Questo è un messaggio popolare. Napoli Inviato Venerdì alle 20:57 Questo è un messaggio popolare. Inviato Venerdì alle 20:57 Da vedere su raiplay. 1 3
analogico_09 Inviato Venerdì alle 22:23 Inviato Venerdì alle 22:23 Grazie della segnalazione @Napoli , inatteso, lo vedrò presto, mi fa piacere che il più grande musicista di jazz nato in Italia sia stato ricordato con un documentario che ha lo stesso titolo di uno dei suoi dischi più belli in quartetto composto da Furio De Castri Roberto Gatto e da quel Luca Flores straordinario pianista che morì suicida in seguiton a una devastante malattia mentale. Massimo e Luca, due grandi poeti della musica accomunati da analogo destino di autostruzione e morte, icordano le tragiche vicende di Charlie Parker e di Bud Powell e degli altri eroi del jazz che ci hanno lasciato attraverso la musica il meglio delle loro anime. Vorrei contribuire anch'io coi ricordi... vediamo se sarà possibile sviluppare una discussione su Massimo Urbani, Luca Floris e gli altri grandi musicisti italiani, europeri e americani dell'"ultimo" autentico jazz... 1
PL-L1000 Inviato Sabato alle 00:08 Inviato Sabato alle 00:08 Una trentina di anni fa, una cassetta con un paio di registrazioni di Massimo Urbani che non trovo più, tra i miei primi bellissimi contatti con il Jazz. Proprio l' altro ieri, un fotogramma che ritraeva Urbani a Blob mi ha fatto trasalire sulla poltrona... @Napoli Grazie per la preziosa segnalazione!
Questo è un messaggio popolare. analogico_09 Inviato 22 ore fa Questo è un messaggio popolare. Inviato 22 ore fa Scrivo di cuore e di getto... Gran bel documentario, particolarmente toccante per me che vissi gioiosamente in diretta gli avvenimenti di quegli anni, i luoghi e le persone della musica. Inevitabile un moto di nostalgia senza rimpianti e con qualche attimo di vuoto nella pancia vagamente legato ad un sentimento della cui natura non saprei dire. Ho visto "nascere" Massimo Urbani quando lo ascoltai suonare per la prima volta al Folkstudio di Roma. Era un giovane di 18 anni esattamente sconosciuto. Era lì, inaspettato, un'apparizione, in trio con Patrizia Scascitelli al piano e Roberto Della Grotta al basso, giovani e sconosciti come Massimo. Massimo suonava come se fossero tornati in vita Eric Dolphy, Charlie Parker, Albert Ayler.., non credevo alle mie orecchie.., da dove arrivasse tutto questo. Terminato il concerto, nell'intimità del locale, si era lì come amici, gli chiesi di mostrarmi la carta d'identità per accertarmi che non venisse da Marte... Con quella sua voce un po' flautata mi parlò un po' di lui, dei suoi inizi da totale autodidatta, anzi meno, della sua attitudine ad assorbire musicisti e musiche che ascoltava dai dischi del padre che amava il jazz. Da tali inizi "imitativi", Massimo Urbani, sulla scorta di tali esperiene d'ascolto, di profonda assimilazione delle "scuole" dei grandi del jazz afroamericano, e dei successi studi che intraprese in maniera molto basilare, sviluppò in poco tempo uno stile personalissimo, una tecnica granitica al servizio della lancinate, luminosa espressione che fu la sua gloria umana, professionale e spirutuale se non anche, forse, la porta attraverso la quale passarono insieme alle luci i blues più oscuri della sua anima, dell'uomo che in molti oggi celebrano con le più belle parole ed i migliori elogi da morto, mentre veniva anche "sfruttato", incompreso da vivo... Ritrovai Urbani in concerto tante altre volte, al Music Inn mi riconobbe quando era oramai già affermato, di ritorno dall'America del tour fantastico con Enrico Rava.., ci salutammo qualche parola gentile con quel tono come sempre "flautato".., prima di andarsene verso la sua direzione... Molto interessante il documentario per come è strutturato, con filo conduttore rappresentato da figlio Massimo alla ricerca di un padre mai conosciuto e diventato leggenda.., ingombrante presenza, provo ad immaginare.. il viaggio attraverso le realtà umane e professionali, i luoghi della miusica, cose della vita reale che tendono a ridimensinare il mito, l'odiato/amato padre che viene scoperto dal figlio nella sua umanità attraverso la tangibile realtà dei vecchi affettiuosi amici del genitore che sembra acquisire via via sempre più corpo reale algli occhi e nella psiche in ebollizione del giovane "Telemaco"... finalmente più pacificato che prima. Auguri al lui! E grazie a questo documentario che ha fatto fare un giro nel passato vissuto e ancora presente in noi vecchieti che "c'eravamo".., dal quale mi riesce ancora più facile capire e vivere il presente. Alcune sequenze del documentario, insieme ai filmati indetiti, preziosi, le conoscevo già, erano presenti nel Tubo, chissà se ancora, quelle stupende di Massimo che improvvisa all'alto nella "fabbrica abbandonata", grande lavoro di riprese e montaggio al servizio di una musica che no v'è più da noi chi sappa fare altrettanto. Mi ha molto sorpreso rivedere con vivo piacere le immagini della pianista Patrizia Scascitelli in versione contemporanea.., qui la fotografai in un conceerto ... remoto che si perde nella notte dei tempi. 3
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