LUIGI64 Inviato 16 Febbraio Autore Inviato 16 Febbraio Tra questi giganti della fisica moderna, Werner Heisenberg ha avuto l’influenza di gran lunga più rilevante sul mio pensiero. Da giovane studente a Vienna, lessi il classico di Heisenberg, Fisica e filosofia, in cui l’autore fornisce un vivido resoconto delle prime indagini sui fenomeni atomici e subatomici da parte dei pionieri della fisica quantistica. I loro esperimenti li misero in contatto con un mondo strano e inatteso. Nello sforzo di afferrare questa nuova realtà, divennero penosamente consapevoli che i loro concetti fondamentali, il loro linguaggio e il loro intero modo di pensare erano inadeguati a descrivere i fenomeni atomici. I loro problemi non erano di carattere meramente intellettuale, ma comportavano un’intensa crisi emotiva e, si potrebbe dire, perfino esistenziale. Qualche anno dopo aver letto il libro di Heisenberg, mi ricordai delle sue vivide descrizioni di quei paradossi quantistici quando lessi dell’uso di enigmi paradossali, noti come koan, quale mezzo di insegnamento nel buddismo Zen. Immediatamente scorsi alcune sorprendenti analogie tra queste due aree – la fisica quantistica e lo Zen – e queste analogie si approfondirono quando cominciai a studiare più sistematicamente le tradizioni spirituali orientali. A quell’epoca, verso la fine degli anni sessanta, in Europa e negli Stati Uniti c’era un forte interesse per le tradizioni spirituali orientali, e molti libri di carattere accademico sull’induismo, il buddismo e il taoismo venivano pubblicati da autori sia orientali sia occidentali. Anche in alcuni di quei libri si accennava a paralleli tra queste tradizioni e la fisica moderna. Per me, collegare la fisica e il misticismo fu in un primo tempo un esercizio puramente intellettuale. Mi ci vollero diversi anni per superare il divario tra pensiero razionale, analitico e coscienza meditativa, per fare esperienza di come la mente possa fluttuare liberamente, di come le intuizioni spirituali vengano spontaneamente, senza alcuno sforzo, emergendo dalla profondità della coscienza... In molte tradizioni spirituali – per esempio, nelle varie scuole buddiste – l’esperienza mistica è sempre primaria; le sue descrizioni e interpretazioni sono considerate secondarie e provvisorie, insufficienti a dare pienamente conto dell’esperienza spirituale. In un certo senso, queste descrizioni non sono dissimili dai modelli limitati e approssimati della scienza, che sono sempre soggetti a ulteriori modificazioni e perfezionamenti. Un’altra importante analogia tra i modi di procedere del fisico e del mistico è che le loro osservazioni hanno luogo in domini che sono inaccessibili ai sensi ordinari. Nella fisica moderna, questi sono i domini del mondo atomico e subatomico. Nel misticismo, sono stati di coscienza non ordinari, in cui il mondo sensoriale quotidiano viene trasceso. In entrambi i casi, l’accesso a questi livelli non ordinari di esperienza è possibile soltanto dopo lunghi anni di formazione nel contesto di una disciplina rigorosa, e in entrambi i campi gli “esperti” affermano che le loro osservazioni spesso oppongono difficoltà insuperabili a formulazioni nel linguaggio ordinario. Tratto dal libro di cui sopra
LUIGI64 Inviato 16 Febbraio Autore Inviato 16 Febbraio Il simbolismo nella religione, spiritualità e arte sacra, è sempre stato un particolare linguaggio di notevole rilevanza. --- Nella misura in cui il mondo si divide in sacro e in profano, in naturale e sovrannaturale, il simbolo si riferisce alle sole realtà spirituali. Di per sé, il simbolo non presuppone né questa separazione, né questa opposizione. Nella mentalità primitiva una divisione del genere sarebbe inconcepibile, ma il XII secolo si avvia verso quella distinzione fra naturale e sovrannaturale che si affermerà nel XIII secolo e che diventerà per l'uomo un ostacolo sul suo cammino...Nonostante i rifiuti e le confusioni, i simboli rimangono vivi, inattaccabili. Nessuna mano, nessuna volontà potrà mai distruggerli perché il pensiero simbolico è consustanziale all'uomo orientato verso la luce. Quando l'uomo modifica la sua struttura e cambia il suo vero volto, non sa più scoprire i valori spirituali e rischia allora di girare in un circolo senza uscita... La differenza fra gli uomini si riduce solo a questo: alla presenza o all'assenza dell'esperienza spirituale. Per quanto luminosa sia tale esperienza, essa non si acquista una volta per tutte, ma è destinata ad approfondimenti successivi: ecco perché l'uomo nel quale essa si compie è attento ai segni della presenza, ai simboli che, come delle lettere, gli insegnano un linguaggio, il linguaggio dell'amore e della conoscenza. L'uomo spirituale è reso edotto dal simbolo e quando vuol rendere conto della sua ineffabile esperienza, è sempre ai simboli che fa necessariamente ricorso. Così il simbolo diviene l'alpha e l'omega dell'esperienza spirituale o, piuttosto, costituisce tutto l'alfabeto di un simile misterioso linguaggio, paragonato a quello degli angeli. Non è piu solamente linguaggio; diviene verbo che trasforma la terra d'ombra in terra di luce, cioè in una terra trasfigurata... I lavori sul pensiero orientale, la traduzione di opere sacre prima sconosciute, gli studi di storia delle religioni, di etnologia e di psicanalisi hanno aperto un mondo chiuso e che sembrava inviolabile. Le ricerche di Jung e dei suoi collaboratori hanno portato ad una visione dell'universo che mette l'uomo alle prese con la realtà della sua essenza. Infine, la fenomenologia illumina in singolar modo l'evidenza del trascendente. Ci rendiamo conto in moc.lo irrefutabile della profonda unità che trascende la Storia. Si svela il volto dell'uomo e, attraverso l'uomo, affiora tutto ciò che egli porta con sé, consciamente o inconsciamente. ...Gli storici delle religioni prendono il simbolo come tema di studio; alcuni teologi e filosofi esaminano il pensiero cristiano alla luce delle moderne scoperte nel campo della psicologia e della storia delle idee. lnterpretazioni che un tempo si sarebbero respinte, oggi non soltanto vengono ammesse, ma aprono alla libera ricerca un vasto campo d'indagine. L'attuale esplicitazione del simbolo mostra il valore che gli si attribuisce. Gli archetipi ed il ruolo dell'inconscio creano un nuovo campo di sperimentazione. Estratto da questo bel testo:
LUIGI64 Inviato 16 Febbraio Autore Inviato 16 Febbraio Dobbiamo comprendere Dio e la creatura non come due realtà tra loro distanti, ma come una sola e medesima cosa. Infatti la creatura sussiste in Dio e Dio si crea mirabilmente e ineffabilmente nella creatura, manifestando se stesso, ovvero rendendosi visibile — Lui che è invisibile. Giovanni Scoto Eriugena (di origini irlandesi, è considerato il fondatore della filosofia scolastica, e fu uno dei massimi rappresentanti della Scuola Palatina, che diresse al tempo di Carlo il Calvo)
LUIGI64 Inviato 17 Febbraio Autore Inviato 17 Febbraio Gli uomini spirituali si ritrovano tra loro, come uccelli selvatici appartenenti alla stessa razza. Il loro canto è identico e simili sono i simboli che essi presentano, e ciò malgrado la loro origine. Contenenti uguali hanno identici contenuti. :È questo il motivo per cui gli uomini spirituali hanno lo stesso linguaggio e descrivono le stesse immagini indipendentemente dalle epoche, dalle razze, dalle religioni, non potendo l'unità realizzarsi che al culmine dell'Essere, vale a dire alla vetta che trova al di là delle opposizioni e dei dualismi. Al contrario, l'uomo carnale è posseduto dalle divisioni, dai contrari, dagli scontri, dal settarismo. L'uomo carnale brucia colui che non la pensa come lui, e tenta cosi di distruggerlo. Anche l'uomo spirituale brucia, ma il fuoco che egli comunica viene da lui stesso, è la trasmutazione, la trasfigurazione: non mira ad annientare, ma a trasformare. Da ciò si vede come il carnale e lo spirituale fossero all'epoca romanica, come d'altronde in tutti i tempi, fra loro commisti: i massacri degli ebrei, dei musulmani, degli eretici vengono da uomini in cui lo spirito non è ancora nato. L'Inquisizione è scandalosa e irritante soltanto nella misura in cui si è portati a pensare che gli uomini di Chiesa, i monaci, siano necessariamente degli uomini spirituali. Quando si riconosca che si tratta di una violenza esercitata da uomini carnali, esteriori, terrestri, non ci si stupisce più, pur contristandoci di un simile errore. Tale distinzione appare sempre necessaria. Il pensiero medievale non è esente da falsi, da mascheramenti, da travestimenti e, per usare il linguaggio di San Bernardo, da amori adulteri. .... Il simbolo si presenta a tutti, si offre allo sguardo con magnificenza allo stesso modo in cui il sole rischiara i buoni e i cattivi (Matteo, V, 5). La scelta dipende dagli uomini, dai loro desideri, dalla qualità del loro amore, dalla loro libertà, dal senso della loro ricerca. Se il simbolo è raramente considerato nella profondità del suo contenuto, ciò avviene unicamente perché gli uomini se ne distolgono o, meglio, non se ne accorgono. Quanto all'uomo che coglie il mistero del simbolo e lo vive in se stesso, egli non fa il voto d'isolarsi dalla collettività e soffre se non può dividere il proprio tesoro. Non è lui che si isola dagli altri, ma gli altri che si allontanano da lui. Sia che si tratti del XII secolo o di qualsiasi altra epoca, la realtà è identica e l'uomo è sempre lo stesso. Egli preferisce l'avere all'essere, il profano al sacro, il terrestre al celeste, un compagno di giuochi con il quale condividere i suoi piaceri ad un maestro che lo istruisca. ...Solo i mistici, i profeti e gli artisti salvano la realtà del simbolo. Il filosofo, nella misura in cui è amico della saggezza, è capace di afferrare il contenuto del simbolo. L'intellettuale ha il vantaggio di sapere, ma questo sapere può anche non sbocciare nella conoscenza e significare quindi una forma di ignoranza priva di amore ...servizio. Nell'epoca romanica lo spirituale non è degradato; esso comincia ad affievolirsi, ma è ancora vivo: l'invisibile non è ancora separato dal visibile che lo esprime. Di questo invisibile si deve dare testimonianza. ...Questo tempo, che accompagna la comparsa del mondo, il simbolo non lo riconosce o, almeno, lo oltrepassa. « Dal punto di vista della storia delle religioni », precisa Mircea Eliade, il giudeo-cristianesimo ci presenta la suprema ierofania: la trasfigurazione dell'avvenimento storico in ierofania. Si tratta di qualche cosa di più della ierofanizzazione del Tempo, giacché il Tempo sacro è familiare a tutte le religioni. Questa volta è l'avvenimento storico come tale che rivela il massimo della trans-storicità; Dio non interviene soltanto nella storia come era il caso nel giudaismo: esso s'incarna in un essere storico ... L'esistenza di Dio è una teofania totale; vi è in ciò come uno sforzo audace per salvare l'avvenimento storico in quanto tale, accordandogli, nella maggior misura possibile, l'essere» Tratto sempre dal testo della M. M. Davy
