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Fisica e Buddhismo


LUIGI64

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Nella speranza di non annoiare troppo, volevo segnalare che nel suo libro Helgoland, il fisico italiano C. Rovelli dedica un capitolo al filosofo Buddhista Nāgārjuna (II secolo) e nello specifico al suo Mūlamadhyamakakārikā

Per chi fosse interessato, esiste anche un podcast (Rai radio3):

https://www.raiplaysound.it/audio/2023/03/Uomini-e-Profeti-del-18032023-18646ed9-95d7-414a-96f6-d81ba7d5a3df.html

Scrive il fisico italiano:
"La tesi centrale del libro di Nāgārjuna è semplicemente che non ci sono cose che hanno esistenza in sé, indipendentemente da altro. La risonanza con la meccanica quantistica è immediata"
"Se nulla ha esistenza in sé, tutto esiste solo in dipendenza da qualcosa d’altro, in relazione a qualcosa d’altro. Il termine tecnico usato da Nāgārjuna per descrivere la mancanza di esistenza indi pendente è «vacuità» (śūnyatā ): le cose sono «vuote» nel senso che non hanno realtà autonoma, esistono grazie a, in funzione di, rispetto a, dalla prospettiva di qualcosa d’altro"
"La lunga ricerca della «sostanza ultima» della fisica, passata attraverso materia, molecole, atomi, campi, particelle elementari… è naufragata nella complessità relazionale della teoria quantistica dei campi e della relatività generale"
Io non sono un filosofo, sono un fisico: un vile meccanico . A questo vile meccanico , che si occupa di quanti, Nāgārjuna insegna che posso pensare le manifestazioni degli oggetti fisici senza dovermi chiedere cosa sia l’oggetto fisico indipendentemente dalle sue manifestazioni.

 "Ma la vacuità di Nāgārjuna nutre anche un atteggiamento etico profondamente rasserenante: comprendere che non esistiamo come entità autonome ci aiuta a liberarci dall’attaccamento e dalla sofferenza. Proprio per la sua impermanenza, per l’assenza di ogni Assoluto, la vita ha senso ed è preziosa"

---

Ora, ci sarebbe da chiedersi cosa realmente sia questo vuoto

Soprattutto, cosa rappresenti dal punto di vista della metafisica orientale

 

Mi viene in soccorso il prof. Scaria Thuruthiyil (Università Pontificia Salesiana), il quale scrive:

Il concetto di "Nulla" è importante sia per l'Induismo che per il Buddismo. Tuttavia, nelle
Upanishad e nelle due importanti scuole di pensiero dell'Induismo, vale a dire l' Yoga e il Advaita Vedanta di  Sankaracharya e della Scuola Madhyamika di Nagarjuna (Buddismo
Mahayana), il "Nulla" si è presentato come una realtà esperienziale o "realizzazione" piuttosto che come un concetto. Le esperienze di Samadhi (Induismo) e Nirvana (Buddismo)
sono entrambe esperienze di autorealizzazione, espresse come Atman nell'Induismo e Sunyata nel Buddismo. Anche quando entrambe sono esperienze di illuminazione e di
liberazione; entrambe sono esperienze mistiche di 'beatitudine senza forma', senza il 'sé,"io" o "me", non negano l'esistenza dell'essere umano. Inoltre, queste esperienze sono aperture e affermazioni del Divino (Atman: Brahman/Sunyata)

E ancora:

Il Buddismo Mahayana inizia con la metafisica che è stata certamente elusa dal Buddha. La differenza tra il Buddismo tradizionale e quello del Mahayana si trova proprio lì. Tutte le novità del Mahayana traggono origine dal principio che "il Buddha è il Nulla o Sunyata (Sunnata)". Il concetto di Sunyata è simile a quello del Niente/Vuoto
(Non essere), ma per il Buddismo non è la stessa cosa. Il Nulla/Vuoto appare quando scompaiono i due termini contrapposti di essere e non essere. Il Nulla mahayanico
non è l'antitesi dell'Essere, in quanto non-essere, ma è 'Vuoto' da ogni forma di dialettica, relatività e condizionamento. È l' Assoluto (solus ab), cioè libero da ogni
determinazione umana. In questo senso l'assoluta e l'ineffabile trascendenza del Buddha si esprime con il termine “Vuoto” o"Sunya".
Il Buddha che è il Vuoto/Sunya è devotamente invocato dal Mahayana Buddisti come Mahayana Tathagata.

