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Un ottimo articolo sul bebop


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Inviato

Ieri il postino mi ha consegnato il numero di maggio di Musica Jazz. Ottimo l'articolo (dieci pagine e tante belle foto) di Giuseppe Piacentino sulla nascita del bebop. Tutte cose che un appassionato di jazz sa già a memoria ma molto, molto ben presentate (e strutturate). Mi è particolarmente piaciuto che l'autore abbia sottolineato come il bebop sia stato un evoluzione (e non una rivoluzione) del jazz così com'era stato sino ad allora. Se capita, dateci un'occhiata. Musica Jazz è un piccolo tesoro nazionale e la direzione di Luca Conti lo ha ancora reso più prezioso.

analogico_09
Inviato
7 ore fa, campaz ha scritto:

il bebop sia stato un evoluzione (e non una rivoluzione) del jazz.

 

 

Non ho letto l'artico di Giuseppe Piacentino, un vecchia conoscenza, critico musicale di pregio che da molti anni fa parte della redazione della rivista Musica Jazz.
Stando tuttavia a quanto chiaramente affermato nella frase citata, estrapolata da un contesto discorsivo sicuramente più articolato e chiarificatore, su tale semplice base ritengo che durante la dirompente stagione be-bop, i grandi musicisti che seguirono la straordinaria vocazione musicale, in primis Charlie Parker, rivoluzionarono in modo potente i linguaggi della musica nera coinvolgendo nei profondi cambiamenti "evolutivi" anche i "costumi" e l'esistenzialità, il piano politico, socio-razziale, antropologico, culturale, filosofico, valoriale, ecc, del "popolo del blues" a cui, riassumendo, si ispirarono anche le arti della beat generazione, Kerouac & C. letteratura, poesia, musica, fino agli eredi della "factory" Warhol.

Non già "semplice" evoluzione bensì una rivoluzione evolutiva, oppure evoluzione rivoluzionaria radicale ed "allargata" delle forme più varie e genuine della musica afroamericana - fatta la tara alla pletora manierata e onanistica delle band ed orchestre dello swing "ballabile" e più commerciale che l'onda del be-bop travolse impietosamente - la quale dalle origini fino al bop e dopo il bop ha sempre celebrato il battesimo della sua incessante evoluzione.

Inviato

Cosa non darei per esserci stato in quei tempi e in quei lidi.

Inviato

@analogico_09 risposta breve: sì, sono d’accordo con te. risposta leggermente più articolata: il bebop è stato un movimento culturale rivoluzionario a livello politico (i neri si sono reimpossessati della propria musica sancendo la fine della subalternità culturale e l’inizio di un processo di affermazione della propria identità che ancora è in essere); da un punto di vista musicale non è stato un momento di completa rottura (anche perché rompere significava rompere con la propria tradizione per quanto modificata dall’impronta commerciale bianca). L’osservazione di Piacentino la leggo così: importantissima la componente rivoluzionaria a livello politico, non dimentichiamo però che da un punto di vista musicale il bebop si è mosso in continuità rispetto alla tradizione (non è stato così di rottura, ad esempio, come certo free). E qui mi ritrovo d’accordo con il critico. m2c

Inviato

Il problema della musica è che è fatta per essere ascoltata. Così come la pittura è fatta per essere osservata.

Il linguaggio dell'arte, perché sia efficace e contribuisca alla crescita culturale ed alla elevazione spirituale degli individui, deve essere universale, altrimenti si trasforma in codice oscuro e viene confinato a materia per soli iniziati.

Non si può parlare di autentica rottura quando l'arte si dirige verso una elite.

Ad un certo punto della sua storia il Jazz è diventato elitario, così come la pittura con il concettualismo, e la musica classica con la serialità; c'è stata una rottura rispetto al passato? Senza dubbio, chi lo può negare. 

Ciò ha prodotto una apertura in termini di fruizione del messaggio? No, ha prodotto esattamente l'opposto. Il Be-Bop, pur poggiando i piedi nel solco della tradizione swing, è stato davvero un passaggio rivoluzionario.

Alberto.

