permar Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo 16 ore fa, Roberto M ha scritto: Con anche l’effetto secondario di potare (come si fa con le piante infestanti) Una precisazione per uomini di legge. Le piante infestanti non si potano ma si estirpano. Si potano le piante da frutto
Velvet Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo 7 ore fa, appecundria ha scritto: Ma tutta quella mercanzia dorata c'è sempre stata? In effetti pare essersi ingarellato con Putin quanto a buon gusto.
marsattacks Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo E sapere come stanno le cose? Dal Corriere della Sera Così Draghi ha smontato i falsi alibi europei sul protezionismo di Federico Rampini| 17 febbraio 2025 "Ci voleva l’autorevolezza di Mario Draghi per smontare la buona coscienza degli europei sul protezionismo. Nel suo editoriale di sabato sul Financial Times, l’ex presidente del Consiglio e della Banca centrale europea ha tolto tutti gli alibi al Vecchio continente. In modo garbato, senza toni polemici, ma con dati implacabili, Draghi ha spazzato via l’idea che i dazi siano una malefica invenzione dell’orrido Donald Trump. L’Europa – ha spiegato – è malata di protezionismo da molto tempo, lo pratica perfino contro se stessa, con una montagna di barriere interne che vanificano i vantaggi del suo mercato unico. Nei confronti degli Stati Uniti, quindi, le grida europee che denunciano i dazi di Trump sono ingiustificate. L’opinione pubblica europea spesso non lo sa, e quindi in buona fede pensa che il mondo stia scivolando verso un’assurda guerra commerciale per colpa del nuovo presidente americano. La maggioranza dei cittadini europei ignora, per esempio, che l’Imposta sul Valore Aggiunto (Iva) funziona come un gigantesco sussidio all’esportazione, quindi va ad aggiungersi ai dazi come strumento protezionista che distorce la concorrenza tra nazioni. Non a caso Trump prende di mira anche l’Iva europea, tra quelle misure che vuole contrastare e compensare con i suoi dazi. (Per adesso Trump ha incaricato il suo dicastero del Commercio di completare un’indagine conoscitiva, ad aprile deciderà il da farsi, cioè se varare dazi «di reciprocità» contro l’Europa). L’Iva rientra nella categoria delle imposte indirette, perché non colpisce i redditi bensì si applica ai prodotti, e solo indirettamente viene pagata dai consumatori. L’Iva viene prelevata dal fisco ad ogni stadio di produzione/ trasformazione di un bene o di un servizio. Le aliquote variano da un Paese all’altro e a seconda delle categorie di prodotti. L’incidenza media è stata calcolata al 20% nell’Unione europea. Ma – come sa chiunque abbia visto le code dei turisti americani o cinesi negli aeroporti europei per farsi rimborsare l’Iva sulle borse di Hermès e Gucci – l’Iva viene restituita se un bene è destinato a uscire dalle frontiere dell’Unione europea. Il rimborso che i turisti extra-comunitari incassano quando lasciano il territorio UE per tornare nei rispettivi paesi, è solo una minuscola frazione di un fenomeno molto più vasto: le imprese europee che esportano fuori dall’Unione hanno il diritto di ricevere dal fisco la restituzione dall’Iva. Questo equivale a uno sconto sulle loro merci esportate, che può raggiungere il valore del 20%. Un aiuto all’export. In America non abbiamo l’Iva. Esiste una «sales tax», tassa finale sulle vendite al consumo, che varia da Stato a Stato (potete verificare l’aliquota negli scontrini dei negozi, quando fate la spesa qui). Anche questa non colpisce le esportazioni. Però la «sales tax» americana è molto più bassa dell’Iva europea, in media l’aliquota è del 6,6%. Questo è un altro caso in cui Trump viene accusato di protezionismo… da chi lo pratica da sempre, in proporzioni maggiori. L’America in passato s’interrogò sull’opportunità di adottare un’Iva, ma perfino un presidente democratico come Bill Clinton fu contrario, per non aumentare la pressione fiscale. La Cina invece ha adottato l’Iva seguendo il modello europeo. L’effetto dell’Iva come sussidio all’export va ad aggiungersi alla questione dei dazi: anche su questi, che sono tasse doganali, l’America è uno dei paesi meno protezionisti al mondo. L’ultima stima dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) valuta i dazi medi americani al 2,2% pur dopo gli aumenti di Trump nel 2018 e di Biden nel 2021; sono la metà di quelli europei e un quarto di quelli cinesi. Un esempio specifico, nel settore dell’auto, indica un divario ancora maggiore: l’Europa punisce le importazioni di vetture Usa con un dazio del 10% mentre il reciproco, cioè il dazio Usa sulle auto europee importate, è del 2,5%. Questi dati dovrebbero spingere a ridurre il baccano che incolpa Trump di trascinare il mondo verso un’Apocalisse economica scatenata dalle guerre commerciali. I Paesi che sono presi di mira, e l’UE nel suo insieme, hanno un potente strumento per contrastare i nuovi dazi di Trump: mettere sul tavolo del negoziato transatlantico delle concrete proposte per ridurre le loro barriere. I margini ci sono, per offrire contropartite sostanziose a Trump, visto il livello di protezionismo da cui parte l’Europa. A questo si aggiunge un tema ancora più generale sollevato da Draghi – nel suo Rapporto, prima ancora che nell’editoriale sul Financial Times. L’Europa soffre di una crescita debole e asfittica da decenni. L’America è diventata da molto tempo la sua locomotiva trainante, con un mercato aperto che assorbe i prodotti del made in Germany e del made in Italy. Se l’UE vuol essere meno dipendente dagli Stati Uniti, deve affrontare le ragioni strutturali della sua stagnazione. E molto spesso le terapie necessarie consistono nel rendere l’Europa un po’ più simile all’America. In questo contesto la demonizzazione di Trump rischia di diventare un ulteriore diversivo, che distoglie l’attenzione dai problemi veri, inventa un capro espiatorio, e fornisce all’Europa nuovi alibi perché tutto rimanga come prima." Pensate che abbiamo ancora bisogno di andare dietro alla Germania che per anni ha praticato protezionismo selvaggio, dumping economico e sociale contro l’Europa?
