Savgal Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 Con il termine conoscenza si designa sia l'attività dell'apprendere, sia l'idea, la nozione, la teoria apprese. La parte della filosofia che studia l'origine, la natura, il valore e i limiti della nostra facoltà di conoscere, e in particolare il rapporto tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, è definita come “gnoseologia” (dal greco gnósis, "conoscenza") ed ha occupato da sempre un posto centrale nella riflessione filosofica. La gnoseologia cerca di rispondere al problema sintetizzabile nella domanda “cosa posso conoscere dell'essere?” Un carattere fondamentale del conoscere è che esso non è qualcosa di esclusivamente personale, una conoscenza per essere tale deve poter essere oggetto di comunicazione. Il sapere deve possedere una qualche oggettività. Ciò che è incomunicabile e inspiegabile agli altri esula dall’ambito di ciò che si definisce conoscenza, altrimenti si cadrebbe nel paradosso del sofista Gorgia di Lentini, che nell'opera “Sul non ente, sulla natura” sostiene che "1) nulla esiste; 2) se anche alcunché esiste, non è comprensibile all'uomo; 3) se pure è comprensibile, è per certo incomunicabile e inspiegabile agli altri". Nella filosofia antica si distingueva tra scienza (epistéme) e opinione (dóxa), la prima essendo sapere universalmente valido perché avente per oggetto ciò che necessariamente è, la seconda essendo conoscenza solo probabile perché relativa a cose o questioni aperte, che possono essere oggetto di valutazioni diverse e sulle quali si può sapere più o meno. Platone ammette che possano esistere opinioni vere, che si hanno quando si possiede la conoscenza corretta di qualcosa, senza avere intelligenza del modo di ottenerla; coloro che possiedono opinioni vere, egli dice, sono "ciechi che camminano dritto" (Repubblica). Simile all'opinione è la credenza, che implica una dose di fiducia nell'autorità di qualcuno o nel fatto che qualcosa accada. La conoscenza è un'attività che segue procedure riconosciute e accertabili, il credere invece non è propriamente un'attività, ma una condizione del soggetto, cui il soggetto è pervenuto seguendo percorsi personali non ripetibili. Una credenza può essere radicata e sicura, ma anche in tal caso è uno stato d'animo, non una conoscenza, perché non può essere logicamente giustificata. David Hume sostenne che gran parte del nostro sapere è fondato su credenze, che non sono altro che modi di concepire un oggetto. Nel caso di una dimostrazione matematica, si raggiunge la certezza attraverso un procedimento logico ed il contrario comporta una contraddizione. Nelle questioni di fatto, invece, per forte che possa essere la prova desunta dall'esperienza, posso sempre concepire il contrario, anche se non sempre ad esso posso credere. Il credere, per esempio che anche domani il sole sorgerà, non presuppone dimostrazioni o prove, ma è semplicemente un modo più forte di sentire: "ed è proprio questa differenza del sentire che io cerco di spiegare con le espressioni di forza o vivacità superiore, di maggiore solidità o fermezza" (Trattato sulla natura umana). Altra cosa ancora rispetto alla conoscenza è la fede, che è una credenza sorretta da un certo numero di argomentazioni, ma non accertabile empiricamente e non sostenibile con procedimenti razionali, perché fondata sulla volontà. Proprio per questo la fede è assoluta e indiscutibile. La fede religiosa è generalmente la credenza in una verità rivelata. Se in Aristotele non esiste impegno più elevato del fare teoria, intesa come speculazione, sapere fine a se stesso, disinteressato, distinta dal sapere pratico, che riguarda l'agire, e dal sapere poietico, che riguarda il fare, il pensiero contemporaneo ha superato questa contrapposizione tra teoria e prassi, riconoscendo generalmente che la conoscenza ha fondamenti pratici, che il pensiero si attiva spinto dall'esigenza di risolvere problemi vitali. Per le teorie evoluzioniste l'intelligenza non è che una forma di adattamento all'ambiente, per Darwin nelle facoltà mentali non vi è alcuna differenza fondamentale tra l'uomo e i mammiferi più elevati. Un punto centrale è come si esercita l'attività del conoscere. La conoscenza per essere tale deve possedere un certo grado di accertabilità e dimostrabilità, essa non può che essere concettuale, deve cioè esprimersi in termini logici, attraverso l'uso di concetti, ragionamenti, proposizioni. Nell’attività del conoscere vi è un momento intuitivo della conoscenza, precedente la riflessione sulla cosa stessa. Tale forma di conoscenza, che consiste in un contatto diretto con l'oggetto, nella sua percezione immediata non è ancora sapere. Al momento intuitivo non segue la consapevolezza e la comprensione del fatto o dell'oggetto, manca il momento di comunicazione e spiegazione all’altro. A