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Melius Club

Il fascismo


Savgal

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Inviato

@extermination

Ti passo le sintesi con cui spiegavo l'argomento agli studenti, erano più articolate.

Nel thread sto cercando di fare emergere le possibili interpretazioni del fascismo dai documenti del tempo, operazione che non è fattibile con degli studenti.

Per gli studi che ho seguito qualche saggio ed articolo sul fascismo l'ho letto. Ricordo che i testi del liceo erano piuttosto superficiali sull'argomento, sempre ammesso che sia stato oggetto di studio nella quinta delle superiori di chi si è diplomato tra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso, ossia la quasi totalità di chi frequenta questo forum.

  • Melius 1
Inviato

Settembre 1922, poco prima della marcia su Roma, Mussolini ad Udine dice: "Basta con lo Stato ferroviere, lo Stato postino, lo Stato assicuratore. Basta con lo Stato esercente a spese di tutti i contribuenti italiani ed aggravante le esauste finanze dello Stato italiano. Resta la polizia, che assicura i galantuomini dagli attentati dei ladri e dei delinquenti;, realtà il maestro educatore delle nuove generazioni; resta l'esercito, che deve garantire la inviolabilità della patria e resta la politica estera." In quel momento la massima attenzione di Mussolini era verso la borghesia produttiva, dove trovava ampio sostegno. Alla borghesia imprenditoriale prometteva il liberismo, alla piccola borghesia il mito di Roma, ma depurato dagli elementi risorgimentali, quali parlamento, monarchia sabauda, liberalismo.

  • Melius 2
Inviato
58 minuti fa, LUIGI64 ha scritto:

Riferendosi soprattutto  al nazismo, gli addetti ai lavori hanno fatto studi specifici (psicoanalisi)

Non lo dico io

Si, era chiaro, ma il problema lo si affronta sul nascere, non quando si arriva ad uno stadio patologico grave.

proviamo a capirci, la deriva è lunga e piuttosto chiara, gli effetti massimi e nefasti, arrivano dopo anni di evidente incapacità di ascolto e divergenza fra rappresentanza e popolazione.

L'aspirazione massima di alcuni che si reputano guardiani contro le derive illiberali è quella di esautorare chiunque devi dalla loro linea, oppure farli passare per deficienti.

Se tu pensassi che questa sia la maniera per NON arrivare ad una lotta fra estremisti con pessime conseguenze, mi sorprenderesti.

Solo ascolto e la mediazione possono fare qualcosa in simili frangenti, ma non è il caso italiano né quello europeo attuale.

Raccoglieremo i cocci per via di simili stupidi comportamenti.

Invece di rallentare facciamo di tutto per accelerare.

Inviato
23 minuti fa, nullo ha scritto:

poi che ce frega degli altri, gli altri non esistono e se esistono non contano.

No, e perché? Nessuno impedisce a nessun altro di dire la sua, certo sarebbe meglio non inquinare le discussioni con dozzine di off topic ma l'educazione uno non se la può dare.

Inviato

Il mio approccio è più interiore/psicologico

Perché per stare meglio e sentirmi realizzato sento la necessità di avvicinare tali  discutibili ideologie?

Io rifletterei su questi punti, come già detto, che siano cause esogene e soprattutto endogene, per quest'ultime almeno in teoria, ci si potrebbe lavorare 

 

Inviato
49 minuti fa, Savgal ha scritto:

Ricordo che i testi del liceo erano piuttosto superficiali

C'era scritto che il fascismo fu colpa di Pertini.

  • Haha 1
Inviato
11 minuti fa, appecundria ha scritto:

l'educazione

Sai, fare un parallelo fra le genesi odierna, già difficile per molti qui da comprendere, e quella dei primi anni del novecento, non lo trovavo così fuori luogo, in ogni caso potevi dire le stesse cose in altro modo e sarebbe dato chiaro lo stesso, ma come hai detto tu e dimostri ormai in continuazione, l’educazione e , aggiungo, la moderazione uno se non ce le ha, non le può mettere in campo.

calmati, che ci si capisce meglio. Sei sempre sopra le righe.

 

Inviato
3 minuti fa, LUIGI64 ha scritto:

sentirmi realizzato

Guarda che le persone non si sentono realizzate quando esprimono un voto di reazione in massa.

È un punto dirimente e se non lo accetti e riduci tutto al pensiero di pochi forsennati, non riesci a cogliere, eh si che basterebbe ascoltare con pazienza un po’ di attenzione un po’ di quelle persone.

