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Dopo la morte c'è un'altra vita?


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Inviato

Ne prendo atto

Ma il punto era un altro, come già spiegato

Non riguardava il censimento tra gli scienziati credenti e atei

Ma come sappiamo, non vige il principio di autorità, pertanto tale regola vale per tutti, nessuno escluso 😊...interessante è proprio studiare, dal mio punto di vista, le varie versioni riguardo la morte e aldilà 

Non ho posizioni da difendere

Posso preferire alcune ipotesi rispetto ad altre, ma non è importante

Inviato
2 ore fa, LUIGI64 ha scritto:

A me sembra un po' il gioco delle 3 carte 

Ma ne prendo atto...

😂 P.s.

Non sono d'accordo, hanno cultura scientifica e strumenti di valutazione, molto superiore ai nostri

Attenzione, non dico che quello che affermano sia non confutabile, tutt'altro, ma certamente più degno di nota rispetto a tanti altri

Parliamo anche di premi Nobel

Capisco che il principio di autorità non esiste

Ma neanche disconoscere completamente quello che affermano...

Mah

La metafisica non è materia della scienza. Poi dici che sanno di scienza ma quale scienza? certo sanno di fisica, di matematica, ma sanno di psicologia, di fisiologia, di antropologia, di filosofia della scienza, di filosofia? Questo genere di discorsi vanno affrontati multidisciplinarmente.

per esempio, Faggin lo dice all’inizio: nonostante il grande successo, non era soddisfatto, sentiva un vuoto nella sua vita. Lui lascia intendere che ci fosse qualcosa che lo chiamava, che lo ispirava ad approfondire, a me invece viene in mente il poster che Moulder teneva in ufficio, quello con l’ufo e la scritta ‘I want to believe’.

Ti faccio un esempio pratico: premessa, ho problemi neurologici; qualche tempo dopo la morte di mio padre, quando chiudevo gli occhi per dormire, ‘vedevo’ una luce molto forte, come se qualcuno mi puntasse un faro sugli occhi.. aprivo gli occhi, la luce spariva. Ho dato alla cosa l’importanza che meritava e poco dopo è passato tutto. Ma metti che fosse stata una persona che, dopo una grave perdita, avesse tratto grande sollievo da un libro sugli angeli custodi….

 

Inviato
2 minuti fa, simpson ha scritto:

Ma metti che fosse stata una persona che, dopo una grave perdita, avesse tratto grande sollievo da un libro sugli angeli custodi….

Hai ragione

Ma per una interpretazione corretta, è necessario iniziare con le spiegazioni più probabili e non partire per la tangente con bislacche ipotesi

Questa è buona regola da adottare sempre

Inviato

Ma se fossi venuto qui a dire che la luce in realtà era mio padre che mi diceva che un giorno avrei visto una forte luce che mi avrebbe infuso grande tranquillità, ecc ecc penso che qualcuno che ci credeva lo trovavo

Inviato
27 minuti fa, briandinazareth ha scritto:

Una cosa interessante è che anche in questa discussione le persone che credono alla vita dopo la morte la pensano in maniera diversissima e inconciliabile, ma questa differenza scompare di fronte a chi non trova motivi validi per pensarlo.

Fenomeno ben indagato da Tajfel con gli esperimenti sugli infermieri e i medici

Inviato
12 minuti fa, simpson ha scritto:

per esempio, Faggin lo dice all’inizio: nonostante il grande successo, non era soddisfatto, sentiva un vuoto nella sua vita. Lui lascia intendere che ci fosse qualcosa che lo chiamava, che lo ispirava ad approfondire,

A me Faggin non convince totalmente 

Mi pare molto centrato su di sé (narcisismo?), propone le sue teorie come se fossero rivoluzionarie e salvifiche

Non citando le fonti e autori, a cui fa spesso implicitamente riferimento

Non mi pare corretto

La cosa curiosa è che il padre ha tradotto Plotino (Enneadi) in italiano, filosofo e studioso di mistica e platonismo

Dovrei avere il suo libro su Plotino..

Il figlio, certamente non a caso, riferendosi al creatore/Dio lo chiama Uno

3 minuti fa, simpson ha scritto:

penso che qualcuno che ci credeva lo trovavo

Questo è poco ma sicuro

Inviato
1 minuto fa, LUIGI64 ha scritto:

A me Faggin non convince totalmente 

Mi pare molto centrato su di sé (narcisismo?), propone le sue teorie come se fossero rivoluzionarie e salvifiche

Non citando le fonti e autori, a cui fa spesso implicitamente riferimento

Non mi pare corretto

La cosa curiosa è che il padre ha tradotto Plotino (Enneadi) in italiano, filosofo e studioso di mistica e platonismo

Dovrei avere il suo libro su Plotino..

