melos62 Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 14 ore fa, Martin ha scritto: Comunque far si che la moglie vi si rivolga col plurale majestatis è già un successo... io sono passato da "amore" attraverso la fase nomignolo sino all'attuale imperativo : - 'ScoLta: 😀 La fase successiva è quella delle istruzioni inviate per via telepatica, wireless. Devi capire tu da te stesso cosa fare in quel momento, ovvero quello che Lei farebbe in base alla sua ferrea e infallibile logica femminile. Questo si raggiunge solo con costante e lungo addestramento. 1
Panurge Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 3 minuti fa, melos62 ha scritto: Devi capire tu da te stesso cosa fare in quel momento "tu non vedi i lavori" questa frase mi scatena voglie di arruolamento nella legione straniera, posto che ci sia posto per uomini di mezza età sovrappeso (lievemente).
Akla Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 @Panurge non ti vedo assolutamente a lanciare bombe a mano mangiare scatolette di simmenthal e gallette magari ad abbattere gi F 24 in volo quello sicuramente
melos62 Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 8 minuti fa, Panurge ha scritto: posto che ci sia posto per uomini di mezza età sovrappeso (lievemente). Mi sono informato, purtroppo niente ufficio fureria acquisti vini francesi...
Savgal Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 @Gaetanoalberto Consentimi di fare la parte del "radical chic" che cita i classici del passato, La mia era una citazione da "La poltica come professione" di max Weber. Oltre la citazione integrale. L’uomo politico deve […] vincere dentro di sé, ogni giorno e ogni ora, un nemico del tutto ordinario, fin troppo umano: la comunissima ‹vanità›, nemica mortale di ogni concreta dedizione e di ogni distanza, in questo caso, dal distacco nei confronti di se stessi. La vanità è un difetto molto diffuso e forse nessuno ne è del tutto libero. Nei circoli accademici e in quelli degli eruditi appare come una sorta di malattia professionale. Ma nel caso dell’erudito essa, per quanto possa sembrare antipatica, è relativamente inoffensiva nel senso che non disturba, di regola, l’esercizio scientifico. Le cose stanno in modo completamente diverso nel caso del politico. L’aspirazione al ‹potere› è il mezzo indispensabile col quale lavora. L’«istinto di potenza» – come si usa esprimersi – appartiene perciò in effetti alle sue normali qualità. Ma il peccato contro lo Spirito Santo proprio della sua professione inizia laddove questa aspirazione alla potenza perde di ‹concretezza› e divenuta oggetto dell’autoincensamento puramente personale, anziché porsi esclusivamente a servizio della «causa». Ci sono, infatti, soltanto due tipi di peccato mortali nell’ambito della politica: la mancanza di concretezza e – spesso, ma non sempre, uguale ad essa – la mancanza di responsabilità. La vanità, vale a dire il bisogno di mettersi in vista il più possibile, induce fortemente il politico alla tentazione di percorrere una delle due, o anche entrambe. Tanto più in quanto è costretto a far affidamento sull’«effetto» che suscita, il demagogo è costantemente in pericolo di diventare un attore o di assumersi con leggerezza la responsabilità per le conseguenze del suo agire e di preoccuparsi soltanto dell’«impressione» che egli riesce a provocare. La sua mancanza di concretezza lo spinge ad aspirare all’apparenza fascinosa del potere anziché al potere reale; la sua mancanza di responsabilità, invece, a godere del potere solo per amore del potere, senza alcuno scopo dal punto di vista del contenuto. Infatti, ‹sebbene›, o meglio proprio in quanto la potenza è il mezzo inevitabile di ogni politica e l’aspirazione alla potenza una delle sue forze motrici, non c’è stortura dell’attività politica più perniciosa del fare guascone tipico del potente ‹parvenu› e del vacuo gloriarsi del sentimento di potenza, e soprattutto di ogni culto del potere in quanto tale. 1
Martin Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 1 ora fa, melos62 ha scritto: ovvero quello che Lei farebbe in base alla sua ferrea e infallibile logica femminile. Pensavo di aver trovato la soluzione facendo il contrario di quel che avrei voluto fare in prima battuta... eh si: Troppo facile.. la logica "ferrea e infallibile" è anche incredibilmente adattativa nell'ottenere lo scopo, che è quello di affondare colpi regolarmente per matenersi sempre sopra nel conteggio delle stoccate...