Inviato
5 ore fa, campaz ha scritto:

da un punto di vista musicale non è stato un momento di completa rottura (anche perché rompere significava rompere con la propria tradizione per quanto modificata dall’impronta commerciale bianca). L’osservazione di Piacentino la leggo così: importantissima la componente rivoluzionaria a livello politico, non dimentichiamo però che da un punto di vista musicale il bebop si è mosso in continuità rispetto alla tradizione (non è stato così di rottura, ad esempio, come certo free

Vedo maggiore discontinuità tra il jazz tradizionale e il bebop che tra quest'ultimo e il free.

 

Inviato

Non ho letto l'articolo di Piacentino. Credo che il bop non ha solo definito un'estetica musicale il cui linguaggio codificato è la base del jazz contemporaneo ancora ai nostri giorni (e per questo linguaggio universale, totalmente "astorico" nella sua capacità di innervare tutta la musica da 1940/42 ad oggi), ma è stato capace di trasportare la musica degli afroamericani da un piano di grande popolarità e (forse) anche di grande consumo, a forma d'arte dal valore assoluto. Con l'opera, le intuizioni, lo studio continuo e accurato (sì...soprattutto quello) di Parker Monk e Gillespie la musica occidentale registra finalmente un tale smisurato balzo in avanti (e in pochissimo tempo) che inevitabilmente le loro figure si spostano su di un piano  al di fuori del linguaggio fino ad allora accettato, tollerato, capito, amato. Con non poche sofferenze la musica afroamericana da qui in poi siederà allo stesso tavolo dei giganti della musica di tutti i tempi. E' il destino dei grandi, dei visionari, dei geni. Ecco perchè il concetto di continuità con la swing-era lo si può accettare magari sul piano sociale e dei costumi del popolo afroamericano (e della sua evoluzione che il bop intercetta nella necessità del popolo di colore di rivendicare una unicità culturale sociale ed artistica fino ad allora negata), ma per me è non è così evidente sul piano musicale. 

  • Melius 1
analogico_09
Inviato
7 ore fa, campaz ha scritto:

isposta breve: sì, sono d’accordo con te.

Mi fa piacere leggere da alcuni interventi che si sia sostanzialmente d'accordo sulla questione da me introdotta in estrema sintesi  (argomenti enormi, estremamente complessi, non si finirebbe mai di approfondirne ogni rilevante particolarità storico-culturale, sociale, estetica, ecc, ecc) e ripresa in modo più approfondita da  @egalli,  a fronte di quella che fu la portata rivoluzionaria musicale degli uomini del bop i quali, all'interno dei "ghetti", lanciarono il grido potente, libertario e liberatorio, perfino "aggressivo", che  coinvolse e "travolse", per rigenerarli, emanciparli proiettandoli verso il futuro, oltre lo stereotipo ziotommesco della musica del "buon selvaggio" tutta ritmo, sorrisi e sbattimenti di piedi e di sederi, anche gli aspetti extra muscali, dove tra cultura musicale che si fa arte superando lo stato folcroristico iniziale,  ed esistenzialità vi è semèpre stata, nella "negritudine",  una stretta e simbiotica, inalienabile correlazione poetica, estetica, umana, spirituale, fisica se non anche "materica".

 

 

7 ore fa, campaz ha scritto:

L’osservazione di Piacentino la leggo così: importantissima la componente rivoluzionaria a livello politico, non dimentichiamo però che da un punto di vista musicale il bebop si è mosso in continuità rispetto alla tradizione (non è stato così di rottura, ad esempio, come certo free). E qui mi ritrovo d’accordo con il critico. m2c

 

