appecundria Inviato 14 Luglio 2023 Inviato 14 Luglio 2023 L’uomo sembra aver sviluppato un interesse a falsificare la storia non meno formidabile di quello di scoprirla, è classica la duplice dimensione che Hegel attribuisce alla storia: gli eventi accaduti (res gestae) e la loro narrazione (historia rerum gestarum). Così sono sempre andate le cose e così vanno anche ai nostri tempi, si pensi a revisionismi e negazionismi che da sempre ammorbano il dibattito pubblico italiano, il guaio è che adesso si è tornati a falsificare oltre la storia pure la cronaca. Questo, unito alla potenza di suggestione del web, sta creando una vera e propria realtà alternativa e immaginaria. Ne parliamo? PS Per pietà evitate post su cotechini, e allora il PD, il bidello non ha fatto poi niente di male, la Juve ruba, fa caldo bevete molta acqua, ecc ecc. 1
Roberto M Inviato 14 Luglio 2023 Inviato 14 Luglio 2023 Il problema e' anche aggravato dal fatto che il falsificatore della storia (e della cronaca) accusa gli altri di falsificarla. Per cui chi non ha strumenti cognitivi, ovvero e' accecato dal pregiudizio ideologico, tende a credere ai falsi, pure grossolani, in tutti i campi, storia, cronaca, e perfino scienza. 1 1 1
penteante Inviato 14 Luglio 2023 Inviato 14 Luglio 2023 6 minuti fa, Roberto M ha scritto: chi non ha strumenti cognitivi, tende a credere ai falsi Quanto hai ragione! -
appecundria Inviato 14 Luglio 2023 Autore Inviato 14 Luglio 2023 1 ora fa, Roberto M ha scritto: il falsificatore della storia (e della cronaca) accusa gli altri di falsificarla. non è che bisogna partecipare per forza ad una discussione, è comprensibile che Hegel non sia alla portata di tutti. Però si possono citare pure Vico, Croce, Marx... PS avevo pregato di evitare l'argomento "e allora il PD"...
appecundria Inviato 14 Luglio 2023 Autore Inviato 14 Luglio 2023 per una rapida ripassata Res gestae e historia rerum gestarum su Treccani
Roberto M Inviato 14 Luglio 2023 Inviato 14 Luglio 2023 1 ora fa, appecundria ha scritto: non è che bisogna partecipare per forza ad una discussione, è comprensibile che Hegel non sia alla portata di tutti. Però si possono citare pure Vico, Croce, Marx... PS avevo pregato di evitare l'argomento "e allora il PD"... Ti sei chiamato in causa ? Hai la coda di paglia ? Il mio è un ragionamento generale ed astratto, non è rivolto a nessuno e tantomeno a te. In tutti i casi in cui c'è uno scontro tra verità contrapposte l'accusa più comune è accusare l'altro di falsificazione della realtà, basta vedere la diversa "lettura" dei fatti di guerra in Ucraina, tutti accusano gli altri di falsificare la cronaca.
appecundria Inviato 14 Luglio 2023 Autore Inviato 14 Luglio 2023 29 minuti fa, Roberto M ha scritto: Ti sei chiamato in causa ? Hai la coda di paglia ? Assolutamente no, non ho alcun rapporto con nessun partito. Anzi, se vogliamo non me ne può fregar di meno. Semplicemente mi auguravo che tu avessi voglia di fare riflessioni più astratte e non le solite trite e ritrite. Pazienza. 1
Panurge Inviato 15 Luglio 2023 Inviato 15 Luglio 2023 La falsificazione della storia parte dalla falsificazione della cronaca, il Napoleone nano, falso, della satira Inglese è diventato il Napoleone conosciuto da tutti, e non era cronaca l'esaltazione delle vittorie, false pure loro, di Ramses sugli Ittiti. P. S. Quelli che dicono di capire Hegel mentono.
Max440 Inviato 15 Luglio 2023 Inviato 15 Luglio 2023 Senza contare che si può anche cambiare idea ...
