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Fisica e Buddhismo


LUIGI64

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Inviato

Il concetto di interdipendenza buddhista (?!)..

 

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Il solito F. Faggin

Inviato

Certo, pensando a persone che si fanno saltare in aria in nome di Dio, o che si perpretano le peggiori infamie in Suo nome...oppure, la mancanza di consapevolezza dilagante, obnubilati da social e dispositivi elettronici, trascinati da desideri convulsi e compulsivi... Mi pare che 'sto Buddha, tutti questi torti proprio non li abbia ☺️

Inviato

Ah, dimenticavo

Per non parlare dell'egocentrismo e narcisismo imperante

😑

Inviato

 

...Gli oggetti della coscienza emergono e svaniscono nella mente proprio come le onde che sorgono e scompaiono sulla superficie dell’oceano. E così come le onde non esistono separatamente dall’oceano, poiché sorgono a causa delle forze che agiscono sull’oceano, lo stesso vale anche per i contenuti della coscienza e la mente.

Gli oggetti della coscienza emergono e svaniscono nella mente proprio come le onde che sorgono e scompaiono a causa delle forze che agiscono sull’oceano.

L’ego-Sé, il concetto familiare di chi e che cosa siamo, è soltanto un’altra di queste costruzioni mentali vuote. Lo stesso vale per i pensieri, le emozioni e le intenzioni egocentriche che emergono nella coscienza e rinforzano la credenza nell’ego-Sé. Quando realizzate che il vostro ego-Sé è vuoto come qualsiasi altro fenomeno mentale, potreste essere tentati di ricollocare il vostro senso di identità personale nella mente, o persino nella coscienza stessa. Tuttavia, se continuate a praticare questa meditazione sulla mente, finirete col realizzare che la vostra percezione della mente a riposo è soltanto una costruzione, come qualsiasi altra cosa. Ciò equivale a dire che l’esperienza soggettiva dell’osservare la mente – e quindi, l’idea stessa che la mente sia qualcosa di autoesistente e reale che può essere osservato – non è diversa da qualsiasi altro oggetto creato dalla mente. La mente è altrettanto vuota degli oggetti che emergono in essa . In virtù di questo ulteriore insight, non è più possibile credere che la vostra mente sia il Sé...

La coscienza non ha nessun altro oggetto a parte la coscienza stessa. In quest’esperienza non c’è nessun senso del Sé, nessun testimone: nulla...

È particolarmente importante non lasciarsi ingannare da una mera comprensione intellettuale . Potreste pensare di avere già «capito», semplicemente dopo avere letto questa descrizione. Tuttavia, sono molti i filosofi che hanno compreso tale verità intellettualmente, ma non l’hanno trasformata in realizzazione. Quindi non siete giunti a destinazione fino al momento in cui questo insight non trasforma completamente il modo in cui percepite il mondo, specialmente nei momenti difficili, come quando discutete con il vostro capo o con il vostro partner, quando vi trovate imbottigliati nel traffico o quando la vostra casa prende fuoco.

La mente illuminata: Culadasa (pseudonimo di John Yates, già ricercatore e docente di neuroscienze, maestro di meditazione secondo la tradizione buddhista tibetana da oltre 40 anni. Dirige il Dharma Treasure Buddhist Sangha di Tucson, Arizona)

 

  • 2 settimane dopo...
Inviato

Interessanti e profonde considerazioni di Hans Kung (Teologo svizzero -Sursee, Svizzera, 1928 - Tubinga 2021-. Il suo nome è legato all'impegno ecumenico e agli studi sull'ecclesiologia biblica, ma anche allo sviluppo della cooperazione tra le religioni attraverso il riconoscimento dei loro valori comuni. Professore all'univ. di Tubinga dal 1960, nel 1979 è stato privato della cattedra di teologia dogmatica a causa delle sue posizioni antitradizionali) tratto da: Dio esiste?

 

Ora è proprio nel problema di Dio che si concentrano le difficoltà : nella filosofia occidentale Dio viene visto sempre in maniera positiva e nominato con molti nomi positivi: l’Assoluto, l’Atto puro, l’Essere stesso – per non citare le espressioni propriamente cristiane (ad esempio «Dio è amore»). Ha perciò un senso entrare in discussione, proprio su questo problema, con una religione che si fonda esattamente sull’opposto: sul non-assoluto, sul non-essere, sul nirvana, sul vuoto e, addirittura, sul nulla assoluto? Ora è proprio questo che avviene nelle religioni e filosofie orientali, specialmente in quelle che si ispirano a certe scuole del buddhismo Mahayana, come lo zen.