Su questo però non sono d'accordo. Neppure il free jazz più eversivo ed iconoclasta, nelle forme più genuine perde mai il tenace fil-rouge che lo lega ombelicolarmente alla tradizione. Si potrebbero fare numerosi esempi di musicisti come Sun Ra , il primo che mi viene in mente, che non perde mai i contatti con la forte visione "arkestrale" di Fletcher Henderson, il potente swing della gloriosa big band; né lo perdono gli Archie Shepp, rispetto a Duke Ellington, ecc, gli Albert Ayler, gli Antony Braxton, gli AEOC, gli Steve Lacy,  i Jimmy Lions, i Clifford Thorton, i Paroah Sanders, i Grachan Moncur II, i Coltrane dell'estrema fase, e numerosi altri grandi del "free", una mera etichetta "industriale".
Mentre invece si tratta di musicisti sacerdotali che celebravano le ritualità ancestrali del jazz, nel conservare le radici tribali africane insieme a quelle delle tradizioni schiave e successive, mentre, fatto salvo lo spirito poetico, la tensione spirituale e intellettuale, il feeling profondo intriso di "duende di dette radici, emancipavano, evolvevano la tradizione che fu sempre in loro che talke seguiterà ad esser fino alla morte del jazz. E il jazz non morirà a causa della sua "intellualizzazione", o elitarietà, come taluni che "odiano" e non capiscono il free jazz vanamente sostengono. Nulla di tutto questo:  la portata estetica del jazz perderà il suo significato primordiale e pertanto magico e "segreto", quasi "religioso", perfino "superstizioso", lacerante, luminoso ed oscuro, quando il jazz non sarà più musica del "dolore" (a stringere molto, su queste cose ci siamo soffermati infinite volte ben più approfonditamente, volendo si potrebbero riprendere le fila di quei discorsi ante e post incendio) finendo in mano alla "seconda" ECM...

  • Melius 1
Inviato

@loureediano anche io, anche dalla provincialissima Italia. Questa foto è stata scattata il 10 aprile 1952 a Torino, quello con gli occhiali da sole al centro è un giovane Piero Angela. Pensa come dovevano essere contenti di poter ascoltare Gillespie…

IMG_8675.jpeg

analogico_09
Inviato
8 ore fa, OTREBLA ha scritto:

Il problema della musica è che è fatta per essere ascoltata. Così come la pittura è fatta per essere osservata.

 

C'è sempre da imparare qualcosa di nuovo nella vita... :classic_rolleyes:
 

8 ore fa, OTREBLA ha scritto:

Il linguaggio dell'arte, perché sia efficace e contribuisca alla crescita culturale ed alla elevazione spirituale degli individui, deve essere universale, altrimenti si trasforma in codice oscuro e viene confinato a materia per soli iniziati.

Non si può parlare di autentica rottura quando l'arte si dirige verso una elite.

Ad un certo punto della sua storia il Jazz è diventato elitario, così come la pittura con il concettualismo, e la musica classica con la serialità; c'è stata una rottura rispetto al passato? Senza dubbio, chi lo può negare. 

Ciò ha prodotto una apertura in termini di fruizione del messaggio? No, ha prodotto esattamente l'opposto. Il Be-Bop, pur poggiando i piedi nel solco della tradizione swing, è stato davvero un passaggio rivoluzionario.


A parte il fatto che universale non vuol dire che un determinato  linguaggio artistico -o qualunque altra cosa  - debba necessariamente piacere a tutti, raggiungere tutte le genti del mondo, tutte le singole personalità umane, la "massa", come si usa dire.
Ci sono linguaggi dell'arte, opere d'arte di ogni espressione artistica che benchè fruite da minoranze o da ristrette realtà fruitive, si fanno portatrici di valorialità estetiche assolutamente avanzate, innovative, esemplari, rivoluzionarie, di forme e di espressioni, in una parola, "universali". Concetto dell'universalità della bellezza artistica che tale resta a prescindere se si sia in cento o centomila ad apprezzarla.

Per tornare al jazz.., ci sono ad esempio delle vere cantanti "gatte morte" (anche gattoni...) di un jazzetto surrogato che vanno per la maggiore.., tutti le vogliono e più esse miagolano o essi abbaiano e meglio è.. (è questa l'universalità dell'arte?), mentre altri artisti (non free...) del jazz di notevoli capacità musicali nun se li fila nessuno, o quasi... In certi casi meglio essere d'elite che prodotti della distribuzione di massa...
La stessa musica classica, o "colta" europea, a confronto con quanto sia stato composto nei secoli e ancora viene prodotto nel mondo a gettiti da tsunami, potrebbe apparire di nicchia se si pensa a quanto molto più grande dovrebbe essere un resipro "universale"... Potrebbe sembrare un paradosso, ma anche no, dipende dai punti di vista, tutto è relativo.
Se il free jazz diventa più "elitario" rispetto all'hard bop, ad esempio, o al jazz antico, classico e moderno, ecc, non è perchè si sia concettualizzato  (il che potrebbe pur'essere vero e tuttavia da prendere come pregio non già come limite) così perdendo la sua spinta rivoluzionaria estetica e "sociale", non più facendosi voce estetica e identitaria delle lotte di emancipazione dei neri americani come invece realmente fu.

