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Melius Club

Gasdotto chiuso definitivamente. Sino ad esarimento stoccaggi


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@vizegraf Quello che serve per tenere attivi i giacimenti.

Bella puntata di presa diretta ieri sera, da vedere

Inviato
14 minuti fa, ferdydurke ha scritto:

Ora che abbiamo pure una pazza psicopatica a capo del UK siamo messi proprio bene:

Era ora che qualcuno mostrasse i cocones all'altro cocones

 

Inviato
34 minuti fa, vizegraf ha scritto:

Ma il gas che fornivano all'EU adesso lo bruciano?

No. Nonostante le strombazzate mediatiche non bruciavano che una minimissima parte della portata di north-stream (circa il 2%) finché il gasdotto era aperto (al 20% della portata) - detti volumi probabilmente erano legati al mantenimento di una portata minima di progetto (circa il 25%) - Se avessero dato fuoco  a 150 miliardi di mc/anno, come dicevo, la fiammata e le relative emissioni si sarebbero viste da Alpha-centauri. 

Non leggendo melius, i russi credono ancora che i tubi del metano si possano chiudere. 

  • Haha 2
Inviato
52 minuti fa, vizegraf ha scritto:

Ma il gas che fornivano all'EU adesso lo bruciano?

al momento sappiamo che stanno bruciando gas con un giacimento ai confini della Finlandia.

Una perdita stimata sui 10 milioni di euro al giorno.

Presumo sia solo l'inizio , anche perche' il famoso incremento di gass verso Cina e India non inizia certo oggi pomeriggio..

 

 

 

Inviato
2 ore fa, criMan ha scritto:

sappiamo che stanno bruciando gas con un giacimento ai confini della Finlandia

Alla faccia di Greta.

Inviato

 

Putin brucia il gas perché non può farne a meno

Federico Rampini

 

Ha ridotto le quantità destinate agli europei per fare pressione sui governi, ma non può immagazzinare né esportare altrove le sue risorse. Non gli resta che bruciarle

Bruciare gas al confine con la Finlandia – quel che sta facendo la Gazprom di Putin – è l’equivalente di bruciare banconote. Lo abbiamo visto fare in qualche film, magari da un mafioso in vena di esibizioni arroganti. È un gesto spettacolare ma tutt’altro che benefico per le proprie finanze.

Putin lo fa non perché se lo può permettere, ma perché non può farne a meno: il suo ricatto energetico contro l’Europa comincia a mostrare la corda. Il gas invenduto va distrutto, con grave danno per le finanze di Mosca, al fine di evitare danni perfino superiori: ai giacimenti, agli impianti, alla rete distributiva. È questa la tesi interessante di due esperti americani del settore energetico, Paul Roderick Gregory della Hoover Institution (Stanford) e Ramanan Krishnamoorti https://www.chee.uh.edu/faculty/krishnamoorti dell’università di Houston, Texas. In un’analisi pubblicata ieri sul Wall Street Journal i due esperti avevano anticipato la “necessità” di bruciare gas per limitare i danni tecnici agli impianti e alla rete.

Al centro della questione c’èil gasdotto Nord Stream 1 che trasporta gas dalla Russia all’Unione europea. Il gas viene estratto nelle regioni artiche della Russia. Entra nel gasdotto Nord Stream 1 a Vyborg, vicino al confine con la Finlandia: proprio lì dove adesso Gazprom lo sta bruciando. Dalla frontiera finlandese Nord Stream 1 viaggia sotto il mare fino a Greifswald in Germania, dove si collega con la rete europea. Un gasdotto parallelo è Nord Stream 2, la cui costruzione era praticamente conclusa ma che è stato bloccato dalle sanzioni. Nord Stream 1 resta quindi l’arteria principale che dalla Russia porta gas all’Unione europea. Ha una capacità massima di 62 miliardi di metri cubi all’anno. Prima della guerra in Ucraina, Gazprom lo stava usando quasi ai limiti della capacità: dal 2019 al 2021 il Nord Stream ha trasportato 55 miliardi di metri cubi all’anno.

