Max440 Inviato 25 Ottobre 2024 Autore Inviato 25 Ottobre 2024 29 minuti fa, simpson ha scritto: Mi sembrano mediamente molto migliori di quelli della mia generazione, più educati e tolleranti Mah ..... (ps: molto migliori non si dice )
Jack Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 46 minuti fa, CarloCa ha scritto: Premetto che alla scuola non ci ho passato molto tempo 😀 noooo,,, davveeeeroooo… e chi l’avrebbe mai detto 1
Jack Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 12 minuti fa, Max440 ha scritto: ps: molto migliori non si dice ) non è vero. Si può dire benissimo. Nella forma usata da @simpson è corretto ed usato. 1
Panurge Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/correttezza-di-molto-migliore-e-molto-maggiore/46
Amministratori cactus_atomo Inviato 25 Ottobre 2024 Amministratori Inviato 25 Ottobre 2024 hovissuto la scuola dalle due parti della barricata, ossia come studente e come insegnate. prima di parlre di scuol ci sono alcuni punti fermi. che valgono per utte le epoche e in particolare a) per gli studenti gli insegnanti sono "controparte", li possono rispettare ma li sentoo comunque come alterità b) l'adolescenza è l'età della ribellione contro il potere costituito (sia esso sciola famiglia ecc ecc) c) gli adolescenti hanno la necessità di organizzarsi per "reibu'", elabrando un loro liguaggio, un loro modo di vestire, di acconciarsi i capelli, un circolo chiuso in cui gli adulti non devono entrare. per gli adolescenti il gruppo è importante,ed è per questo che nella maggior parte dei casi le vittime de bullismo non si lamentano con i genitori (nia nipote si confidava con me e non cn i genitori) aggiungerei un utimi punto, in tempi lontani a scuola era un prvilegio, non c'era l'istruzine obbligatoria, andava a scuola se lo volevi; oggi con la scuola dell'obbligo è cambiato il rapporto scuola dicente, gli adulti consieììderano le scuole superiori una sorta di parcheggio dve depositare i figli per sentirsi più sicuri- per gli stufenti ad esempio opiare è normale ed anchepassare il compito agli altri, il problema che questa mentalità permane dopo la scuola, se ha senso passare il compito alla maurità non è sicuramente inyelligent passareil compito durante un concorso, fvorendo un diretto concorrente teniamo anche conto che i ragazzi non sanno cisa gli serve e csa li aspetta dopo la fne del percorso scolastico, quando insegnavo all'itis c'erabo due materie poco considerate, italiano e esercitazioni laboratorio e così ho dovuto spiegare che se dopo l'itis cercano un lavoro, nel pubblico dovrannompassare una prova di cultura generale (e senza italiano è dura) mentre nel privato gli metterano in mano uno strument. si pensa che i giovani di oggi siano diversi da quelli di ieri, ricordiamoci che i giovani hanno fatto il '68, il '77, sono state alla nbase del movimento fascista (giovineza non nasce a caso), i giovani hanno reso possibile il risorgimento (milano venezia roma curtatone ecc). oggi la ribellione si manifesta il altri modi ma la sostanza èla stessa.
UpTo11 Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 4 ore fa, Max440 ha scritto: imparare regole e comportamenti conformi alle aspettative degli adulti, come era in passato Messa giù così mi fa pensare più ad un centro di addestramento cinofilo che ad una scuola. Poi non capisco questa pretesa di soddisfare le aspettative degli adulti. Fossi un ragazzino risponderei, aò ma che vvoi da me? Ti devo qualche cosa? È una visione unidirezionale che vede nei bambini/ragazzini solamente dei recipienti da riempire di quello che ci pare. Ci siamo mai chiesti se gli adulti soddisfano le aspettative dei bambini/ragazzi? Io credo ne usciremmo parecchio male....
