LUIGI64 Inviato 27 Ottobre Autore Inviato 27 Ottobre @densenpf interessanti risposte fornite da AnandamayMa inerenti allo Yoga Domanda: Quali sono i benefici che si possono trarre dall’hatha yoga, quali gli svantaggi? Mataji: Che significa ‘hatha’? Fare qualcosa con forza. ‘Essere’ è una cosa e ‘fare’ è un’altra cosa. Quando c’è ‘essere’, c’è la manifestazione del prana in un determinato centro del corpo. D’altra parte, se si pratica l’hatha yoga come un semplice esercizio fisico, la mente non sarà minimamente trasformata. Con l’esercizio fisico si sviluppa la buona salute del corpo. Si sente spesso parlare di casi in cui l’abbandono della pratica delle posizioni yoga e simili causa disordini fisici. Il corpo s’indebolisce per mancanza del giusto nutrimento, così anche la mente ha bisogno del cibo adatto. Quando la mente riceve il giusto sostentamento, l’uomo avanza verso Dio; ma curando solo il nutrimento del corpo si accresce l’attaccamento al mondo. La mera ginnastica è nutrimento per il corpo. Ora, riguardo al ‘fare’, lo sforzo che si sostiene conduce all’essere senza sforzo; in altre parole, viene finalmente trasceso ciò che si è ottenuto con la pratica costante; alla fine tutto viene spontaneo. Fino a quando non accade questo, non è possibile comprendere l’utilità dell’hatha yoga. Quando l’abilità fisica che deriva dall’hatha yoga è usata per coadiuvare lo sforzo spirituale, non è sprecata; altrimenti non è yoga, ma bhoga (godimento). Il sentiero per l’Infinito sta nell’essere senza sforzo. Fino a quando l’hatha yoga non mira all’Eterno, non è altro che ginnastica. Se nel corso normale della pratica non s’avverte il Suo contatto, lo yoga è stato infruttuoso. Di solito fate i vostri riti quotidiani nella maniera abituale. Se sentite il desiderio di praticare del japa o della meditazione in più, vuol dire che avete avuto un barlume, per quanto fievole, e che quindi c’è speranza che l’essenza della vostra vera natura possa gradualmente emergere. In questo stato c’è ancora il senso dell’io (aham), ma è rivolto all’Eterno, è intento ad unirsi a Lui; mentre le azioni fatte per avere fama o per distinguersi appartengono all’ego (ahamkara) e sono dunque ostacoli, impedimenti. Che pratichiate l’hatha yoga o il raja yoga o qualsiasi altro yoga, può essere dannoso solo se manca la pura aspirazione spirituale. Quando fate asana e cose simili, se avete trovato accesso al ritmo della natura vedrete che ogni cosa procederà in maniera dolce e spontanea. Da quali segni potrete percepirlo? C’è una sensazione di gioco, una gioia profonda, e il ricordo costante dell’Uno. Sentirete che non è il prodotto della pratica delle cose del mondo. Quanto è stato detto è quello che può rivelarsi solo spontaneamente, da se stesso. Ecco perché c’è il ricordo costante dell’Uno: la vera natura dell’uomo scorre unicamente verso Dio ...Lasciar dimorare la mente sugli oggetti dei sensi accresce ulteriormente l’attaccamento ad essi. Quando si desta l’intenso interesse per la ricerca suprema si dedica sempre più tempo e attenzione al pensiero religioso, alla filosofia religiosa, al ricordo di Dio immanente in tutta la creazione, fino a quando non si scioglie ogni singolo nodo. Si è presi allora da un solo desiderio: “Come posso trovarLo?”