Inviato
41 minuti fa, Savgal ha scritto:

Basta con lo Stato ferroviere, lo Stato postino, lo Stato assicuratore. Basta con lo Stato esercente

E invece il dirigismo statale creò un sistema economico basato su imprese pubbliche.

Inviato
Adesso, nullo ha scritto:

voto di reazione

Potrei anche io scegliere per reazione,

ma non voterei mai certi partiti, né personaggi neanche sotto minaccia

Sei sicuro, poi, che tutti abbiano votato solo per protesta....

Io vedo anche soggetti molto convinti e orgogliosi di certe posizioni

 

Inviato
3 minuti fa, LUIGI64 ha scritto:

tutti

Ma certo che no.

oltre il 50% è per l’astensione, molto votano per rabbia, altri addirittura per dispetto. Il peso delle frange estreme è certificato da anni di statistiche.

ma certo non è salutare alimentarle.

Ps

per il dirigismo, in alcuni campi ci stiamo arrivando. Toh…. Guarda tu che strano in certi momenti.

Inviato
53 minuti fa, Savgal ha scritto:

Stato assicuratore

Il falso mito delle politiche sociali del fascismo

Samuel Boscarello

Continuano a circolare bufale sulla generosità del welfare del ventennio. Al contrario proprio le dannose politiche assistenziali ebbero l'effetto di rallentare la costruzione di uno stato sociale universalistico nel nostro paese

Dopo il 1945 l’etichetta della «destra sociale» è stata il lavacro attraverso cui l’eredità politico-culturale del fascismo è stata filtrata e resa accettabile, anche da un punto di vista meramente comunicativo, all’opinione pubblica italiana. L’attributo «sociale», a partire dalla Repubblica di Salò (non a caso «Repubblica Sociale Italiana»), starebbe a indicare una combinazione tra conservatorismo culturale e un’impostazione solidaristico-comunitaria in ambito economico. In effetti, uno dei massimi punti di riferimento culturali del Movimento sociale italiano (riecco l’aggettivo!) era il Manifesto di Verona, ossia il programma politico del regime di Salò nel quale si dichiarava il diritto dei lavoratori alla casa, a un equo salario e persino alla distribuzione dei profitti delle imprese. 

Ora, è superfluo rimarcare che queste promesse rimasero lettera morta e non semplicemente per il fatto che la Repubblica di Salò ebbe vita brevissima: anche durante il ventennio precedente il regime fascista aveva vagheggiato a parole grandi progetti di riforma sociale. Nel 1927 era stata emanata la Carta del Lavoro, il documento fondamentale che avrebbe dovuto costituire lo scheletro delle relazioni economiche entro lo Stato fascista. Essa assegnava allo Stato importanti compiti riguardanti la previdenza, il collocamento e l’assistenza sociale. Gran parte di tutto ciò restò solo sulla carta. E attenzione, qui non si tratta di smentire il luogo comune dozzinale secondo cui il fascismo «ha fatto anche cose buone». Non solo il fascismo non fece cose buone, ma perseguì politiche sociali dannose. Alla luce di ciò, l’intera retorica della «destra sociale» non è solo stucchevole, ma addirittura pericolosa.

Andiamo con ordine e partiamo da un presupposto: all’inizio del Novecento le politiche sociali in Italia erano perlopiù ispirate da una logica di sorveglianza dello Stato sugli enti filantropici (le cosiddette «opere pie», progenitrici degli attuali Istituti pubblici di assistenza e beneficenza) e sulle società di mutuo soccorso. Né i primi, né le seconde avevano particolare successo in termini di contrasto effettivo alla povertà: le opere pie erano migliaia di piccoli enti che gestivano le attività più disparate, dagli ospizi ai monti di pietà, secondo principi puramente paternalistici. Le mutue, per quanto ispirate da una diversa logica di solidarietà dal basso, avevano risorse finanziarie piuttosto limitate. Questa situazione di arretratezza non cambiò nemmeno durante l’età giolittiana, quando vennero introdotte embrionali forme di tutela della maternità e della salute dei lavoratori: nel 1915 solo il 4,8% dei lavoratori italiani era protetto da assicurazioni sociali, contro l’11% della Francia, il 36,3% della Gran Bretagna e il 42,8% della Germania. Gli sconvolgimenti della prima guerra mondiale attivarono però un processo riformatore il cui punto più alto fu raggiunto nel 1919 dal governo presieduto da Francesco Saverio Nitti, con il decreto legge che rese obbligatorie le pensioni e le assicurazioni d’invalidità per tutti i lavoratori dipendenti. Ciò faceva parte di una tendenza internazionale più ampia: negli stessi anni anche Gran Bretagna, Francia e i Paesi scandinavi cominciavano a costruire i propri sistemi di welfare recuperando terreno sulla Germania, la nazione più precoce in materia. 