Tale idea discende da una concezione vieta e retriva delle realtà storiche estetiche e sociopolitiche legate all'arte espressione della società e dell'individuo.

Per di più le influenze carismatiche del fre jazz, una musica invero molto istintuale e spontanea, fortemente improvvisata, antitetica al "concettuale", al suffraggio "universale", le ritroviamo anche in molto rock, nelle varie declinazioni del pop, nella classica, in altri numerosi generi musicali del mondo, spesso con effetto di reciprocità, segno che non sia affatto una musica di elite, chiusa e concettuosa, sganciata dalla realtà, isolata od osteggiata, se non da quelli che "odiano il free jazz non si comprende il morivo..." men che meno snob.

Spesso il limite non è in ciò che non si capisce, ma in chi non capisce ciò che porta

Il fre jazz "storico" vende molto ancora oggi, discograficamente parlando... e i compratorti non sono tutti elitari concettuosi e "puzzoni"...

 

Stesso discorso vale per la musica classica della serialità, aggiuingerei dell'atonalismo e dodecafonismo e altre forme avant-gard analoghe.., ci sono meno concerti in giro di queste musiche.., si venderanno meno dischi, ma resano realtà potenti che hanno influenzato a loro volta il '900 musicale.  Se questa è  "elite".., io quasi quasi mi tessero al club degli elittoni...

  • Melius 2
Inviato
12 minuti fa, analogico_09 ha scritto:

Se il free jazz diventa più "elitario" rispetto all'hard bop, ad esempio, o al jazz antico, classico e moderno, non è perchè si sia concettualizzato  (il che potrebbe pur'essere vero e tuttavia da prendere come pregio non già come limite) perdendo la sua spinta rivoluzionaria estetica e "sociale", facendosi voce estetica e identitaria delle lotte di emancipazione dei neri americani.

Esattamente......mai e dico mai disgiungere componenti sociali e arte. Le due cose camminano insieme sempre. Il free jazz ci ha detto che solo rifugiandosi nel ruggito il nero americano poteva (e doveva) dare voce al suo disagio sociale.  Certo poi è anche estetica, e qui si potrebbero davvero aprire mille 3D su quanto sia ancora presente tra noi, ma chiaramente è il contesto sociale che non ha più quegli addentellati, quelle spinte rabbiose che fecero del free jazz storico la meraviglia che ancora oggi ascolto (ascoltiamo) e  apprezzo

  • Melius 2
analogico_09
Inviato
15 minuti fa, egalli ha scritto:

Esattamente......mai e dico mai disgiungere componenti sociali e arte. Le due cose camminano insieme sempre. Il free jazz ci ha detto che solo rifugiandosi nel ruggito il nero americano poteva (e doveva) dare voce al suo disagio sociale. 

 

 

Assolutamente! E' quanto ho sempre cercato di motivare nelle tante discussioni dove bisognava "difendere" il free jazz da quelli che lo davano come musica caotica, cacofonica, senza capo né coda.., una sorta di imbroglio  musicale, cosa quanto più lontano dalla realtà di tale musica possa esserci.  Ma a volte la prevenzione e l'astio idiosincratico privato, peffino la "superstizione a volte, la non conoscenza delle cose di cui si sparla prevalgono su ogni forma di ragionevolezza.

 

15 minuti fa, egalli ha scritto:

Certo poi è anche estetica, e qui si potrebbero davvero aprire mille 3D su quanto sia ancora presente tra noi, ma chiaramente è il contesto sociale che non ha più quegli addentellati, quelle spinte rabbiose che fecero del free jazz storico la meraviglia che ancora oggi ascolto (ascoltiamo) e  apprezzo

 

Siamo in piena sintonia. L'estetica non è la "bella forma",  l'estetica potrà essere anche "brutta" e restare pur sempre elemento della trasfigurazione poetica della realtà, alla radice del mistero della vita e della bellezza artistica che potrebbe presentarsi in modo convenzionale con brutte forme pur essendo esteticamente bella e significante... una cosa che non si spiega a parole e che per questo fu inventata l'arte, la musica

Inviato
4 ore fa, egalli ha scritto:

Credo che il bop non ha solo definito un'estetica musicale il cui linguaggio codificato è la base del jazz contemporaneo ancora ai nostri giorni (e per questo linguaggio universale, totalmente "astorico" nella sua capacità di innervare tutta la musica da 1940/42 ad oggi), ma è stato capace di trasportare la musica degli afroamericani da un piano di grande popolarità e (forse) anche di grande consumo, a forma d'arte dal valore assoluto.