. Come risultato, il ritmo del corpo e della mente diventerà armonioso, calmo e sereno. ..... Ancora una sua citazione, pensando a coloro che ingenuamente asseriscono che il percorso spirituale sia soltanto un gioco narcisistico dell'ego ..... Il lavoro fatto senza ego è pieno di bellezza, poiché non è motivato dal desiderio di gratificazione personale. Finché non saranno sciolti i nodi che costituiscono l’ego, vi sentirete feriti anche quando vorrete agire in maniera impersonale, e questo produrrà un mutamento nell’espressione dei vostri occhi e del vostro viso, e sarà palese in tutto il vostro comportamento. L’ardente preghiera: “Fa’ che il mio cuore sia libero dalla brama dei risultati”, è ancora desiderio di un risultato; tuttavia, continuando ad aspirare all’azione disinteressata c’è sempre speranza che vi si pervenga. Nodo significa resistenza. Fino a quando c’è l’ego, ci saranno degli scontri, anche quando si cerca di fare un lavoro impersonale, poiché si è legati e dunque spinti in una certa direzione. 1
LUIGI64 Inviato 27 Ottobre Autore Inviato 27 Ottobre Il Nirvana, oltre la mente e l'ego... Tratto da: Il silenzio del Buddha (R. Panikkar)
LUIGI64 Inviato Venerdì alle 13:52 Autore Inviato Venerdì alle 13:52 La morte di Dio e le sapienze orientali (un estratto, con riflessioni di estremo interesse) Intervista a Giangiorgio Pasqualotto (ha insegnato ‘Estetica’ e ‘Storia della filosofia buddhista’ all’Università di Padova.Per dieci anni ha insegnato ‘Filosofia delle culture’ presso il Master di Studi Interculturali della medesima Università.E’ stato per vari anni direttore scientifico della Scuola Superiore di filosofia orientale e comparativa di Rimini. Ha collaborato alla fondazione dell’Associazione ‘Maitreya’ di Venezia per lo studio della cultura buddhista, ed alla realizzazione di “Simplègadi. Rivista di filosofia interculturale”) ...A questo punto le chiederei: in che modo le vie esperienziali orientali possono contribuire ad affrontare la crisi dei valori e quindi la morte di Dio oggi per noi? E più precisamente, in che modo un contronto con il Buddhismo o con le tradizioni indiane e cinesi può aiutarci a vivere e affrontare la crisi delle meta-narrazioni? P: Io penso che questo sia possibile, anzi forse questa è l’unica cosa possibile ma non nei termini in cui eravamo abituati. Cioè non è più possibile ripristinare forme di antiche certezze. Per esempio, il Buddhismo ha delle possibilità di risposte enormi, ma sicuramente non sono di ordine metafisico. Sono di ordine pratico, esperienziale, basate soprattutto sull’esperienza della meditazione; oppure, detta in maniera ancor più semplicistica, ha enormi possibilità di analisi e di terapia psicologica. Il Dalai Lama diceva, ancora nel 1974, che il Buddhismo in occidente avrà un ruolo rivoluzionario perché può donare enormi tesori in termini di psicologia, di analisi psicologica, di analisi dei comportamenti e soprattutto di analisi e terapia delle emozioni, cosa di cui noi ci siamo occupati ben poco o che abbiamo interpretato in maniera meccanicistica, facendo gli esperimenti in modo comportamentistico, meccanicistico. Tra le tante cose che il Buddhismo può darci un posto di rilievo è occupato certamente da una considerazione del problema etico che porta ad un’etica radicalmente diversa da quella occidentale. Inoltre può aiutarci ad affrontare il problema ecologico, nel senso indicato dalla massima “proteggendo me stesso proteggo gli altri, e proteggendo gli altri proteggo me stesso". Ciò significa una cosa molto semplice (da formulare): l’uomo, se vuole sopravvivere e vivere meglio, deve far sopravvivere e vivere meglio gli altri esseri e l'ambiente che lo ospita, e, viceversa per far sopravvivere e vivere meglio gli altri e il proprio ambiente, è necessario che egli stia bene con se stesso. C’e’ quindi una simbiosi reciproca tra il singolo individuo, gli altri individui, e l’ambiente. Ecco, queste sono le tre cose fondamentali su cui il Buddhismo può dirci oggi qualcosa dotato di senso, qualcosa di ‘sensato’: l’etica, la psicologia e l’ecologia. Sicuramente, però, non sono risposte in termini metafisici. D: Quindi secondo lei la differenza