Tuttavia, più che al problema di Dio, il buddhismo è interessato al problema della salvezza dell’uomo . L’insegnamento di Buddha culmina infatti in un metodo pratico di liberazione dalle sofferenze di questa vita, causate dal desiderio di vivere, dall’egoismo, dall’autoaffermazione: la via che conduce al nirvana. Nel suo centro, perciò, il buddhismo tende a essere non teistico, sia nella teoria che nella pratica: per esso non esiste alcun concetto di un Dio come causa prima, creatore, padre onnipotente Sul problema metafisico il Buddha storico, che personalmente non ha scritto nulla e sul quale veniamo informati soltanto da testimonianze molto tardive, mantenne uno stretto silenzio. Secondo lui è insensato gravare un uomo, ferito da una freccia avvelenata, con il problema della casta, della famiglia, dell’aspetto di colui che l’ha colpito. Parimenti privo di senso sarebbe per l’uomo sofferente cercare di rispondere agli interrogativi sull’eternità o la non-eternità, sulla finitezza o non-finitezza del mondo, o sulla vita dopo la morte. Tali interrogativi non aiutano a raggiungere la condizione cui l’uomo deve tendere: il distacco dal mondo, l’eliminazione delle passioni, il superamento, la quiete, il sapere superiore, l’illuminazione, insomma il nirvana 33 . Il nirvana? Il vuoto? Il nulla? Qual è il senso di questi concetti fondamentali del buddhismo?...

...

Il vuoto : il concetto di “vuoto ” (sanscrito: ‘sunyata ’), quale è stato sviluppato soprattutto dal filosofo indiano Nagarjuna 36 , fondatore della scuola Madhyamika, intorno al 150 d.C. proprio per denotare l’assoluto, e che in seguito è stato accolto anche dal buddhismo Mahayana e dallo zen, non è (analogamente al nirvana) un concetto puramente negativo. Nagarjuna – inserito da Karl Jaspers tra i «grandi filosofi» 37 , ma di religiosità specificamente buddhista – rappresenta, in cosciente collegamento con Buddha e in opposizione all’induismo, una “via media” (= Madhyamika), non soltanto, come nello stesso Buddha, tra gli estremi dell’edonismo e dell’ascetismo, ma anche tra l’affermazione e la negazione: soltanto al di là del “vuoto” – abbandonando tutte le intenzioni, tutti i punti di vista e le categorie determinate – l’uomo perviene al nirvana.

Perché? Per Nagarjuna l’assoluto stesso è «vuoto»: al di là di tutti i concetti e di tutte le parole che – in quanto tutti relativi – non possono affatto esprimere l’assoluto. Di esso, che è l’unica cosa reale, non si può e non si deve dire nulla. Né predicati positivi né predicati negativi : né sostanza né movimento, né causalità né relazione, né unità né molteplicità, e persino né essere né non-essere. Se si attribuisce l’essere all’assoluto, lo si renderebbe soggetto – come tutto ciò che esiste – al nascere e al perire. Se gli si attribuisse il non-essere, lo si renderebbe a maggior ragione soggetto al cessare e alla distruzione.

L’assoluto infatti non tollera alcun nome o attributo, è esso il «Vuoto» (‘Sunyata ’): né un essere particolare né semplicemente nulla. Esso però non sta neppure al di fuori del mondo dei fenomeni, ma piuttosto si identifica con i fenomeni del mondo: è la realtà dei fenomeni, del mondo , vale a dire la loro vera natura. A misura che si scopre e si allontana la falsa realtà dei fenomeni, viene in luce la vera natura dell’assoluto. Il “vuoto” è quindi la descrizione della sua vera natura: esso è l’indeterminato per eccellenza e, perciò, inaccessibile alla ragione oggettivante; soltanto la “sapienza” (‘prajña ’), che gli si unisce intuitivamente, può raggiungerlo. La negazione è quindi l’unico mezzo per scoprire la realtà sotterranea, il fondamento trascendente di tutto e insieme la vera natura delle cose come norma del vero e del falso. Senza questa realtà ultima non sarebbe possibile liberarsi dal “samsara ”, né si avrebbe il nirvana senza il “sunyata ”. Perciò T.R.V. Murti, professore all’università indu di Benares e grande studioso di Nagarjuna, può così esprimersi sulla «filosofia fondamentale del buddhismo»: «Il buddhista della via media (Madhyamika) non è un nichilista; egli si limita a resistere alla tentazione di determinare ciò che è l’indeterminato per essenza. L’assoluto non può venire identificato con l’essere o con la coscienza, in quanto ciò comprometterebbe la sua natura di fondamento incondizionato dei fenomeni. La realtà ultima viene tuttavia ammessa dal Madhyamika come la realtà di tutte le cose, come la loro natura essenziale. Essa è uniforme e universale, non diminuisce né cresce, non nasce né perisce. L’assoluto è solo in se stesso [...]. Il Madhyamika ribadisce che l’assoluto viene conosciuto da un’intuizione non dualistica (“prajña ”, ‘sapienza’). È esso stesso questa intuizione »  .

