Questo è un messaggio popolare. UpTo11 Inviato 13 Agosto Questo è un messaggio popolare. Inviato 13 Agosto Orazione ufficiale per l’81esimo anniversario della strage di Sant’Anna di Stazzema . "Era la notte del 10 agosto 1944 e tutti i bambini di Sant'Anna erano col naso all'insù a cercare di vedere le stelle cadenti, quelle che chiamiamo le lacrime di San Lorenzo e poi esprimere un desiderio. Una donna si chiamava Bianca ed era poco più giovane di me. Osservava i suoi otto figli cercando di immaginare i loro desideri, forse lo stesso che stavano esprimendo tutti gli adulti. C'erano la piccola Maria di soli 3 mesi, Annamaria e Luciana appena adolescenti e i bambini Eros e Feliciano, Maria Grazia, Franca e Carla. Era una famiglia di Foligno, poi vissuta a Livorno e infine sfollata dalla Spezia dove il papà Antonio lavorava all'Arsenale della Marina. Avevano trovato rifugio a Sant'Anna perché qui la guerra sembrava una eco un po' più lontana. Quella sera Antonio è felice, per quanto lo si possa essere in tempo di guerra. Sorride ai suoi bambini gioca con loro. Poi insieme alla moglie bianca le accompagna i giacigli sparsi per il borgo. Qualcuno dei bambini aveva trovato alloggio in chiesa, altri nelle aule vuote della piccola scuola. Vanno a dormire accarezzati dalla mamma, senza sapere che nessuno dei loro desideri sarà esaudito. A Sant'Anna hanno perso la possibilità di crescere, amare, studiare, viaggiare e sognare 130 bambini e con loro altre 430 persone, come la famiglia Scalero, che si era rifugiata qui venendo proprio da Genova. 560 anime disarmate, vittime di un attacco disumano da parte dei nazisti e di alcuni collaborazionisti italiani. Non fu una rappresaglia, meno che meno fu una battaglia. Fu una strage, una barbarie che 81 anni fa segnò in modo indelebile la nostra storia. Due giorni dopo, la sera delle stelle cadenti, la mattina del 12 agosto, in un paese si sparse la voce che stavano arrivando dei battaglioni nazisti, probabilmente per un rastrellamento di uomini validi. E così Antonio dà un bacio a sua moglie e suoi figli e fugge per i boschi insieme ai tanti altri uomini del paese per cercare di salvarsi. Quello che è successo nelle ore successive lo sappiamo tutti. Fucili, mitra, bombe a mano, addirittura lanciafiamme furono usati da alcuni battaglioni di orchi, perché la parola giusta è orchi contro persone inermi. Uno sterminio senza alcuna giustificazione militare, ma solo per desiderio di spazzare via ogni forma di resistenza. Un crimine che non ha nome, che non può trovare spiegazioni se non in quella follia cieca, assolutista che il nazifascismo ci imponeva. Quel giorno persero la vita anche bianca e i suoi otto bambini. Quando Antonio rientrò nel paese, trovò il corpo di sua moglie ancora abbracciata a Maria, la più piccola. L'uomo tentò di gettarsi tra le fiamme che ancora ardevano, ma fu fermato. Disperato, tornò a vivere a Foligno, dai suoi genitori e provò a ricostruirsi una vita. Si risposò con Derna, originaria di Terni, ed ebbe altri tre figli, che chiamò nuovamente Eros, Felician e Annamaria. Non passava sera che non pronunciasse una preghiera dedicata alla sua Bianca e i suoi bambini perduti in quel maledetto 12 agosto. A 58 anni non riuscì più a convivere con i suoi ricordi e si tolse la vita. Fu la vittima numero 561 di quell'eccidio ormai lontano nel tempo, ma non dal suo cuore. Ecco, non c'è cosa più bella da bambini e anche da grandi di ascoltare delle storie attraverso un romanzo, un film o la voce di qualcuno che ti ama. Negli ultimi anni si è anche diffusa la scritta "tratto da una storia vera", come se questo fosse un valore aggiunto. Questa che vi ho raccontato brevemente è una storia vera, ma vorrei tanto che non lo fosse. Storie così, senza speranza, senza umanità, non si sarebbero mai dovute vivere e non dovrebbero ripetersi più. E invece mi chiamo Silvia, sono una cittadina della Repubblica Italiana, sono figlia di Genova, una città che ho dato che ha dato la vita per la resistenza, che si è liberata da sola dalla follia nazista, una città medaglia d'oro per la resistenza, come anche Stazzzema. Sono qui in questo