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e si, anche caporetto è stata colpa del pd


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Inviato

vedevo ieri in tv una rievocazione della battaglia di Caporetto. Anche allora il generale Cadorna, invece di renbdersela con l'incapacità sua e dei suoi generali, in primis badoglio (20.000 cannoni e 12.000 bombarde che sono rimasti muti in attesa di ordinbi che non arrivavano) ha dato la colpa alla trippa ed ai disfattiati (il pd di allora). diaz era ossessionato dalla propaganda pacifista, temeva diserzioni in massa (che ci sono stae solo dopo caporetto ma prma i disertori italiani erano meno di quelli frncesi, austriaci e russi), aveva messo n piedi una catena di comando rigida che vietava a chiunque di prendere iniziative. Probabilmente con Diaz i cannon avrebbero sparato anhe senza aver ricevuto gli ordini. ma cadorna era piemontese e diaz napoletano (questa la dedico ad @appecundria). in 11 battaglie teoricamente vinte sull'isonzo l'italia aveva guadagnato 15 km di territorio, con la sconftta di caporettoin un giorno ne ha presi 75

ma la colpa è sempre di quelli che non ti lasciano lavorare. Resta incredibie poi la foruna di Badoglio che nonostnate fosse tra i maggiori responsabili (l'artiglieria era di sua competenza) di carriera ne ha fatta tanta 

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Inviato

@Guru magari fsero stati sivrappeso cerano i ritornel il general cadorna le mania le bistecche a noi che stiamo al fronte le castagne secce, il general cadorna la mangia la frittata a noi che siamo al fronte la carne congelta e poi lo sfottò il general cadorna ha scritto alla regina, se vuol veder trieste ci vuol la cartolina

Inviato
18 minuti fa, cactus_atomo ha scritto:

una catena di comando rigida che vietava a chiunque di prendere iniziative.

In effetti la strategia militare di Cadorna era più che rigida, ottusa e pagata con il sangue di centinai di migliaia di giovani italiani. Ad esempio, allo scoppio della guerra (nel '15) sul saliente Trentino gli Italiani avevano innanzi spazi enormi, vallate intere sguarnite o presidiate da pochi e mal equipaggiati standschutzen, a volte landsturm, con le divisioni austroungariche a dissanguarsi in Galizia. Tant'è che gli alti comandi asburgici pianificavano la linea di massima reistenza nei dintorni di Insbruck. Invece no, nei piani del generalissimo, quello trentino doveva essere un fronte minore, statico, atto al più ad azioni dimostrative. Qualche tronco dipinto a mo' di cannone ed appunto qualche canuto bersagliere immatricolato bastarono a fermare ogni slancio in attesa della strafexpedition... Quanto sangue in meno...

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Inviato
35 minuti fa, cactus_atomo ha scritto:

magari fsero stati sivrappeso cerano i ritornel il general cadorna le mania le bistecche a noi che stiamo al fronte le castagne secce, il general cadorna la mangia la frittata a noi che siamo al fronte la carne congelta e poi lo sfottò il general cadorna ha scritto alla regina, se vuol veder trieste ci vuol la cartolina

Sei rimasto indietro, il nutrizionista Lollobrigida ha dichiarato che la dieta dei poveri è decisamente più salutare di quella dei ricchi.  Non cerchiamo sempre di giustificare il PD.

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Inviato

Cadorna era un disturbato mentale, sosteneva la teoria della "carne da cannone" che era già anacronistica ai suoi tempi, un capo di stato maggiore psicotico che voleva essere ragguagliato quotidianamente sul numero di fucilazioni di disciplina eseguite in ogni singolo reparto. 

Inviato

Forse la colpa fu dei tedeschi che erano davvero troppo bravi per i nostri ufficiali piemontesi. 

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Inviato

@appecundria la concezione della guerra di cadorna, ma anhe di molti generali inglesi francesi tedeschi russi austriaci era onsoleta, si basava sul concetto di fanteria regina delle battaglie appoggiata dai cannoni,ma gli assalti all'arma bianca nulla potevano contro le mitragliatrici, i tedeschi faciarono intere divisioni russe e a verdun austrotedeschi e francoinglesi si scornarono per anni con centinaia di migliaia di perdit da entrambe le parti. una strategia suicida, che faceva perire senza vantaggi i soldti esperti per sostituirli con recute poco addestrate. ma il tragico di caporetto è che si sapeva della offfensiva ma i nostri comnadi la ritenevano impensabile in vista dell'inverno e si aspettavano un attacco alle cime, non un ggiramento per il fondovalle. ma cadorna non ammettev le ritiche, chi obiettava veniva immediatamente rimosso dall'incarico.tipico dei generli piemontsi che hanno perso a custoza a novara a lisssa ad adua

Inviato
24 minuti fa, appecundria ha scritto:

tedeschi che erano davvero troppo bravi per i nostri ufficiali piemontesi. 