 

 

 

  • 2 mesi dopo...
Inviato

Allora, come lo amerò (Dio)?

Amalo così com'è. Un non-Dio, un non non-spirito, una non-persona, una non-immagine; semplicemente come un essere, puro e limpido, alieno da ogni forma di dualità. E in Lui sprofondiamo eternamente di nulla in nulla 

M. Eckhart 

Inviato

La perla perduta

L’Imperatore giallo si spinse
a nord del Fiume rosso
fino alla montagna Kwan Lun.
Si guardò attorno
oltre il confine del mondo.
Ritornando a casa
perse la sua perla color della notte.
Inviò la Scienza a cercare la sua perla,
ma non trovò nulla.
Inviò l’ Analisi a cercare la sua perla,
ma non trovò nulla.
Inviò la Logica a cercare la sua perla,
ma non trovò nulla.
Allora chiese al Nulla,
e il Nulla l’aveva con sé!
L’Imperatore giallo disse:
«E davvero strano: il Nulla,
che non é stato inviato,
che non ha faticato per trovarla,
aveva con sé la perla color della notte!
»
Tratto da: La via semplice di Chuang Tzu (T. Merton)

  • 5 settimane dopo...
Inviato

Ottima sintesi sulla vacuità di Yves Raguin -Teologo gesuita formatosi come orientalista a Parigi e Harvard, dopo diverse esperienze in Estremo Oriente dà vita nel 1964, assieme a Jean Lefeuvre, all’Istituto Ricci di Taipei, che rappresenterà per più di trent’anni il centro da cui svilupperà la sua ricerca spirituale e culturale. Tra i più autorevoli e competenti fautori del dialogo interreligioso, è stato autore di numerosi saggi e opuscoli sulla vita spirituale e la contemplazione, ma al suo nome è legato soprattutto il monumentale dizionario Grand Ricci della lingua cinese. Attraverso l’Istituto di Taipei, Raguin ha inoltre organizzato attività pionieristiche nell’ambito della spiritualità cinese, al fine di rendere possibile l’incontro tra Oriente e Occidente.-