luogo. Sono qui in questo luogo sacro non per ricordare, sono qui per non dimenticare. Non è la stessa cosa. Ricordare un'azione che appartiene alla mente, non dimenticare appartiene anche al cuore. E oggi con questo cuore non ce ne accorgiamo, ma facciamo rumore. Voglio che questo rumore si senta fino a valle perché siamo qui per scegliere, scegliere da che parte stare perché ogni volta che sonora la strage di Sant'Anna di Stazzema non si compie un gesto formale, si prende posizione, si guarda in faccia la storia e si dice io non dimentico, io resisto, io continuo il cammino di chi è stato strappata la vita per difendere la nostra. La memoria della resistenza è la nostra memoria, è la memoria di chi ha lottato per sconfiggere il fascismo e il nazismo. Oggi, come ogni anno, è il momento di fermarci a riflettere, ma anche il momento di lasciare un messaggio forte e chiaro. Sant'Anna di Stazzema non è solo il ricordo di una strage lontana, ma il monito di quanto il male possa insinuarsi nelle pieghe della nostra vita quotidiana. Dicono, "È passato tanto tempo", ma la storia non passa, passiamo noi. La storia resta dove l'abbiamo sporcata, resta qui con i nomi incisi nella pietra e le domande incise nella coscienza. Com'è cominciato quell'orrore? Non con cari armati o le bombe, con le parole. È cominciato piano, con battute da bar, "Almeno lui fa ordine". Finalmente qualcuno che decide con l'idea che alcune vite valgano meno di altre e attenzione con l'idea che alcuni venissero prima degli altri. È cominciato con il consenso di alcuni, certo, ma soprattutto con l'indifferenza degli altri. Molti si girarono dall'altra parte, non tutti. Certo, tanti pagarono un prezzo altissimo per questo, ma molti si piegarono o ancora peggio si abituarono. E il fascismo si nutrì di questo silenzio perché il male quando ti bussa a casa non ti dice "Sono il male", eccomi. Ti dice "Ti proteggo, lo faccio per te, difendo i tuoi diritti, ci penso io, fidati". Il fascismo non è un meteorite, è un'erba infestante che è stata sottovalutata quando era ancora una piantina, ma piano piano cresceva. Il fascismo, infatti, non è stato solo un esercito che ha invaso l'Europa, è stato soprattutto un processo lento, insidioso, che ha trovato terreno fertile nelle nostre istituzioni, nelle nostre leggi, nel nostro quotidiano. Non è stato solo un nemico esterno, ma un nemico che in apparenza si è mescolato al vostro vivere comune, imponendo un nuovo ordine che giorno dopo giorno ha tolto libertà, diritti, dignità, senza che molti se ne accorgessero. Non dobbiamo mai dimenticare che il fascismo non è nato in un giorno, ma si è costruito nel tempo. Ha avuto il sostegno di tante persone che purtroppo non hanno intuito la pericolosità delle sue radici. È stato un movimento che ha sedotto, ha manipolato, ha ingannato e che ha trovato eco nelle paure di una società che temeva per la propria sicurezza e ha fatto leva sulle fragilità delle istituzioni, sulla disperazione delle persone. Così la violenza si è finta giustizia. La dittatura è stata presentata come ordine necessario e la persecuzione è diventata sicurezza nazionale. Quando il fascismo si è imposto non l'ha fatto con una guerra dichiarata, una battaglia aperta, ma si è infiltrato in ogni angolo della società, nelle istituzioni, nella cultura, nella vita quotidiana. È stato un fenomeno insidioso che ha trovato terreno fertile in un momento di grande incertezza politica e sociale. Poi anni dopo su queste colline ha portato uomini in uniforme a mettere in fila mamme, nonni, bambini e a sparare. Hanno bruciato case, bruciato corpi, bruciato il futuro, ma quello che non sono riusciti a bruciare fu l'idea che l'essere umano non si arrende, che la resistenza non è un campo capitolo chiuso, la resistenza è un muscolo e oggi noi lo alleniamo ancora. Dicono la politica oggi non è più quella di una volta, mancano le ideologie. Io dico invece che le ideologie ci sono e come e aggiungo per fortuna, non solo che ci sono. Io non mi sento uguale a chi ancora oggi minimizza la storia. Io non mi sento uguale a loro. È una questione di ideologia, forse, ma soprattutto