Su fatto che fossero bravi c'è poco da dire, riuscivamo a giocarcela con gli austriaci ma quelli erano di un'altra categoria. 

Inviato

Cadorna e Badoglio, due criminali di guerra nati generali, da una parte e un giovane tenente che si chiamava Erwin Rommel dall'altra.

Inviato

@31canzoni piano con i miti, anche romel all'imseguimento degli italiani in ritirata ha sbagliato strada, fosse successo ad uno dei nostri lo avremmo perculto nei secoli

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Inviato
3 ore fa, senek65 ha scritto:

Invoco l'intervento di @vizegraf

Già fatto con l'apprezzamento di quanto scritto da @kaos73

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Inviato

Da meridionale, da un piemontese che aveva compreso che per l'Italia entrare in guerra era un errore.

Difesa del neutralismo. La lettera del «parecchio»

 

G. Giolitti

 

Sul neutralismo riportiamo alcune pagine tratte dalle Memorie della mia vita di Giovanni Giolitti, nelle quali si spie-gano le ragioni del suo neutralismo; ad esse fa seguito la lettera scritta dallo stesso Giolitti, il 24 gennaio 1915, all’on. Peano e pubblicata il 1 febbraio successivo sulla «Tribuna» con la sostituzione del «parecchio» originario col «molto».

 

Il neutralismo del Giolitti appare frutto di una scelta responsabile, dettata da una lunga esperienza di governo, dall'ef-fettiva conoscenza delle forze antagoniste. Le nostre legittime aspirazioni nazionali potevano, a suo giudizio, essere sod-disfatte senza gettare il paese in un conflitto che si profilava lungo e sanguinoso, un conflitto che avrebbe compromesso la nostra economia e le nostre ancora fragili istituzioni liberali. Ma il neutralismo giolittiano aveva il torto di apparire, nel clima esaltato di quegli anni, come la tesi dei pavidi, come un puro calcolo di opportunità. Perciò, a non voler consi-derare le riposte ragioni che facevano inclinare verso la guerra i nostri ceti industriali ed agrari, il neutralismo giolittia-no fu respinto dall'opinione pubblica borghese invasata dalla retorica dannunziana.

 

 

Io avevo invece la convinzione che la guerra sarebbe stata lunghissima, e tale convinzione manifestavo libe-ramente a tutti i colleghi della Camera coi quali ebbi occasione di discorrerne. A chi mi parlava di una guerra di tre mesi rispondevo che sarebbe durata almeno tre anni, perché si trattava di debellare i due Imperi mili-tarmente più organizzati del mondo, che da oltre quarant’anni si preparavano alla guerra; i quali, avendo una popolazione di oltre centoventi milioni potevano mettere sotto le armi sino a venti milioni di uomini; che l'esercito dell'Inghilterra, di nuova formazione, sarebbe stato in piena efficienza, come dichiarava lo stes-so governo inglese, solamente nel 1917; che il nostro fronte sia verso il Carso, sia verso il Trentino, presenta-va difficoltà formidabili. Osservavo d'altra parte che, atteso l'enorme interesse dell'Austria di evitare la guer-ra con l'Italia, e la piccola parte che rappresentavano gli italiani irredenti in un Impero di cinquantadue mi-lioni di popolazione, si avevano le maggiori probabilità che trattative bene condotte finissero per portare all'accordo. Di più consideravo che l'Impero Austroungarico, per le rivalità fra l'Austria e l'Ungheria, e so-prattutto perché minato dalla ribellione delle nazionalità oppresse, slavi del sud e del nord, polacchi, czechi, sloveni, rumeni, croati ed italiani, che ne formavano la maggioranza, era fatalmente destinato a dissolversi, nel qual caso la parte italiana si sarebbe pacificamente unita all'Italia.

 

Inoltre, ricordando le peripezie della Russia durante la guerra col Giappone, e la violenta rivoluzione scop-piata dopo quella guerra, a me pareva dubbio che ad una guerra di molti anni quell'Impero potesse resistere. All'intervento degli Stati Uniti d'America, che fu poi la vera determinante di una più rapida vittoria, allora nessuno pensava, né poteva pensare.

 

Ciò che era. facile prevedete erano gli immani sacrifici d'uomini che avrebbe imposti la guerra per la terribile sua violenza, dati i nuovi, potenti e micidiali mezzi di offesa e di difesa che la scienza e la tecnica moderna avevano inventati e che allora erano già messi in opera sul fronte francese e sul fronte russo; come era facile prevedere che un conflitto cosi tremendo avrebbe segnata la totale rovina di quei paesi ai quali non avesse arriso una completa vittoria. Oltre a ciò una guerra lunga avrebbe richiesto colossali sacrifizi finanziari, spe-cialmente gravi e rovinosi per un paese come il nostro, ancora scarso di capitali, con molti bisogni e con im-poste ad altissima pressione. Consideravo ancora che la guerra assumeva già allora il carattere di lotta per la egemonia del mondo, fra le due maggiori Potenze belligeranti, mentre era interesse dell'Italia l'equilibrio eu-ropeo, a mantenere il quale essa poteva concorrere solamente serbando intatte le sue forze.