Il tao della mistica. Le vie della contemplazione tra Oriente e Occidente

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Vacuità
La vacuità può avere due significati differenti. Il primo è quello di un processo di svuotamento a cui ci sottoponiamo al fine di progredire verso qualcosa di molto prezioso che desideriamo ottenere. Nel Vangelo si trova la parabola dell’uomo che vende tutto quello che ha per poter entrare in possesso di una perla preziosa. Essa ci mostra che per seguire Cristo dobbiamo rinunciare a noi stessi e svuotarci dei desideri terreni per accedere al regno di Dio. Lo svuotamento è essenziale in ogni via spirituale ed è un processo che può spingersi fino alla morte spirituale. Una simile morte si trova anche nelle esperienze psicologiche descritte da Carl Gustav Jung. La via dello svuotamento è espressa in maniera semplice nel Chan dal “non-pensiero” o “assenza di pensiero”, wunian. Il gong’an (in giapponese koan) non è un “pensiero” su cui basarsi come fosse un oggetto di meditazione, ma è lì per far penetrare la nostra mente in un più profondo stato di vacuità. Il principale atteggiamento, in questo caso, consiste sempre nel liberare il cammino per accedere a uno stato di completo non attaccamento. Il vuoto, kong, è uno dei grandi temi del pensiero taoista e può essere visto come il modo per cogliere il significato reale delle cose, nonché la via che porta all’incontro con il Tao, come si può desumere dal capitolo undici del Daodejing, dove si trova una meravigliosa lode del vuoto espressa con toni molto poetici:
“Trenta razze s’uniscono in un sol mozzo
e nel suo non-essere [nel foro dell’asse]
si ha l’utilità del carro,
s’impasta l’argilla per fare un vaso
e nel suo non-essere si ha l’utilità del vaso,
s’aprono porte e finestre per fare una casa
e nel suo non-essere si ha l’utilità della casa.
Perciò l’essere [il visibile e il tangibile, you] costituisce
[l’oggetto] e il non-essere costituisce l’utilità”.
La via della vacuità è espressa da Zhuangzi ricorrendo all’idea del “digiuno del cuore”, xinzhai. In una discussione con il suo discepolo Yan Hui, Confucio spiega così il significato dell’”astinenza del cuore” o “digiuno della mente”:
“Se unifichi la tua volontà, non odi con l’orecchio ma col cuore, non odi col cuore ma con lo spirito vitale [qi]. Quando l’udito si ferma all’orecchio, il cuore [il cuore e la mente] si limita ad esaminare [segni e simboli]. Ecco com’è lo spirito vitale: è vuoto [xu] per accogliere [dai] le creature. Solo nel vuoto si raccoglie il Tao. Il vuoto è l’astinenza del cuore”.
In ogni dottrina spirituale è del tutto palese che la via ultima verso le profondità dell’io, la nostra natura fondamentale o l’Assoluto, è la via della vacuità o dello svuotamento. Più avanti mostreremo come questa via venga declinata nelle differenti tradizioni religiose. Illustreremo la “via negativa” dei mistici cristiani, esemplificata dal nada o ‘niente’ di Giovanni della Croce. Ulteriore esempio ne sarà il cammino verso la conoscenza di Dio attraverso l’”inconoscenza” di cui parla il testo anonimo noto per l’appunto come La nube dell’inconoscenza. Sono tutti itinerari che ci narrano in un modo o nell’altro che la vera via verso la profondità dell’io o l’Assoluto, o verso Dio, è la via della vacuità. La via della vacuità nel buddhismo e soprattutto in Nagarjuna Nella filosofia buddhista, Nagarjuna, che secondo la tradizione visse in India nel II secolo d.C., ebbe un importante influsso sulla diffusione della via della vacuità. Per capire pienamente la sua filosofia è necessario rifarsi ai sistemi a lu precedenti del pensiero hindu e buddhista. In questo capitolo cercheremo tuttavia di abbozzare la definizione di uno soltanto degli aspetti della sua dottrina sulla “vacuità” come “via” per cogliere la realtà delle cose. La filosofia di Nagarjuna non può essere separata dalla prassi che essa prevede, e del resto il buddhismo può essere letto sostanzialmente come un cammino pratico di liberazione, la cui via ultima, agli occhi di Nagarjuna, è la vacuità. Il nome indiano della scuola fondata da Nagarjuna è Madhyamika, o la Dottrina della Via di Mezzo, o del Sentiero Mediano. È anche nota come Sunyatavada, la ‘via del sunyata. Quest’ultimo termine ne è la parola-chiave e significa ‘vuoto’, ‘vacuità’ o perfino ‘relatività’. In cinese è tradotto con xu. Lo xu o vacuità viene definito come ciò che è privo di forma o di sostanza. Se espresso dal carattere cinese kong allora significa ciò che non oppone resistenza. La scuola è nota in Cina con il nome di Kongzong, ma meglio ancora come Sanlunzong, o Scuola dei Tre Trattati, dato che la sua dottrina si basa qui su tre testi fondamentali dedicati alla Dottrina della Via di Mezzo. Il primo è il Madhyamikasastra (Zhonglun), scritto da Nagarjuna, di cui fortunatamente si è conservato il testo sanscrito. Fu tradotto in cinese da Kumarajiva.36 Gli insegnamenti della Scuola dei Tre Trattati si caratterizzano per tre aspetti:
1. il rifiuto delle idee erronee e l’illustrazione delle idee
corrette, poxie xianzheng ;
2. la distinzione tra verità mondana e verità di ordine
superiore, zhensu erdi ;