Max440 Inviato 15 Luglio 2023 Inviato 15 Luglio 2023 Poi, per dire, uno dei giochi più riusciti negli ultimi anni è confondere continuamente e sapientemente "la parte con il tutto". La base di moltissime falsificazioni storiche, ma anche di cronaca (e relativi giudizi al seguito...)
lampo65 Inviato 15 Luglio 2023 Inviato 15 Luglio 2023 Sarei indeciso se dare la colpa al mondo virtuale del web, che forse semplifica il lavoro forger ( da spiegare tecnicamente )... o se in ultima analisi, pensare che il tutto è peggiorato con una sempre più totalizzante sbornia da consumi "privati", che rende ogni aspetto della vita più sociale, compresa la politica e gli strumenti per seguirla come cronaca e verita storica, concretamente secondario. E anche li diventa più facile il lavoro...
Savgal Inviato 15 Luglio 2023 Inviato 15 Luglio 2023 MAX WEBER (1864-1920) Weber è uno dei sociologi più noti e discussi in assoluto. Tedesco, nacque ad Erfurt nel 1864, di origine borghese ed orgoglioso di esserlo al punto di affermare “Io sono un membro della classe borghese, mi sento tale e sono educato alla sua visione del mondo e ai suoi ideali”. Fu docente universitario; dotato di una vastissima cultura, nelle sue opere si intrecciano interessi ed impegni politico-sociali e influssi culturali delle più diverse tendenze. Di Weber è universalmente noto il suo saggio L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1905), ma di grande importanza ed interesse è il suo contributo alla metodologia delle ricerche storiche e sociali. L’opera in cui sono raccolti i suoi contributi alla metodologia storica e sociologica si intitola, nella traduzione italiana, “Il metodo delle scienze storico-sociali”, che raccoglie una serie di saggi pubblicati fra il 1904 ed il 1917. Quanto esposto di seguito è tratto da questa opera. Ad ogni concezione della ricerca storica è sottesa, più o meno consapevolmente, una rappresentazione “metafisica” della storia. Parlare di oggettività storica significa quindi presupporre la possibilità e la capacità di cogliere un filo conduttore che lega e determina gli avvenimenti storici e che a questi conferisce implicitamente significato. Il modello esemplare è la filosofia di Hegel. Weber si colloca su posizioni opposte. Per comprendere la sua posizione riprendo un passaggio che pare uscito da un aforisma di Nietzsche: “Il destino di un’epoca di cultura che ha mangiato dall’albero della conoscenza è quello di sapere che noi non possiamo cogliere il senso del divenire cosmico in base al risultato della sua investigazione, per quanto perfettamente accertato esso sia, ma che dobbiamo essere in grado di crearlo, e che di conseguenza le <<intuizioni del mondo>> non possono mai essere il prodotto del sapere empirico nel suo progredire, mentre gli ideali supremi, che ci muovono nella maniera più potente, si sono formati in tutte le età solo nella lotta con altri ideali, che sono ad altri sacri come a noi i nostri” (pagg. 64-65). E’ netto il rifiuto dell’oggettivismo, dell’intuizionismo storico e dell’indagine storica sulla base di valori; per il nostro autore la realtà storica e sociale è solo caos. Inoltre la ricerca storica e sociologica non può e non deve esprimere giudizi di valore (...siamo convinti che non può mai essere compito di una scienza empirica quello di formulare norme vincolanti e ideali, per derivarne direttive per la prassi) (p. 58). Esclusa la possibilità di pervenire ad una concezione onnicomprensiva ed esaustiva della storia, ne consegue che la ricerca storica e sociologica ha una peculiarità che la differenzia sostanzialmente dalle scienze naturali, il suo orientamento verso la individualità. Weber esclude la possibilità di pervenire a principi generali, ad “ideali ultimi universalmente validi” in grado di fornire paradigmi all’interno dei quali collocare i fenomeni individuali. La conoscenza storica si differenzia pertanto dalle scienze naturali per il suo orientamento verso l’individualità in luogo della generalità. Ne consegue una forma di verifica e di spiegazione peculiare, che mira ad accertare la relazioni causali tra i fenomeni individuali presi in esame. Avendo negato ogni forma di determinismo storico, Weber respinge implicitamente il carattere assoluto delle scienze storico-sociali e la conseguente possibilità