Non sono d'accordo sulla "poca artisticità" del jazz ante bop.

Armstrong negli anni '20, Ellington fino ai '40 (cito solo due nomi ma potrei farne altri 15 o 20 almeno) avevano dato dignità artistica alla musica nera, le loro opere sono fondamentali non solo dal punto di vista storico.

analogico_09
Inviato
4 minuti fa, meliddo ha scritto:

Non sono d'accordo sulla "poca artisticità" del jazz ante bop.

 

Non credo che @egalli intendesse sostenere questo, ma lascio che sia lui a precisare eventualmente

Inviato

Ma oggi come oggi che resta del Jazz? Il fiume del be-bop si è disperso in mille rivoli, più o meno inconcludenti, si è commercializzato, è diventato funky, world Music, etc…la stagione prolifica degli anni 50 e 60 non c’è più ovviamente, i protagonisti di quell’epoca sono morti quasi tutti e la vita dei neri di America è ripiombata nei ghetti e la voce si è spenta…

Inviato

@ferdydurke il jazz dell’epoca d’oro non esiste più, in compenso il jazz è praticamente in tutta la musica che ascoltiamo oggi. Il mondo va avanti, le rivoluzioni di ieri diventano tradizione. Ma d’altronde anche se non usiamo più le parrucche… Bach lo ascoltiamo, godendone, ancora oggi! E un po’ di Bach lo troviamo anche nel jazz, così come il jazz è presente nella musica di tanti giovani che magari Charlie Parker nemmeno sanno chi è.

  • Melius 1
  • Thanks 1
Inviato

Ma la domande poi è questa: può esistere il jazz fuori dal suo contesto storico e sociale? Secondo me no, infatti non abbiamo più avuto musicisti come Coltrane o Parker o Monk…tutto è jazz e quindi niente è jazz…

Comunque noi ascoltiamo la musica di Bach come Bach l'ha scritta, la musica di Miles Davis la possiamo sentire solo dai dischi che ha registrato…

analogico_09
Inviato
1 ora fa, ferdydurke ha scritto:

Ma la domande poi è questa: può esistere il jazz fuori dal suo contesto storico e sociale? Secondo me no ... Comunque noi ascoltiamo la musica di Bach come Bach l'ha scritta, la musica di Miles Davis la possiamo sentire solo dai dischi che ha registrato…

 

Assolutamente no. Sopra ho scritto che il jazz non esprime più il "dolore" per dire metaforicamente che il jazz traeva linfa ispirativa e vitale dalla sua propria storia, dal dramma del razzismo, dalle forme di sopraffazione, dalle lotte per l'emancipazione e del riscatto, da una storia dolorosa e insieme piani di slanci musicali . Insomma, paradossalmente, il jazz era migliore quando i neri stavano peggio. Ora che stanno meglio, un po' meglio.., apparentemente, nei film e nelle serie industruali manovrate, il razzismo ringhia ancora, musicalmente i neri stanno peggio, rispetto al jazz la cui eredità è passata alle altre musiche "ghetto", hio-hop, rap ecc... molto diverse esteticamente dal jazz, ma vicine per quanto riguarda l'anelito di protesta, ribellione, ricerca di una identità che rischa di essere alienata dagli establishment del potere bianco reazionario, violento e razzista.

Ma solo un folle potrebbe dire che sarebbe stato meglio che i neri fossero rimasti come ai tempi d'oro del jazz.., dove il jazz ha sempre attraversato età dell'oro elargendo oro musicale...

Ma ne abbiamo parlato a iosa di queste cose; il tempo passa, passa per tutti, si dimenticano, pure il fuoco le brucia.., quindi diamogli una ripassatina.., ma gna fo' a rilanciare approfonditamente... magari un po' per volta volta...

 

 

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