 

I fautori della guerra facevano anche appello al sentimento popolare offeso dalla violazione della neutralità del Belgio; ma l'Italia, come l'America, non era fra le Potenze che avevano garantito quella neutralità, e l'A-merica non si mosse se non quando il suo intervento era richiesto all'interesse del suo popolo. In una lettera pubblicata nei giornali il 1915, e che più avanti riporto, io osservavo che non si può portare il proprio paese alla guerra per ragione di sentimento verso altri popoli, ma solo per la tutela del suo onore e dei suoi primari interessi.

 

Tali sono le ragioni pratiche, che possono essere ricordate da amici ed avversari, per le quali io esprimevo parere contrario all'entrata dell'Italia in guerra; e le quali, per quanto riguarda le previsioni della durata della guerra, delle sue difficoltà e dei sacrifizi di uomini e di ricchezza che essa implicava, furono poi pienamente confermate dagli avvenimenti...

 

 

E poiché si continuava a parlare di intrighi politici (cominciati sin dal principio dell'autunno '914), mischian-dovi il mio nome, io scrissi al Peano dicendogli che, a mettere ad essi fine, la miglior cosa era di fare pubbli-care nella Tribuna, che si era già espressa chiaramente e per conto suo in tale senso contro le voci tendenzio-se, una lettera che io gli avevo scritto alcuni giorni avanti, E cosi fu pubblicata quella lettera, che qui riprodu-co:

 

«Cavour, 24 gennaio 1915.

«Caro Amico,

 

«È stranissima la facilità con la quale, parte in buona, parte in mala fede, si formano le leggende. Ora due tendono a formarsi; una di pretesi miei rapporti col Principe di Bulow, l'altra la opinione che mi si attribuisce che si debba mantenere in modo assoluto la neutralità in qualunque caso.

 

«Conosco il Principe Bulow da molti anni; ho grande stima del suo ingegno e del suo carattere; l'ho sempre trovato amico dell'Italia, ben inteso mettendo sempre in prima linea il suo paese, come è suo dovere.

 

«Egli quando era a Roma come semplice privato veniva spesso a trovarmi. Ora, che venne a Roma come am-basciatore, lo incontrai per caso in piazza del Tritone; egli mi disse che voleva venire a trovarmi; io gli risposi che essendo io un disoccupato sarei andato da lui, e cosi feci l'indomani. Si parlò in modo affatto accademico dei grandi avvenimenti; ma mi guardai bene dall'entrare nell'argomento del contegno che debba tenere l'Ita-lia. Avrei mancato al mio dovere, né egli entrò in tale argomento, perché egli è uomo che non manca mai alle convenienze.

 

«Alcuni giorni dopo venne a rendermi la visita; io non ero in casa, mi lasciò una carta da visita e non lo vidi più essendo io partito da Roma.

«La mia adesione al partito della neutralità assoluta. Altra leggenda.

 

«Certo io non considero la guerra come una fortuna, come i nazionalisti, ma come una disgrazia, la quale si deve affrontare solo quando è necessario per l'onore e per i grandi interessi del paese.

 

«Non credo sia lecito portare il paese alla guerra per un sentimentalismo verso altri popoli. Per sentimento ognuno può gettare la propria vita, non quella del paese. Ma quando fosse necessario non esiterei nell'af-frontare la guerra, e l'ho provato.

 

«Credo molto, nelle attuali condizioni dell'Europa, potersi ottenere senza guerra, ma su di ciò chi non è al governo non ha elementi per un giudizio completo.

 

«Quanto alle voci di cospirazioni e di crisi non le credo possibili. Ho appoggiato ed appoggio il Governo,

nulla importandomi delle insolenze di chi si professa suo amico ed invece è forse il suo peggior nemico.

 

«Gradisca i miei più cordiali saluti

aff.mo GIOLITI!».

 

 

Inviato

Eppure nell'ottobre del '17 la tecnica di combattimento si era già evoluta parecchio. Quella usata dai tedeschi a Caporetto si usava già sul fronte occidentale. 

Inviato

@appecundria verdun è stata una guerra di trincea identica alle battagli e sull'isonzo, tanti morti, tanti assalti all'arma bianca, grande so di artiglierie per sconvolgere le trincee, e fronte praticamente fermo, a differenza tra marna e verdun da unaparte e isonzo dall'altra era che il nostro fornte era in montagna. diverso il caso delle battaglie sui laghi masuri dove le mitralgliatrici tedesche fecero stage dei russi mandati a essere falciati come il grano (una delle cause della rivoluzione).

Inviato
5 ore fa, kaos73 ha scritto:

qualche canuto bersagliere immatricolato

non esistono e mai sono esistiti bersaglieri canúti. Un bersagliere ha sempre 20 anni! 😎

lo sa persino il vecio monopenna @vizegraf

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