questa distinzione corrisponde in parte l'altra, tra conoscenza immediata e conoscenza mediata. La prima avrebbe dalla sua la "presenza" della cosa oppure l'evidenza. La conoscenza mediata o discorsiva è invece quella che si serve di prove, che procede da un concetto ad un altro, similmente a quanto avviene nelle dimostrazioni matematiche. Nella storia della filosofia coloro che hanno sostenuto la possibilità di una conoscenza razionale erano convinti di poter giungere nel "cuore" delle cose, di cogliere le "essenze". Coloro che sostengono il primato della conoscenza sensibile sono più cauti, quasi mai considerano definitive le loro generalizzazioni. Conoscenza razionale e conoscenza sensibile si differenziano in ragione di come si intende il rapporto tra il soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto, tra il pensiero e l'essere. Nella filosofia antica ha prevalso la tesi della corrispondenza tra pensiero ed essere. Per Parmenide "l'essere e il pensare sono la stessa cosa". Per Platone l'anima può conoscere le idee perché essa partecipa del loro essere. Nel pensiero di Aristotele è sottesa l’idea che vi fosse una parallelismo, una corrispondenza tra ordine del mondo e ordine del linguaggio. Egli era convinto che la conoscenza in atto si identificasse con l'oggetto conosciuto. Infatti per Aristotele l'intellezione corrisponde all'intelligibile in atto, il che in altre parole significa che quando riesco a intendere qualcosa, ne ho colto la sua sostanza. Secondo questa prospettiva la sostanza della cosa, anche di una cosa materiale come un albero o un cavallo, sta nella sua natura specifica, nella forma "albero" o "cavallo" e quindi l'identificazione con la cosa è identificazione con la forma, la quale non esiste materialmente, perché materialmente esistono solo concreti alberi o cavalli, ma esiste come forma eterna del mondo e nella mente dell'uomo, che riesce ad astrarla da quell'albero e da quel cavallo (come preciserà nel Medioevo l'aristotelico san Tommaso). Anche in età moderna molte filosofie hanno insistito sull'identificazione tra pensiero ed essere. Essa però ha perso il carattere ingenuo, proprio del pensiero classico, il quale mostrava di non capire che il "vedere" e il "pensare" non sono neutri, che la realtà si presenta in un certo modo agli occhi (fisici e mentali) di chi la considera. Ciò implica che l'atto della visione o dell'intellezione, e quindi il rapporto tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, non è irrilevante, ma costituisce un problema, che può essere espresso dalla domanda “l’uomo è in grado con il pensiero di cogliere l'essere?” Nella filosofia moderna si risolve il problema asserendo che il pensiero non potrà mai cogliere l'essere, quanto meno non può cogliere la sua essenza. Agli uomini è consentito conoscere i fenomeni. Con tale termine, che nel linguaggio comune significa "fatto", la filosofia intende, etimologicamente, ciò che appare, dal greco fainómenon. Tale apparenza è, a seconda dei punti di vista, realtà minore, superficiale, oppure manifestazione più o meno corrispondente alla realtà in quanto tale. Nella filosofia moderna, a cominciare dagli illuministi e da Kant, il fatto che la conoscenza sia limitata al fenomeno è giudicato positivamente; infatti proprio il riconoscere limiti alle nostre facoltà conoscitive garantisce che entro questi limiti si può pretendere di produrre conoscenza vera, cioè scienza. Secondo la terminologia kantiana il correlato del fenomeno, che è l'oggetto della conoscenza in quanto risultato della sintesi tra dato sensibile e forme a priori, è il noumeno o cosa in sé; di esso Kant dà due definizioni: a) cosa, realtà ignota, oggetto di un'eventuale intuizione divina; b) pura possibilità negativa, concetto limite della conoscenza Il senso (b), presente nella seconda edizione della Critica della ragion pura abbandona la concezione realistica del noumeno, il quale non è più "qualcosa" che sta dietro a "ciò che appare", ma significa semplicemente che la mente umana ha dei limiti strutturali invalicabili e che la conoscenza deve necessariamente collocarsi all’interno di questi limiti. Altre filosofie, come quelle idealiste di Fichte, Schelling ed Hegel, ritornano al punto di vista dei greci, anche se su basi diverse, in quanto partono dal presupposto che l'essere non è qualcosa di diverso dal pensiero, ma è il pensiero stesso. 1 1
LUIGI64 Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 2 ore fa, Savgal ha scritto: ma significa semplicemente che la mente umana ha dei limiti strutturali invalicabili e che la conoscenza deve necessariamente collocarsi all’interno di questi limiti La mente ha realmente dei limiti? Ciò che non può essere spiegato razionalmente, trattasi di fantasie, o può essere considerato come manifestazione del soggettivismo pre-razionale?
