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Ingegneri o Filosofi ?


Max440

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3 ore fa, melos62 ha scritto:

vallo a dire al prof. Barbero...

Sono un fan di Barbero, i suoi podcast sul medio evo li ho ascoltati quasi tutti (o almeno tutti quelli che ho trovato).

.

Ma ciò che lui sostiene è che il medio Evo (che comunque andrebbe diviso in sotto periodi), quanto meno da una certa data in poi, è stato meno peggio di quanto non si raccontasse nei vecchi licei (in quelli attuali probabilmente no) non che fosse un' epoca di grande sviluppo.

.

Il punto è che lo sviluppo umano "esplode" in un ambiente libero da imposizioni teologiche e filosofiche, non a caso le città del centro-nord italiano in cui tutto (almeno da noi) ha ricominciato a girare per il verso giusto erano sicuramente più "laiche" che non altrove.

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24 minuti fa, micfan71 ha scritto:

L'attività del filosofo è....qual è?

Varia a seconda dei casi.

Talvolta sono chiacchiere innocue che - in caso di ipertrofia - assurgono al rango di pipponi mentali.

Quando si concretizzano nella creazione di una ideologia, provocano danni enormi all'umanità intera.

 

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24 minuti fa, micfan71 ha scritto:

L'attività del filosofo è....qual è?

Varia a seconda dei casi.

Talvolta sono chiacchiere innocue che - in caso di ipertrofia - assurgono al rango di pipponi mentali.

Quando si concretizzano nella creazione di una ideologia, provocano danni enormi all'umanità intera.

 

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Wikipedia

Formazione universitaria

In Canada Sergio Marchionne si laureò in filosofia presso l'Università di Toronto; in un'intervista dichiarò: «Quando ho iniziato l’università, in Canada, ho scelto filosofia. L’ho fatto semplicemente perché sentivo che, in quel momento, era una cosa importante per me».

Successivamente si laureò in giurisprudenza alla Osgoode Hall Law School dell'Università di York (Ontario, Canada) con il massimo dei voti, conseguendo poi presso l'Università di Windsor (Ontario, Canada) una Laurea in Discipline Commerciali (Bachelor of Commerce) ed un Master in business administration. Esercitò quindi come procuratore legale, avvocato ed esperto contabile diplomato quando si poteva ancora esercitare la professione con una laurea in giurisprudenza annessa ad un master in economia.

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@LUIGI64

La definizione di verità oggettiva: la perfetta corrispondenza fra le cose e la rappresentazione che ne facciamo
I presupposti impliciti in una definizione di verità oggettiva:
1. che il mondo abbia un ordine;
2. che quest’ordine sia conoscibile dal nostro pensiero;
3. che lo strumento con cui il nostro pensiero conosce la realtà, ossia il linguaggio, rispecchi la realtà.
La soluzione aristotelica al problema della verità: postulare l’esistenza di un ordine e che questo corrisponda all’ordine del linguaggio. L’ordine del mondo si riflette nell’ordine del linguaggio.
L’obiezione scettica: se la nostra conoscenza deriva dall’esperienza, ciò che definiamo conoscenza, e di conseguenza la verità, si basa su una serie di presupposti che non sono in alcun modo desumibili dall’esperienza.
L’argomento di Hume: l’ordine, e con esso la necessità che dovrebbe connettere fra loro gli eventi che osserviamo, non è in alcun modo constatabile attraverso l’esperienza.
La soluzione kantiana al problema della conoscenza:
1. la conoscenza non è il riflesso passivo dell’esperienza;
2. conoscere è giudicare (non osservare);
3. la conoscenza implica una serie di principi e presupposti impliciti di cui raramente si è
consapevoli.

Il modello kantiano della conoscenza esclude che il faticoso tentativo dell’uomo possa pervenire ad una verità oggettiva che lo esaurisca ed obbliga ad un confronto continuo, incessante, critico con le nostre percezioni, obbligandoci soprattutto attenzione sui tanti aspetti dei fenomeni di cui non si riesce a trovare una spiegazione.
Il concetto di verità muta registro, non è nelle nostre percezioni, bensì nel giudizio che l’intelletto elabora sulla base della percezione. I sensi quindi non sbagliano, ma non perché giudicano correttamente, ma perché non giudicano affatto.

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briandinazareth
16 minuti fa, Savgal ha scritto:

I sensi quindi non sbagliano, ma non perché giudicano correttamente, ma perché non giudicano affatto.

 

questo è stato superato dal fatto che oggi sappiamo che i sensi non solo sbagliano e parecchio, ma ci restituiscono una realtà appositamente infedele, perché non si sono sviluppati per raccontarci la realtà (ammettiamo pure che ci sia e sia oggettiva) ma solo per ragioni evolutive e non di verità.

 

insomma, sappiamo che il rosso non esiste in natura e sappiamo pure che l'esperienza del rosso è diversa per persone diverse. 



 

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