in questo caso la fa l’esperienza? P: Sì D: Non è più metafisica, né più solo pura teoresi. P: Sì, al centro viene posta l’esperienza analitica, introspettiva, che tradizionalmente tutte le scuole buddhiste, dal Buddha in poi, hanno sostenuto essere praticabile attraverso la meditazione. La pratica della meditazione diventa centrale, perché è attraverso la meditazione che si fa esperienza della struttura e delle qualità essenziale della realtà tutta, sia interna che esterna. ‘Meditazione’ non in senso occidentale, come speculazione-su, riflessione-su qualcosa, ma come attenzione a qualsiasi fenomeno, da quello più vicino a ciascuno (la respirazione) fino a quelli più astratti come i concetti di senza-spazio e di senza-tempo, passando per l’attenzione alle emozioni, agli stati interiori e alle azioni. E’ quindi meditazione anche su cose banali, e tuttavia, attraverso questo esercizio all’attenzione, si può raggiungere una chiarezza tale che ci permette di risolvere molti dei problemi posti dalla nostra vita quotidiana...
LUIGI64 Inviato Sabato alle 13:06 Autore Inviato Sabato alle 13:06 Sempre dalla stessa intervista: D: E’ possibile rintracciare nell’arte contemporanea, la testimonianza del disagio, della crisi che è nata dalla morte di Dio? P: Sì, in tutta l’arte contemporanea. Dalla nascita delle cosiddette avanguardie, da Duchamp in poi. Ma in pittura si potrebbe partire dall’impressionismo, dallo sconvolgimento della prospettiva e della rappresentazione realistica. Direi che tutta l’arte contemporanea è una testimonianza di una perdita del centro, o, come diceva Sedlmayr, di una perdita della luce, di un polo focale. Detto questo, il ventaglio delle avanguardie è enorme. Nel senso che, se voi prendete i tentativi di Malevic, di Kandinskij e di Klee, trovate che sono tre tentativi di dare risposte a questa assenza. Per certi aspetti, per esempio in Kandinskij quando parla dello spirituale nell’arte, sembra che voglia ritornare ad una prospettiva metafisica. Credo che qui ci possa essere una vicinanza tra alcune grandi esperienze dell’arte contemporanea con il discorso che facevamo anche oggi del senza forma [N.d.r. Pasqualotto qui si riferisce alla conferenza tenuta nello stesso giorno su “Arte e ascesi in oriente”]. Cioè: attraverso le forme e i colori riuscire ad indicare qual è la fonte, il fondamento di tutte le forme e di tutti i colori. Mi riferisco soprattutto al Malevic del suo quadrato “Quadrato bianco”, oppure allo spirituale nell’arte di cui parla Kandinskij: l’arte potrebbe indicare ciò da cui provengono le sue rappresentazioni. Questo sarebbe un modo (assai vicino alla mistica) di indicare il non rappresentabile, nella consapevolezza che ad esso si può soltanto alludere, non lo si può descrivere compiutamente. Quindi ci potrebbe essere uno spirituale nell’arte dopo la morte di Dio, da riscoprire in modi assai diversi da quelli tradizionali, teologici o metafisici. D: La globalizzazione da alcuni viene anche definita europeizzazione o americanizzazione, volendo con questo esprimere la fortissima influenza che il nostro modello di vita sta esercitando in India, in Cina, in Sud America, in Giappone. E’ possibile che anche il resto del mondo stia per vivere il confronto con il nulla e la crisi conseguente in cui noi già ci troviamo da tempo? E, l’arte orientale, visto che gli artisti sono comunque un po’ i profeti della società, esprime già questo disagio? P: Devo rispondere purtroppo di sì. Ovviamente è un sì condizionato, nel senso che tutto è sempre possibile. Però a me sembra di capire, da vari indizi, che l’occidentalizzazione (sia essa europea o americana) sta divorando rapidamente pezzi di intere civiltà, soprattutto in Asia e