ferdydurke Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo @marsattacks 12 minuti fa, marsattacks ha scritto: le imprese europee che esportano fuori dall’Unione hanno il diritto di ricevere dal fisco la restituzione dall’Iva. Questo equivale a uno sconto sulle loro merci esportate, che può raggiungere il valore del 20%. Un aiuto all’export. Rampini ha le idee confuse. Prendiamo un auto che viene esportata negli USA, l'IVA viene restituita per cui l'auto viene venduta negli USA senza IVA (che in America non c’è) al pari di un auto americana , poi entrambe saranno sottoposte alla sales tax che è diversa da stato a stato. 2
Questo è un messaggio popolare. Panurge Inviato 17 Marzo Questo è un messaggio popolare. Inviato 17 Marzo Questo è il testo dell'articolo di Draghi, di Iva o vat per dirla all'inglese manco l'ombra mi pare, Rampini si è allargato parecchio, infatti certe castronerie da Draghi mi sembravano assai strane Recent weeks have provided a stark reminder of Europe’s vulnerabilities. The eurozone barely grew at the end of last year, underlining the fragility of the domestic recovery. And the US began imposing tariffs on its major trading partners, with the EU next in its sights. This prospect casts further uncertainty over European growth given the economy’s dependence on foreign demand. Two major factors have led Europe into this predicament — but they can also lead it out again if it is prepared to undergo radical change. The first is the EU’s long-standing inability to tackle its supply constraints, especially its high internal barriers and regulatory hurdles. These are far more damaging for growth than any tariffs the US might impose — and their harmful effects are increasing over time. The IMF estimates that Europe’s internal barriers are equivalent to a tariff of 45 per cent for manufacturing and 110 per cent for services. These effectively shrink the market in which European companies operate: trade across EU countries is less than half the level of trade across US states. And as activity shifts more towards services, their overall drag on growth becomes worse. At the same time, the EU has allowed regulation to track the most innovative part of services — digital — hindering the growth of European tech firms and preventing the economy from unlocking large productivity gains. The costs of complying with GDPR, for example, are estimated to have reduced profits for small European tech firms by up to 12 per cent. Taken together, Europe has been effectively raising tariffs within its borders and increasing regulation on a sector that makes up around 70 per cent of EU GDP. This failure to lower internal barriers has also contributed to Europe’s unusually high trade openness. Since 1999, trade as a share of GDP has risen from 31 per cent to 55 per cent in the eurozone, whereas in China it rose from 34 per cent to 37 per cent and in the US from 23 per cent to just 25 per cent. This openness was an asset in a globalising world. But now it has become a vulnerability. The paradox is that while internal barriers remained high, external barriers fell as globalisation accelerated. EU companies looked abroad to substitute for lack of domestic growth and imports became relatively more attractive. For instance, since the mid-1990s, trade costs in services are estimated to have dropped by 11 per cent within the EU but by 16 per cent for non-EU imports. This helps explain why trade in services inside and outside the EU is about the same today as a share of GDP — unthinkable in a fully integrated large economy. The second factor holding Europe back is its tolerance of persistently weak demand, at least since the global financial crisis of 2008. This has exacerbated all the issues caused by supply constraints. Until the crisis, domestic demand as a share of GDP in the eurozone was near the middle of the range of advanced economies. Afterwards, it fell to the bottom and stayed there. The US has remained at the top throughout. This widening demand gap has helped turn high trade openness into high trade surpluses: the eurozone current account has shifted from broadly balanced until 2008 to persistent surpluses thereafter. And weak demand has fed back into exceptionally weak total factor productivity growth after recessions, a pattern not seen in the US. This can partly be explained by the effect of demand on the innovation cycle. Research finds that policy-driven demand shocks have a significant effect on R&D investment, especially for disruptive technologies. While the demand gap has different drivers, the most significant has been the relative stance of fiscal policies. From 2009 to 2024, measured in 2024 euros, the US government injected over five times more funds into the economy via primary deficits — €14tn versus €2.5tn in the eurozone. Both these shortcomings — supply and demand — are largely