simpson Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 30 minuti fa, LUIGI64 ha scritto: La mente ha realmente dei limiti? La mia, non c’è dubbio, non so la tua.. 1
LUIGI64 Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 30 minuti fa, simpson ha scritto: mia, non c’è dubbio, non so la tua.. Con declinazioni diverse, la mente di tutti hai dei limiti... 😁 Ma ci sono dimensioni che la possono travalicare, o possono considerarsi fantasie, irrazionalità o simili?
simpson Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 2 ore fa, LUIGI64 ha scritto: Con declinazioni diverse, la mente di tutti hai dei limiti... 😁 Ma ci sono dimensioni che la possono travalicare, o possono considerarsi fantasie, irrazionalità o simili? Come spiegava Savgal, non è un tipo di esperienza che si può trasmettere, condividere compiutamente. Le esperienze della meditazione sono strettamente personali e quindi, secondo la definizione data, esulano dalla conoscenza come qui definita. Devi fidarti di quello che dice un altro essere umano e non è detto che, messo nelle stesse condizioni, tu esperisca la medesima esperienza. Ci saranno delle analogie ma nessun modo per misurarle/verificarle
Savgal Inviato 18 Agosto 2024 Autore Inviato 18 Agosto 2024 @simpson Aggiungo che mente va intesa come sinonimo di intelletto (termine desueto). L'etimo della parola intelletto viene dal latino intelligere, che vuol dire "pensare", "comprendere", "capire", riuscire a leggere dentro le cose (intus legere). Non deve essere confusa con anima.
LUIGI64 Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 1 ora fa, simpson ha scritto: Devi fidarti di quello che dice un altro essere umano Ma se tali esperienze in varie epoche e luoghi diversi del globo dovrebbero, più o meno convergere, cosa dovremmo pensare...
LUIGI64 Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 1 ora fa, simpson ha scritto: condividere compiutamente Per la meditazione, non mi risulta Anzi direi che sia il contrario Si sperimenta una tecnica e si condividono le esperienze In fin dei conti, sono sempre molto simili... Il Buddha spesso sottolinea spesso questo aspetto empirico della pratica Si distacca dalle articolate congetture metafisiche e forse all' eccessivo attaccamento ai testi religiosi degli Induisti Purtroppo, queste cose per coloro che sono un po' al di fuori da tali contesti, non si conoscono sufficientemente
simpson Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 49 minuti fa, LUIGI64 ha scritto: Per la meditazione, non mi risulta Anzi direi che sia il contrario Si sperimenta una tecnica e si condividono le esperienze In fin dei conti, sono sempre molto simili... Il Buddha spesso sottolinea spesso questo aspetto empirico della pratica Si distacca dalle articolate congetture metafisiche e forse all' eccessivo attaccamento ai testi religiosi degli Induisti Purtroppo, queste cose per coloro che sono un po' al di fuori da tali contesti, non si conoscono sufficientemente Hai ragione quando dici che non le conosco compiutamente, ma quando dici ‘molto simili’, ‘pratica empirica’, mi stai dando ragione. Abbandoniamo per un momento il ‘tuo orticello’ e facciamo un parallelismo con la psicoterapia: troveremo la stessa difficoltà a costruire un lessico universalmente condiviso e, per quanti sforzi si facciano per oggettivizzare le emozioni e i sentimenti sulla base di un comune sentire, il mio amore materno, per esempio, è mio e solo mio, simile finché vogliamo, nei meccanismi e nella fenomenologia, a quello degli altri, ma non uguale, non indagabile con i metodi della scienza, non misurabile, non oggettivizzabile nel concreto. Possiamo, al più, vederne gli effetti sul comportamento. La pratica terapeutica diventerà l’incontro tra l’esperienza del terapeuta e l’unicità delle esperienze dell’assistito, puro empirismo. Non a caso, gli psicoterapeuti si formano sui casi specifici incontrati dai maestri. 1
LUIGI64 Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 Infatti, al di là della scuola psicoterapica particolare, probabilmente è la bravura e sensibilità dell'analista che fa la differenza 1
extermination Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 1 minuto fa, simpson ha scritto: Non a caso Non a caso taluni ( pochi o molti che siano) che si sottopongono a terapie, non trovano "soluzioni" adeguate al proprio caso.
simpson Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 24 minuti fa, extermination ha scritto: Non a caso taluni ( pochi o molti che siano) che si sottopongono a terapie, non trovano "soluzioni" adeguate al proprio caso. Niente di cui stupirsi, fallisce quotidianamente la medicina con tutta la mole di dati oggettivi che può raccogliere, figuriamoci
LUIGI64 Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 Per non parlare delle resistenze del paziente...