Per queste ragioni il Buddha stesso mantenne «un nobile silenzio» riguardo alla Realtà ultima. Se esiste una Causa, una Realtà ultima, una Luminosità illimitata, un Noumeno eterno al di là di tutti i fenomeni, dovrebbe essere evidentemente infinito, illimitato, incondizionato e senza attributi. Noi invece siamo evidentemente non infiniti, limitati e condizionati da numerosi attributi e in un certo senso costituito da essi. Di conseguenza non siamo in grado né di definire né di descrivere, né di discutere utilmente la natura di Ciò che è al di sopra della
comprensione della nostra limitata capacità di conoscenza. Possiamo indicarlo con negazioni, e descriverlo indirettamente, con analogie e simboli, ma in ogni caso non s
ono che idee che in realtà non esprimono l'Ignoto, il Sunya. "Il Tao che può essere espresso o descritto non è il Tao eterno"

 

Nel frattempo mi è tornata  la voglia, dopo più di 30 anni, di rileggere Il Tao della fisica di F. Capra, primo testo in cui vengono ben evidenziate delle convergenze tra la saggezza orientale e la fisica moderna

Anche se lo stesso N. Bohr, quando scelse il Tao quale simbolo da inserire nel suo stemma araldico, le aveva evidentemente già ravvisate:

 

 

 

1Coat_of_Arms_of_Niels_Bohr.jpg

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1 ora fa, LUIGI64 ha scritto:

Il termine tecnico usato da Nāgārjuna per descrivere la mancanza di esistenza indi pendente è «vacuità» (śūnyatā )

Secondo me vacuità non è il termine più adatto. Io parlerei di isolamento, la mancanza di indipendenza significa che non esiste qualcosa di isolato dal resto.

Anche l'idea di esistenza (unicamente) "in relazione a" mi sta un po' stretta. Se da una parte funziona molto bene su scale microscopiche, alla scala quantistica appunto, a scala macroscopica non mi convince affatto. Il fatto che ci sia una relazione tra due oggetti non significa che la natura e la realtà di uno di questi sia per forza determinata dall'altro, imho.

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Si parla anche di interdipendenza..

Per ciò che riguarda il Cristianesimo, dovremmo ricordare l'approccio apofatico e il termine kenosis

Cristo Gesù svuotò sé stesso assumendo la condizione di schiavo...Umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte in croce."
(Filippesi 2,7-8)

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Ho sempre pensato che la ricerca scientifica e quella sprituale dovessero avere una grande simpatia reciproca, in quanto investigano aspetti diversi della medesima realtà totale, con strumenti e metodologie diverse, ma guidate dalla stessa esigenza di tentare di comprenderne il funzionamento e il senso. In un certo modo, la funzione è legata al significato, perciò non esiste a mio avviso alcuna scienza positiva che non abbia sullo sfondo la speranza di poter capire non solo "come funziona" un particolare aspetto della realtà fisica sperimentabile, ma anche a cosa serva. E' un compito immane, vista la sempre maggiore complessità e la meravigliosa inaspettatezza di ciò che si sta scoprendo nelle diverse discipline scientifiche, che anzichè possedere ed esaurire il campo delle conoscenze apre sempre nuovi orizzonti.

La contrapposizione tra scienza e fede non esisteva nel Medioevo, e non ha alcuna ragione di essere oggi. Quando c'è stata, a fine Ottocento, una opposizione  delle istituzioni religiose al mondo scientifico era per la difesa del proprio potere temporale e delle prerogative politiche ed economiche che erano insidiate da nuovi gruppi di interesse che ne intendevano minare le basi di ligittimazione; oggi sembra accadere il contrario: la scienza è oscurantista rispetto alla spiritualità come se fosse di ostacolo alla pura ricerca. Non ve ne è alcun motivo.