LUIGI64 Inviato 18 Febbraio Autore Inviato 18 Febbraio Sulla Saggezza Dall'eternità sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generala, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua; prima che fossero fissale le basi dei monti, prima delle colline, io sono stata generata. Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi, né le prime zolle del mondo; quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull'abisso; quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abi sso quando stabiliva al mare i suoi limiti, sicché le acque non ne oltrepassassero la spiaggia; quando disponeva le fondamenta della terra, allora io ero con lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante; dilettandomi sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo. Proverbi 8,23 ss --- Sophia perennis "l'Eterna Saggezza", non è una religione. Essa è quella condizione che ci offre l'esperienza del nostro vero Essere. È l'essenza di tutte le religioni, l'esperienza della realtà da cui derivano tutte le religioni e a cui tendono tutte le confessioni. Sophia perennis è la conoscenza di un messaggio superiore, sul quale si fondano tutte le religioni. È l'esperienza del fondo originario dell'essere, che si compie quale evoluzione non percepibile razionalmente, è "energia originale", che dà forma a tutte le realtà e le strutture e offre a noi uomini la vera interpretazione della nostra vita. Noi uomini siamo soltanto un battito d'occhio in questo universo a-temporale. L'integrazione di questa conoscenza significa un passo decisivo nel processo di maturazione dell'umanità. Si tratta di un orientamento verso la legge cosmica. Perché ciò che chiamiamo "Dio", "divinità", "vuoto" non si trova all'esterno. Sono invece nomi per l'evento evoluzionistico più interiore, che sta al di là di tutti i concetti di tipo teologico o filosofico. Non ha una posizione fissa, non un determinato posto. L'unico luogo in cui si manifesta questa realtà originaria, alla quale abbiamo dato tanti differenti nomi, è il qui ed ora. Sophia perennis supera ogni confessione e la compie allo stesso momento. Chi l'ha sperimentata, può sempre ritornare alla sua tradizione religiosa. Egli però in futuro la interpreterà e la festeggerà diversamente, perché l'esperienza lo ha portato verso la vera origine di ciò che significa un credo. Essa indica la via verso una conoscenza che è libera da immagini, opinioni e concetti. "Una particolare trasmissione al di fuori degli scritti, indipendente da parole e segni grafici: mostrando immediatamente il cuore", così dice la definizione stessa dello Zen. Sophia perennis, l'Eterna Saggezza, porta ad una vita in unisono con il fondo originario dell'Essere e ci porta in confidenza con il vero significato dell'essere umano. Questa Saggezza la possiamo raggiungere dopo l'esperienza profonda del fondo originario a-temporale --- Alcuni allievi chiesero al Rabbi come poteva essere sempre così sereno, nonostante tutte le sue occupazioni. Ed egli rispose: "Quando sono seduto, allora sono seduto; quando sto in piedi, allora sto in piedi; quando cammino allora cammino". Ma gli allievi dissero: "Ma questo lo facciamo anche noi". Il Rabbi rispose: "No, quando voi state seduti, siete già in piedi; quando state in piedi, correte già; quando correte, allora siete già arrivati alla meta". --- L'attenzione è il punto di partenza e il cuore di tutte le vie spirituali. Una vita attenta è fondata sul riconoscimento che la realtà può essere sperimentata soltanto nel qui ed ora. Per avere contatto con questa realtà l'esercizio dell'attenzione è indispensabile. Essa ci insegna che qualsiasi cosa noi facciamo, dobbiamo farla in piena presenza. Ci insegna a vivere ogni momento della nostra vita e a sfruttare pienamente con ciò la nostra vita. L'attenzione è quindi l'esercizio più importante, ma contemporaneamente anche il più difficile sulla via. Essa è espressione della saggezza più alta, come ci racconta la prossima storia Zen: Un uomo domandò al maestro Ikkyu: "Maestro, potete scrivermi qualche regola fondamentale della saggezza più alta?". Ikkyu prese subito pennello e carta e scrisse: "Attenzione". "È tutto qui?" domandò l'uomo. "Non volete aggiungere qualche cosa?" e Ikkyu scrisse: "Attenzione, attenzione". Visibilmente irritato l'uomo domandò nuovamente, se questo fosse veramente tutto. Allora Ikkyu prese il pennello e scrisse: "Attenzione, attenzione, attenzione". In fondo sulla via spirituale noi non facciamo qualche cosa di particolare. Proviamo ad essere presenti nel momento e a divenire tutt'uno con ciò che stiamo facendo. Quando facciamo questo, riconosciamo che per la maggior parte del tempo non siamo veramente presenti, ma occupati in pensieri con il passato o il futuro. La vita però si manifesta soltanto in questo momento. La prassi dell'attenzione ci riporta sempre nuovamente al momento. Essa è una continua interruzione dell'attività dell'Io. Così non ci lasciamo più prendere dalla corrente delle abitudini. Non lasciamo più semplicemente libera corsa alla nostra coscienza, ma riportiamo la nostra attenzione sempre di nuovo indietro nel qui e ora. Questo esercizio ci apre l'accesso alle profondità del nostro essere... La nostra unica posizione in questo mondo è il momento in cui si manifesta questa realtà originaria che noi chiamiamo Dio, vuoto, Brahman, Allah. Vivere la spiritualità significa porre attenzione a tutte le dimensioni della vita. Questa supera e include contemporaneamente l'individuale e il personale. La sua meta è l'esperienza dello spazio di coscienza trans-personale, che si compie nel quotidiano come base portante della vita intera. Infine, di che cosa si tratta davvero: di essere in questo momento l'uomo vero. Esiste solo questo momento. Adesso non dimenticarlo! Willigis Jȁger ---- Queste interessanti riflessioni, contraddicono completamente lo stucchevole pregiudizio che spesso viene attribuito ai credenti, considerati spesso come dei sognatori irrazionali, confusi e obnubilati..
LUIGI64 Inviato 19 Febbraio Autore Inviato 19 Febbraio Un nuovo paradigma delle religioni Il cambiamento del mondo può incominciare soltanto nel singolo uomo. Per questo c'è bisogno dell'esperienza dell'unità. Ma come possiamo raggiungere questo livello? Come può l'uomo divenire un vero autentico uomo? Tutte le religioni conoscono delle vie di esercizio che ci portano fuori dalla ristrettezza del razionale, che regalano una nuova ampiezza e ci fanno vedere il vero senso della nostra esistenza. Un nuovo paradigma delle religioni incomincia pian piano a formarsi. Noi viviamo in un'epoca in cui il legame confessionale degli uomini diminuisce, si allenta; contemporaneamente però si può percepire una profonda nostalgia verso una dimensione religiosa. L'uomo religioso del presente spesso non è più in ricerca di un sostegno all'interno di una comunità di credenti e non trova perciò più le sue risposte nel tradizionale modo di pensare religioso. Egli è interessato ad un orientamento nuovo e cerca risposte alla domanda del senso della sua vita nel XXI secolo.... Noi crediamo di essere quella spiaggia che desidera ardentemente il mare. Però noi siamo il mare, che gioca con la spiaggia. Questo nuovo paradigma pone nuovamente nel centro l'esperienza che ci viene indicata dai testi sacri e dalle teologie. Perché ciò che chiamiamo "Dio" vuole essere vissuto. La religione si manifesta come il nostro essere uomo, il nostro agire e fare umano dal fondo dell'essere. In questa conoscenza sta il futuro della nostra specie. La spiritualità è quindi una dimensione del nostro essere umano. Che si deve sperimentare. La ratio non ci dà delle risposte soddisfacenti alle vere domande della nostra vita. Per una convincente interpretazione del senso della nostra vita abbiamo bisogno del legame con una realtà trans-personale. Nel legame con questa realtà trans-personale vedo il presupposto per il mutamento della personalità e poi per il mutamento dell'umanità. Questo livello spirituale è una dimensione del nostro essere umano, che è innato in tutti gli uomini come potenziale e che può essere sviluppato attraverso la prassi spirituale. In tutte le tradizioni troviamo le stesse esperienze ricorrenti che testimoniano di una grande unanimità. Per questo nel Buddismo esiste la via dello Zen, nell'Induismo la via dello Yoga, nell'Islam la via dei Sufi, nell'Ebraismo la via della Cabala e nel Cristianesimo la via della Mistica. La vera unità delle religioni è ritrovabile soltanto in questo fondo sperimentale in cui