa, maurodg65 ha scritto: Nel 2017, per esempio, la povertà lavorativa colpiva di più i lavoratori autonomi rispetto a quelli dipendenti, e riguardava in particolare gli occupati con almeno un mese di lavoro part-time (Tabella 1). Tabella 1. Percentuale di lavoratori poveri – Fonte: Elaborazioni del gruppo di lavoro del Ministero del Lavoro sulla povertà lavorativa Questo è un altro aspetto interessante che fotografa la situazione italiana e che oramai è la realtà da qualche decennio, ma ci rifiutiamo di vederla per abbracciare la narrazione solita.
maurodg65 Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 6 ore fa, SimoTocca ha scritto: è reale la “povertà generale” degli stipendi pubblici. Ne abbiamo già parlato e le statistiche nel lungo periodo, i trenta anni di cui si parlò al tempo, dicono che le retribuzione nella PA sono aumentate e quelle de privato diminuite, nel breve periodo invece: https://finanza.lastampa.it/News/2023/05/26/stipendi-pa-confronto-con-il-privato-i-numeri/MzlfMjAyMy0wNS0yNl9UTEI#:~:text=Sono previsti incrementi del 3,a quelli del settore privato. “…Guardando ai numeri, in particolare, emerge che nel 2021 la retribuzione complessiva media annua lorda degli impiegati della Pa (ministeri, agenzie fiscali, funzioni locali) è stata pari a 31.766 euro, a fronte di una media nazionale per la stessa categoria nel privato pari a 30.836 euro dove, in particolare, si va da un massimo di 34.288 euro annui lordi (per gli impiegati del settore banche e servizi finanziari ) fino al minimo di 27.515 euro lordi all’anno percepito dai dipendenti del comparto turismo e viaggi. Per quanto riguarda le variazioni delle retribuzioni contrattuali dei non dirigenti, l’Aran segnala incrementi tendenziali nel privato, rispettivamente dell’1% a dicembre 2022, dell’1,2% a gennaio 2023, dell’1,3% a febbraio e dell’1,1% a marzo. Per il personale analogo che lavora nella pubblica amministrazione si registrano invece aumenti decisamente più sostenuti, pari al 2,8% a dicembre 2022, 4,7% a gennaio 2023, 4,9% a febbraio e 4,9% a marzo 2023 …”
eduardo Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 Ahh, la capacità di sintesi ... questa sconosciuta 1
maurodg65 Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 6 minuti fa, eduardo ha scritto: Ahh, la capacità di sintesi ... questa sconosciuta Visto che sono molti argomenti e non soltanto uno e che sono tutti articolati e con i dati a supporto direi che ci può stare tutto, ma tanto tu non leggi e passi oltre e fai benissimo. 👋
eduardo Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 1 minuto fa, maurodg65 ha scritto: ma tanto tu non leggi e passi oltre e fai benissimo. 👋 Questo succede quando uno lavora tutto il giorno e dovrebbe prendersi una settimana di pausa solo per leggere 'ste lenzuolate Alcuni argomenti - nettati dal fastidioso e ormai consueto tifo politico - sarebbero anche interessanti, ma immaginerai che ci sono altre priorità molto più stringenti che non si possono ignorare. 1
Velvet Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 Non ho modo di pubblicare mirabolanti analisi statistiche né lenzuolate di copiaincolla ma posso testimoniare la mia impressione, che è di vedere in giro parcheggi degli hard discount sempre più stracolmi a tutte l'ore e quelli dei super di "marca" sempre più vuoti. Pur abitando in una zona c.d. "ricca" (si fa per dire).
Velvet Inviato 15 Settembre 2023 Inviato 15 Settembre 2023 Ecco, ho trovato anch'io il mio copiaincolla, ma purtroppo non raggiungendo il livello dei colleghi sarò breve: Secondo il rapporto annuale dell’Inps del 2022, i lavoratori poveri in Italia sotto l’ipotetica soglia del salario minimo erano 4,3 milioni. Secondo il rapporto annuale dell’Inps del 2023, i lavoratori poveri che si trovano sotto la soglia di un ipotetico salario minimo sono circa 20 mila. Ma cos’è successo di così straordinario in un solo anno da far crollare i working poor dal 28 per cento allo 0,2 per cento? E’ cambiato il presidente dell’Inps. Non c’è stata cioè una rivoluzione nel mercato del lavoro italiano, ma c’è semplicemente stata una rivoluzione nel mercato politico che ha cambiato un solo posto di lavoro. (da IL FOGLIO, quotidiano comunista)
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