of Europe’s own making. They are therefore within its power to change. An unyielding drive to remove supply constraints would help innovative sectors to grow and, by redirecting demand back into the domestic market, reduce trade openness without raising trade barriers. The European Commission’s new Competitiveness Compass provides a road map to achieve this. At the same time, more proactive use of fiscal policy — in the form of higher productive investment — would help lower trade surpluses and send a strong signal to firms to invest more in R&D. But this path calls for a fundamental change in mindset. Up to now, Europe has focused on either single or national goals without counting their collective cost. Conserving public money supported the goal of debt sustainability. The spread of regulation was designed to protect citizens from new technology risks. Internal barriers are a legacy of times when the nation state was the natural frame for action. But it is now clear that acting in this way has delivered neither welfare for Europeans, nor healthy public finances, nor even national autonomy, which is threatened by pressure from abroad. That is why radical change is needed. 3
briandinazareth Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo 1 minuto fa, Panurge ha scritto: Questo è il testo dell'articolo di Draghi, di Iva o vat per dirla all'inglese manco l'ombra mi pare, Rampini si è allargato parecchio, infatti certe castronerie da Draghi mi sembravano assai strane A ma stupisce questa rincorsa a dare ragione ad uno che dice che la ue nasce per fottere gli usa e che ci rappresenta come nemici
Panurge Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo Questo è interessante però "From 2009 to 2024, measured in 2024 euros, the US government injected over five times more funds into the economy via primary deficits — €14tn versus €2.5tn in the eurozone." Ed è uno dei motivi per cui, principalmente sotto i dem, l'economia americana è sempre cresciuta, un bel po' di buoni vecchi di aiuti di stato, magari di rimbalzo, altro che iperliberalismo. Crescita ma incremento dell'inflazione, da libro di testo di economia II. 2
appecundria Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo 57 minuti fa, marsattacks ha scritto: di Federico Rampini| 17 febbraio 2025 Rampini dovrebbe rendersi conto che non può parlare di tutto ogni giorno.
appecundria Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo 19 minuti fa, Panurge ha scritto: infatti certe castronerie da Draghi mi sembravano assai strane Grazie, si capiva già al terzo rigo ma una conferma è sempre buona.
wow Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo Rampini è affetto da Pansite Compulsiva Acuta. La simdrome porta a scrivere su tutto ciò che si muove, non importa cosa, dopo essersi allineati al vento portante. "L'età lo rende molto indulgente verso la destra, io resto più ancorato agli ideali di gioventù...". (cit.) D'altra parte l'appartamento al Central Park costa.
iBan69 Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo 12 ore fa, appecundria ha scritto: Ma tutta quella mercanzia dorata c'è sempre stata? https://video.corriere.it/esteri/il-nuovo-studio-ovale-di-trump-oro-dipinti-e-una-replica-della-coppa-del-mondo-di-calcio/fcac6448-52cd-4955-9cbb-cbc4d4e27xlk 1
sirjoe61 Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo 3 ore fa, appecundria ha scritto: Rampini dovrebbe rendersi conto che non può parlare di tutto ogni giorno ...Rampini è di fatto americano...quando parla dell'Italia dice "Voi"...
iBan69 Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo 4 minuti fa, sirjoe61 ha scritto: Rampini è di fatto americano... Esatto … ma, ha poco da vantarsene, ora …
maurodg65 Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo 4 ore fa, wow ha scritto: "L'età lo rende molto indulgente verso la destra, io resto più ancorato agli ideali di gioventù...". (cit.) Non è indulgente verso la destra, ha votato la Harris, ma ha chiaro quali siano stati gli errori fatti dalla precedente amministrazione esattamente come ha la consapevolezza del perché su alcuni temi di politica estera, vedi Gaza, la posizione del Governo USA sia stato un boomerang per la Harris, paradossalmente visto che con Trump il problema dal punto di vista di quella parte dell’elettorato è persino peggiorato.
appecundria Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo 17 minuti fa, maurodg65 ha scritto: Non è indulgente verso la destra, ha votato la Harris, le due cose non si escludono
maurodg65 Inviato 17 Marzo Inviato 17 Marzo 3 minuti fa, appecundria ha scritto: le due cose non si escludono No, ma non ama Trump, semplicemente si interroga e si dà delle risposte sul perché la destra abbia vinto e, se preferisci, sul perché la sinistra abbia perso, riflessione che mi pare essere un tabù per molti.
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