simpson Inviato 18 Agosto 2024 Inviato 18 Agosto 2024 E anche stavolta abbiamo inquinato il bel 3D di @Savgal… ne approfitto per ringraziarlo per aver spostato il focus sui temi della gnoseologia, non so se stimolato dal mio appunto nella discussione sulla scienza
LUIGI64 Inviato 19 Agosto 2024 Inviato 19 Agosto 2024 Comunque, per chi fosse interessato agli stati non ordinari di coscienza, rimando agli studi effettuati dalla psicologia transpersonale/integrale Le quali non disconoscono le scuole precedenti, ma ne ampliano il paradigma
briandinazareth Inviato 19 Agosto 2024 Inviato 19 Agosto 2024 il tema è fondamentale, uno di quelli che dalla filosofia si è spostato verso la scienza, con una accelerazione incredibile negli ultimi 20 anni. molti dei questiti e delle ipotesi dei pensatori del passato hanno delle risposte oppure sono divenuti falsificabili, nel senso di popper, e quindi divenuti oggetto di analisi scientifica e non solo di speculazione intellettuale. @Savgal ad esempio, proprio nel libro che stai leggendo sulla ia, troverai una parte che avrebbe fatto impazzire i filosofi del passato: la generalizzazione dei concetti. ovvero anche la ia può imparare il concetto generale di "albero" e "cavallo" (per certi versi anche meglio di come facciamo noi esseri umani), ma può farlo anche per la solitudine qualunque concetto astratto. quindi si può fare anche senza avere una coscenza come la immaginiamo e forse anche senza "essere". è interssante anche che la ia può incorrere in "overfitting", ovvero un eccesso di "riconoscimento" che somiglia in modo impressionante alle nostre allucinazioni e le associazioni che possiamo avere ad esempio quando c'è poca luce e il cervello cerca di trovare pattern riconoscibili, oppure sotto sostanze lisergiche o in caso di schizofrenia e altre patologie. un altro aspetto del quale non avevamo idea e che ha rivoluzionato tutto, è che la mente è molto meno unitaria di quanto abbiamo mai immaginato. possiamo perdere funzioni molto specifiche mantenendo tutto il resto, quindi continuando ad avere coscenza di noi e tutto quello che ci identifica come umani. ad esempio: esistono persone che hanno perso la cognizione del tempo (una cosa inimmaginabile per noi), che riconoscono gli oggetti ma non possono metterli in relazione con altro, oppure possono descriverli correttamente ma senza identificarli, l'afasia semantica che permette di usare il linguaggio anche correttamente ma senza capirne il senso. ci sono condizioni ancora più estreme è curiose che mostrano come anche piccolissime lesioni nel nostro cervello possono alterare o cancellare completamente alcune funzioni fondamentali, mantenendoci però coscienti e pensanti. quindi l'identificazione tra essere e pensiero diventa molto meno banale e indefinito. inoltre adesso conosciamo molto meglio i limiti della mente umana e sono limiti strutturali ed evolutivi, e sappiamo abbastanza bene come questo abbia impatto sul concetto di "essenza" e di "sostanza" di qualcosa. ed è fondamentalmente una questione di relazioni fra le cose e la maniera, anche totalmete arbitraria, che abbiamo di correlarle. sembrerebbe, tornando alla filosofia, che non esistano universali per l'uomo, ma solo modi di raggruppare le cose in virtù delle loro relazioni e poi nominarle (intuizioni in questo senso possiamo trovarle in wittgeinstein). questo si vede chiaramente nei vari linguaggi e nei diversi modi di nominare questi universali, che possono variare molto anche culturalmente. tutta la teoria degli insiemi ne è permeata, nel problema di come definire un insieme di simili.
Renato Bovello Inviato 19 Agosto 2024 Inviato 19 Agosto 2024 Creiamoci qualche nemico.Non ho compreso il senso di questo thread,nel senso che non ne comprendo,sicuramente per un mio limite,la finalita'. Ad una prima,seppur attenta lettura, sembra solo una dotta dissertazione fine a se stessa. Ebbene,se proprio volete fare i " fighi ", almeno scrivete in un italiano corretto . Il thread e' pieno zeppo di aberrazioni grammaticali e ortografiche da terza elementare che ,per buona creanza, evitero' di evidenziare. Prima di mandarmi ,piu' o meno legittimamente,a quel paese almeno provate ad apprezzare la sincerita'. Vi lascio proseguire scusandomi per l'interruzione e,soprattutto, per aver invaso uno spazio non mio. Il fatto e' che intravedo arroganza e mi procura fastidio .C'e' piu' modestia in un post di @mozarteum quando cita gli hotel " 100 " stelle super lusso da lui visitati che in un thread del genere. Felice,felicissimo di sbagliarmi. Buona giornata a tutti
LUIGI64 Inviato 19 Agosto 2024 Inviato 19 Agosto 2024 23 minuti fa, Renato Bovello ha scritto: Non ho compreso il senso di questo thread, Con rispetto, non ho compreso il senso del tuo ultimo post Non è importante, comunque ☺️
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