una questione di umanità. Qui non c'è stato il domani perché gli orchi hanno chiuso la porta del tempo a 560 esseri umani. Qualcuno dirà però che era tempo di guerra. Ma la guerra non giustifica l'orrore. La guerra sfila la maschera chi ha già scelto di non essere umano. Ogni tempo ha il suo modo di diffondere l'apparente verità. Un tempo c'erano i balconi e le piazze, oggi i sondaggi, i post, gli hashtag, le frasi populiste urlate nei talk show, magari senza neanche un contraddittorio. Il fascismo non ha paura dei fucili, il fascismo ha paura della cultura, ha paura dei libri. Nel 1953 un geniale scrittore americano Rey Brebury immagina nel suo capolavoro Fahenight 451 una storia distopica ambientata proprio all'inizio del XX secolo, nella quale i libri sono stati messi fuori legge. Pertanto, leggere o addirittura possedere libri, possedere liberi è considerato un reato. I pompieri, un apposito corpo incendiario istituito per reprimere la letteratura, sono impegnati nel bruciare qualsiasi tipo di volume. Ai ragazzi che sono qui vorrei dire: leggete, informatevi, incrociate le informazioni per distinguere il falso dal vero, ancora peggio dal vero simile. Non lasciate che vi tolgano la capacità critica. Il dubbio, il dubbio è la cintura di sicurezza della democrazia. Chi vi dice che tutto è semplice, che chi vi dice che tutto è semplice, che c'è un nemico in agguato, che basta un noi contro loro, non vi sta spiegando il mondo, ve lo sta restringendo. Imparate a dire no. Chiedo ai giovani, siate partigiani della complessità. Chiedo agli adulti, siate affidabili. Chiedo alla politica, siate all'altezza. E lo chiedo a me stessa per prima. Che le mie azioni siano utili, che io non mi accontenti del consenso, ma che cerchi il senso. Non c'è memoria senza politica e viceversa, perché la memoria non è un museo, è un cantiere e un cantiere richiede scelte continue sulle parole che usiamo, sui soldi che spendiamo, sulle porte che chiudiamo, apriamo. Chiedo scuole che insegnano il pluralismo, non il plebiscito. Chiedo media che informino, non che facciano inchini. Chiedo istituzioni che proteggano i fragili e che non li vedano come problemi. No, non ditemi che non è più tempo di parlare di fascismo. La storia ci insegna. Il fascismo muta forma, non si distrugge facilmente. Oggi non marciano, creano trend, usano l'insulto come se fosse un argomento, non censurano, ma screditano. Non bruciano i libri, li ridicolizzano, non vi tolgono la parola, ma la rendono inutile sommergendola di rumore di fondo. Il fascismo si traveste da hashtag, da meme, ma è sempre lui, il volto dell'odio travestito da protezione. E quando la politica smette di essere servizio e diventa culto della personalità, è così che il fascismo non è più una opinione. Il fascismo da quegli anni terribili è una ferita. E qui Sant'Anna ha mostrato cosa succede quando l'uomo dimentica di essere umano. E allora sì, oggi ricordiamo, ma soprattutto oggi giuriamo. Giuriamo di portare avanti il testimone, di restare liberi, di essere degni e lo giuriamo non con le parole, ma con le scelte di ogni giorno. Sant'Anna non è finita nel 1944. Sant'Anna continua a vivere oggi ogni volta che diciamo io ci sono, io non dimentico, io resisto, perché oggi la resistenza non è finita. Oggi si regista ogni volta che si combatte l'odio, la disuguaglianza al razzismo, il negazionismo, l'indifferenza verso chi soffre, la violenza sulle donne, l'abbandono delle periferie, il silenzio verso le guerre lontane, verso quelle vicine, verso che affama e massacra i bambini. Oggi resiste chi ha coraggio di pensare con la propria testa, chi non si gira dall'altra parte, chi sceglie il noi e non l'io. E allora lo dico chiaramente, non c'è spazio per il fascismo nella nostra Repubblica, non c'è spazio per l'indifferenza nella nostra umanità. Il nostro compito, il nostro compito non è urlare più forte, è parlare più chiaro, dire fine allo sfinimento, mai più e spiegare perché ai bambini che non lo sanno. Qui a Sant'Anna l'Italia ha toccato il punto più basso e da quell'abisso ha cominciato a risalire. È così che è nata una promessa, la Repubblica, che