damiano Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 Secondo me il punto fondante è il riferimento ai "giorni nostri". Giusto stamattina leggevo che nel 2024 la retribuzione degli insegnanti è la più bassa di sempre. Ma ho scoperto l'acqua calda perché basta parlare con un insegnante per sapere che le retribuzioni sono basse. Immagino quindi che gli insegnanti, quelli che gestiscono la materia prima più preziosa, i nuovi italiani, lavorino con sentimenti contrastanti. I giovani di oggi, come scritto sopra, sono, in generale, eccellenti con potenzialità incredibilmente superiori a quelle disponibili ai tempi nostri. Per mettere a terra queste potenzialità ci vuole una scuola adeguata e penso, invece, che tutto dipenda da quanto il singolo professore sia in grado di dedicare anima e corpo, che è quello che ci vuole, a compiere questa missione. Sto cercando di dire che, ancora una volta, è questione di posteriore, se hai fortuna e ti capita un corpo insegnante "missionario" lo sviluppo del giovane avverrà in maniera consona alle sue potenzialità, ed il "diventare" sarà lineare e senza traumi. Se dice male..... Consiglio una lettura interessante, un libro di Pennacchioni sul tema dei "somari" e sul "diventare" https://images.app.goo.gl/KrPurJxcw8GZiyTJ9 Ciao D. 1
Panurge Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 34 minuti fa, UpTo11 ha scritto: ad un centro di addestramento cinofilo quello va bene per i primi tre anni di vita, zitto , seduto, fermo poi basta.
P.Bateman Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 2 ore fa, CarloCa ha scritto: Premetto che alla scuola non ci ho passato molto tempo 😀 Assolto.
Max440 Inviato 25 Ottobre 2024 Autore Inviato 25 Ottobre 2024 8 ore fa, UpTo11 ha scritto: Fossi un ragazzino risponderei, aò ma che vvoi da me? Ti devo qualche cosa? Direi che devi dare qualche cosa... cosa deve pensare, che gli è tutto dovuto? Che mamma e papà e insegnanti e tutto il mondo adulto siano lì solo a soddisfare i suoi bisogni? Ma anche no .... 1
Amministratori cactus_atomo Inviato 25 Ottobre 2024 Amministratori Inviato 25 Ottobre 2024 quando sono stato in turchia, una vita fa, avevo erguida una signora turce che parlava benissimo italiano (padre turco e madre italiana), lei mi diceva che era incazzatissima con i suoi nipoti italiani che pensavano che a scuola avessero il diritto di non far nulla ed essere promossi, mi diceva che in turchia la scula era aggratie ma se non rendevi ri sbatevano fuori senza pensarci due volte. la scuola dovrebbe incanalare la sana voglia dei giovani di camiare il mondo (lo so è utopia, m lasciamogli la speranza) non cercare di normalizzarne i comportamnti su un modello precostituito, ma evitando anche l'errore di far credere he si possa ottenere qualcsa senza sacrificio e che il domani per diritto divin sarà migliore di oggi ma il problema non è la scuola male famiglie, quando leggo di 12nni che vanno da sole in discoteca fono alle 3 di notte mi domando dove stanno i genitori 2
UpTo11 Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 51 minuti fa, Max440 ha scritto: cosa deve pensare, che gli è tutto dovuto? Perché tu pensi che oggi funzioni così? Che contatti hai col mondo della scuola di oggi?
Simo Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 @Max440 ma se non possono bocciare neanche se non sanno leggere e contare... Forse ora possono per la condotta. Per me è un disastro, se c'è un miglioramento nei giovani, che io non vedo, non et di certo grazie alla scuola. @Max440 ma se non possono bocciare neanche se non sanno leggere e contare... Forse ora possono per la condotta. Per me è un disastro, se c'è un miglioramento nei giovani, che io non vedo, non et di certo grazie alla scuola. @Max440 ma se non possono bocciare neanche se non sanno leggere e contare... Forse ora possono per la condotta. Per me è un disastro, se c'è un miglioramento nei giovani, che io non vedo, non et di certo grazie alla scuola.
UpTo11 Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 1 minuto fa, Simo ha scritto: ma se non possono bocciare neanche se non sanno leggere e contare... Mio figlio ha in classe tre ripetenti quest'anno.