Il figlio, certamente non a caso, riferendosi al creatore/Dio lo chiama Uno

Faggin è il classico veneto creativo, è una categoria dello spirito, mi ricorda molto mio padre e dici bene quando parli di narcisismo/egocentrismo, ha un po’ a che fare con noi vicentini

Inviato
Adesso, simpson ha scritto:

narcisismo/egocentrismo

Se lo dici tu che sei del settore, c'è da crederci

La mia era solo una percezione 

😊

 

Inviato
Adesso, LUIGI64 ha scritto:

Se lo dici tu che sei del settore, c'è da crederci

La mia era solo una percezione 

😊

Sono solo laureato in psicologia, mai esercitato 

Inviato
Adesso, simpson ha scritto:

Sono solo laureato in psicologia

Pensavo terapeuta

Non ha importanza, certamente ne sai più di me ☺️

Inviato

Mi sembra alquanto interessante, per capire meglio l'approccio buddhista alla questione, riportare questi atri brani tratti dal testo precedentemente citato

--

In particolare, possiamo coltivare due ingredienti fondamentali per essere felici in questa esistenza, nel bardo e nelle vite future: la compassione e la saggezza.

La compassione è il desiderio di alleviare la sofferenza di tutti gli esseri. È importante imparare a coltivarla sia verso noi stessi sia verso gli altri, indipendentemente da chi siano o dal fatto che ci piacciano.

Ma come può aiutarci questo? Generando compassione per gli altri, riusciamo a ridurre l’afferrarci e il supporto al nostro ego. Questi due aspetti sono due facce della stessa medaglia.

Quando la mente osserva la situazione esclusivamente dal punto di vista del suo impatto su “me” e “io”, automaticamente ci vediamo separati dagli altri. Notiamo le differenze ed emettiamo giudizi basati sulla distinzione tra “io” e “altro”. Questo atteggiamento mentale rafforza ulteriormente il sostegno della nostra identità personale. E sappiamo che all’aumentare dell’afferrarsi all’ego corrisponde un incremento del karma negativo. In parole semplici, se siamo eccessivamente concentrati su noi stessi non potremo mai raggiungere una felicità interiore duratura.

Coltivare la compassione non solo crea buon karma, ma ridimensiona anche il nostro senso di separazione. Questo influisce positivamente sul nostro modo di relazionarci con noi stessi. L’impatto del pensiero incentrato su “me” e “io” si attenua. Di fatto il nostro stato naturale di esistenza incorpora un forte senso di compassione per gli altri, oltre che per noi stessi. Il Dalai Lama spesso affronta in modo approfondito questo tema: “Quando nutriamo amore e gentilezza verso gli altri, non solo li facciamo sentire amati e custoditi, ma contribuiamo anche a sviluppare la felicità e la pace in noi stessi”. Inoltre afferma: “Se desideri che gli altri siano felici, pratica la compassione. Se desideri essere felice, pratica la compassione”.

Coltivare un atteggiamento compassionevole rappresenta un elemento fondamentale per la felicità personale in questa vita, e costituisce altresì un requisito cruciale nell’attraversare il bardo della morte, il bardo della luminosità e il bardo del divenire.

La saggezza

Coltivare la saggezza è il secondo elemento chiave per condurre una vita felice e garantirsi un’esperienza migliore nel bardo e nelle vite future.

La saggezza, come insegnò il Buddha, consiste nel vedere la realtà con esattezza, senza illusioni.

In precedenza ci siamo chiesti: il nostro “sé” esiste? Sì e no. Esiste, ma non nel modo in cui siamo soliti pensare. Il nostro sé cambia e si evolve continuamente. Non possiede alcuna esistenza permanente, e perciò diciamo che il sé è vuoto di esistenza intrinseca. Quanto più siamo in grado con il tempo di comprendere che il nostro sé è impermanente e in continuo mutamento, tanto più possiamo sentirci liberi e vivere in una condizione di maggiore libertà.

L’impermanenza non riguarda solo il nostro sé, ma tutto ciò che esiste. Cambiano le persone, le cose e le situazioni. Giungere alla comprensione della transitorietà può essere doloroso, ma può anche essere liberatorio. Questa comprensione ci aiuta a ridurre il nostro afferrarci; dopotutto non c’è nulla di solido a cui aggrapparci. L’afferrarci a qualcosa che non esiste provoca grande sofferenza quando la vita ci getta in faccia la realtà e scopriamo che stavamo inseguendo nient’altro che un’illusione.