Panurge Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 5 minuti fa, Savgal ha scritto: La mia era una citazione da "La poltica come professione" di max Weber. Continuiamo a dare le perle ai suini domestici, large white naturalmente per evitare ulteriori discussioni.
melos62 Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 33 minuti fa, Panurge ha scritto: Continuiamo a dare le perle ai suini domestici, Conosco herr Weber, ebbi da studiarlo per l'esame di sociologia, tuttavia gli ho sempre preferito la nipotina Ela. (in un contesto culturale come il nostro il calvinismo economico e sociale di weber ha lo stesso corso legale dei miniassegni che furono)
Savgal Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 @simpson Una chiosa, trovare una sintesi che riesca a conciliare gli interessi del proletariato, che in estrema sintesi vuole l'immobilismo dello status quo, e quelli della borghsia imprenditoriale, è operazione quasi impossibile. La coincidenza di interessi avviene con certe forme di lavoro autonomo che, in ragione del sempre più rapido mutamento dei processi economici, vive la stessa condizione di precrietà e fungibilità. Entrambi sono per l'immobilità dello status quo, entrambi cercano "nemici" cui attribuire la colpa della loro precarietà. La propaganda populista è stata ed è una grande produttrice di "nemici": i poteri forti, il capitalismo finanziario, gli immigrati, i radical chic, gli intellettuali, ecc.
melos62 Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 26 minuti fa, Martin ha scritto: Pensavo di aver trovato la soluzione facendo il contrario di quel che avrei voluto fare in prima battuta... eh si: Troppo facile.. l la prima legge della uxorobotica dice: la donna è superiore in ogni aspetto all'uomo; la seconda: sempre ella dovrà rammentarlo al suddito, in ogni modo opportuno e inopportuno
Savgal Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 @Panurge Come ripeto spesso, l'individualismo borghese senza la cultura borghese è esiziale. Cito Weber anche perché egli dichiarò: "Io sono un membro della classe borghese, mi sento tale e sono educato alla sua visione del mondo e ai suoi ideali".
Panurge Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 43 minuti fa, melos62 ha scritto: (in un contesto culturale come il nostro il calvinismo economico e sociale di weber ha lo stesso corso legale dei miniassegni che furono) Però senza aver ben presente Weber non si può neanche discutere di capitalismo e, in primis, capire perché, in modo ricorrente, noi si venga guardati come dei furbastri malfattori dal nord Europa. 1
Savgal Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 Se avete pazienza sufficiente, leggetevi il "pippone" che segue. L'argomento ha anche un aspetto politico. Continuare a fondare le campagne elettorali sull'opportunismo individualistico è un voler far male alle generazioni future. IL “CAPITALE SOCIALE” E “L’ETICA PROTESTANTE E LO SPIRITO DEL CAPITALISMO” Il capitale sociale è divenuto oggetto delle ricerche delle scienze sociali a partire dagli anni novanta, in particolare negli studi che analizzano le dinamiche che consentono lo sviluppo della società. Secondo il politologo statunitense Francis Fukuyama “il capitale sociale è una risorsa che nasce dal prevalere della fiducia nella società o in una parte di essa” e “la fiducia è l’aspettativa, che nasce all’interno di una comunità, di un comportamento prevedibile, corretto e cooperativo, basato su norme comunemente condivise, da parte dei suoi membri”. Il "capitale sociale" corrisponde a quel complesso di relazioni e valori che un soggetto costruisce nel corso della vita in una determinata società. Una persona nel corso della propria esistenza si pone in relazione con altri soggetti che gli consentono di accrescere le proprie conoscenze, consentendogli di perseguire obiettivi che singolarmente sarebbero stati difficilmente conseguibili. La collaborazione tra soggetti con valori ed esperienze differenti rende possibile la soluzione di problemi collettivi mediante reti relazionali e capitali sociali che differiscono da persona a persona. L’interesse allo studio del capitale sociale consegue dal fatto che questo è considerato un fattore rilevante per spiegare le dinamiche sottese allo sviluppo di una società. Pur essendo presente in alcune ricerche della prima metà del Novecento, è alla fine degli anni Ottanta che il concetto di capitale sociale diviene rilevante nelle analisi sociali. Gli approcci alla ricerca sono due: quello individualista e quello collettivista. Sebbene le due prospettive siano differenti e, per alcuni aspetti contrastanti, l'importanza della costruzione del capitale sociale è considerato da entrambi fondamentale per lo sviluppo di una società. L'APPROCCIO INDIVIDUALISTA L'approccio individualista pone l'accento sulle capacità del singolo soggetto di relazionarsi con altri individui allo scopo di riceverne un beneficio nella propria vita sociale. La costruzione del capitale sociale avviene mediante su scelte razionali dell'individuo. L’approccio individualista del capitale sociale caratterizza il