Simo Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 @UpTo11 m'immagino non riescano neanche col gioco delle forme da mettere alloro posto,.oppure sono senza genitori (che a vomte è meglio). Ho amici insegnanti, mi dicono che è così, poi non so, non ho figli ma ci vivo in mezzo d'estate e mi capitano anche da fare lavorare. Direi uno su 10 è passabile e sopra la media di una volta, manualmente sono tutti impediti. Ho anche due nipoti fantastiche ma nella massa sono mosche bianche (imo)
Savgal Inviato 25 Ottobre 2024 Inviato 25 Ottobre 2024 GLI ANIMALI DA VOTO Pochi mesi fa nel leggere il saggio di Max Weber “La scienza come professione”, mi ha colpito un passaggio che recita: “Il ragazzo americano impara incomparabilmente meno del nostro. Nonostante un’incredibile quantità di esami, … non è ancora diventato, per quanto riguarda il senso della sua vita scolastica, un «animale da esami», come lo è il ragazzo tedesco”. Leggendola ho pensato ai comportamenti e alle reazioni dei nostri studenti e dei loro genitori, al clima che si respira in tantissime scuole. Penso non sia un errore dire, parafrasando la citazione di Weber, che i nostri ragazzi si sentono e si comportano come “animali da voto” ed in questi termini interpretino la loro vita scolastica. La scuole è vissuta e percepita come qualcosa di simile ad un allevamento, in cui l’insegnamento diviene un alimento di cui gli studenti si nutrono e questo nutrimento deve produrre dei “voti”. Se il voto non corrisponde alle aspettative di coloro che hanno procreato (i genitori) questi particolari animali, i nostri studenti, costoro contestano la qualità dell’alimento dato in pasto, che non ha consentito ai loro piccoli di produrre il voto atteso. Ai genitori, ma purtroppo anche agli stessi studenti, pare importare ben poco di cosa si è appreso, di quanto abbia potuto contribuire alla crescita dei ragazzi, la sola cosa importante è il voto e che sia ampiamente positivo. Il voto pare essere divenuto la sola ragion d’essere della scuola. È una distorsione, un tradimento del ruolo dell’insegnante e della finalità dell’insegnamento. Non solo, in questa distorta rappresentazione lo studente non è più considerato una persona. L’art. 1 del Testo Unico (D.Lgs. 297/1994) coniuga la formazione delle personalità degli alunni con la libertà di insegnamento, “la piena formazione della personalità degli alunni” è la ragion d’essere dell’esercizio della libertà di insegnamento, richiamando indirettamente l’art. 2 della Costituzione. Nella rappresentazione distorta in cui la sola finalità delle studio diviene il voto, la formazione della personalità dello studente è obliata, anzi in questo tradimento del ruolo della scuola non vi sono più persone da formare, bensì soggetti da addestrare in risposta agli stimoli che sono loro trasmessi, in uno schema pavloviano in cui non vi sono più persone, ma appunto “animali” da allevare ed addestrare. Scriveva nel 1967 don Lorenzo Milani in “Lettera ad una professoressa”: “E’ l’aspetto più sconcertante della vostra scuola: vive fine a se stessa. Anche il fine dei vostri ragazzi è un mister. Forse non esiste, forse è volgare. Giorno per giorno studiano per il registro, per la pagella, per il diploma. E intanto si distraggono dalle cose belle che studiano. Lingue, storia, scienze, tutto diventa voto e null’altro. Dietro quei fogli di carta c’è solo l’interesse individuale. Il diploma è quattrini. Nessuno lo dice, ma stringi stringi il succo è quello. Per studiare volentieri nelle vostre scuole bisognerebbe essere arrivisti a 12 anni. A 12 anni gli arrivisti sono pochi. Tant’è vero che la maggioranza dei vostri studenti odia la scuola. Il vostro invito volgare non meritava altra risposta.” Don Milani scriveva queste considerazioni alla fine degli anni ’60 del secolo scorso. A distanza di oltre 50 anni si può affermare che quanto sosteneva don Milani non è per nulla superato, anzi ha assunto forme ancora più esasperate. Che la gran parte degli studenti non ami per nulla la scuola è esperienza quotidiana di coloro che nelle scuole ci lavorano. Il primo biennio di in un istituto professionale sono un calvario per i docenti. Sarebbe il caso di non chiamarlo insegnamento, bensì il susseguirsi di tentativi di gestire ragazzi che alla scuola guardano con una ostilità per nulla celata. Nei licei il clima che si respira appare diverso, ma non lo è nella sostanza. Sono tanti i ragazzi a cui la scuola non piace affatto, lo testimoniano i tanti casi di disagio psicologico moltiplicatisi in questi ultimi anni e che aumentano ogni giorno. Ascoltando i ragazzi si rileva come il clima generale nelle classi dei licei somigli sempre di più a luoghi di lavoro conflittuali. Ma nei luoghi di lavoro ci sono