non è una parola e basta, è un patto. È un patto tra generazioni, un patto che dice "Non saremo perfetti, ma saremo giusti". Ora immaginate di prendere per mano un bambino una bambina di Sant'Anna, la piccola Maria che non ha avuto nemmeno il tempo di imparare a camminare e portarla in giro per l'Italia di oggi. Portatela in una scuola e ditele: "Qui avresti imparato a scrivere il tuo nome". Portateli in una biblioteca e ditele: "Qui avresti scelto un libro di Gianni Rodari solo perché la copertina sembrava scritta matita e poi ti saresti innamorata di una filastrocca. Portatela in una pista d'atletica. Qui avresti corso finché il cuore non ti scoppiava e avresti scoperto che il corpo ha dei limiti, ma quei limiti si possono superare. Portatela al mare. Qui avresti capito che la parola orizzonte non è un confine. Poi ritornate qui davanti a questo sacrario e domandatevi: "Abbiamo fatto abbastanza per meritare quella bambina?". Molti continueranno comunque a dire "Ma a che serve ricordare? serve a disinnescare la miccia invisibile che brucia sempre e che dobbiamo cercare di spegnere. La pace non è solo l'assenza di guerra, la pace è anche la presenza di giustizia. Proviamo per qualche istante ad ascoltare il battito del nostro cuore e quello delle persone che qui sono state testimoni di quell'orrore. Per i 560 cuori che qui hanno smesso di battere, per i 130 bambini che hanno smesso di giocare, di sognare, per le loro madri e i loro padri che hanno perso la vita cercando di salvarli oppure che gli sono sopravvissuti, ma in fondo sono volati via con loro. e per noi perché abbiamo il dovere di essere degni di questa storia, una storia vera. In queste ultime ore ho ricevuto la notizia che l'ANPI di Genova vorrebbe conferirmi un riconoscimento che mi mi inorgoglisce molto e mi darà una grande responsabilità, la responsabilità di difendere ogni giorno i valori che ci uniscono e lottare per un futuro di pace, libertà, giustizia e dignità umana. Oggi, come ieri, le vittime sono innocenti e come ieri c'è ancora chi giustifica la violenza contro chi non ha colpa. La storia ci insegna che quando i diritti fondamentali di qualcuno sono calpestati non è mai un fatto isolato. La barbarie si diffonde, il nostro stesso essere umani è messo in discussione. Quella barbarie che ha travolto Sant'Anna di Stazzema, quella barbarie che ha ucciso tante famiglie innocenti, è la stessa che oggi devasta altri luoghi del nostro pianeta. Una storia che purtroppo si ripete perché oggi Bianca potrebbe essere Fatima o Sofia, una di quelle mamme di Gazza, di Kiev o altre decine di guerre che sono in corso. Gramsci diceva che l'indifferenza è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita perché la storia non la fanno gli spettatori. Un maestro della mia terra lo diceva ancora più semplicemente, "anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti". E io oggi sono molto fortunata a poter abbracciare il mio bambino senza temere che qualcuno gli faccia del male. Noi tutti siamo molto fortunati, ma questa fortuna dobbiamo meritarcela. Non facendo gli spettatori, non voltandoci mai dall'altra parte e dobbiamo agire ogni giorno perché questa fortuna sia sempre più di tutti. Oggi siamo qui a ricordare, manca prendere un impegno. Ogni volta che ci alziamo in piedi, ogni volta che diciamo no alla violenza, no alla guerra, no all'oppressione, siamo testimoni di questa memoria, siamo parte di quella resistenza che non si ferma mai. Oggi, come ieri, siamo chiamati a difendere la nostra democrazia, la nostra libertà, il nostro diritto alla pace. Da Genova, da Sant'Anna, da questo sacrario dobbiamo ripartire non solo per onorare chi non c'è più, ma anche per impegnarci ogni giorno, in ogni nostra azione a non permettere che l'odio, la violenza, la prevaricazione possano dominare la nostra vita. Perché Bianca potremmo essere noi. Viva Sant'Anna, viva la Resistenza." Silvia Salis, 12 Agosto 2025 . 6
Savgal Inviato 13 Agosto Autore Inviato 13 Agosto Tanti oggi sanno del foibe e tanti ignorano cosa avvenne a Sant'Anna di Stazzema o a Marzabotto.
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