di fondare su di esso la prassi politica. Si pone a questo punto il problema di quale sia il criterio attraverso cui individuare, all’interno di quell’infinità priva di senso ontologico che è la storia (e la società), i fenomeni individuali oggetto di ricerca e spiegazione. Contestualmente si deve però garantire la validità “oggettiva” del lavoro del ricercatore, pur sapendo che “Non c’è nessuna analisi scientifica puramente <<oggettiva>> della vita culturale o ... dei <<fenomeni sociali>>, indipendentemente da punti di vista specifici o <<unilaterali>>, secondo cui essi – espressamente o tacitamente, consapevolmente o inconsapevolmente – sono stati scelti come oggetti di ricerca” (p. 84). All’inizio della ricerca vi è quindi una “scelta” dello studioso, attraverso cui si delimita il campo di studio all’interno del quale l’indagine deve procedere. “Ogni conoscenza concettuale della infinita realtà da parte dello spirito umano finito poggia sul tacito presupposto che soltanto una parte finita di essa debba formare l’oggetto della considerazione scientifica, e perciò risultare <<essenziale>> nel senso di essere <<degna di venire conosciuta>>” (p. 85). La scelta, avendo Weber escluso l’esistenza di ideali o valori superiori agli altri in grado di dirigere la decisione, è diretta a sua volta da criteri che sono il risultato di una scelta. Il procedimento delle scienze storico-sociali è inquadrato in una fondamentale dimensione di scelta. “Ogni conoscenza della realtà culturale è sempre, come risulta da tutto questo, una conoscenza da particolari punti di vista. ... Sebbene sempre ricorra l’opinione che sia possibile <<assumere dalla materia stessa>> quei punti di vista, ciò deriva dall’illusione ingenua dello specialista il quale non riflette che egli ha dapprima isolato, in virtù delle idee di valore con cui si è inconsapevolmente accostato alla materia, un ristretto elemento di una assoluta infinità come quello che solo lo riguarda per la sua trattazione” (p. 97). Nella visione weberiana la conoscenza storica si costituisce ed articola sulla base di un insieme di punti di vista, per cui la connessione interna delle sue indagini non è sistematica, bensì problematica, conseguenza degli interessi che muovono il lavoro dello studioso. “La conoscenza delle scienze della cultura nel nostro senso è vincolata a presupposti <<soggettivi>> in quanto essa si occupa soltanto di quegli elementi della realtà che hanno una relazione – per quanto indiretta – con i processi a cui attribuiamo un significato culturale” (p. 98). Ma la stessa spiegazione di un fenomeno storico implica a sua volta una limitazione degli agenti causali e quindi ad una limitazione fra gli infiniti rapporti che legano il fatto in esame agli altri infiniti elementi storici. La totalità dei rapporti causa-effetto da cui dipende un fenomeno storico è difatti concettualmente inesauribile e pertanto anche i nessi causali cui far risalire le possibili spiegazioni deve essere delimitato da una scelta. Per Weber il processo di imputazione di un avvenimento storico alle sue cause è diretta dallo specifico punto di vista dello studioso. Lo strumento metodologico con cui egli delimita il campo di indagine e le procedure di imputazione causale del fenomeno storico è il tipo ideale. “Il concetto tipico-ideale serve ad orientare il giudizio di imputazione nel corso della ricerca: esso non è una <<ipotesi>>, ma intende indicare la direzione all’elaborazione di ipotesi. Esso non è una rappresentazione del reale, ma intende fornire alla rappresentazione un mezzo di espressione univoco”. (p. 108) Emerge ancora una volta la specificità e la problematicità della conoscenza storica, in cui, a differenza di quanto avviene nelle scienze naturali, i modelli ipotetici di spiegazione non sono i punti di arrivo della ricerca, bensì lo strumento attraverso cui si perviene ad una possibile spiegazione dei fenomeni storici, che, come si è detto sopra, sono e restano individuali. “Non come fine, bensì come mezzo è qui considerata la formazione di tipi ideali astratti”. (p. 111) Ovviamente per Weber l’individualità dei fenomeni storici non implica l’inspiegabilità, ma presuppone che siano presenti delle uniformità tipiche constatabili empiricamente. Tali uniformità sono “costruite” dal ricercatore mediante