Africa. A mio avviso l’Oriente nel giro di cinquant’anni non esisterà più, almeno quell’Oriente tradizionale che abbiamo studiato e fin troppo amato. Ovvero rimarrà nei musei, in alcune riserve come quelle degli indiani d’America. Uno dei segnali più recenti e drammatici è stato dato dal suicidio rituale di Mishima che si uccide perché capisce che un intero mondo non è più comprensibile e vivibile all’interno di una prospettiva dettata dall’americanismo. Questo avveniva quarant’anni fa . In questi quarant’anni abbiamo avuto un’accelerazione spaventosa di tali processi di occidentalizzazione guidata dall’american way of life. Tuttavia, siccome le cose sono sempre più complesse di come noi ce le rappresentiamo, può anche essere che queste nuove forme di globalizzazione innestino anche riflessi condizionati contrari. Per esempio: Il Giappone negli ultimi vent’anni ha riscoperto in maniera massiccia e ha riorganizzato molti settori delle sue arti tradizionali come quella della cerimonia del tè e quella del bonsai: queste arti sono state spesso trivializzate, ma nello stesso tempo, sono state diffuse in maniera massiccia, per cui le giovani generazioni di giapponesi hanno potuto recuperare – e certe volte conoscere per la prima volta – importanti tradizioni del loro paese. E questo magari ascoltando amici americani o europei che ne parlavano entusiasti. ... D: Il dialogo con la tradizione orientale potrebbe contribuire a questo tipo di mancanza della filosofia occidentale? P: Sì. Credo che il lavoro che Francois Jullien sta conducendo a Parigi sia fondamentale, anche se molti sinologi, da una parte, e storici della filosofia, dall’altra, esprimono non poche riserve. Il suo ragionamento in base al quale dobbiamo conoscere la Cina proprio perché essa costituisce il nostro ‘altro’ più altro, più lontano, più diverso, è fondamentale perché ci dice che la nostra identità può costruirsi solo in maniera critica, ossia esponendosi a modi di pensiero il confronto con i quali ci costringe a rivedere i nostri, come a proposito dell’esempio già fatto circa la diversità dei concetti di ‘processo’ e di ‘creazione’. Lo stesso vale per il concetto di ‘efficacia’: noi lo intendiamo in una prospettiva lineare che parte da un punto (l’intenzione) e arriva ad un altro (il risultato); loro affrontano il problema in termini completamente diversi considerando l’efficacia come il modo migliore per trovare nella realtà la via che conduce a buon esito un’impresa. Non si tratta di un’imposizione nostra sulla realtà, ma si tratta di diventare capaci di ‘leggere’ nella realtà quegli indizi che ci possano condurre alla soluzione migliore così come si apprende dall”I Ching’, e come viene ben illustrato in un testo, tradotto di recente, di Jullien (“Trattato dell’efficacia” Einaudi, 2004) D: Non è in modo tecnico dunque che si intende l’efficacia. P: Sì, quella occidentale si fonda su una fede quasi cieca nella tecnica, anche quando tratta di politica o di strategie militari. Questo esporsi al diverso, di cui parla Jullien, comporta la necessità di ripensare alla valenza, al valore e al significato delle nostre stesse categorie. E quindi in questo senso il dialogo tra oriente e occidente diventa fondamentale, direi quasi necessario. D: Concludiamo con un’ultima domanda che forse ha un po’ meno pretese. Le trasformazioni sociali ed economiche degli ultimi sessant’anni, in buona parte determinate dal progresso tecnologico, hanno accentuato l’assenza di riferimento condiviso- è il discorso che abbiamo fatto fino ad ora- quindi l’assenza di una certezza sulla quale fondare una morale, un progetto di vita comune, a livello microsociale e macrosociale. Lei pensa che i giovani cerchino una risposta a