colleghi e superiori, in classi dovrebbero esserci insegnanti e “compagni”. L’etimo di compagno (cum panis, colui che mangia il pane con un altro) non corrisponde affatto alle relazioni che vi sono tra studenti della stessa classe, più che il pane non pochi condividono il fiele, in relazioni che oscillano tra indifferenza ed ostilità. L’ostilità è alimentata da non pochi docenti adepti di una “pedagogia della sofferenza” per la quale l’apprendimento consegue dal dolore. A ciò si coniuga la competizione per il voto, purtroppo alimentata dagli stessi docenti che vedono nella competizione e nel voto la ragione principale, quando non l’unica, dell’impegno allo studio e genitori che condividono con quei docenti, per ragioni molto diverse, l’idea che la sola motivazione allo studio è la competizione. Per entrambi i ragazzi sono “animali da voto”, per entrambi devono produrre il prodotto desiderato, un voto ampiamente positivo. Quel voto rassicura il docente sul lavoro svolto e gratifica la vanità, il narcisismo dei genitori. Non poche volte ci si trova dinanzi genitori convinti che i loro figli siano intelletti superiori e che reagiscono a valutazioni delle prove men che ampiamente positive al pari che quelle valutazioni non le si fosse fatte alla prova o all’interrogazione, ma alla loro persona. Da docente quelle reazioni mi facevano tornare alla mente un passaggio di “Introduzione al narcisismo” di Sigmund Freud, in cui l’autore scriveva “L'ottimo indizio della sopravvalutazione, di cui abbiamo già apprezzato il valore come stigma narcisistico per quel che attiene alla scelta oggettuale, costituisce, com'è noto, l'elemento dominante di questa reazione emotiva. Si instaura in tal modo una coazione ad attribuire al bambino ogni sorta di perfezione di cui non esiste indizio alcuno se lo si osserva attentamente, nonché a dimenticare e coprire ogni sua manchevolezza ... Al tempo stesso esiste nei genitori la tendenza a sospendere in favore del bambino tutte le acquisizioni della civiltà al cui rispetto essi stessi hanno costretto il proprio narcisismo, e a rinnovare per lui la rivendicazione di privilegi a cui d a tempo hanno rinunciato. ... Il bambino deve appagare i sogni e i desideri irrealizzati dei suoi genitori: il maschio deve diventare un grand'uomo e un eroe in vece del padre, la femmina deve andar sposa ad un principe segno di riparazione tardiva per la madre. ... L'amore parentale, così commovente e in fondo così infantile, non è altro che il narcisismo dei genitori tornato a nuova vita ...”. E’ questo narcisismo imperante che rende ogni giorno più difficile il ruolo educativo degli insegnanti e della scuola, che pare essere divenuto uno dei pochissimi luoghi in cui si cerca di far comprendere e rispettare le regole della convivenza civile. Educare al rispetto delle regole implica che l’educatore goda di adeguata considerazione nell’ambito sociale e, conseguentemente, in coloro da educare. Scriveva C. Wright Mills in “Colletti bianchi: la classe media americana” all’inizio degli anni ’50 del secolo scorso: “Gli insegnanti, specialmente quelli elementari e medi, sono il proletariato economico dei professionisti. Questi servitori periferici del sapere formano il gruppo di occupazione più consistente nella piramide dei professionisti, nella quale figurano con una percentuale del 31% circa. … L’aumento delle iscrizioni e i conseguenti metodi di di produzione in serie in campo didattico hanno reso la posizione del professore del college meno ricercata di un tempo. Anche se il suo prestigio, specialmente nei grandi centri, è considerevolmente superiore a quello dell’insegnante di scuola pubblica, questa posizione generalmente non attrae i giovani delle famiglie colte del ceto superiore.” Wright Mills anticipava quanto è avvenuto più recentemente in Italia. Il reddito è divenuto il criterio prioritario che definisce la considerazione che la società attribuisce ai diversi attori sociali e pertanto gli insegnanti sono la categoria di professionisti meno considerata. Coloro che sono collocati al di sotto nella gerarchia sociale, considerano un insegnante un suo pari, anzi una persona che avrebbe “sprecato” anni della sua vita per conseguire un titolo di studio che non gli ha affatto consentito di “fare soldi”. Coloro che hanno redditi più alti non poche volte considerano gli insegnanti poco più che operai. Entrambe le due categorie, e non solo, si sentono spesso in diritto di esprimere, implicitamente e talvolta esplicitamente, considerazioni e valutazioni sul lavoro svolto dall’insegnante in cui si intravede il retro-pensiero che quel lavoro sarebbero in grado di farlo anche loro. Si intravede anche la considerazione che hanno della scuola e della ragione per cui