un processo di astrazione che, isolando all’interno della molteplicità dei dati empirici alcuni specifici elementi, li articola successivamente in un quadro coerente e privo di contraddizioni. “Esso è ottenuto mediante l’accentuazione unilaterale di uno o di alcuni punti di vista, e mediante la connessione di una quantità di fenomeni particolari diffusi e discreti, esistenti qui in maggiore e là in minore misura, e talvolta anche assenti, corrispondenti a quei punti di vista unilateralmente posti in luce, in un quadro concettuale in sé unitario. Nella sua purezza questo quadro non può mai essere rintracciato empiricamente nella realtà; ...” (p. 108) Il tipo ideale è un concetto limite che fornisce uno schema orientativo per la ricerca e per la spiegazione storica, senza tuttavia mai esaurirla, ed è ideale nel senso puramente logico del termine. Accolte queste premesse, la tesi metodologica weberiana del tipo ideale implica l’impossibilità di pervenire ad una conoscenza “oggettiva”, in senso ontologico, della storia, al punto che egli afferma: “Chi ritenga che la conoscenza della realtà storica debba o possa essere una copia <<priva di presupposti>> di fatti <<oggettivi>>, rifiuterà ad essi qualsiasi valore”. (p. 110) Per il nostro autore l’uso di tipi ideali astratti già avviene, senza che in molti casi lo studioso ne sia consapevole. “La lingua dello storico contiene in centinaia di parole questi quadri concettuali indeterminati, elaborati per un bisogno di espressione che inconsapevolmente si fa valere, ed il cui significato può dapprima essere avvertito intuitivamente, non già pensato con chiarezza” (p. 111) Chi nega ciò si pone poi nelle condizioni di fare ugualmente uso di tipi ideali, senza tuttavia la necessaria consapevolezza metodologica. “Se lo storico (nel senso più ampio della parola) rifiuta un tentativo di formulazione di un tipo ideale siffatto come <<costruzione teoretica>>, cioè come qualcosa di non adatto o di non indispensabile per il suo concreto scopo conoscitivo, la conseguenza di regola è che egli impiega, consapevolmente o meno, altri concetti simili senza una formulazione linguistica e un’elaborazione logica, oppure che egli rimane attaccato al campo di ciò che è <<sentito>> indeterminatamente” (p. 113) Weber è consapevole che il tipo ideale non è affatto una soluzione semplificatrice del lavoro dello storico e del sociologo, ma solleva nella sua applicazione una serie di problemi che ne rende ancora più complesso il suo uso e significato. Racchiudere difatti le infinite relazioni di un fenomeno storico con il contesto più ampio in cui è collocato implica che il tipo ideale sia in grado di mostrare, secondo le convinzioni del ricercatore, i caratteri essenziali del fenomeno in esame, pur sapendo che esso non esaurisce affatto gli infiniti aspetti della realtà storica. “Esse vogliono di solito essere, oppure sono inconsapevolmente, tipi ideali non soltanto in senso logico, ma anche in senso pratico: sono cioè modelli che – per attenerci all’esempio – contengono ciò che il cristianesimo deve essere secondo la convinzione dell’autore, ciò che in esso è per lui <<essenziale>>, poiché fornito di valore permanente. ... In questo significato le <<idee>> non sono più dei puri strumenti logici, non sono più dei concetti a cui la realtà è misurata comparativamente, bensì sono ideali in base ai quali essa è giudicata valutativamente” (p. 117-118). Dopo questo ulteriore passaggio altre valutazioni si sono sommate alle valutazioni già assunte, il che conduce a chiedersi dove si possa rinvenire, in che modo si possa giudicare la validità del lavoro di uno storico. Nella prima parte Weber aveva posto come condizione in negativo per garantire l’oggettività del lavoro dello studioso l’assenza di giudizi di valore e della loro applicazione nel corso della ricerca. Fondamentalmente l’autore considera la corretta procedura metodologica l’unico strumento in grado di garantire e far giudicare l’oggettività della ricerca storica. La costruzione del tipo ideale, la sua utilizzazione come strumento e struttura logica, il rigore nella sua applicazione come strumento esplicativo, sebbene non esaustivo, dei fenomeni storico-sociali è ciò che positivamente garantisce l’oggettività del lavoro dello studioso nonché consente di