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Fisica e Buddhismo


LUIGI64

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Giusto per confondere un  poco le idee... :classic_biggrin:

 

Ma il giorno in cui compí ventinove anni, il futuro Buddha, spinto da curiosità, uscí dalle mura del palazzo e si imbatté in quattro messaggeri celesti: un vecchio, un malato e un cadavere gli rivelarono la realtà inevitabile della vecchiaia, della malattia e della morte. Il quarto era invece un monaco errante, che rappresentava – nelle figure simboliche, occasioni di Risveglio del Buddha – chi dedica tutta la sua vita a percorrere il sentiero nascosto che porta a trascendere ogni sofferenza, a scoprire la realtà suprema.

Grazie agli incontri con i messaggeri celesti, che subito dopo ripresero la loro forma originaria, Siddharta fu scosso da quella che in pali si chiama saṃvega, un turbamento profondo, uno sgomento che fa emergere l’urgenza di lasciare il palazzo delle abitudini e del conforto dei condizionamenti, per inoltrarsi nella foresta della vita interiore, alla ricerca di un’altra sponda rispetto alla riva battuta solo dalla corrente della costante impermanenza su cui si costruisce il mondo, con i suoi desideri, le sue mete, le sue conquiste, le sue guerre.

Queste quattro figure portavano un messaggio: non si scappa dall’invecchiare, dall’ammalarsi, dal morire, ma c’è una Via opposta all’oblio che, nell’affrontarli, trascende il danno e la sofferenza. Per questo sono detti messaggeri, perché recapitano notizia bruciante, messaggio che risveglia, e celesti perché non si limitano a rivelare l’ineluttabilità delle sfide radicali della vita, ma ci aprono anche la soglia di significati altrimenti ignorati: significati celesti, che vengono da un al di là della condizione rassicurante e confortante in cui di continuo ci rintaniamo, a causa dell’angoscia in cui la finitudine e il dolore ci gettano.

Qui, preferisco chiamarli «visitatori», perché vengono a visitare chiunque, ma non sempre sono accolti come messaggeri: spesso la loro visita rimane solo un passaggio, un transito; sono considerati disgrazie da subire o da combattere, senza affaccio sulla nuova prospettiva che apre un varco nelle nostre opinioni condizionate e preconcette, che apre all’aperto. Noi siamo presi da preoccupazioni, sogni e terrori che appartengono solo al mondo conosciuto, al cui centro c’è sempre e solo un io da fabbricare e difendere. Ci proteggiamo dai messaggi ardenti che i visitatori celesti portano con sé e cosí restiamo nel mondo con le pareti, nella fuga dall’inesorabilità della vita che muore, senza accogliere il dono della trasformazione, dell’invisibile continuità di senso, della visione in cui nel pieno dell’essere incontriamo il non-essere, e nel cuore del non-essere l’essere, e essere e non-essere si generano scambievolmente

Tratto da: I visitatori celesti (Chandra Candiani)

 

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@LUIGI64 Bella storia , avevo visto  un documentario su questo futuro Buddha.

2 ore fa, LUIGI64 ha scritto:

Ma il giorno in cui compí ventinove anni, il futuro Buddha, spinto da curiosità, uscí dalle mura del palazzo

Ricordo che   raccontava , che quando uscì dal palazzo e vide tanta miseria, si mise a pregare/ meditazione, per la povera gente, per molti giorni, senza mangiare / bere .

A me piace vedere sentire storie di religioni .

 

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 @LUIGI64

Cerco di farmi intendere In parole povere.  

L'ospite arriverà nelle case nel modo più elegante " più  comprensibile " che si possa immaginare.

 Siccome Non tutte le case sono uguali , ed ogniuno ha la sua immaginazione .

L'ospite si adeguata di volta in volta.

Almeno credo sia così.

A me è parso in un modo , ad altri potrebbe apparire in un altri modi, tanto per dire.

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32 minuti fa, LUIGI64 ha scritto:

A me piace raffigurarLo come un raggio di luce che quando colpisce un prisma si divide in colori diversi...

I capelli sono come il sole  , lunghi e ondulati.

In un certo senso è come ti piace raffigurarli. Di luce propria.