fluiscono tutte le vie mistiche. Alla fine questo livello supera ogni confessione. Tutte le religioni hanno lì la loro origine. Nell'esperienza originale di tutto l'essere che tanti saggi hanno provato e indicato con differenti nomi. Chi vive questa esperienza sa che tutte le religioni sono soltanto delle interpretazioni che indicano questa esperienza. La mistica Hadewijch di Anversa l'ha formulata così: "Tutto mi è diventato così stretto, così piccolo: da sempre volevo apprendere una realtà non creata: essa mi ha liberata da ogni limite"....La parola di Dio dipende essenzialmente dalla nostra visione del mondo. Questa visione del mondo negli ultimi decenni è radicalmente cambiata. La fisica quantistica ci dice oggi che niente di quello che viene osservato non rimane influenzato dall'osservatore. Ed è un fatto riconosciuto che è impossibile apprendere oggettivamente l'ordine cosmico con i mezzi dell'intelligenza umana e raggiungere una penetrazione razionale del mondo. Noi stessi creiamo la realtà, nella quale viviamo. Noi creiamo un mondo molto soggettivo. La realtà è molto diversa da quanto ci rispecchia la nostra ratio. Noi creiamo anche la visione del mondo religioso. E dobbiamo ricrearla sempre nuovamente. Io so bene che questa è una affermazione molto audace. Ma sono troppi quelli che non trovano più un aiuto e una interpretazione di vita nella tradizionale immagine divina. Ci vorrà ancora del tempo finché potrà svilupparsi una comprensione di questa esperienza della vera realtà, ma essa verrà. L'uomo non rimane fermo all'attuale livello di sviluppo. Noi abbiamo bisogno di una esperienza che porti oltre il "credo in Dio". In fondo si tratta di qualche cosa di molto semplice, vale a dire della consapevolezza che noi non siamo mai separati e non siamo mai stati separati da questo fondo originario divino. Ciò che chiamiamo "peccato originario" è solo il velo che il nostro "egocentrismo" pone su questa co-noscenza. Questo fondo originario non può essere separato da una parte. Esso è sempre tutto in ogni parte, così come l'oceano è sempre totalmente in ogni onda. Un'altra domanda è quanto l'onda possa apprendere da ciò. Questo fondo originario è perciò non solo sempre presente in tutto, esso è anche il presente. Le vie mistiche dell'Oriente, così come quelle dell'Occidente, mirano all'esperienza dell'unità di tutto l'essere. Si risveglia nella società una sensibilità religiosa del tutto nuova. Rimane la speranza che le religioni possano superare la loro rigidità e che conducano l'umanità all'esperienza dell'unità, della comunione e dell'amore. Questa è la loro vera e originaria meta. Soltanto così potranno darci una interpretazione attuale del senso della vita. Il mondo moderno ha bisogno di questa visione dalla quale, speriamo, possa crescere l'esperienza. Si tratta della fondamentale unità della famiglia umana e della conoscenza che la struttura fondamentale dell'universo è l'amore. Il singolo può raggiungere questa conoscenza soltanto attraverso i tempi del ritiro, attraverso un momento di silenzio, e così ho il coraggio di sostenere, solo sulla via di una esperienza spirituale. Conclusione tratta da: Sophia perennis L'eterna Saggezza di Willigis Jȁger
LUIGI64 Inviato 19 Febbraio Autore Inviato 19 Febbraio La società alla quale apparteniamo, e cioé quella contemporanea, ha concepito l’idea che Dio — l’unita originaria — sia un’invenzione dell’uomo, sebbene alcuni dei suoi membri pensino piuttosto che la divinita sia una ‘scoperta’ umana, prodotta in una certa tappa della storia. In entrambi i casi é l’uomo colui che crea Dio, in assoluta contraddizione con ciò che é unanimemente asserito da tutte le tradizioni e civilta delle quali si abbia memoria, le quali affermano e stabiliscono la corretta relazione gerarchica fra il creatore e la sua creatura. Questa evidente inversione nasce logicamente dall’ignoranza attuale intorno al sacro, ragione che ci obbliga inconsciamente a umanizzare il concetto di Dio, rendendolo antropomorfo (il che equivale a ridurre la divinita alle categorie del pensiero e alla concezione umana), e minimizzarlo al livello dell’uomo d’oggigiorno e alla ristrettezza della sua visione. L'uomo d’oggi non trova dunque niente di meglio che far morire gli déi, non “credere” più in essi, ma piuttosto nell’umano — cosa che, ahimé, é considerata come un progresso — come se fosse possibile che le energie cosmiche e armoniche, i cui principi esprimono le divinità, cessassero di essere o esistere solo per il semplice espediente di negarle... La divinita, in quantotale, è uguale per tutti i popoli che la conoscono, che la chiamino in una o altra maniera, o assuma questa o quella forma particolare; questo vale per tutte le tradizioni, vive o morte, dato che la divinita é infine solamente una, sebbene le sue manifestazioni siano molteplici... A dire la verità, anche le coincidenze fra il cristianesimo, con i suoi simboli, miti e riti, e la tradizione precolombiana sono abbastanza numerose. Nella loro teogonia, appaiono idee di un Essere Supremo, di un dio creatore e una divinità civilizzatrice e salvatrice, che configurano una genesi e un’apocalisse, una morte e una resurrezione legate al sacrificio e alla trasformazione ciclica; inoltre certi miti appaiono ripetutamente, come quello della verginità della madre di un dio eroe, e della sua nascita senza la necessita di un padre (fatto innaturale). Il primo caso si osserva nella civilizzazione della valle centrale del Messico, fra gli indios del Nicaragua e del Costa Rica, quelli di Bogota, quelli di Quito e altri gruppi che appartengono all’Impero Inca, come gli Harochiri, e anche i Guarani del Paraguay e del Brasile, come é conosciuto anche dagli Zuni, da altri indigeni degli Stati Uniti e dai patagoni dell’Argentina. Il secondo mito appare molto chiaramente fra i Nauhas e Aztechi (gli déi Quetzalcoatl e Huitzilopochtli sono figli di vergini), e fra gli indios Quiché del Guatemala (Ixbalanqué e Hunahpi, gli eroi per eccellenza, sono figli della vergine Ixquic). Allo stesso modo i Chibchas della Colombia veneravano un figlio del sole, nato da una vergine fecondata tramite i suoi raggi; e Viracocha, in Perù, feconda una giovane leggiadra senza che questa se ne accorga. Questo senza menzionare alcuni miti come quello del diluvio conosciuto in tutta l’America precolombiana, e quello dell’esistenza preterita di giganti, mito che coincideva con le tradizioni bibliche e greco-romane... In tal senso queste manifestazioni sembrerebbero rispondere unanimemente a un’idea archetipica dalla quale derivano i modelli culturali e le strutture religiose, economico-sociali e politiche, i comportamenti, e gli usi e i costumi. E per questo — e nonostante le varie forme nelle quali queste culture tradizionali si esprimono — che si possono incontrare fra loro tante sorprendenti analogie, dal momento che si riferiscono tutte alla stessa realtà; questo ci permette a nostra volta di effettuare rapporti e similitudini ugualmente sorprendenti. Gli storici delle religioni limitano e ubicano nello spazio e nel tempo la cultura che studiano, sebbene i migliori di loro, capeggiati da Mircea Eliade, facciano risalire la loro analisi alla struttura stessa del religioso, esprimendo la sua origine atemporale. La Simbologia non prende in considerazione se non in forma secondaria le condizioni storiche in cui si produce il simbolo, evidenziando, al contrario, valori non storici, come dire essenziali e archetipici. Però, soprattutto, quello che differenzia il simbologo dallo storico delle religioni, é l’atteggiamento con cui affronta la conoscenza. Effettivamente, il simbologo non solo prende i simboli, miti o riti come oggetti statici — che hanno una storia — ma anche come soggetti dinamici sempre presenti, che si stanno manifestando ‘ora’, e cioé capaci di compiere una funzione mediatrice fra ciò che esprimono nell’ordine sensibile, e l’energia invisibile — idea — che li ha generati. In questo senso non c’é neppure una storia dei simboli: non solo per il fatto di riconoscere a questi una origine atemporale, ma anche perché per la maggiore parte essi sono comuni e appaiono in moltissime tradizioni separate nello spazio e nel tempo — come se fossero consustanziali all’uomo e alla vita — e s’incontrano a volte perfino in modo identico quando sono in relazione ai loro significati più remoti... Tratto da: Federico Gonzales (ha studiato in quella Università Lettere e Filosofia, Diritto e Scienze Sociali. Dal 1972 si è dedicato all'insegnamento del Simbolismo, tenendo corsi e conferenze presso Università, Musei ed Istituti in diversi Paesi del Sud America e in Spagna. Stabilitosi attualmente in Guatemala, il Prof. Gonzàlez negli ultimi venti anni ha percorso l'America del Nord, del Centro e del Sud per svolgere le sue ricerche, in contatto diretto con il mondo della tradizione precolombiana. In Spagna ha fondato e diretto la rivista «Agartha», dedicata al simbolismo e agli studi tradizionali. Dirige dal 1991 la rivista «Symbolos») La stesura di questo libro nasce da vari anni di studi e attività realizzate dall’autore intorno al tema. Più di quindici di questi li ha trascorsi in situ, in Brasile, Colombia, Equador, Peri, Costa Rica, Messico e Guatemala. Ugualmente ha dedicato vari periodi di tempo a ricerche in biblioteche e musei d’Europa e degli Stati Uniti. Due dei suoi capitoli sono stati letti dall’autore in un seminario sulla Simbolica nell’Universita Internazionale Marcelino Menéndez y Pelayo de Santander, Spagna, nel 1987. La pubblicazione di quest’opera é un contributo allo studio della Tradizione Precolombiana, trascorsi cinquecento anni dalla scoperta dell’America, e tratta della cosmogonia e teogonia dei popoli indigeni, rivelate attraverso i loro simboli culturali.