3. il Sentiero di Mezzo (Madhyama-pratipad)
dell’Ottuplice Negazione, babu zhongdao. Ciò a cui mira la scuola è l’assoluto sunyata, bijing kong, cioè il nulla di
acquisibile (apraptavya-sunyata), wusuo dekong buke dekong, vale a dire la retta interpretazione della “non acquisizione” (apraptitva), wude.
Ciò che ci interessa in questa sede è la Via di Mezzo, nella quale si procede tra le otto negazioni contrapposte. Per i suoi
adepti è il sentiero che porta alla perfetta sapienza. Le negazioni sono:
Nessuna produzione, nessuna estinzione
Nessuna permanenza, nessun annichilimento
Nessuna unità, nessuna diversità
Nessun arrivo, nessuna partenza.
Si tratta di una via di totale negazione, che mira a spianare la strada evitando che ci si attacchi a qualsivoglia affermazione. È un modo di procedere tra affermazione e negazione, puntando dritti al centro, scevri perfino da negazioni che finirebbero per essere affermazioni. L’immagine connessa a questa concezione della via è un cammino completamente vuoto, che diventa cammino di salvezza. La via che porta attraverso ogni cosa dritto all’apprendimento della natura dell’esistenza ha un significato religioso.

  • 3 settimane dopo...
Inviato

Può essere interessante la lettura

 

 

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  • Thanks 1
  • 2 settimane dopo...
Inviato

Proviamo a usare delle analogie. Se prendiamo il numero zero lo possiamo vedere come il non numero oppure come il numero che contiene un’infinita varietà di numeri, positivi e negativi, accoppiati fra loro - uno e meno uno, due e meno due, e così via. Se li accoppiamo fanno zero. Dunque zero può essere visto come il numero che contiene tutti i numeri del mondo. Oppure pensiamo al silenzio, un’altra analogia che mi piace usare: il silenzio può essere l’assenza di suono, ma si può produrre silenzio anche sommando tra loro tra loro due onde sonore in opposizione di fase. Due suoni perfetti in opposizione di fase producono un perfetto di silenzio. Dunque, possiamo immaginare il silenzio come il contenitore di tutti i suoni del mondo organizzati fra loro in coppie ordinate in opposizione di fase. Il vuoto quantistico assomiglia a questo, la meccanica quantistica ci dice che tutti i campi, tutte le particelle possono essere rappresentate da onde: il vuoto quantistico è la somma di tutti i campi e di tutte le particelle- Lo stato di vuoto sono i campi che sono portati allo stato fondamentale, cioè hanno energia nulla, ma il fatto che siano compressi in qualche modo in questo stato, ci fa capire che dentro questo stato di vuoto c’è un’infinita potenzialità, quelle che chiamiamo le fluttuazioni quantistiche. Lo stato di vuoto, sul piano microscopico, ribolle, fluttua, produce coppie di particelle e antiparticelle. Purché si seguano le leggi della meccanica quantistica può perfino generare un intero universo a partire da una microscopica fluttuazione quantica del vuoto, un’infinitesima bollicina. È quel che è successo 13,9 miliardi di anni fa.

https://www.ilsole24ore.com/art/guido-tonelli-scienza-ha-risolto-dilemma-amleto-AHZAkRp

  • 1 mese dopo...
Inviato
Il 04/05/2025 at 17:44, Panurge ha scritto:

Può essere interessante la lettura

 

9788807174865_0_0_536_0_75.jpg

 

Avevo letto Toninelli ... Ma il titolo sarebbe stato comunque attinente .

  • Haha 2
Inviato

Eh ti credo...Toninelli 😁😜

Mighty Quinn
Inviato
Il 19/05/2025 at 16:20, LUIGI64 ha scritto:

Purché si seguano le leggi della meccanica quantistica può perfino generare un intero universo a partire da una microscopica fluttuazione quantica del vuoto, un’infinitesima bollicina. È quel che è successo 13,9 miliardi di anni fa

Ma quando mai 

 

Inviato

Il libro del Tonelli inizia con 3 citazioni...

 

----

È sparito anche il vuoto,

dove un tempo si poteva rifugiarsi.

Ora sappiamo che anche l’aria

è una materia che grava su di noi.

Una materia immateriale, il peggio

che poteva toccarci.

Non è pieno abbastanza perché dobbiamo

popolarlo di fatti, di movimenti

per poter dire che gli apparteniamo

e mai gli sfuggiremo anche se morti.

Inzeppare di oggetti quello ch’è

il solo Oggetto per definizione

senza che a lui ne importi niente o turpe

commedia. E con che zelo la recitiamo!

Eugenio MontaleIl vuoto

---

 

Nel vuoto si annida lo spirito, cioè l’essenza delle cose e delle persone e rappresenta ciò che niente può annullare, a differenza del pieno che il tempo corrode e distrugge.

Kengiro Azuma

---

Va’ col vuoto tra le mani, poiché questo è tutto. Questo è il mio dono. Se riesci a portare il vuoto tra le tue mani, allora ogni cosa diventa possibile.