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Meditare sulla vacuità non significa cadere in un vuoto e non fare esperienza di nulla; a cadere sono il nostro attaccamento e la nostra fissazione, le rigide convinzioni che nutriamo su noi stessi e sul mondo che ci circonda.
Insomma, iniziamo a vedere le cose come sono, non come pensiamo che siano. Abbandoniamo i preconcetti, le idee e i valori di cui siamo intrisi, e ci limitiamo a vedere. I tibetani dicono: "È come togliersi il cappello" . Rimuoviamo lo strato di preconcetti e idee fisse, e facciamo esperienza della
realtà liberi da questi vincoli. Se continuiamo ad aggrapparci alla confusione generata dalle fissazioni dell'io, dai concetti, dalle illusioni sulla forma e la permanenza, non potremo intraprendere veramente il sentiero. La vacuità di tutti i fenomeni ci permette di cambiare, di lasciar andare e di volgerei verso una realtà contraddistinta da una verità e una chiarezza più grandi. Ora possiamo iniziare il processo che ci porterà a scoprire chi siamo veramente e come funziona veramente il mondo.

Tutto sembra reale, ma in realtà è vuoto. È la vacuità del prendere rifugio nella realtà ultima, che è vacuità. Ciò trascende il contesto ordinario in cui qualcuno si affida a qual cos'altro.
Perciò, la miglior forma di fare affidamento, se così si può dire, è quella in cui nessuno si affida a nulla.

Tratto da: Guida alle pratiche fondamentali del Buddhismo Tibetano (Y. Mingyur Rimpoche)

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Intervista, fresca fresca, al prof. G. Pasqualotto sul concetto di vuoto nel Buddhismo

Commento al libro: "Vuoto, nulla, vacuità. Il buddhismo e il pensiero moderno" di Marcus Boon, Eric Cazdyn, Timothy Morton (Ubiliber 2024)

https://www.raiplaysound.it/audio/2024/11/Uomini-e-Profeti-del-30112024-1fc3570d-2d6a-4de1-b491-984612a10879.html

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Come disse Werner Heisenberg: “L’idea di un mondo reale oggettivo le cui parti più piccole esistono oggettivamente nello stesso senso in cui esistono le pietre o gli alberi, indipendentemente dal fatto che le osserviamo o meno… è impossibile”.

È sbalorditivo scoprire che un oggetto classico che pensavamo fosse reale sia invece il comportamento collettivo di miliardi di miliardi di sistemi ondulatori invisibili e interagenti (le particelle), che non possono esistere come tali nel nostro mondo finché non si manifestano nello spazio-tempo. Dove e come esistono, allora, le particelle quando non le osserviamo?

Tratto da Irriducibile di F. Faggin

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Il 06/12/2024 at 14:00, LUIGI64 ha scritto:

È sbalorditivo scoprire che un oggetto classico che pensavamo fosse reale sia invece il comportamento collettivo di miliardi di miliardi di sistemi ondulatori invisibili e interagenti (le particelle), che non possono esistere come tali nel nostro mondo finché non si manifestano nello spazio-tempo. Dove e come esistono, allora, le particelle quando non le osserviamo?

Tratto da Irriducibile di F. Faggina le particelle 

 

Bella domanda .

A volte quando mi sveglio ho delle erezioni senza sapere perché , sarà tutta colpa delle particelle .

😎

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“Il futuro non è ancora giunto. Non stare a speculare su di esso, chiedendoti come le cose potrebbero svolgersi. Lascia andare tutte queste idee disturbanti, non è che pensiero.“Lascia andare il passato e il futuro, considera solo il presente. Allora, conoscerai il Dhamma. Forse conosci i discorsi di molti insegnanti, ma tuttora non conosci la tua mente. Il momento presente è vuoto; osserva solo il sorgere e il cessare dei sankhārā (formazioni). Nota che sono impermanenti, insoddisfacenti e privi di un sé. Vedi che sono in realtà così. Allora, non ti interesserà il passato e il futuro. Capirai chiaramente cheil passato se ne è andato e il futuro non è ancora arrivato. Contemplando nel presente, capirai che il presente è il risultato del passato. I risultati delle azioni passate si vedono nel presente.

Ajahn Chah (uno dei massimi esponenti della tradizione buddhista theravada della foresta)

 

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