LUIGI64 Inviato 20 Febbraio Autore Inviato 20 Febbraio Quando entri in un dialogo intrareligioso, non pensare prima ciò che tu devi credere. Quando tu dai testimonianza della tua fede non difendere te stesso o i tuoi interessi costituiti, per quanto ti possano apparire sacri. Fa come gli uccelli del cielo che cantano e volano e non difendono la loro musica e la loro bellezza. Quando dialoghi con qualcuno, guarda il tuo interlocutore come una esperienza rivelativa, come tu guarderesti – o ti piacerebbe guardare – i gigli dei campi. Quando intraprendi un dialogo intrareligioso cerca di rimuovere la trave dal tuo occhio, prima di rimuovere la pagliuzza dall’occhio del tuo vicino. Beato te quando non ti senti autosufficiente mentre sei in dialogo. Beato te quando credi all’altro perché tu credi in Me. Beato te quando affronti incomprensioni da parte della tua comunità o di altri a causa della tua fedeltà alla verità. Beato te quando non attenui le tue convinzioni e tuttavia non le presenti come assolute. Guai a voi, teologi ed accademici, quando trascurate ciò che gli altri dicono perché lo considerate imbarazzante o non sufficientemente "scientifico". Guai a voi, praticanti delle religioni, quando non ascoltate il grido dei piccoli. Guai a voi autorità religiose, perché impedite il cambiamento e la (ri)conversione. Guai a voi, gente religiosa, perché monopolizzate la religione e soffocate lo Spirito che soffia dove vuole e come vuole. R. Panikkar
LUIGI64 Inviato 20 Febbraio Autore Inviato 20 Febbraio Di estremo interesse la teoria dello spettro della coscienza, ben delineato e sintetizzato dal prof. Mauro Bergonzi (docente di Religioni e Filosofie dell'India all'Università «L'Orientale» di Napoli e socio analista del Centro Italiano di Psicologia Analitica. A partire dagli anni '70 ha approfondito i percorsi meditativi di varie tradizioni orientali -buddhismo, vedanta, taoismo- con spirito non dogmatico e non confessionale.) --- In anni recenti, la cosiddetta 'psicologia transpersonale' - che riconosce esplicitamente in C.G.Jung uno dei propri precursori e 'padri fondatori'- ha sistematizzato un modello teorico (il cosiddetto 'spettro della coscienza') basato su un paradigma evolutivo della psiche che colloca i vari livelli di maturazione entro l'arco di tre successive fasi di sviluppo: lo stadio 'pre-egoico', lo stadio 'egoico' e lo stadio 'trans-egoico' (Wilber 1977; 1979; 1981; 1986). Lo stadio pre-egoico comprende quella vasta gamma di esperienze psichiche in cui manca un vero e proprio Io strutturato: le immagini di sé e dell'oggetto non sono ancora ben differenziate, né i loro precursori arcaici appaiono integrati. Tale stadio occupa naturalmente tutto il primo arco di sviluppo psichico del bambino (dalla fase simbiotica fino al compimento di quella di separazione-individuazione) e solo gradualmente si evolve verso un'immagine di sé e dell'oggetto ben integrata (stadio egoico). Qualora si verifichi un difetto evolutivo dell'Io, possono avvenire regressioni più o meno reversibili verso lo stadio pre-egoico, come accade nelle psicosi (dispersione dell'Io con esame di realtà pregiudicato), negli stati borderline (dispersione dell'Io con esame di realtà integro) o anche in temporanee fasi di regressione nevrotica profonda (Kernberg 1989). In assenza di difetti nello sviluppo psichico, lo stadio pre-egoico evolve naturalmente in quello egoico: qui la raggiunta integrazione dell'Io (con immagini ben differenziate di sé e dell'oggetto) permette un esame di realtà pressoché intatto. In questa fascia evolutiva si manifesta una gamma di esperienze psichiche che vanno dalla psicopatologia nevrotica alla cosiddetta 'normalità'. Col raggiungimento di un Io sano e ben integrato, tuttavia, il naturale processo evolutivo della psiche non si arresta: il confronto con il destino, con i grandi temi della vita e della morte, con il 'senso' della reltà, con lo sviluppo delle potenzialità umane, con la creatività, con le istanze religiose e spirituali, col mistero dell'esistenza, porta l'Io da un lato a sondare le radici della propria unicità individuale e dall'altro ad aprirsi ad una dimensione più vasta e universale, al di là del proprio ristretto orizzonte egoico. Tali compiti evolutivi rientrano nella fase trans-egoica, la quale si differenzia dallo stadio pre-egoico (pur esprimendosi a volte con un simbolismo simile, in cui predomina la coniunctio oppositorum) soprattutto per il fatto che qui l'Io non è assente, ma soltanto - per così dire - reso trasparente e integrato in una più ampia visione della realtà. In altri termini, laddove nello stadio pre-egoico di un infante in simbiosi con la madre (o di uno psicotico perduto nel proprio autismo, o in un paziente in stato di profonda regressione transferale) si attua uno stato di unione indifferenziata e di 'con-fusione' inconscia, nello stadio trans-egoico di un mistico pienamente realizzato si attua un'unione matura con l'universo intero, contrassegnata da consapevolezza e libertà: qui l'Io, lungi dall'essere abolito, è perfettamente in grado di agire nella realtà in modo efficace e sano, ma ruota nel contempo intorno a un centro di significato più vasto e transpersonale, che corrisponde al Selbst junghiano (Neumann 1953, pp.121-169).
LUIGI64 Inviato 21 Febbraio Autore Inviato 21 Febbraio E ` dunque essenziale che il meccanismo della comparazione bilanci con estrema cura il funzionamento di tutte le sue componenti per la riuscita del dialogo interculturale. Molti infatti sono i rischi in agguato, primo fra tutti il pregiudizio, che si presenta a volte in forme insidiose non facilmente riconoscibili. Esso funziona fondamentalmente in base a due regole principali, che potremmo formulare nel modo seguente: 1) Minore `e la conoscenza che si ha intorno a qualcosa, maggiore `e la determinazione con cui si esprimeranno in proposito convinzioni nette, semplicistiche, senza sfumature (in bianco-e-nero). Affrontare l’ignoto richiede il coraggio dell’incertezza, la capacita` di convivere con un’investigazione che scaturisce dalla sospensione del giudizio. Il confronto con l’alterita` crea una forma d’intenso disagio che mette in discussione la propria identita`. Anziche´ affrontare un lungo e incerto processo di familiarizzazione col diverso, diventa allora piu` comodo farsene un’idea generale che sia chiara e netta, senza sfumature, appunto in bianco-e-nero: il che equivale, in altri termini, ad accontentarsi di un cliche´ che blocchi l’incertezza, ponendo fine alla ricerca. Questo atteggiamento viene ulteriormente rafforzato dalla seconda regola del pregiudizio. 2) Piu` una convinzione risulta netta, chiara, semplice, senza sfumature (in bianco-e-nero), piu` sembra vera. Le idee semplicistiche sembrano vere perche´ una mente pigra fa meno fatica ad afferrarle. Ma la realta` non e` mai in bianco-enero: ha una natura complessa, poliedrica, plurilivellare, multiforme, ricca di sfumature. Per comprenderla, dunque, occorre un pensiero altrettanto variegato e flessibile, capace di usare i concetti (il cui funzionamento segue rigidi schemi bipolari) in modi non Comparatismi e dialogo interculturale fra filosofia occidentale e pensiero indiano Per una rassegna critica di questi cliche´, vedi M. Bergonzi, Inchiesta sul nuovo misticismo, cit., pp. 6-9. 62 Cf. H. Nakamura, Ways of Thinking of Eastern Peoples, Honolulu, East-West Center Press, 1960, p. 24: «we must disavow the cultural unity of the West as we did in the case of the East». Vedi anche M. Bergonzi, Inchiesta sul nuovo misticismo, cit., p. 6; G. Pasqualotto, East & West. Identita` e dialogo interculturale, Venezia, Marsilio, 2003, p. 53. 63 A. Watts, Il tao della filosofia, cit., p. 87. cristallizzati, con un procedimento a spirale che osserva i fenomeni da prospettive sempre cangianti e vitalmente dialettiche. Il pregiudizio, al contrario, vuole certezze a buon mercato. fornite da un pensiero pigro che trova risposte preconfezionate senza nemmeno porsi le domande. Da queste fondamentali regole del pregiudizio derivano tutti i famigerati cliche´ che hanno funestato il dialogo fra Oriente e Occidente con tutto il loro armamentario di false equazioni: Occidente = razionalita`, Oriente = irrazionalita`; Occidente = attivita`, Oriente = passivita`; Occidente = scienza, Oriente = misticismo; Occidente = ottimismo, Oriente = pessimismo. Ma gia` il solo parlare di ‘Oriente’ e ‘Occidente’ rappresenta una grossolana ipersemplificazione, in quanto esistono molti ‘Orienti’ e molti ‘Occidenti’. Perche´ s’instauri un vero dialogo interculturale, occorre dunque rinunciare alle comode certezze dei luoghi comuni e gettare uno sguardo oltre la superficie delle etichette preconfezionate, verso una profondita` il cui orizzonte puo` essere dischiuso solo da un’atteggiamento comparatista in grado di usare con flessibilita` ed equilibrio tutta la vasta gamma dei propri strumenti critici ed euristici. E ` una ricerca che vale la pena di intraprendere, perche´, per usare le parole di A. Watts: Non riuscirai a capire le tesi di base della tua civilta`, se la tua civilta` e` l’unica che conosci. Tratto da: Comparatismi e dialogo interculturale fra filosofia occidentale e pensiero indiano di Mauro Bergonzi
LUIGI64 Inviato 21 Febbraio Autore Inviato 21 Febbraio Studio sull’anima che abbandona il corpo: “Vibrazione quantistica https://www.google.it/amp/s/www.ildigitale.it/salute/prova-che-anima-abbandona-corpo-lo-studio/%3famp?espv=1