Carl Gustav Jung, Il Libro rosso

.....

Lo sfoglierò un po', vediamo se c'è qualcosa di interessante 

 

 

 

Inviato
36 minuti fa, Mighty Quinn ha scritto:

Ma quando mai 

È vero è vero. Mi ricordo come fosse ieri 

  • Haha 2
Inviato

 

Questa propensione del pensiero orientale a riflettere sul vuoto scatenerà interesse e curiosità in molti scienziati moderni. L’idea di un vuoto pieno di tutto, la conciliazione degli opposti, l’interdipendenza fra osservatore e sistema sottoposto a indagine, l’unità profonda sottostante a fenomeni in apparenza contraddittori sono tutti concetti che sembrano aderire perfettamente alla nuova visione del mondo che nasce con la meccanica quantistica. Non deve stupire il fascino esercitato dal pensiero orientale su alcuni dei protagonisti delle rivoluzioni di inizio Novecento. Persino Niels Bohr rimase incantato dal taoismo, che conobbe in Cina nel corso di un suo viaggio. Rientrato in patria, quando il re di Danimarca gli conferì il titolo di cavaliere per meriti scientifici, scelse come simbolo araldico il cerchio bicolore, yin e yang intrecciati fra loro. A campeggiare, in alto, il motto latino: “Contraria sunt complementa”, “gli opposti sono complementari”.

In effetti, con un po’ di fantasia, si possono trovare intriganti punti di contatto fra alcuni concetti della scienza contemporanea e le filosofie orientali. Qualche autore, travolto da eccessivo entusiasmo, arriva a sostenere che taoismo e buddismo sono confermati dalle scoperte scientifiche più recenti, altri tendono a conferire un’aura di misticismo al lavoro di noi scienziati. In realtà, neanche il pensiero filosofico-religioso sviluppato dall’Oriente può lontanamente competere con l’implacabile rigore e la potenza concettuale della fisica contemporanea.

Tratto dal testo di Tonelli, citato più sopra

---

Aggiungo che i concetti Buddhisti di vuoto (sunyata) ed interdipendenza dei fenomeni, sono essenzialmente esistenziali

La consapevolezza che ciò che è in continuo mutamento non ha una esistenza autonoma, ma dipendente da altri fattori ed elementi

Probabilmente, trattasi di una Via apofatica che dovrebbe permettere di scorgere la Causa, o Essere che rappresenta il sostrato ultimo dei fenomeni mutevoli e cangianti.

 

  • 4 settimane dopo...
Inviato

 

Fra i primi a occuparsi del vuoto ci fu Pitagora di Samo, filosofo, matematico e taumaturgo, la cui esistenza presenta aspetti tuttora avvolti nella leggenda. La scuola pitagorica, fondata a Crotone verso la metà del VI secolo a.C., poneva il numero all’origine di ogni aspetto della realtà. Il moto degli astri era regolato dai numeri, così come il suono emesso da uno strumento musicale a corda, le relazioni tra le figure geometriche o l’armonia tra le varie specie viventi. Il numero era il principio ordinatore del mondo materiale, quello che regolava tutto.

Il pensiero dei pitagorici sul vuoto ci è giunto per il tramite di Aristotele che scrive: “I pitagorici ammisero uno spazio vuoto, in cui si compirebbe la respirazione del cielo, e un altro spazio vuoto, che separerebbe le nature l’una dall’altra, formando la distinzione tra continuo e discreto; questo si troverebbe anzitutto nei numeri e separerebbe la loro natura” (Fisica , IV, 6). Con un po’ di fantasia si potrebbe trovare in questa citazione l’intuizione di un “vuoto cosmico”, quello in cui avviene la respirazione del cielo, e un “vuoto microscopico”, quello che sovrintende all’infinitesima separazione fra numeri discreti sempre più piccoli. In effetti, nel corso del Novecento, gli scienziati scopriranno l’immensa vastità del vuoto che avvolge il nostro pianeta e, con grande sorpresa degli stessi autori di alcune delle prime esplorazioni dell’infinitamente piccolo, che il vuoto domina anche le distanze più infinitesime, quelle abitate dalle particelle elementari. Ma in assenza di altri dati, conviene non cedere alla tentazione di interpretare le affermazioni degli antichi alla luce di quello che abbiamo scoperto migliaia di anni dopo.

Tratto sempre dal testo di Tonelli

 


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