Dopo l’invasione dell’Ucraina, l’Occidente non ha mai incluso il gas nel perimetro di applicazione delle sanzioni, però Putin ne ha fatto un’arma di pressione. Ha imposto dei tagli alle forniture per infliggere danno economico all’Europa. A fine luglio Nord Stream stava ormai trasportando solo il 40% di gas rispetto alla sua capacità massima. Poi con la scusa di lavori di manutenzione è sceso al 20%. Se dovesse continuare così, a fine 2022 avrà trasportato solo 19 miliardi di metri cubi invece dei 55 miliardi abituali. Le conseguenze sull’Europa le conosciamo bene, e rischiano di aggravarsi in autunno. La capacità di ricatto di Putin si sta dispiegando in tutta la sua potenza, e fa dire ad alcuni che le sanzioni fanno male solo all’Europa.

Ma che può fare la Russia con il gas che non vende agli europei? Il petrolio che Mosca non esporta più verso Occidente trova facilmente acquirenti, a cominciare da India e Cina, sia pure a prezzi scontati. Il petrolio viaggia soprattutto su navi ed è facile dirottarlo da un mercato all’altro. Il gas no, la parte che viene trasportata su nave è ridotta e richiede comunque la costruzione di impianti particolari (ne sappiamo qualcosa: per i paesi riceventi sono i rigassificatori, a cui corrispondono impianti speculari e simmetrici che nei paesi produttori devono trasformare il gas in liquido, quindi caricarlo su apposite navi cisterna).

Russia e Cina hanno raggiunto un accordo per costruire un nuovo gasdotto che le colleghi, ma ci vorranno anni prima che sia pronto. Invece il gas che Gazprom non sta fornendo agli europei continua a sgorgare dai giacimenti, e bisogna farne qualcosa. Immagazzinarlo? Le capacità di stoccaggio di gas russe sono già quasi esaurite. Chiudere i “pozzi”, interrompere l’estrazione? Si può fare, però correndo dei rischi tecnici. I giacimenti che smettono di fornire gas possono subire danni strutturali che ne compromettono il ritorno alla produzione in tempi successivi.

Poi ci sono i problemi tecnici che riguardano i gasdotti. Tutte le valvole, gli accessori, le attrezzature tecniche sofisticate che regolano il funzionamento dei gasdotti, sono soggette a guasti e deterioramento se la pressione scende o si azzera. Sono problemi risolvibili se c’è una manutenzione di altissimo livello. Ma qui intervengono le sanzioni economiche occidentali, che allontanano dalla Russia grandi aziende specializzate in quel tipo di manutenzione sofisticata come Halliburton, Baker Hughes, Schlumberger. Per evitare problemi e ridurre i rischi di gravi danni al gasdotto, un espediente consiste proprio nel bruciare il gas.

A parte il danno ambientale, questo significa distruggere una risorsa primaria per l’economia russa. E proprio quando Putin ha bisogno di soldi per allargare gli organici del suo esercito. E’ autolesionismo, quindi, anche se inevitabile nelle circostanze in cui Putin si è messo da solo. Il danno del gas bruciato si aggiunge, aggravandola, a una perdita perfino più sostanziale nel lungo periodo: la credibilità. Dai tempi del leader comunista Brezhnev – anni Settanta – Mosca si era costruita una reputazione di partner affidabile per la fornitura di energia all’Europa. Un paese come la Germania aveva imperniato il proprio modello economico sul gas russo a buon mercato e aveva impostato la propria politica estera sull’idea che il commercio con l’Oriente avrebbe reso le autocrazie sempre meno ostili. Oggi la Germania, come l’Europa intera, deve operare una torsione geoeconomica andando a cercare energia altrove. Il gas russo che brucia al confine con la Finlandia sta distruggendo molte cose.

Ha ridotto le quantità destinate agli europei per fare pressione sui governi, ma non può immagazzinare né esportare altrove le sue risorse. Non gli resta che bruciarle

 

Putin lo fa non perché se lo può permettere, ma perché non può farne a meno: il suo ricatto energetico contro l’Europa comincia a mostrare la corda. Il gas invenduto va distrutto, con grave danno per le finanze di Mosca, al fine di evitare danni perfino superiori: ai giacimenti, agli impianti, alla rete distributiva. È questa la tesi interessante di due esperti americani del settore energetico, Paul Roderick Gregory della Hoover Institution (Stanford) e Ramanan Krishnamoorti dell’università di Houston, Texas. In un’analisi pubblicata ieri sul Wall Street Journal i due esperti avevano anticipato la “necessità” di bruciare gas per limitare i danni tecnici agli impianti e alla rete.