LUIGI64 Inviato 22 Febbraio Autore Inviato 22 Febbraio Ancora sull'importanza del simbolismo: Si può definire il simbolismo adeguato come la rappresentazione di una realtà a un certo livello di riferimento mediante una realtà a essa corrispondente su un altro livello: così ad esempio per Dante « nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che 'l sole » (Convivio, III, 1 2). Nessuno vorrà certo credere che Dante sia stato il primo a considerare il sole un simbolo adeguato di Dio. Ma non esiste errore più comune di quello che consiste nell'attribuire a un' ' immaginazione poetica ' individuale l'uso di quelli che in realtà sono simboli tradizionali e termini tecnici di un linguaggio spirituale che trascende la confusione delle lingue e non appartiene ad alcun luogo o tempo particolare. Per esempio, « qualunque n e sia il nome (inglese o cinese), la rosa avrà sempre un dolce profumo » , oppure, se la consideriamo come simbolo, avrà sempre il medesimo significato; ma questo stato di cose dipende dal presupposto che esistono veramente realtà analoghe a livelli di riferimento differenti, che cioè il mondo è esplicitamente una teofania: « come è in alto, così è in basso » . I simboli tradizionali, in altre parole, non sono ' convenzionali ', ma ' dati ' insieme alle idee a cui corrispondono; occorre di conseguenza distinguere fra le symbolisme q u i sait e le sym b olisme qui cherche: il primo è il linguaggio universale della tradizione, mentre il secondo appartiene a quei poeti che non esprimono che se stessi, e che talvolta vengono chiamati « simbolisti » . Da qui anche l'assoluta necessità di accuratezza ( integritas) nella nostra iconografia, che si tratti di immagini verbali o di immagini visive... Possiamo dire, ancora con Blake, che « se lo spettatore potesse penetrare queste immagini, a esse accostandosi sul carro di fuoco del pensiero contemplativo ... sarebbe felice » . Nessuno certo penserà che Blake se lo sia inventato, il « carro di fuoco » , o che l'abbia trovato in altro luogo che non sia l'Antico Testamento; ma forse alcuni non possono non ricordare che il simbolismo del carro è usato anche da Platone, e nei libri indiani e cinesi. I cavalli sono le potenze sensibili dell'anima, il carro è il nostro veicolo corporeo, l'auriga lo spirito. È quindi possibile considerare questo simbolo da due diversi punti di vista: se ai cavalli non domati si permette d'andare dove vogliono, nessuno può dire dove finiranno ; ma se l'auriga li frena, raggiungerà la destinazione voluta. Come dunque esistono due ' menti ' , una divina e una umana, così esiste un carro di fuoco degli dèi e un veicolo umano, l'uno diretto in cielo, l'altro al conseguimento di fini umani, « quali che siano » ( TS, V, 4, 1 0, 1)...Conveniamo, certo, sul fatto che non esiste nulla d i più pericoloso di un'interpretazione soggettiva dei simboli tradizionali, siano essi verbali o visivi. Ma non stiamo dicendo che nell' interpretazione dei simboli si debba lasciare via libera alle congetture, così come non diciamo che si debba cercare di leggere la scrittura minoica tirando a indovinare. Lo studio del linguaggio tradizionale dei simboli non è una disciplina facile, in primo luogo perché non abbiamo più dimestichezza con i contenuti metafisici ch'essi servono a esprimere, e talvolta neppure c'interessano; e poi perché le locuzioni simboliche, così come le singole parole, possono avere più di un significato, secondo il contesto in cui sono adoperate, sebbene ciò non implichi che a esse si possa dare a caso o arbitrariamente qualsiasi significato. In particolare i simboli negativi hanno valori opposti, uno ' cattivo ', e l'altro ' buono '; il « non-essere » , per esempio, può rappresentare lo stato di privazione di ciò che non è ancora giunto all'essere, oppure, al contrario, può indicare la libertà da affermazioni limitative di ciò che trascende l'essere. Chiunque desideri comprendere il vero significato di queste figure di pensiero - che non sono semplicemente figure di parola - deve prima essersi studiato l' estesissima letteratura di molti Paesi in cui i significati dei simboli si trovano spiegati, e deve egli stesso aver imparato a pensare in questi termini. Soltanto quando si sia trovato che un dato simbolo - per esempio, il numero « sette » (mari, cieli, mondi, movimenti, doni, raggi, soffi, ecc.), o le nozioni « polvere » , « guscio » , « nodo » , « occhio » , « specchio » , « ponte » , « nave » , « corda » , « ago » , « scala » , ecc. - ha una serie d i valori d i genere simile in una serie di contesti intelligibili distribuiti estesamente nel tempo e nello spazio, è possibile ' leggere ' senza pericolo questo significato altrove, e riconoscere la stratificazione delle sequenze letterarie attraverso le figure in esse usate. È in questo linguaggio universale, e universalmente intelligibile, che sono state espresse Il simbolismo letterario le verità supreme. Ma a prescindere dal suo interesse, cui è refrattaria la maggioranza degli scrittori e dei critici moderni, senza questo genere di conoscenza lo storico e il critico della letteratura e degli stili letterari può soltanto tirare a indovinare per distinguere ciò che nell'opera di un dato autore è suo personale da ciò che invece egli ha ereditato e che è universale. Tratto da: Ananda K. Coomaraswamy (storico dell'arte dello Sri Lanka. È considerato uno dei principali studiosi dell'arte indiana e, più in genere, dei rapporti tra la civiltà simbolica orientale e quella occidentale. In oltre mille scritti, pubblicati tra il 1904 e il 1947, ha indagato svariati aspetti legati al pensiero, ai riti, alla simbologia, facendo sempre ricorso a una straordinaria erudizione fondata sull'accurata analisi filologica dei testi e delle opere artistiche).
LUIGI64 Inviato 23 Febbraio Autore Inviato 23 Febbraio Incontriamo la matematica non solo nella configurazione rigida e misteriosa delle leggi fisiche ma anche, in modo più nascosto ma indiscutibile, nel gioco infinito della successione delle forme del mondo inanimato, nella comparsa e distruzione delle sue simmetrie. Ecco perché l’ipotesi platonica delle Idee che danno forma all’Universo è la più naturale e - da un punto di vista filosofico - la più economica René Thom (Matematico francese, professore alla facoltà delle scienze di Strasburgo, distaccato come professore permanente all'Institut des hautes études scientifiques a Bures-sur-Yvette , membro dell'Institut -Académie des sciences- dal 1976. Fu uno dei più eminenti studiosi di topologia delle varietà e di topologia differenziale) -- La tentazione di credere che l’Universo sia il prodotto di un disegno di qualche tipo, la manifestazione di una concezione matematica di una sottile bellezza, è enorme. Sospetto che la grande maggioranza dei fisici condivida con me la convinzione che ci sia “qualcosa dietro a tutto ” Paul Davies (È stato titolare di cattedre presso l'Università di Cambridge, l'Università di Londra, l'Università di Newcastle-upon-Tyne e l'Università di Adelaide. I suoi interessi di ricerca vanno dalla cosmologia, alla teoria quantistica dei campi, all'esobiologia) -- La questione stessa della coerenza interna di un modello scientifico, in particolare, richiede che il modello sia esattamente specificato. Questa precisione esige che il modello sia matematico, perché altrimenti non si può essere sicuri che tali questioni abbiano risposte ben definite. Se al modello in sé viene assegnato qualsiasi genere di «esistenza», allora questa esistenza è collocata nel mondo platonico delle forme matematiche. Naturalmente, si potrebbe assumere un punto di vista opposto: e precisamente che il modello in sé esista soltanto nelle nostre menti, invece di ritenere che il mondo di Platone sia in un qualsiasi senso assoluto e «reale». Tuttavia si possono raggiungere significativi risultati postulando che le strutture matematiche abbiano una propria realtà. Le nostre menti individuali, infatti, sono notoriamente imprecise, inaffidabili e incoerenti nei loro giudizi. La precisione, l'affidabilità e la coerenza, che le nostre teorie scientifiche richiedono, esistono qualcosa che vada oltre ciascuna delle nostre labili menti individuali. Nella matematica troviamo una consistenza decisamente maggiore rispetto a quella che può trovarsi in una qualunque mente particolare. R. Penrose (cavaliere e OM., matematico, fisico e cosmologo britannico. Fellow della Royal Society, è noto per il suo lavoro nel campo della fisica matematica, in particolare per i suoi contributi alla cosmologia. Laureato all'Università di Cambridge, è professore emerito all'Istituto di matematica dell'Università di Oxford e nel 1988 ha ricevuto, assieme a Stephen Hawking, il Premio Wolf per la fisica. Nel 2020 gli viene assegnato il Premio Nobel per la fisica)
LUIGI64 Inviato 24 Febbraio Autore Inviato 24 Febbraio L’ateismo degli occidentali è in fondo una specie di anti-teismo. Non è un a-teismo propriamente detto. I sostenitori di questa posizione rigettano un Dio creatore, responsabile del male, un Dio divenuto deus otiosus , un Dio inutile, dal momento che il treno, gli aerei, le automobili, gli astri, tutto continua ad andare avanti, indipendentemente dal fatto che ci sia o non ci sia un Dio. Dio? Ipotesi superflua. Può essere naturalmente tollerata a causa di quelli che hanno bisogno di credere, ma in questo caso non è che un affare privato, niente di più. Le cose stanno in maniera diversa con il buddhismo: di esso si può dire che è una religione «atea» proprio in quanto prende sul serio l’«apofatismo» – cioè l’incapacità in cui ci troviamo di enunciare un sapere positivo a proposito di quello che si chiama Dio. La domanda su Dio è in effetti una domanda alla quale non si può dare nessuna risposta. Né in termini di essere né in termini di non-essere. Né che sia una tal cosa né che sia una talaltra. Ma il silenzio non va confuso con il mutismo. Se hai qualcosa da dire, dilla! – ma no, non abbiamo nulla da dire... Dal momento che si entra in contatto con quello che si chiama il «mistero», si è costretti a tacere. Non si ha più nulla da dire. Non ci sono più nemmeno domande che si possano porre. Questo «apofatismo» riguardo alla divinità, preso assolutamente sul serio, segna in profondità il buddhismo. L’a-teismo di cui possiamo parlare riguardo ad esso non equivale dunque a una «negazione di Dio», ma corrisponde ad affermare che su queste cose non c’è niente da dire. Di Dio non si può nemmeno dire che esista, che sia un essere, o anche che sia buono o cattivo... Non c’è un «egli» che possa designarlo. È questo l’ateismo religioso . L’opera da lei ricordata è una specie di dialogo silenzioso, condotto lungo questa linea, con la concezione semitica di un Dio considerato come essere supremo... Noi abbiamo la tendenza a irrigidirci in concetti puri. Orbene, almeno nella sua dimensione formale il concetto non è che una specie di algoritmo che tratta di una realtà che la scavalca. Abbiamo perso quella che io chiamo la coscienza simbolica a vantaggio della conoscenza concettuale. Per tornare ai fondamentalisti, io non opporrei loro, in maniera diretta, un percorso antifondamentalista, ma mi sforzerei di modulare, con loro se possibile, un discorso che poggi su altri fondamenti più solidi. E se essi pensano che i fondamenti sono nondimeno là dove ritengono di trovarli, mi sforzerei prima di tutto di rispettarli; poi, cercherei di mettere in luce la contraddizione esistente fra questa comprensione dei fondamenti e un atteggiamento o una prassi intollerante che essi sembrerebbero derivare da quei fondamenti. Quale che sia il risultato, si sarà cercato un terreno comune. Sarebbe insensato intraprendere un dialogo partendo da un atteggiamento di rifiuto già in partenza. È così che ho potuto avere veri dialoghi con un buon numero di fondamentalisti. In molti di loro, infatti, c’è con assoluta certezza una base di buona fede. E beninteso, il fondamentalismo non è esclusivamente cristiano, musulmano o hindu. C’è anche un fondamentalismo laico, e persino un fondamentalismo scientifico... ...la frase di Niccolò Cusano: Una religio in rituum varietate , «Una sola religione nella varietà dei riti»; dove il termine «rito», si capisce, vuol dire altra cosa e di più che «cerimonia». Rito, ritmo e aritmetica hanno una parentela etimologica – lo sottolineo di passaggio. Per questo, così come non sono affatto convinto della prospettiva di stabilire e difendere una lingua universale – cosa che inevitabilmente comporterebbe un enorme impoverimento dell’esperienza umana –, non credo che la ricerca di una religione unica possa rappresentare un ideale. Penso al contrario che la diversità delle religioni, esattamente come quella delle lingue, delle razze, dei costumi e delle culture, sia essenziale per dare la misura della grandissima ricchezza dell’essere umano. Detto questo, penso che né l’isolamento nei ghetti né lo spirito di crociata o la guerra siano adatti a promuovere un dialogo vero fra le religioni che si sfiorano. Io voglio conoscere i miei vicini, e anche i miei vicini hanno sicuramente interesse a conoscere me. Negli incontri e confronti che arricchiscono reciprocamente si risveglia in qualche modo la coscienza di una comunione mistica, la coscienza delle dimensioni del corpo di Cristo o del corpo di Buddha. Non sarei, dunque, a favore della uniformazione delle religioni, ma piuttosto per la loro mutua armonia e la loro fecondazione reciproca. Tratto da:
LUIGI64 Inviato 24 Febbraio Autore Inviato 24 Febbraio Non vedo nessuna contraddizione tra scienza e fede: appartengono a due sfere diverse. Saremmo troppo ambiziosi e troppo arroganti se potessimo pensare di spiegare l’origine del mondo. Quello che possiamo fare noi scienziati è andare avanti passettino dopo passettino, e accumulare conoscenza. Ma, come diceva Newton, quello che conosciamo è una gocciolina e quello che non conosciamo un oceano, quindi siamo ben lontani dal rispondere a domande di quel tipo». Fabiola Gianotti (direttrice generale del CERN di Ginevra) .... l’assoluto” è “molto più radicato nell’ordine delle leggi naturali di quanto si fosse creduto per molto tempo”, “poiché tutto ciò che è relativo presuppone qualcosa di assoluto, e ha un significato solo quando è confrontato con l’assoluto” ...come vi è un oggetto materiale dietro ad ogni sensazione, così vi è una realtà metafisica dietro tutto ciò che l’esperienza umana dimostra essere reale”. per quanto vicina sembri la meta sospirata, rimane sempre un abisso, incolmabile dal punto di vista della scienza esatta, fra il mondo reale della fenomenologia e il mondo reale della metafisica. Questo abisso è la sorgente di una tensione costante, che… è la fonte inesauribile dell’insaziabile sete di conoscenza del vero scienziato. Ma al tempo stesso noi possiamo dare un rapido sguardo ai confini che la scienza esatta è incapace di valicare. Per quanto i suoi risultati possano essere profondi e ricchi di conseguenze, essa non può riuscire a fare l’ultimo passo che la porterebbe nel regno della metafisica Max Planck ( fisico tedesco, iniziatore della fisica quantistica e premio Nobel nel 1918) http://www.filosofiaescienza.it/max-planck-realismo-filosofico-scienza-fede/
LUIGI64 Inviato 25 Febbraio Autore Inviato 25 Febbraio Roger Penrose (nato nel 1931), professore di matematica all’Università di Oxford, premio Nobel per la fisica nel 2020: «Per generare un Universo a bassa entropia iniziale, condizione necessaria perché possa esistere un secondo principio [della termodinamica], il Creatore dovrà agire con estrema precisione. [Seguono tre pagine e mezza di calcoli argomentati]. … Sappiamo quindi quale precisione abbia usato il Creatore: una parte su 10 elevato alla potenza di 10 123 , cioè un numero decimale in cui dopo il primo zero e la virgola troviamo altri 10 123 zeri prima di incontrare la cifra 1. Si tratta di un numero evidentemente difficile da concepire. […] Anche se dovessimo scrivere uno “0” su ciascuna particella dell’intero universo, non riusciremmo a metterlo interamente per iscritto --- Christian Anfinsen (1916-1995), professore di chimica all’Università di Harvard e premio Nobel per la chimica nel 1972: « Penso che solo un idiota possa essere ateo. Dobbiamo ammettere che esiste una potenza o una forza incomprensibile, dotata di preveggenza e conoscenza illimitate, che ha messo in moto l’Universo sin dalla sua origine » --- Alfred Kastler (1902-1984), premio Nobel per la fisica nel 1966 e inventore del laser: « L’idea che il mondo, l’Universo materiale, si sia creato da solo mi sembra assurda; non concepisco il mondo senza un creatore, quindi un Dio . Per un fisico, un solo atomo è così complicato, così ricco d’intelligenza che l’Universo dei materialisti semplicemente non ha senso » 305 . - « Non è possibile spiegare la comparsa della vita e la sua evoluzione con l’intervento delle sole forze del caso. Altre forze sono all’opera » --- Werner Heisenberg (1901-1976), creatore della meccanica quantistica e premio Nobel per la fisica nel 1932: « La fisica atomica moderna ha spinto le scienze naturali fuori dal percorso materialista sul quale erano solite procedere nel corso del diciannovesimo secolo » --- Robert Laughlin (nato nel 1950), professore di fisica all’Università di Stanford, premio Nobel per la fisica nel 1998: « Le teorie del “Tutto” in generale, e quella delle stringhe in particolare, mi lasciano sempre più perplesso, poiché sono «non confutabili»: nessun esperimento può dimostrare che sono errate. Mi sono reso conto che le persone accettavano la teoria delle stringhe per ragioni ideologiche. Per me è stato uno shock terribile, perché ero convinto che gli scienziati rifiutassero ogni forma di ideologia. Le cose sono però ben diverse » --- George Thomson (1892-1975), fisico britannico, del premio Nobel per la fisica nel 1937: « Probabilmente tutti i fisici crederebbero in una creazione se la Bibbia non avesse sfortunatamente detto qualcosa al riguardo molti anni fa, facendo apparire l’idea antiquata » --- Arthur Schawlow (1921-1999), professore all’Università di Stanford, coinventore del laser e premio Nobel per la fisica nel 1981: « Il mondo è così meraviglioso che non riesco a immaginare che sia nato per puro caso » --- Robert Jastrow (1925-2008), astrofisico, professore alla Columbia University e direttore della nasa : « Per lo scienziato che ha vissuto confidando nel potere della ragione, la storia si conclude come un brutto sogno. Ha scalato le montagne dell’ignoranza e sta per conquistare la cima più alta, ma non appena superato l’ultimo sperone di roccia viene accolto da un manipolo di teologi che sono seduti su quella vetta da secoli » --- Paul Davies (nato nel 1946), cosmologo ed esobiologo, professore di fisica teorica all’Università di Adelaide e poi di Cambridge: «Per gli scienziati la teoria del multiverso sembra essere diventata la sola spiegazione per giustificare la notevole capacità del nostro Universo di accogliere la vita. Ma questa teoria per me rappresenta un problema ». - « La morte dello scientismo, del suo determinismo, del suo sogno di una scienza trasparente capace di accedere ai segreti dell’Universo è stata una specie di agonia per i premi Nobel che hanno vissuto l’avventura quantistica » --- Antony Hewish (nato nel 1924), astronomo, professore all’Università di Cambridge, premio Nobel nel 1974 per la sua scoperta delle pulsar: «Credo in Dio. Per me non ha alcun senso supporre che l’Universo e la nostra esistenza siano soltanto un incidente cosmico, che la vita sia comparsa in seguito a processi fisici aleatori in un ambiente che casualmente aveva le giuste caratteristiche. […] Dio sembra di certo un Creatore razionale. Il fatto che l’universo materiale sia costituito da elettroni, protoni e neutroni e che il vuoto sia pieno di particelle virtuali esige un’incredibile razionalità » --- Richard Smalley (1943-2005), professore di chimica a Houston (Texas) e premio Nobel per la chimica nel 1996: « Anche se penso che non riuscirò mai a penetrare del tutto questo mistero, credo che la risposta sia molto semplice: è vero. Dio ha creato l’universo circa 13,7 miliardi di anni fa e da allora partecipa della sua creazione. Lo scopo di questo Universo è qualcosa che solo Dio conosce con certezza, ma è sempre più chiaro per la scienza moderna che l’Universo è stato regolato in modo finissimo per rendere possibile la vita umana » --- Charles Townes (1915-2015), fisico, professore all’Università di Berkeley, premio Nobel per la fisica nel 1964 ed ex direttore della nasa : « Credo fermamente nell’esistenza di Dio, basandomi sull’intuizione, le osservazioni, la logica e anche sulle conoscenze scientifiche » 319 . - « Molti [cosmologi] hanno la sensazione che l’intelligenza sia stata, in un modo o nell’altro, coinvolta nelle leggi dell’Universo » 320 . - « Il determinismo non regge più. […] I biologi non si sono ancora resi conto dei limiti della loro conoscenza, anche se questi sono ormai evidenti » --- Marc Halévy (nato nel 1953), fisico, allievo di Prigogine: « Ammettiamo, con Stephen Hawking o Steven Weinberg, che lo sviluppo del nostro Universo a partire dal Big Bang sia frutto del puro caso. Questo Universo, mosso interamente dal caso, è riuscito nell’impresa di sintetizzare una molecola di rna in grado di autoreplicarsi. è possibile calcolare la probabilità di tale sintesi in base alle leggi del puro caso. Di conseguenza è anche possibile calcolare il tempo che sarebbe necessario a un universo nato e gestito dal caso per arrivare a tale sintesi. Questo tempo corrisponde a diversi milioni di milioni di volte l’età del nostro Universo attuale […] L’ipotesi del puro caso è quindi confutata proprio nell’ambito che le è proprio: quello del calcolo delle probabilità » --- Lee Smolin (nato nel 1955), fisico materialista, ammette il suo stupore: « Dobbiamo capire com’è possibile che i parametri che governano le particelle elementari e le loro interazioni siano regolati e impostati in modo tale da dar vita a un cosmo così complesso e diversificato. La probabilità che un Universo generato da una selezione casuale dei parametri contenga delle stelle è di una su 10 229 […] » 329 . - « L’Universo è improbabile, e lo è in un senso ben preciso: la sua struttura è molto più complessa di quanto non sarebbe se le sue leggi e le sue condizioni iniziali fossero state scelte a caso » --- Derek Barton (1918-1998), professore di chimica all’Imperial College di Londra e all’Università di Harvard, premio Nobel per la chimica nel 1969: « Le osservazioni e le gli esperimenti scientifici sono cose talmente meravigliose che le verità che stabiliscono si possono sicuramente accettare come un’ulteriore manifestazione del divino. Dio si mostra permettendo all’uomo di determinare la verità » --- Isidor Isaac Rabi (1898-1988), premio Nobel per la fisica nel 1944: « La fisica mi ha riempito d’ammirazione, mi ha messo