queste domande, o comunque alla complessità del mondo, quando pensano di studiare filosofia? E l’università è in grado di dare queste risposte? P: Non posso essere nella mente di tutti gli studenti, ma che in gran parte pensino di venire a fare filosofia per dare risposte alla loro vita è sicuramente vero: è sempre stato così e sarà sempre così. Che l’università sia in grado di fornire queste risposte, credo proprio di no. Però devo anche dire che nessun altro è in grado di dare risposte, anche se pretende di darle. Diciamo che nella migliore delle ipotesi l’università può dare molti strumenti perché poi gli studenti possano trovare da soli delle risposte. Se l’Università volesse fare di più vorrebbe dire che tenderebbe pericolosamente a diventare Chiesa. E di Chiese ce ne sono già troppe. Link dell'intervista integrale: https://www.asia.it/articoli/pasqualotto-morte-dio-oriente/
LUIGI64 Inviato 21 ore fa Autore Inviato 21 ore fa ...L'esclusività di ogni singola religione è il simbolo della sua origine divina, del fatto che proviene dall'Assoluto, del fatto che rappresenta di per sé un modo compiuto di vita ...La molteplicità delle religioni è il risultato diretto dell'infinita ricchezza dell'Essere divino ...Finora la scienza moderna ha avuto esiti positivi proprio per il fatto che ha trascurato di considerare l'interrelazione tra le varie componenti della natura e ne ha isolato ogni segmento, in modo da poterlo analizzare separatamente... Fino ad oggi la perdita di questo aspetto dell'interrelazione tra le cose veniva considerata di poco conto, se paragonata al vantaggio di poter giungere a una precisione matematica. Ma oggi che l'applicazione di questa scienza parziale della natura ha distrutto tanta parte della natura stessa e ci minaccia con calamità ben peggiori di quelle avvenute sinora - tanto più da quando gli ecologi hanno scoperto che tutto l'ambiente naturale è un insieme integrato, straordinariamente complesso ma armonioso, sicché nulla in esso funziona se non è strettamente connesso con le altre parti -, è divenuto evidente come sia catastrofica l'omissione nella quale siamo incorsi ...L'uomo moderno ha perduto il senso della meraviglia, a causa della perdita del senso del sacro ...Attraverso lo storicismo, utopia secolare, e l'idea di progresso ed evoluzione, il tempo, per l'uomo moderno, ha tentato in un certo senso di divorare l'eternità e di usurparne il posto, sostituendo l'eterno ora, in cui perennità e divenire si incontrano, con il momento presente, l'attimo fuggente dei piaceri e delle sensazioni effimere... La deificazione del processo storico è divenuta una forza così potente e pressante che ha soppiantato la religione nell'anima di molti uomini Seyyed Hossein Nasr (filosofo di orientamento “tradizionale” e docente universitario iraniano, ha promosso per decenni gli studi islamici all’interno di svariate Università occidentali, sia negli USA che in Europa. Ha studiato prima in Iran, poi negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Nel 1964-1965 è stato il primo titolare della cattedra Aga Khan” per gli studi islamici all’Università di Beirut. E’ stato professore ordinario di storia della scienza e della filosofia, poi decano della facoltà di arti e lettere all’Università di Teheran. Ha retto Y Università di Tecnologia Aryamehr di Teheran. Ha pubblicato vari saggi sulla religione e sulla cultura islamiche)
LUIGI64 Inviato 18 ore fa Autore Inviato 18 ore fa tre messaggeri La felicità visibile in questa vita: Insegnamenti dal Canone Pali. Con Neva Papachristou Uomini e Profeti | E1 | I tre messaggeri | Rai Radio 3 | RaiPlay Sound https://share.google/JyP5xsNeljb5uthWv
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