valutare la validità dei risultati scientifici conseguiti. “Di fronte a ciò è tuttavia un dovere elementare dell’autocontrollo scientifico, ed il solo mezzo per prevenire gli inganni, distinguere con precisione la relazione comparativa della realtà con tipi ideali in senso logico dalla valutazione della realtà in base a ideali. Un <<tipo ideale>> nel nostro senso ... è completamente indifferente nei confronti del giudizio valutativo, e non ha nulla a che fare con una <<perfezione>> che non sia puramente logica.” (p. 119) Weber ritorna più volte sul pericolo di confondere il tipo ideale ed il suo valore euristico con la realtà storica e di ritenerlo esaustivo nella spiegazione del fenomeno in esame. “Poiché scopo dell’elaborazione di concetti tipico-ideali è sempre quello di rendere esplicito con precisione non già ciò che è conforme al genere, bensì, al contrario, il carattere specifico di certi fenomeni culturali.” (p. 122) L’autore sottolinea anzi come la validità esplicativa di un tipo ideale si manifesta quasi paradossalmente proprio nel momento in cui emerge la sua differenza con il fenomeno storico, che, come già evidenziato sopra, è e resta individuale. Parlando, come esempio, del carattere artigianale della società medioevale, Weber afferma: “E quando il tipo ideale è stato costruito in maniera <<ideale>> euristica ... allora esso dirige nel medesimo tempo la ricerca sulla via che conduce ad una più precisa penetrazione di quegli elementi della società medievale che non presentano carattere artigianale, studiati nel loro specifico carattere e significato storico. Esso ha attuato il suo scopo logico, quando reca a questo risultato, proprio in quanto ha manifestato la sua propria irrealtà.”(p. 123) E’ chiaro che per Weber il problema della oggettività delle scienze storico-sociali si risolve mediante l’esame e l’esplicitazione della struttura e della procedura logica delle discipline. La teoria conoscitiva trova la sua soluzione all’interno della metodologia della disciplina e la metodologia, a sua volta, si definisce come l’analisi dell’effettivo modo di procedere dello studioso. Inoltre il ricercatore delle scienze storico-sociali, per via dell’impossibilità di pervenire ad una concettualizzazione definitiva del suo oggetto di studio, è costretto, nel momento in cui i suoi tipi ideali manifestano la loro “irrealtà”, a ritornare sul suo lavoro per arricchirlo ed integrarlo di nuove ipotesi e di nuovi tipi ideali. “La storia delle scienze della vita sociale è e rimane caratterizzata da un continuo alternarsi tra il tentativo di ordinare concettualmente i fatti mediante un’opera di elaborazione concettuale, la risoluzione dei quadri concettuali così ottenuti mediante l’estensione e l’approfondimento dell’orizzonte scientifico, e l’elaborazione di nuovi concetti sul fondamento così mutato” (p. 127) E’ quella fatica di Sisifo ben nota a coloro che leggono le opere storiche (non i manuali!) dove i lavori degli storici più noti sono continuamente discussi ed arricchiti dalle nuove ricerche storiografiche. A chi conosce e ricorda le tesi della filosofia non sarà sfuggito che la teoria della conoscenza che Weber applica alle scienze storico-sociali richiama in molti aspetti il criticismo kantiano, a cui l’autore fa un esplicito richiamo. Alla citazione fa precedere una critica alla dottrina della conoscenza antica e scolastica, che ritiene che sia ancora profondamente e inconsapevolmente radicata nella massa di specialisti del suo tempo. “Chi pensa però fino in fondo il principio fondamentale della moderna dottrina della conoscenza, richiamantesi a Kant, che i concetti siano e possano essere solamente mezzi del pensiero foggiati allo scopo di dominare spiritualmente il dato empirico, non potrà ritenere al circostanza che i concetti genetici siano necessariamente tipi ideali, come obiezione valida contro la loro elaborazione. Per lui il rapporto tra concetto e lavoro storico si inverte: quel fine ultimo gli appare logicamente impossibile, ed i concetti si rivelano non già fine, bensì mezzo in vista della conoscenza delle connessioni significative sotto punti di vista individuali” (p. 130). Weber, cosciente che il valore di una ricerca storico-sociale è fondata sul rigore metodologico, ritiene che il dovere fondamentale dello studioso