in contatto con il senso delle cause originarie. La fisica mi ha avvicinato a Dio. Questo sentimento mi ha accompagnato durante tutti gli anni che ho dedicato alla scienza » --- Shoichi Yoshikawa (1935-2010), professore di astrofisica all’Università di Princeton: «Penso che Dio sia all’origine dell’Universo e della vita. L’Homo sapiens è stato creato da Dio attraverso un processo che non viola in modo significativo nessuna delle leggi fisiche dell’Universo » --- Max Planck (1858-1947), uno dei fondatori della meccanica quantistica, premio Nobel per la fisica nel 1918 e scopritore della struttura quantistica della radiazione di un corpo in equilibrio termico con l’ambiente circostante (corpo nero): « C’è una realtà metafisica alla soglia della realtà sperimentale » - « Chiunque sia seriamente interessato alla scienza, qualunque sia il suo ambito di studi, leggerà le seguenti parole sulla porta del tempio della conoscenza: “Devi avere fede”. La fede è una caratteristica di cui nessuno scienziato può fare a meno » . - « Tutta la materia trova la sua origine ed esiste soltanto in virtù di una forza. Dobbiamo supporre che dietro quella forza vi sia uno spirito cosciente e intelligente » --- Tony Rothman (nato nel 1953), cosmologo, professore di fisica alla Wesleyan University del Connecticut: « Di fronte all’ordine e alla bellezza dell’Universo, oltre che alle strane coincidenze della natura, si ha spesso la tentazione di fare un salto di fede dalla scienza alla religione. Sono certo che molti fisici vorrebbero farlo. Vorrei solo che lo ammettessero » --- Lothar Schäfer (1939-2020), professore di chimica e fisica quantistica all’Università dell’Arkansas: « Alla radice delle cose più comuni troviamo delle entità elementari che racchiudono in esse una sorta di coscienza. […] In ciò risiede la promessa di un messaggio proveniente dalle profondità dell’Universo ». - « Non è più possibile servirsi della scienza come fondamento dell’ateismo, è finita » --- Fred Hoyle (1915-2001), cosmologo e astronomo: « La probabilità che forme di vita complessa siano nate spontaneamente e per caso sulla Terra è paragonabile a quella di un tornado che, passando su un deposito di rottami, tiri fuori un Boeing 747 assemblando i materiali lì presenti » . - « L’esistenza di Dio è provata dal fatto che la comparsa della vita nell’Universo per la sola azione del caso corrisponde a una probabilità matematica di una parte su 10 40.000 ». - « Ho sempre trovato curioso che gli scienziati [atei] fingano di disprezzare la religione, considerato che questa domina i loro pensieri [in quanto concetto a loro ripugnante] più di quanto non domini la mente degli uomini di chiesa ». - « Non credo che un solo scienziato che esamini le reazioni nucleari che portano alla formazione del carbonio all’interno delle stelle possa evitare di arrivare alla conclusione che le leggi della fisica sono state progettate deliberatamente in funzione delle conseguenze che producono all’interno di questi corpi celesti » --- Wernher von Braun (1912-1977), ex direttore della nasa e inventore del V2, il primo missile balistico utilizzato nel corso della Seconda guerra mondiale: «Non è possibile analizzare le leggi e l’ordine dell’Universo senza arrivare alla conclusione che dietro tutto questo devono esistere un progetto e uno scopo. […] Più comprendiamo la complessità dell’Universo e i suoi ingranaggi, più abbiamo ragione di stupirci del progetto inerente su cui esso si fonda. Essere costretti a credere a un’unica conclusione - che ogni cosa nell’Universo sia comparsa per la sola azione del caso - violerebbe l’obiettività della scienza stessa. […] Quale processo casuale potrebbe aver prodotto il cervello umano o il nostro sistema oculare ?» --- Walter Kohn (1923-2016), professore di fisica all’Università della California, premio Nobel per la chimica nel 1998: «Rimangono questioni epistemologiche molto profonde sul significato delle leggi più complesse della scienza come quelle della meccanica quantistica e quelle che governano la natura del caos. Questi due ambiti hanno definitivamente scardinato la visione puramente deterministica e meccanicistica del mondo del diciottesimo e diciannovesimo secolo » --- Bernard d’Espagnat (1921-2015), professore di fisica all’Università di Parigi: «La meccanica quantistica ci ha liberati dalla cappa di piombo del materialismo deterministico ». - « Bohr ha disfatto ciò che Copernico aveva fatto. Ha riportato l’uomo al centro della propria rappresentazione dell’Universo » --- James Hopwood Jeans, fisico, astronomo e matematico britannico: « Il flusso della conoscenza si sta muovendo verso una realtà non meccanicista; l’universo inizia ad apparire più come un grande pensiero che come una grande macchina. La mente non sembra più un intruso accidentale nel mondo della materia » --- Stephen Hawking (1942-2018), professore di matematica all’Università di Cambridge, che nonostante tutto è rimasto un ateo: « Se, un secondo dopo il Big Bang, il tasso di espansione dell’Universo fosse stato leggermente inferiore, anche solo di una parte su cento milioni di miliardi, l’Universo sarebbe collassato su sé stesso prima di raggiungere le sue dimensioni attuali» . - * « Le leggi della fisica […] contengono molti numeri fondamentali. […] Il fatto notevole è che il valore di questi numeri sembra essere stato finemente regolato per rendere possibile lo sviluppo della vita ». - « Che cos’è che soffia il fuoco vitale nelle equazioni, dando loro un Universo che esse possono descrivere? ». - « La probabilità che un universo come il nostro sia nato dal Big Bang è infinitesimale. […] Credo decisamente che vi siano delle implicazioni religiose quando si inizia a discutere delle origini dell’Universo, […] ma penso che la maggior parte degli scienziati preferisca evitare questo aspetto della questione » --- David Gross (nato nel 1941), professore di fisica teorica all’Università della California, premio Nobel per la fisica nel 2004: « Il pericolo del principio antropico è che è impossibile da confutare » --- S ir Francis Crick (1916-2004), coscopritore della struttura del dna nel 1953, premio Nobel per la medicina nel 1962: « Attualmente il divario tra il “brodo primordiale” e il primo sistema a rna capace di selezione naturale appare di un’ampiezza insormontabile » . - * « Un uomo onesto, munito di tutte le conoscenze attuali, può solo affermare che per ora, in un certo senso, l’origine della vita appare quasi un miracolo tante sono le condizioni che debbono essere soddisfatte perché il meccanismo si metta in moto » --- Ilya Prigogine (1917-2003), premio Nobel per la chimica nel 1977, e Isabelle Stengers (nata nel 1949), filosofa ed epistemologa: «Secondo alcuni biologi contemporanei, l’organizzazione biologica non può avere altra spiegazione al di fuori della selezione e dell’accumulo di rare mutazioni favorevoli. [Tuttavia] tale organizzazione, seppur compatibile con le leggi fisiche, ha la particolarità di essere di una improbabilità vertiginosa in relazione a tali leggi. Quanto a noi, riteniamo che il dualismo mutazione-selezione mascheri la nostra profonda ignoranza sul rapporto tra il “testo” genetico che le mutazioni modificano, e l’organizzazione dei sistemi viventi » --- Christian de Duve (1917-2013), biochimico, premio Nobel per la fisiologia nel 1974: « Dio gioca a dadi perché è certo di vincere . […] Ho optato per un Universo pieno di significato e non per uno privo di senso. Non perché desideri che sia così, ma perché è così che interpreto i dati scientifici a nostra disposizione. […] L’Universo era “gravido della vita” e la biosfera dell’uomo --- John Eccles (1903-1997), neurologo, elettrofisiologo, premio Nobel per la medicina nel 1963: « Ritengo che il mistero dell’uomo venga incredibilmente sminuito dal riduzionismo scientifico e dalla sua pretesa materialista di spiegare alla fine il mondo dello spirito in termini di attività neuronale. Una tale credenza non può essere considerata altro che una superstizione » --- George Church (nato nel 1954), ateo, professore di genetica all’Università di Harvard e al mit e direttore del Center for Computational Genetics: « Il ribosoma è la struttura più complessa che sia presente in tutti gli organismi. […] Se fossi un sostenitore del Disegno Intelligente, è questa la questione sulla quale mi focalizzerei: come ha potuto generarsi il ribosoma? […] Le circa 53 proteine e i 3 polinucleotidi, presenti in un ribosoma, non sono il minimo richiesto per la sua costituzione? […] Ciò è assolutamente straordinario. […] Nessuno è mai riuscito a costruire un ribosoma che funzioni correttamente senza le proteine [anch’esse sintetizzate grazie a un ribosoma! » --- Ernst Mayr ( 1904-2005), professore all’Università di Harvard, uno dei più eminenti difensori del neo darwinismo ma anche uno dei più «aperti» a ipotesi alternative: « Il problema dell’origine della vita […] rappresenta una notevole sfida. […] Le probabilità che questo fenomeno improbabile si possa essere verificato diverse volte sono estremamente ridotte, nonostante gli svariati milioni di pianeti nell’Universo » --- Daniel Cohen (nato nel 1951), ex professore di genetica all’Università di évry, fondatore e direttore scientifico della società Genset (ingegneria genetica), è stato uno dei primi a mappare il genoma umano. Così confidava a «Le Point»: « Il genoma è un programma scritto in un linguaggio straordinariamente sofisticato. È possibile che un linguaggio del genere sia nato per caso? È possibile immaginarlo, ma non dimostrarlo. Personalmente, in un anno sono passato dall’ateismo all’agnosticismo. Poiché se questo linguaggio non è il frutto del caso, l’intuizione mi dice che un giorno lo si potrà dimostrare. Riuscite a immaginare lo sconvolgimento che questo provocherebbe? » --- Roger Sperry (1913-1994), neurologo, premio Nobel per la medicina 1981: « Mi pare indispensabile opporsi con il massimo rigore alla concezione materialista e riduzionista della natura e della mente umana, concezione che sembra emergere dall’atteggiamento oggettivo e analitico oggi predominante nelle scienze del cervello e del comportamento. […] Sospetto che siamo stati ingannati, e che gli scienziati materialisti abbiano rifilato alla società e persino a loro stessi soltanto della spazzatura » --- Pierre-Paul Grassé (1895-1985), professore di biologia all’Università di Parigi, zoologo ed etologo: «L’idea che l’uomo sia il risultato di un’infinita seria di errori di copiatura del dna al momento della duplicazione molecolare […] mi sembra non solo molto stravagante, cosa di per sé non particolarmente grave, ma soprattutto in contrasto con la realtà, cosa che invece la condanna senza appello » --- Stuart Kauffman (nato nel 1939), professore di biofisica all’Università del Vermont, specialista dei sistemi complessi: « Consideriamo tutte le proteine [che abbiano una lunghezza comparabile a quelle che danno origine alla vita] che si possono formare combinando ٢٠٠ amminoacidi. Il numero di queste proteine è ١٠ 320 . Anche se tutti i 10 80 atomi [che compongono l’Universo] si limitassero soltanto a fabbricare queste, con un “ritmo” uguale al tempo di Planck [nuove operazioni ogni 10 -43 secondi, che rappresenta il limite inferiore di tempo al di sotto del quale non si può andare], ebbene, sarebbe necessaria una durata 10 39 volte superiore alla vita dell’Universo per fabbricarle tutte, anche soltanto una volta » -- A dire il vero il titolo non è di mio gradimento (strategie di marketing)... citazioni estratte da:
LUIGI64 Inviato 25 Febbraio Autore Inviato 25 Febbraio Kurt Gödel (1906-1978), logico, professore di matematica all’Università di Princeton: « Il meccanicismo biologico è un pregiudizio della nostra epoca che non reggerà alle prove del tempo. Una delle future dimostrazioni sarà un teorema matematico che mostrerà che la formazione di un corpo umano nei tempi geologici, secondo le leggi della fisica - o altre leggi di natura simile - a partire da una distribuzione casuale di particelle elementari e da un campo quantistico è altrettanto improbabile quanto la separazione casuale dell’atmosfera nelle sue singole componenti » . - « Esistono una filosofia e una teologia scientifiche, che trattano di concetti di altissima astrazione, e ciò è molto vantaggioso per la scienza. […] Dio esiste --- Antony Flew (1923-2010), professore di filosofia all’Università di Reading e uno dei più grandi filosofi atei di questo secolo. Dopo aver scelto l’ateismo all’età di 15 anni e aver scritto per circa 54 anni contro la creazione divina (autore dell’articolo Theology and Falsification , dal titolo decisamente esplicito), rinunciò pubblicamente a questa posizione e dichiarò in seguito, con rammarico: « Dato che molti sono rimasti influenzati da me, voglio cercare di correggere gli enormi danni che potrei aver causato » . - « Gli argomenti più impressionanti a favore dell’esistenza di Dio sono quelli avvalorati dalle recenti scoperte scientifiche. […] L’argomento del “Disegno Intelligente” è molto più solido adesso rispetto a quando mi ci sono imbattuto per la prima volta » . - *« Grazie alla quasi incredibile complessità delle regolazioni necessarie alla produzione [della vita], queste scoperte [ dna e rna ] hanno mostrato che deve essere intervenuta necessariamente un’intelligenza nel far funzionare insieme questi elementi chimici straordinariamente diversi » . - « Quando da chimici esaminate l ’rna , siete travolti a tal punto dall’ammirazione davanti a una molecola tanto meravigliosa, oltre che dalla sua splendida complessità, da non poter fare a meno di chiedervi: com’è possibile che sia apparsa una struttura del genere? » --- Karl Popper (1902-1994), epistemologo e filosofo delle scienze, professore all’Università di Londra: « Il meccanismo che permette alla cellula (per lo meno la cellula non primitiva, l’unica che conosciamo) di tradurre il codice genetico è composto di almeno cinquanta componenti macromolecolari, anch’essi codificati nel dna . In altre parole, il codice non può essere tradotto se non utilizzando anche alcuni prodotti della sua stessa traduzione. Questo crea una sorta di paradosso circolare, un vero e proprio circolo vizioso, pare, per ogni tentativo di definizione di un modello o di una teoria della genesi del codice genetico » . - « Queste tesi [del multiverso] sono presentate come teorie scientifiche. Ma sono veramente scientifiche? Sembrano piuttosto dei racconti metafisici o mitologici, dal momento che non possono essere verificate: non possono essere né validate né confutate, essendo “al di fuori dell’ambito esperienziale delle scienze” --- Neil Manson (nato nel 1962), professore di filosofia all’Università del Mississippi: « C’è il forte sospetto che l’ipotesi del multiverso sia l’ultima risorsa dell’ateo disperato » --- Tale posizione è stata molto ben sintetizzata dal grande fisico e matematico Roger Penrose, premio Nobel per la fisica nel 2020, anch’egli estremamente interessato alle ricerche di Gödel e alle loro implicazioni: « Secondo Platone, i concetti e le verità matematiche abitano un mondo reale a sé stante, senza tempo e privo di ogni riferimento spaziale. Il mondo di Platone è un mondo ideale di forme perfette, distinto dal mondo fisico, a partire dal quale però il mondo fisico va compreso. Per quanto risieda al di là dei nostri imperfetti costrutti mentali, le nostre menti hanno accesso diretto a questo universo platonico grazie a una “consapevolezza” delle forme matematiche e alla nostra capacità di ragionare su tali forme. Vedremo che, anche se la nostra percezione platonica può occasionalmente servirsi del calcolo, essa non è però limitata da quest’ultimo. è questo potenziale di “conoscenza immediata” dei concetti matematici, questo accesso diretto al mondo platonico, a conferire alla mente un potere superiore a quello di qualsiasi meccanismo la cui azione si basi unicamente sul calcolo »... Quarant’anni prima di Penrose, su uno dei suoi taccuini Gödel aveva scritto nel suo linguaggio misterioso: « Il mio teorema d’incompletezza porta a concludere che la mente non sia di natura meccanica [non è il prodotto di una macchina come il cervello], oppure che essa non sia in grado di comprendere il proprio meccanismo » . Di conseguenza: la mente umana è una realtà indipendente dal mondo materiale, gli oggetti matematici hanno una realtà al di fuori di quello stesso mondo materiale. Per Gödel queste due proposizioni erano assolutamente vere, ma quello che il suo teorema dimostra è che per lo meno una delle due è vera, il che, a suo modo di vedere, assicurava la sconfitta del materialismo . E' per questo che Gödel affermava: « Il mio teorema mostra solamente che la meccanizzazione delle scienze matematiche, e cioè l’eliminazione della mente e delle entità astratte, è impossibile »... Egli estendeva la sua concezione non materialista della mente alla natura della vita e della sua evoluzione: «Non credo che il cervello sia comparso secondo le modalità descritte da Darwin. In effetti, si tratta di un evento confutabile. Un meccanismo semplice non può dar vita al cervello ». Gödel pensava che il darwinismo, che definiva «meccanicismo biologico » un giorno sarebbe stato confutato razionalmente: «Credo che il meccanicismo biologico sia un pregiudizio della nostra epoca che non reggerà alle prove del tempo. Secondo me, la confutazione assumerà la forma di un teorema matematico che mostrerà che la formazione di un corpo umano nei tempi geologici, secondo le leggi della fisica (o altre leggi di natura simile) a partire da una distribuzione casuale di particelle elementari, è altrettanto improbabile della separazione casuale dell’atmosfera nelle sue singole componenti » ... Certamente è al teorema di Gödel che pensa il celebre fisico e cosmologo Paul Davies, nella conclusione del suo libro intitolato La mente di Dio , quando dichiara: «Ma in definitiva, è quasi certamente impossibile una spiegazione razionale del mondo inteso come un sistema chiuso e completo di verità logiche. Siamo tagliati fuori dalla conoscenza ultima, dalla spiegazione ultima, per via di quelle stesse regole del ragionamento che ci spingono a cercare tale spiegazione ». Per superare i limiti che il teorema di Gödel oppone alla nostra comprensione dell’Universo, Paul Davies ci propone di affidarci al… misticismo: « Se desideriamo andare oltre, dobbiamo affidarci a un concetto diverso di “comprensione” rispetto a quello suggerito dalla razionalità. La via mistica è forse una strada verso tale comprensione. Io non ho mai vissuto un’esperienza mistica, ma mantengo la mente aperta riguardo al valore di queste esperienze. Forse rappresentano l’unico modo per trascendere i limiti che la scienza e la filosofia non possono varcare, l’unica via possibile verso l’Ultimo »... Quello che è certo è che Gödel era totalmente teista: « Torno a casa con Einstein quasi tutti i giorni, e parliamo di filosofia, di politica e degli Stati Uniti. La sua religione è molto più astratta, simile a quella di Spinoza o alla filosofia indiana. La mia è più vicina alla religione della Chiesa. Il Dio di Spinoza è meno di una persona, il mio è più di una persona, perché Dio non può essere meno di una persona. Può interpretare il ruolo di una persona » . Quest’ultima frase è forse un’allusione all’Incarnazione, poiché Gödel si definiva « di cultura luterana »... Se Gödel era molto critico nei confronti delle varie religioni organizzate, considerava invece in modo positivo la Religione. Lo attesta l’ultimo punto del suo credo: « Le religioni sono in generale malvagie, ma la Religione non lo è » . Considerava i suoi sforzi di razionalizzare la religione come « nient’altro che un’esposizione intuitiva e un “adattamento” al nostro attuale modo di pensare di alcuni precetti teologici predicati da duemila anni, ma che sono stati mescolati a un sacco di sciocchezze » --- Tratto dal testo di cui sopra Sono veramente stupito, da quanti eminenti scienziati abbiano accolto possibilità ed ipotesi che travalicano il semplice razionalismo, non essendo incastrati in un limitante, dogmatico scientismo Quadro molto diverso rispetto a quanto taluni, in maniera semplicistica ed arrogante, piace dipingere la realtà su determinati argomenti
LUIGI64 Inviato 25 Febbraio Autore Inviato 25 Febbraio Parole folli che trovano un senso Per cominciare, lo scenario proposto da questa tesi rende chiaro il senso delle parole che in precedenza ci erano sembrate sconcertanti o persino sconvolgenti. Se Gesù è il Figlio di Dio, in effetti, allora lo è da sempre e può ben dire: « Prima che Abramo fosse, Io Sono » (Gv 8,58) . « Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno » (Mt 24,35) . La divinità di Gesù lo rende onnipotente, anche sulla morte e sul peccato, e giustifica le parole: « Ti sono perdonati i peccati » (Mt 9,5) . « Io sono la risurrezione e la vita » (Gv 11,25) . « Il Figlio dell’uomo è signore del sabato » (Mt 12,8) . « A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra » (Mt 28,18) . Per mezzo dell’Eucarestia può infine donare il suo corpo come cibo, sotto forma di pane consacrato: « Io sono il pane disceso dal cielo » (Gv 6,41) . Da parte di chiunque altro, queste parole sarebbero state il segno di un orgoglio smisurato, di una presunzione scandalosa, di un pericoloso delirio di onnipotenza. Ma nella bocca del Figlio di Dio, del Messia, prendono un senso completamente nuovo, in una logica che va al di là delle nostre categorie abituali. Sempre tratto dal testo di cui sopra
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