 

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4 ore fa, LUIGI64 ha scritto:

La tesi centrale del libro di Nāgārjuna è semplicemente che non ci sono cose che hanno esistenza in sé, indipendentemente da altro. La risonanza con la meccanica quantistica è immediata"

ed anche con quel che vede Dante nell'ultimo canto della Divina Commedia... :classic_wink:

 

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Come non menzionare l'Enso, il simbolo sacro Zen:

1Enso.jpg.62ab48d15f5c4d78aa759c08e73f6954.jpg

Simbolo che nelle varie tradizioni religiose è metafora di completezza, perfezione, del cielo e  del divino....ma per lo Zen anche dell'illuminazione, dello zero metafisico, del vuoto dal quale tutto promana

Thich Nhat Hanh: “Vuoto significa vuoto di sé – ma nella pienezza di tutto il resto… è a causa del vuoto che tutto è possibile”.

Se apriamo le mani, possiamo ricevere ogni cosa. Se siamo vuoti, possiamo contenere l’universo.
(Buddha)

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Il vuoto, che concettualmente rischia di essere scambiato per il puro nulla, nei fatti è il serbatoio di infinite possibilità.
(DT Suzuki)

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Una meta si proponeva Siddharta: diventare vuoto, vuoto di sete, vuoto di desideri, vuoto di sogni, vuoto di gioia e di dolore. Morire a sé stesso, non essere più lui, trovare la pace del cuore svuotato, nella spersonalizzazione del pensiero rimanere aperto al miracolo, questa era la sua meta.
(Hermann Hesse)

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Ciò che è vuoto diventerà pieno.
(Lao-Tzu)

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Gli uomini hanno paura di abbandonare le loro menti, perché temono di precipitare nel vuoto senza potersi arrestare. Non sanno che il vuoto non è veramente vuoto, perché è il regno della Via autentica.
(Huang Po)

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Ebbene, secondo la Meccanica Quantistica, il “vuoto” non e’ affatto vuoto, anzi e’ inconcepibilmente “pieno” dal momento che in esso continuamente si creano tutte le particelle possibili, in esso continuamente nascono elettroni, protoni, neutroni, fotoni [luce!]; esso, il “vuoto”, è perciò il germe di tutte le cose! Ma se questo è vero, se è vero che dal vuoto [onnipresente, come abbiamo visto] emergono, affiorano, vengono all’esistenza continuamente ed incessantemente materia ed energia, in tutte le forme e quantità concepibili, perchè, nella nostra esperienza ordinaria, non ce ne accorgiamo affatto? Anzi, di più, perchè non siamo sopraffatti da questo rigurgito enorme e senza fine? Parte della risposta e’: perchè tutto questo, come viene incessantemente creato dal “vuoto”, altrettanto incessantemente viene distrutto, riassorbito dal “vuoto” stesso.
Ogni cosa, letteralmente ogni cosa che possiate immaginare, nasce continuamente dal “vuoto” [intorno a voi, dentro di voi!], vive la sua vita, e muore tornando al “vuoto”. E’ come un grande ribollire, una grande, vertiginosa danza cosmica, tanto che qualche Fisico l’ha paragonata alla “danza di Shiva”. Eppure noi non ne siamo consapevoli, non possiamo vedere o toccare la bellissima farfalla che proprio in questo istante si è formata, emergendo dal vuoto, avanti i nostri occhi, non possiamo odorare la profumatissima rosa che sta sbocciando proprio ora avanti a noi… Di nuovo, perche’ ? [D’altra parte e’ forse un bene che sia cosi’: immaginate un proiettile che si materializza proprio adesso nel vostro torace!]

(a cura di Mario Bruschi, Dipartimento di Fisica Università “La Sapienza”)

https://www.coscienza.org/vuoto-pieno-pieno-vuoto/

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Penso che la fisica moderna si è definitivamente schierata in difesa di Platone. In realtà le più piccole unità di materia non sono oggetti fisici nel senso ordinario; sono forme, idee che possono essere espresse senza ambiguità solo attraverso il linguaggio matematico

(WK Heisenberg)

......

Affermazione Platonica di R. Penrose:

La nozione di verità matematica va al di là dell'intero concetto di formalismo. Nella verità matematica c'è qualcosa di assoluto e di "divino"

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