i figli devono frequentarla. I ragazzi devono ottenere dei voti, che devono essere positivi, e gli insegnanti alimentare i loro figli affinché producano questi voti. Sostanzialmente gli animali da voto hanno semplicemente bisogno di un pastore. Emerge dalle considerazioni, implicite ed esplicite, e dai comportamenti reali che non è per nulla considerato quello che è il ruolo fondamentale dell’insegnante, sostenere e guidare la formazione della persona. La scuola deve essere il luogo in cui si apprende la “cultura”, che non è sterile nozionismo, come è generalmente inteso. Scriveva Kant nella “Critica del giudizio”: “… la produzione, in un essere ragionevole, della capacità di scegliere i propri fini, e quindi di essere liberi è la cultura. Perciò la cultura soltanto può essere lo scopo ultimo che la natura abbia ragione relativamente alla specie umana … Ma non ogni cultura è sufficiente per questo scipo ultimo della natura. … L’ultima condizione di questa capacità si potrebbe chiamare cultura dell’educazione, … è negativa; e consiste nella liberazione dalla volontà del dispotismo degli appetiti, per cui … diventiamo incapaci perfino di scegliere … secondo ciò che esigono i fini della ragione.” Ma ciò può avvenire solo se nel processo di formazione lo studente apprende davvero. La cultura non è nozionismo, anzi psittacismo per molti; la cultura deve essere intesa come un patrimonio personale, un insieme ben strutturato di conoscenze divenuto “carne e sangue”. Il possesso della cultura così inteso non è una questione confinata all’ambito scolastico, ma tocca il tema ben più ampio della tenuta di un sistema democratico. Le scelte politiche nelle democrazie liberali sono state fatte fino a pochi anni addietro dai partiti. L’elettore aderiva al partito in ragione della sua base ideologica e delegava indirettamente i suoi vertici a compiere tali scelte. Inoltre le sedi locali dei partiti vedevano la partecipazione dei militanti e i dirigenti di partito operavano una sintesi delle posizioni espresse. È un dato di fatto che i partiti hanno perso quasi completamente questo ruolo e i caratteri che la ricerca sociale attribuiva nel secolo scorso alla società di massa (anonimato dei rapporti interpersonali, conformismo, apatia politica, suggestionabilità) sono divenuti dominanti. Ne consegue una concezione distorta della democrazia per cui questa si limiterebbe ad elezioni libere e segrete ad intervalli regolari. Si rimuove il fatto che per fruire dei diritti di cittadinanza in una democrazia sono necessari livelli di istruzione mediamente elevati, la cultura di cui sopra, che rendano i cittadini non ingannabili e/o manipolabili e i social media dimostrano quotidianamente quanto sia divenuto facile ingannare e manipolare. Per le scelte sulle questioni di maggior interesse un sistema democratico deve consentire l’espressione di una pluralità di punti di vista e di interessi in gioco, cui deve corrispondere un sistema informativo che consenta di venirne a conoscenza. Ma a ciò deve a sua volta corrispondere un sistema di istruzione che formi cittadini in possesso di quella cultura che consenta loro una valutazione adeguata delle proposte in campo. I comportamenti di un cittadino di una democrazia ideale dovrebbero essere caratterizzati da rigore logico e razionalità argomentativa, diffidenza per la demagogia, autonomia, consapevolezza dei propri diritti nei confronti dei poteri pubblici e privati, amore per la libertà. Il cittadino di una democrazia deve possedere un patrimonio culturale sufficientemente ampio, molto più grande di quello che sarebbe stato sufficiente nel recente passato. È un patrimonio culturale che deve comprendere sia gli studi umanistici, letterali, storico-filosofici ed artistici, sia solide basi di cultura scientifica, nonché attività manuali che facciano comprendere il rapporto indissolubile che intercorre tra teoria e pratica. Tutto ciò può essere appreso in un sistema di istruzione pubblico che svolga adeguatamente il suo ruolo. A loro volta i nostri “animali da voto” devono comprendere che lo studio, l’apprendimento non è finalizzato al voto, ma alla formazione della loro persona, della loro intelligenza, del loro spirito critico. Devono comprendere che tutte le discipline sono importanti per conseguire questi obiettivi e non solo, come purtroppo spesso accade nelle secondarie superiori, le materie caratterizzanti la scuola e l’indirizzo che hanno scelto. Le finalità di questa idea di scuola, distante da quella che purtroppo oggi domina, può essere sintetizzata nella celebre terzina del Sommo Poeta nel Canto ventiseiesimo dell’Inferno: Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". 1
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