lavoro di James Coleman. Per l’autore l'individuo è un attore razionale sia in senso economico che sociologico. L’individuo nel perseguire l’obiettivo individuale del massimo dei benefici possibili, considera anche gli altri individui, le norme e le relazioni esistenti all'interno della struttura sociale in cui si opera e si comporta in una prospettiva di medio-lungo periodo che considera anche eventuali benefici futuri. Le azioni compiute divengono "investimenti relazionali" fatti in una determinata situazione e di cui pensa di poter raccogliere in seguito un profitto, materiale o simbolico. Le tesi di Coleman coniugano economia e sociologia, l’approccio di carattere esclusivamente individualista alle scienze economiche e la visione collettivista della sociologia. "Il capitale sociale è definito dalla sua funzione. Non è un'entità singola, ma una varietà di diverse entità che hanno due caratteristiche in comune: consistono tutte di alcuni aspetti della struttura sociale e agevolano determinate azioni degli individui che si trovano dentro la struttura" (Coleman 1990). L'individuo si comporta seguendo un calcolo di utilità, ma all'interno di un contesto condiviso con soggetti diversi con cui dovrà relazionarsi e che lo influenzeranno nelle scelte. Rimane tuttavia un dubbio di fondo: perché gli individui dovrebbero scegliere di investire sul capitale sociale, quindi in alcuni casi rinunciare al proprio interesse, se ciò che persegue è solo il proprio interesse personale? Coleman risponde a questa obiezione affermando che la costruzione del capitale sociale non dipende da un investimento deliberato del singolo, come un esito di una scelta calcolata, ma è un sottoprodotto di attività intraprese per altri scopi. Questa diviene la caratteristica che contraddistingue il capitale sociale da altre forme di capitale (come quello umano e fisico) che sono invece il frutto di scelte intenzionali. LA VISIONE COLLETTIVISTA L'approccio collettivista considera la creazione di capitale sociale come il prodotto di uno scambio reciproco di relazioni non basate esclusivamente sull'utilità individuale. Il soggetto che entra in contatto con gli altri porta con sé il proprio "capitale" che mette in comunione con costoro, ricevendo in cambio da essi il loro "bagaglio sociale". Questo scambio consente uno scambio di esperienze, di conoscenze e di informazioni che renderanno possibile il raggiungimento di scopi altrimenti non perseguibili e conseguibili limitatamente a livello individuale. Nel considerare il capitale sociale secondo un approccio collettivista fondamentale è il lavoro di Robert Putnam. Putnam definisce il capitale sociale come "[…] l'insieme di quegli elementi dell'organizzazione sociale - come la fiducia, le norme condivise, le reti sociali – che possono migliorare l'efficienza della società nel suo insieme, nella misura in cui facilitano l'azione coordinata degli individui" (Putnam, 1993). Da questa definizione emerge come l'azione collettiva svolta dagli attori sociali, allo scopo di conseguire obbiettivi difficilmente raggiungibili singolarmente, sia per l'autore un agire coordinato tra individui che danno e ricevono, così, fiducia nella costruzione di reti di rapporti sociali. I concetti di fiducia e di reti sociali, che nella visione di Putnam sono fondamentali, diventano per altri autori caratteristiche imprescindibili nell'analisi del capitale sociale in una società. IL CASO ITALIANO L’opera “Making Democracy Work” (1993), tradotta in italiano con il titolo “La tradizione civica nelle regioni italiane” (1993), rappresenta il primo vero studio di Putnam in materia di capitale sociale. Si tratta di una lunga ricerca sul campo volta a indagare la qualità e l’efficienza amministrativa delle istituzioni regionali in Italia. Nello specifico Putnam si chiede su quali siano le cause e i fattori che influiscono sul diverso rendimento amministrativo. L’ipotesi avanzata dall’Autore è che tali ragioni sono da ricondurre alle diverse tradizioni civiche delle regioni italiane. In particolar modo, le regioni settentrionali risultano avere un sistema amministrativo di miglior livello, perché i comportamenti sono caratterizzati da un civismo maggiore rispetto a quelle meridionali, dove la partecipazione e l’impegno civico risultano più carenti. In aggiunta, sostiene Putnam, a caratterizzare il Mezzogiorno d’Italia è la vasta diffusione di comportamenti opportunistici e sleali che, di conseguenza, non permettono la nascita di comportamenti cooperativi e generano un clima di sfiducia generalizzata nella comunità. Nella mia esperienza di lavoro in un’associazione di categoria ho trovato enormi difficoltà nel cercare di costruire forme di collaborazione finalizzate a conseguire obiettivi comuni che il singolo non avrebbe potuto in alcun modo realizzare. Il capitale sociale si costruisce con la fiducia reciproca e questa mancava. Anche argomentando secondo l’approccio individualista, mostrando che cooperando nel medio termine era possibile beneficiare di benefici che ricadevano su tutti, si riusciva ad ottenere ben poco. Anche quando si avviava qualcosa