 

Al centro della questione c’èil gasdotto Nord Stream 1 che trasporta gas dalla Russia all’Unione europea. Il gas viene estratto nelle regioni artiche della Russia. Entra nel gasdotto Nord Stream 1 a Vyborg, vicino al confine con la Finlandia: proprio lì dove adesso Gazprom lo sta bruciando. Dalla frontiera finlandese Nord Stream 1 viaggia sotto il mare fino a Greifswald in Germania, dove si collega con la rete europea. Un gasdotto parallelo è Nord Stream 2, la cui costruzione era praticamente conclusa ma che è stato bloccato dalle sanzioni. Nord Stream 1 resta quindi l’arteria principale che dalla Russia porta gas all’Unione europea. Ha una capacità massima di 62 miliardi di metri cubi all’anno. Prima della guerra in Ucraina, Gazprom lo stava usando quasi ai limiti della capacità: dal 2019 al 2021 il Nord Stream ha trasportato 55 miliardi di metri cubi all’anno.

 

Dopo l’invasione dell’Ucraina, l’Occidente non ha mai incluso il gas nel perimetro di applicazione delle sanzioni, però Putin ne ha fatto un’arma di pressione. Ha imposto dei tagli alle forniture per infliggere danno economico all’Europa. A fine luglio Nord Stream stava ormai trasportando solo il 40% di gas rispetto alla sua capacità massima. Poi con la scusa di lavori di manutenzione è sceso al 20%. Se dovesse continuare così, a fine 2022 avrà trasportato solo 19 miliardi di metri cubi invece dei 55 miliardi abituali. Le conseguenze sull’Europa le conosciamo bene, e rischiano di aggravarsi in autunno. La capacità di ricatto di Putin si sta dispiegando in tutta la sua potenza, e fa dire ad alcuni che le sanzioni fanno male solo all’Europa.

 

Ma che può fare la Russia con il gas che non vende agli europei? Il petrolio che Mosca non esporta più verso Occidente trova facilmente acquirenti, a cominciare da India e Cina, sia pure a prezzi scontati. Il petrolio viaggia soprattutto su navi ed è facile dirottarlo da un mercato all’altro. Il gas no, la parte che viene trasportata su nave è ridotta e richiede comunque la costruzione di impianti particolari (ne sappiamo qualcosa: per i paesi riceventi sono i rigassificatori, a cui corrispondono impianti speculari e simmetrici che nei paesi produttori devono trasformare il gas in liquido, quindi caricarlo su apposite navi cisterna).

 

Russia e Cina hanno raggiunto un accordo per costruire un nuovo gasdotto che le colleghi, ma ci vorranno anni prima che sia pronto. Invece il gas che Gazprom non sta fornendo agli europei continua a sgorgare dai giacimenti, e bisogna farne qualcosa. Immagazzinarlo? Le capacità di stoccaggio di gas russe sono già quasi esaurite. Chiudere i “pozzi”, interrompere l’estrazione? Si può fare, però correndo dei rischi tecnici. I giacimenti che smettono di fornire gas possono subire danni strutturali che ne compromettono il ritorno alla produzione in tempi successivi.

 

Poi ci sono i problemi tecnici che riguardano i gasdotti. Tutte le valvole, gli accessori, le attrezzature tecniche sofisticate che regolano il funzionamento dei gasdotti, sono soggette a guasti e deterioramento se la pressione scende o si azzera. Sono problemi risolvibili se c’è una manutenzione di altissimo livello. Ma qui intervengono le sanzioni economiche occidentali, che allontanano dalla Russia grandi aziende specializzate in quel tipo di manutenzione sofisticata come Halliburton, Baker Hughes, Schlumberger. Per evitare problemi e ridurre i rischi di gravi danni al gasdotto, un espediente consiste proprio nel bruciare il gas.

 

A parte il danno ambientale, questo significa distruggere una risorsa primaria per l’economia russa. E proprio quando Putin ha bisogno di soldi per allargare gli organici del suo esercito. E’ autolesionismo, quindi, anche se inevitabile nelle circostanze in cui Putin si è messo da solo. Il danno del gas bruciato si aggiunge, aggravandola, a una perdita perfino più sostanziale nel lungo periodo: la credibilità. Dai tempi del leader comunista Brezhnev – anni Settanta – Mosca si era costruita una reputazione di partner affidabile per la fornitura di energia all’Europa. Un paese come la Germania aveva imperniato il proprio modello economico sul gas russo a buon mercato e aveva impostato la propria politica estera sull’idea che il commercio con l’Oriente avrebbe reso le autocrazie sempre meno ostili. Oggi la Germania, come l’Europa intera, deve operare una torsione geoeconomica andando a cercare energia altrove. Il gas russo che brucia al confine con la Finlandia sta distruggendo molte cose.