L’impermanenza ci consente di vedere come siamo tutti interconnessi. Il cambiamento avviene quando qualcosa lo causa ; non si verifica indipendentemente da altro. La “legge di causa ed effetto”, ossia il karma, rappresenta un altro modo per comprendere come tutti noi siamo dipendenti e correlati gli uni agli altri. Tutto ciò che ci accade è il risultato di qualcosa o qualcuno.

Il grande maestro zen Thich Nhat Hanh chiamava questo fenomeno “interessere”, e lo descrisse in questo modo così eloquente:

Vacuità non vuol dire nullità. Affermare che siamo vuoti non significa che non esistiamo. Che qualcosa sia pieno o vuoto, è evidente che innanzitutto tale cosa deve essere presente. Quando diciamo che una tazza è vuota, essa deve trovarsi lì per poter essere vuota. Quando diciamo di essere vuoti, intendiamo che dobbiamo trovarci lì per essere vuoti di un sé permanente e separato. Circa trent’anni fa cercavo una parola inglese per descrivere la nostra profonda interconnessione con ogni altra cosa. Mi piaceva la parola togetherness (unione, solidarietà), ma alla fine coniai il termine interbeing (interessere). Il verbo “essere” può risultare fuorviante, perché non è possibile esistere da soli: “essere” è sempre “interessere”. Combinando il prefisso “inter” con il verbo “essere”, otteniamo un nuovo verbo, “interessere”. L’interessere e l’azione di interessere riflettono più accuratamente la realtà. Intersiamo gli uni con gli altri e con tutta la vita.

La comprensione della vacuità e dell’impermanenza costituiscono elementi essenziali per essere felici in questa vita, così come nel corso del periodo in cui ci avviciniamo alla morte (il bardo della vita), nel momento stesso della morte (il bardo della morte) e oltre (il bardo della luminosità e il bardo del divenire).

 

 

 

 

 

Inviato

Faggin spesso, afferma una cosa del genere...mi pare però non abbia mai fatto esplicito riferimento a R. Penrose:

Un collegamento alternativo tra coscienza e meccanica quantistica è descritto da Roger Penrose, vincitore del premio Nobel nel 2020, che insieme a Stephen Hawking ha chiarito molte proprietà dei buchi neri. Secondo Penrose, la mente stessa è un fenomeno quantistico e la meccanica quantistica la rende speciale. Nel 1989, ne La mente nuova dell’imperatore , Penrose aveva sostenuto che, dato che la nostra mente sembra capace di svolgere compiti che nessun computer sarebbe in grado di svolgere, la spiegazione deve risiedere in un settore al di là della fisica classica e che l’unico candidato possibile sarebbe la misteriosa meccanica quantistica

Tratto da: L'Uno. L'idea antica che contiene il futuro della fisica di Heinrich Päs (Heinrich Päs è docente di Fisica teorica presso la Technische Universität Dortmund in Germania.Ha conseguito il Ph.D. presso l’Università di Heidelberg e ricoperto incarichi presso la Vanderbilt University e l’Università dell’Alabama, svolgendo ricerche al CERN, al Fermilab, al Laboratorio del Gran Sasso e altrove. Päs ha scritto per «Scientific American» e «New Scientist»)

 

Inviato
20 minuti fa, LUIGI64 ha scritto:

Nel 1989,

praticamente il giurassico rispetto a quello che i computer fanno oggi, il che smonta un po' la spiegazione che si da Penrose.

Inviato
27 minuti fa, Panurge ha scritto:

spiegazione che si da Penrose

Non lo so, aveva concepito una teoria, se la trovo la posto..dovrebbe essere ancora in piedi 

Faggin continua ad affermarlo 

Vabbè 

briandinazareth
Inviato

le teorie di penrose non solo non hanno alcuna prova ma sono state smontate innumerevoli volte. 

inoltre parlava di algoritmi e della programmazione umana, cosa ormai totalmente superata.

ma la cosa che più contrasta con le esperienze è il legare l'intelligenza alla coscienza, e ci sono moltissimi casi che dimostrano la presenza di una delle due senza l'altra (in genere per malattie o traumi cerebrali). 

ma tornando in topic: comunque penrose ha sempre sostenuto che alla morte del cervello non rimane niente di noi e della nostra coscienza.

Inviato

Comunque era un fisico e non un neuroscienziato e quindi le sue erano parole in libertà.


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