sia di rendere esplicito e consapevole l’utilizzo di questi strumenti concettuali per rendere effettivamente scientifico il lavoro del ricercatore. “L’uso dei concetti collettivi indifferenziati, con cui lavora il linguaggio quotidiano, è sempre il rivestimento di oscurità del pensiero e della volontà, ed è abbastanza spesso lo strumento di ingannevoli raggiri – in ogni caso è però un mezzo per ostacolare lo sviluppo di una corretta impostazione problematica” (p. 133-134) Al termine del percorso è chiaro che Weber ritiene che le scienze storico-sociali non ambiscono e non possono ambire ad una sistematizzazione definitiva del loro oggetto. La storia è un sapere empirico il cui valore conoscitivo oggettivo si basa, per un apparente paradosso, sul fatto che l’oggetto della sua conoscenza è ordinata da categorie soggettive poste a presupposto della stessa attività conoscitiva. “A colui che non consideri fornita di valore questa verità – e la fede valore della verità scientifica è infatti prodotto di determinate culture, e non già qualcosa di dato naturalmente – non abbiamo nulla da offrire con i mezzi della nostra scienza” (p. 134) Susciterà un certo sconcerto in coloro che non hanno mai affrontato professionalmente il problema della conoscenza storica il fatto che essa è possibile solo in relazione ad una scelta effettuata dallo storico (ed anche dal sociologo) che individui gli elementi oggetto di studio ed il significato da attribuire agli eventi. Inoltre i criteri di scelta e i modelli conoscitivi utilizzati sono storicamente, socialmente ed anche individualmente relativi; vi è una pluralità di modi per conoscere la realtà, una molteplicità di punti di vista che si riferiscono a schemi valutativi diversi fra loro, di cui nessuno, secondo Weber, può vantare la priorità rispetto agli altri. Ne consegue che la conoscenza della realtà storico-sociale sia sempre mediata culturalmente, poiché è la cultura a selezionare gli aspetti di una realtà priva di senso ontologico attribuendo ad essi significati specifici. Non essendovi inoltre la possibilità di esaurire la comprensione di un fenomeno storico-sociale individuando la totalità delle cause, la conoscenza consiste nell’individuare, mediante l’applicazione del tipo ideale, alcuni fattori che, secondo il punto di vista su cui si incentra la ricerca, hanno condizionato l’emergere della situazione storica studiata. Negando ogni forma di determinismo storico, Weber nega implicitamente il carattere assoluto delle scienze storico-sociali e la possibilità di fondare su di essa la prassi politica. La scienza deve, secondo Weber, fare proprio il principio della avalutatività. La scienza può solo indicare l’efficienza dei mezzi nei confronti delle mete che si intendono raggiungere, ma le mete esulano dalla scienza, sono una “questione di fede”. Queste affermazioni hanno tuttavia un implicito significato politico. Weber è consapevole dell’uso strumentalmente o inconsapevolmente ideologico delle ricerche storico-sociali. Mediante le sue determinazioni metodologiche Weber si confronta criticamente con il positivismo ed il materialismo storico. L’autore ammette la validità dell’analisi del capitalismo compiuta da marxismo, ma critica la pretesa di poter esaurire nella spiegazione economica e nello schema evolutivo economicistico tutta la storia ed il suo senso. In proposito egli dice: “Di proposito si è evitato di condurre la dimostrazione in riferimento a quello che per noi è di gran lunga il più importante caso di costruzioni tipico-ideali - cioè in riferimento a Marx. ... Qui ci si può pertanto limitare a constatare che tutte le <<leggi>> e le costruzioni di sviluppo specificamente marxiste – in quanto siano teoricamente sostenibili – hanno naturalmente carattere tipico-ideale. Ognuno che abbia lavorato con concetti marxistici conosce l’eminente, ed anzi singolare significato euristico di questi tipi ideali, quando li si impieghi per comparare con essi la realtà e conosce al tempo stesso la loro pericolosità, quando si voglia presentarli come validi empiricamente, oppure come <<forze operanti>>, <<tendenze>> ecc. reali (cioè in verità metafisiche). (p. 124-125)
Savgal Inviato 15 Luglio 2023 Inviato 15 Luglio 2023 @Panurge La lettura della "Fenomenologia dello spirito" non è stata agevole?