Inviato

 

https://www.wsj.com/articles/putins-gas-threat-is-a-bluff-nord-stream-eu-blackmail-gazprom-excess-winter-liquefied-natural-gas-infrastructure-11661340994?page=1

 

 

 

 Gas Threat Is a Bluff

Its reputation and economy both depend on keeping the Nord Stream pipeline operational.

By 

Paul Roderick Gregory and

 

Ramanan Krishnamoorti (https://www.chee.uh.edu/faculty/krishnamoorti)

Aug. 24, 2022 1:33 pm ET

(...)

Unlike crude oil, which could be diverted to other markets by tankers, Gazprom can’t send its excess northern gas elsewhere. That would require massive new pipeline systems, taking years to build. Gazprom could divert some gas to storage, but its tanks already are nearly full in preparation for winter.

Producers can’t increase or reduce output according to pipeline demand, so Gazprom would seem to have no choice but to shut in a substantial number of Northern gas wells. It can do so without losing lucrative oil production, because these fields are “dry,” primarily gas wells, not a mix of oil and gas. Gas production for the whole of Russia declined more than 10% in the first half of 2022 compared with the previous six months as wells began to be shut in.

Shut-in wells are always challenging when dealing with hundreds of wells across different geological formations. As time passes, shut-in wells can experience fluid buildups that threaten the underlying reservoir structure, keeping some from returning to full production. That can be avoided with good field management. But Gazprom must now do without Halliburton, Baker Hughes and Schlumberger, international service companies with expertise in well management that are winding down their business in Russia. As a last resort, Gazprom could flare the excess gas, causing environmental damage and effectively burning money.

 

Inviato

ma in generale, invece di fare copia/incolla di paginate su paginate non sarebbe preferibile inserire il link dell'articolo è una breve sintesi? Non credo che nessuno legga interventi superiori alle 10-15 righe…

grazie…

Inviato

La sintesi è che non si può fare l'orso per molto tempo con il pil di Pulcinella ed il comparto industriale di Brighella , anche se si è seduti sopra un tesoro, secondo me naturalmente. Adesso è in atto un braccio di ferro per vedere chi cede prima.

  • Thanks 1
Inviato

@Panurge hai ragione condivido sia brighella che pulcinella ..in sintesi aspettiamo ef botto.

bungalow bill
Inviato

Stiamo calmi , magari finisce la guerra e arriva gas per tutti .

Inviato
6 minuti fa, bungalow bill ha scritto:

arriva gas per tutti .

Si.

Il Zyklon B

  • Haha 1
bungalow bill
Inviato

Il zyklon B non lo conosco .

Inviato

E vabè

Lo Zar ha calato l'asso di bastoni.

Ora i casi sono due:

Resistiamo ed allora lui resta col cerino in mano e va a remengo.

Molliamo ed allora siamo finiti.

Come dicono quelli che hanno fatto il Classico?

Tertium non datur

  • Melius 2
Inviato

@vizegraf Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Belgae, aliam Aquitani, tertiam qui ipsorum lingua Celtae, nostra
Galli appellantur. Hi omnes lingua, institutis, legibus inter se differunt. Gallos ab Aquitanis Garumna flumen, a Belgis Matrona et
Sequana dividit. Horum omnium fortissimi sunt Belgae, propterea quod a cultu atque humanitate provinciae longissime absunt,
minimeque ad eos mercatores saepe commeant atque ea quae ad effeminandos animos pertinent important, proximique sunt
Germanis, qui trans Rhenum incolunt, quibuscum continenter bellum gerunt. Qua de causa Helvetii quoque reliquos Gallos
virtute praecedunt, quod fere cotidianis proeliis cum Germanis contendunt, cum aut suis finibus eos prohibent aut ipsi in eorum
finibus bellum gerunt. Eorum una, pars, quam Gallos obtinere dictum est, initium capit a flumine Rhodano, continetur Garumna
flumine, Oceano, finibus Belgarum, attingit etiam ab Sequanis et Helvetiis flumen Rhenum, vergit ad septentriones. Belgae ab
extremis Galliae finibus oriuntur, pertinent ad inferiorem partem fluminis Rheni, spectant in septentrionem et orientem solem.


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