Per rendere operativo il decreto del 1919 sarebbe stato necessario un impulso progressista ben diverso da quello della vecchia classe dirigente liberale (che infatti rimandò continuamente l’approvazione definitiva del provvedimento). Tuttavia, nel novembre 1922, poche settimane dopo la marcia su Roma, il Consiglio dei ministri bloccò il progetto di accentrare le assicurazioni sociali nelle mani dello Stato, avviato da Giolitti nel 1912 con la nascita dell’Istituto nazionale assicurazioni e il graduale conferimento di responsabilità a questo ente. Era un’impostazione programmatica tutt’altro che sorprendente, a giudicare dalle parole che Mussolini aveva pronunciato appena due mesi prima in un discorso a Udine.

Inviato

@appecundria

La valutazione degli storici, che mi pare più coerente con ciò che accadde dopo, fu che 1922 Mussolini era contrario all'economia corporativa e che prioritario fosse assicurarsi l'appoggio della borghesia imprenditoriale.

Riporto quanto scrive Aurelio Lepre: "... la marcia su Roma non servì a prevenire la rivoluzione bolscevica, ma, al contrario, fu dovuta alla necessità di Mussolini d'impedire che una diffusa consapevolezza della sua inconsistenza togliesse alla situazione italiana quei caratteri di eccezionalità di cui aveva bisogno per impadronirsi del potere con metodi extraparlamentari. Il suo tentativo di reso più facile dalle paure suscitate dalla predicazione rivoluzionaria cui si abbandonavano sia massimalisti sia i comunisti. Mussolini non rispose ad una sfida, ma la lanciò. Per questo aspetto la sua può essere definita la prima rivoluzione moderna di destra. La principale differenza da quelle di sinistra era rappresentata dal fatto che la trasformazione radicale sarebbe dovuta avvenire soprattutto nel campo della mentalità, con la creazione di un <uomo nuovo>: il cittadino doveva trasformarsi in un soldato e considerare la vita politica una milizia, agli ordini di un Capo."

  • Melius 1
Inviato

Che non vi fosse una maggioranza nel paese a favore delle sinistre lo dimostrarono le elezioni del 1921, dove il Psi ottenne il 24,7% e il Pci il 4,61%.

Inviato

Per l’Ur-Fascismo non c’è lotta per la vita, ma piuttosto “vita per la lotta”. Il pacifismo è allora collusione col nemico , il pacifismo è cattivo perché la vita è una guerra permanente . Questo tuttavia porta con sé un complesso di Armageddon: dal momento che i nemici debbono e possono essere sconfitti, ci dovrà essere una battaglia finale, a seguito della quale il movimento avrà il controllo del mondo...

...in questa prospettiva, ciascuno è educato per diventare un eroe. In ogni mitologia l’“eroe” è un essere eccezionale, ma nell’ideologia Ur-Fascista l’eroismo è la norma.

(U. Eco)

Inviato

@appecundria

Scrivere su cosa avvenne nel ventennio fascista va molto oltre le dimensioni di un thread. La politica economica del ventennio fascista non fu un esempio di coerenza, ma la sua descrizione richiede un thread a parte.

Un fatto è incontestabile, l'Italia è diventata un paese industrializzato, con un benessere relativamente diffuso, nel secondo dopoguerra e lo sviluppo maggiore si è avuto nel periodo 1948-1973. Il confronto degli indicatori economici del benessere tra l'Italia fascista e quelli dei paesi avanzati vedono grandi differenze a nostro sfavore.

Inviato

@LUIGI64

È un fatto più immaginario che reale, al pari di come il piccolo borghese del ventennio immaginava di essere un grande amante e conquistatore identificandosi nei personaggi dei romanzi di D'Annunzio.

Inviato

A Mussolini va dato atto che fu in grado di percepire le diverse correnti dell'opinione pubblica del tempo e di essere stato in grado di trovare un minimo comune denominatore in grado di unificarle, l'esatto opposto di quanto fecero i dirigenti del Psi dell'epoca.


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