prevalevano miopi comportamenti opportunistici e l’incapacità di guardare oltre il proprio naso, che confermavano la diffidenza reciproca. PERCHÉ WEBER L’opera più nota di Weber è il famoso saggio “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” (1905). Nel saggio l’autore sviluppa delle tesi che intendono spiegare le origini del capitalismo attraverso strumenti concettuali diversi dal teoria marxiana. Il capitalismo, sostiene Weber, è un fenomeno storicamente specifico e distinto dalla semplice volontà di sopraffazione economica, presente in ogni tempo e luogo. Esso si fonda su di un calcolo razionale finalizzato ad un guadagno sempre rinnovato. E’ tale calcolo a caratterizzare l’impresa capitalistica, che presuppone, a sua volta, il libero scambio, il lavoro formalmente libero, la possibilità di guadagno formalmente pacifiche, l’organizzazione dell’impresa in termini razionali ai fini del guadagno, la separazione dell’amministrazione domestica dall’azienda, la tenuta razionale dei libri contabili. Tutti questi elementi, ritenuti da Weber essenziali per il capitalismo, si ritrovano congiunti solo nell’Occidente moderno. E’ il lavoro formalmente libero a comportare la nascita della classi sociali contrapposte di capitalisti e proletari, anch’esso fenomeno storicamente specifico. Sebbene il capitalismo sia stato per Weber determinato fortemente dalle possibilità tecniche, egli rifiuta che questo presupposto di tipo “materialistico” sia il solo ad aver prodotto il fenomeno in questione. Weber cerca lo spirito del capitalismo in quei presupposti culturali senza di cui non si sarebbe sviluppato e li trova in particolare nell’etica puritana, con la sua dottrina della predestinazione. Tale dottrina, se da un lato comporta l’inutilità dell’attività individuale e la totale sottomissione all’imperscrutabile volontà divina, d’altra parte comporta che il lavoro, pur non potendo salvare l’uomo torna ad incremento della gloria di Dio e perciò è da Dio stesso voluto. Ma il lavoro del calvinista non è finalizzato al consumo, ma a provare le capacità di controllo e di sistematicità e da cui consegue indirettamente l’agire razionale. La capacità di guadagno finalizzata al reinvestimento diviene così un segno esteriore della propria predestinazione alla salvezza riscontrabile nella vita terrena (ascesi intramondana). Da ciò discende l’importanza attribuita dal denaro alla cultura capitalistica. Vi è sono altri due elementi del protestantesimo che lo differenziano dal cattolicesimo, la rettitudine nei comportamenti e la responsabilità individuale. Questi due elementi consentono di creare un clima di fiducia, essenziale per la costruzione del capitale sociale, anche sulla base di un approccio individualista. La confessione cattolica perdonava comportamenti che erano considerati inaccettabili in ambito protestante, a condizione di una sottomissione formale al potere costituito. Il disciplinamento sociale, a partire dalla fine del ‘500, toccò il gioco, il sesso, il matrimonio, i corteggiamenti, le feste, con interventi intransigenti e capillari di controllo. Tuttavia in ambito economico vi era una tolleranza che non consentiva quel clima di fiducia fondamentale per la costruzione del capitale sociale. Questo è un fattore, importante ma non l’unico, che in parte può spiegare la rapida decadenza dell’Italia a partire dalla metà del ‘500, quando da essere l’area più avanzata d’Europa è divenuta un’area arretrata.
melos62 Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 @Savgal molto suggestivo e stranoto anche fuori dalla cerchia degli studiosi. Il limite di weber è che lui stesso (non ne fa segreto) ha una visione etica e qundi idoelogica di tipo protestante, nella critica che fa all'etica cattolica, laddove individua i motivi della decadenza dell'Italia in pratica nei classici motivi di riprovazione di Lutero nei confronti del Papa, mischiando fede , potere e politica. . A mio avviso, piuttosto, l'affermazione della economia dei paesi anglosassoni a prevalenza protestante come primi paesi capitalisti ha senz'altro una radice culturale, ben individuata da Weber anche perchè evidente, ma soprattutto perchè l'etica protestante era la più esposta alla secolarizzazione, conseguenza dell'umanesimo che dal '400 in avanti prova a fare a meno di Dio sostituendolo con la Ragione, qundi col la Scienza e con il Progresso, e culminando con il nihilismo, che legittima la legge del più forte sul più debole, e la lettura conflittuale della storia umana di Marx ed altri. Il capitalismo ha bisogno, come il Socialismo reale, altro gemello figlio del nihilismo, di spersonalizzare l'individuo, la persona umana, in un elemento fungibile del grande meccanismo economico o sociale. 1
Panurge Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 @melos62 secondo un nihilista ti menava all'asilo, così, ad occhio.
melos62 Inviato 1 Agosto 2022 Inviato 1 Agosto 2022 1 minuto fa, Panurge ha scritto: secondo un nihilista ti menava all'asilo, così, ad occhio. non si può essere nihilisti e nebbiolisti al contempo
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