mozarteum Inviato 15 Luglio 2023 Inviato 15 Luglio 2023 E’ una enunciazione suggestiva ma poco utile. Il fatto storicamente rilevante (mettiamo la bomba di Hiroshima o l’attentato di Sarajevo) non ha alcun significato ulteriore in se’ “neutralmente” preso. Diventa invece importantissimo come viene narrato. Esatto il riferimento sopra fatto alla opposta lettura della guerra in Ucraina dove peraltro ho forti dubbi sull’attendibilita’ proprio dei fatti (quanti morti? Quante perdite di materiale bellico, Quante mine ecc ecc). Ma credo che appe si riferisca ai negazionismi e alle riscritture di fatti della storia che sono inequivocabilmente assodati nel loro accadimento (la Shoa e piu’ recentemente il corteo di camion funebri del covid ad esempio). Tornando alle narrazioni, tuttavia, anche fatti lontani, sedimentati nel tempo e depurati dunque del furore ideologico sono stati oggetto di letture diverse. Mack Smith e Salvemini danno letture diverse del Risorgimento ecc.
lampo65 Inviato 15 Luglio 2023 Inviato 15 Luglio 2023 Un alto grado di "indeterminismo" di queste scienze lo diamo per scontato, si fa per dire😁 Ma è peggiorata la situazione negli ultimi 50 anni o no, siamo più confusi o meno ? O poi alla fine è irrilevante ?
Savgal Inviato 15 Luglio 2023 Inviato 15 Luglio 2023 Insegnare storia non è cosa affatto semplice. Esclusi i licei i docenti che insegnano storia sono gli stessi/e di italiano, per i quali il confronto fra Marx, Weber, la storiografia francese sono cose ignote. Un conto è il Medioevo studiato su Bloch o Le Goff, altro la lettura che oltrepassa il banale di alcuni testi, il cui la cronaca degli avvenimenti, la loro successione, è confusa con la "storia". Dare un significato, un senso ed una spiegazione agli eventi, far cogliere il volto severo della storia dietro la banalità della cronaca è cosa per nulla facile e richiede studi appropriati. La quasi totalità degli uomini e delle donne ha una rappresentazione del passato come se fosse un eterno presente. Per chiarire, quando chiedevo ai miei studenti chi avesse sofferto di una otite, qualcuno di loro alzava la mano e mi chiedeva il perché. Rispondevo che molto probabilmente se fossero nati prima del 1945 sarebbero morti poiché prima della produzione industriale della penicilina un'infezione batterica poteva essere fatale, alimentando un senso della precarietà dell'esistenza a noi estranea. E' solo un esempio, ma quanti oggi si sono posti questo interrogativo? la storia per quasi tutti corrisponde ai film storici, che quasi sempre falsificano il passato, proiettando il presente nei secoli passati.
60diver Inviato 15 Luglio 2023 Inviato 15 Luglio 2023 @lampo65 Credo che dopo l'avvento del www chi ha voglia di leggere diverse testate internazionali possa farsi una idea propria degli avvenimenti mondiali; tempo addietro la storia era scritta dai vincitori e plasmata ad onore e gloria degi stessi. Ad es. - se vogliamo parlare di fatti incontrovertibili, l'unico Paese che ha lanciato una bomba atomica in guerra (anzi due!) sono stati gli USA; questo è un dato di fatto. Poi gli USA (vincitori) hanno spiegato che lo avevano fatto per fiaccare lo spirito combattivo dei Giapponesi..... I miei 5 cents.
Messaggi raccomandati