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Good religion trascendenza/mistica


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Inviato

La verità era uno specchio che cadendo dal cielo si ruppe. Ciascuno ne prese un pezzo e vedendo riflessa in esso la propria immagine, credette di
possedere l'intera verità.

(Rumi)

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La verità era uno specchio che cadendo dal cielo si ruppe. Ciascuno ne
prese un pezzo e vedendo riflessa in esso la propria immagine, credette di
possedere l'intera verità.

(Rumi)

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Ci siamo arricchiti in sapere, ma non in saggezza.

C.G. Jung

Inviato

 

La psicologia, al suo sorgere, si è sviluppata in accordo con il modello scientifico e, quindi, si è indirizzata allo studio della dimensione umana secondo canoni oggettivisti e razionalisti che hanno colto solo l’aspetto più materiale della psiche. Nella prima psicologia di stampo psicoanalitico, la natura dello psichismo delineata nel suo aspetto istintuale, e l‘“io” visto come un sottoprodotto degli istinti e non ha altra autonomia che quella di arbitrare le transazioni tra pulsione sessuale e mondo sociale.

Per quanto, come dice Bettelheim, la chiave di lettura dell’opera di Freud sia stata riduttiva della sua umanistica visione dell’uomo ed abbia misconosciuto un più profondo senso dell’anima delineato dal padre della psicoanalisi, la descrizione che Freud dà della natura umana non sembra accennare a potenzialità creative o spirituali della psiche e, quando tali elementi sono presenti, vengono considerati un sottoprodotto degli istinti o un’espressione patologica.

Il comportamentismo non si è dissociato dal modello biologico della psiche, cogliendo solo le risposte condizionate dagli stimoli ambientali e giudicando l’uomo non molto oltre un animale pensante. La psicologia umanistica ha ampliato il modello di un uomo predeterminato dagli istinti, volgendosi allo studio delle funzioni dell‘“io” e riconoscendo a quest’ultimo un’autonomia rispetto all’inconscio, quindi rispetto all’istintualità

L’accento posto dai pionieri del movimento umanistico (Maslow, May, Walsh, Assagioli, ecc.) sulle potenzialità della psiche 

determina l’allargamento della ricerca della psicopatologia alle qualità dell’uomo sano ed in particolare a quelle della persona di geniale talento. Con la psicologia umanistica la visione dell’uomo si amplia nel senso che si riconosce all‘“io” la possibilità di autodeterminarsi e di autotrascendersi attraverso l’uso della volontà, e la psicoterapia diventa strumento di crescita oltre che di cura.

Il quarto momento della psicologia, dopo la psicoanalisi, il comportamentismo e la psicologia umanistica, rappresentato dalla psicologia transpersonale. Sorta negli Stati Uniti d’America dalle fila pi evolute della psicologia umanistica, vanta tra i suoi pionieri l’italiano Roberto Assagioli e si erge sui pilastri delle teorie di Jung e di Maslow. La psicologia transpersonale si indirizza allo studio di ci che oltre la personalità definita quale complesso corporeo ed emotivo-mentale, e ricerca la dimensione “alta” dell’uomo, relativa alla creatività superiore, alla spiritualità ed alla conoscenza intuitiva. “Transpersonale” significa ci che oltre la “persona” quale maschera intessuta di credi definiti nello spaziotempo, ovvero quale “io” particolare con un nome ed una forma: tale dimensione riguarda potenzialità contenute nel livello inconscio superiore definito da Assagioli “supercosciente”, ed evidenziato in personalitàdotate di particolare talento ed in stati di coscienza superiori che Maslow ha definito “esperienze di vetta”

Tratto da:

 

 

 

 

 

 

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Ciò che la mente inventa, la mente distrugge. Ma il reale non è inventato e non può essere distrutto 

(Sri Nisargadatta Maharaj)

Inviato

Qual è la coscienza? Non è forse la sensazione di essere presenti, di essere vivi? E questo senso di presenza cosciente non ha nulla a che fare con la presenza di un individuo in particolare: è il senso della presenza consapevole in quanto tale

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Quando vedo che non sono nulla, questa è saggezza. Quando vedo che io sono tutto, questo è amore. E tra le due cose, la mia vita scorre

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Un uomo dovrebbe essere in rivolta permanente contro se stesso perché l'ego si contrae e si distorce come uno specchio concavo. È il peggiore dei tiranni, perché ti domina totalmente.

(Nisargadatta Maharaj)

Inviato

 La religione ha anche svolto la funzione di solito, in una minoranza molto, molto piccola di garantire una trasformazione radicale e liberatoria. Tale funzione della religione non fortifica il sé individuale, ma lo scuote dalle fondamenta. Non la consolazione, ma la distruzione; non il consolidamento, ma il vuoto; non il compiacimento, ma l'esplosione; non il conforto, ma la rivoluzione. In breve, non un sostegno tradizionale alla coscienza, ma una trasmutazione e una trasformazione radicali nel più profondo della consapevolezza stessa.
Esistono molti modi per definire queste due importanti funzioni della religione. La prima funzione cioè creare significato per il sé è una forma di movimento orizzontale; la seconda funzione quella della trascendenza del sé è una forma di movimento verticale (più elevata o profonda, a seconda della tua metafora). La prima l'ho definita 'traslazione', la seconda trasformazione'.
Con la traslazione, al sé viene semplicemente offerto un nuovo modo di pensare o percepire la realtà. Al sé si dà un nuovo credo: forse olistico invece che atomistico, relazionale invece che analitico, esaltando magari il perdono anziché il biasimo. A quel punto, il sé impara a traslare il suo mondo e il suo essere nei termini di questo nuovo credo, linguaggio o paradigma; e tale nuova e affascinante traslazione riesce, almeno temporaneamente, ad alleviare o diminuire il terrore innato nel cuore del sé individuale.
Ma con la trasformazione, questo stesso procedimento di traslazione viene sfidato, osservato, eroso alle fondamenta e infine smantellato. Con la tipica traslazione si offre al sé (o al soggetto) un nuovo modo di concepire il mondo (o gli oggetti); ma con la trasformazione radicale il sé viene indagato, analizzato, afferrato per la gola e letteralmente strangolato fino alla morte.
Per finire, mettiamola così: con la traslazione orizzontale che è di gran lunga la funzione della religione più diffusa, prevalente e condivisa il sé diventa, almeno temporaneamente, felice nella sua avidità, contento nella sua schiavitù e soddisfatto di fronte a quel terrore che è, in realtà, la sua condizione intima. Con la traslazione, il sé entra come un sonnambulo nel mondo, inciampa miope e intontito nell'incubo del samsara, si aggira nel pianeta con l'aiuto della morfina. Ma questa, in realtà, è la condizione comune dell'umanità religiosa, la stessa che i seguaci della spiritualità trasformativa o radicale sono arrivati a sfidare e, infine, distruggere.
Infatti, la trasformazione autentica non riguarda il credere, ma la morte di colui che crede; non è questione di traslare il mondo, ma di trasformarlo; si tratta di trovare non il sollievo, ma l'infinito dall'altro lato della morte. Il sé non viene appagato, ma ucciso.
Ebbene, anche se sto chiaramente prendendo le parti della trasformazione a scapito della traslazione, la realtà è che entrambe, da un punto di vista generale, sono incredibilmente importanti ed essenziali.

(Ken Wilber)

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