Questo è un messaggio popolare. Lolparpit Inviato 11 Gennaio 2024 Questo è un messaggio popolare. Inviato 11 Gennaio 2024 Ascoltato ieri sera alla Sala Sinopoli del Parco della Musica. Questo il programma, curiosamente impaginato in modo non cronologico: https://santacecilia.it/concerto/arcadi-volodos/ Prima parte skrjabiniana: una sorta di percorso di morte e trasfigurazione, per finire nel fuoco purificatore di Vers la flamme. Mi ha avvinto subito: lo Studio op. 8 n. 11 è diventato un canto dolente, quasi una marcia funebre. Impressionante il controllo strumentale, in particolare i diversi piani sonori: Volodos è noto quale pianista di potenza devastante e tellurica...per me il suo asso pigliatutto in realtà sono i pianissimi, che sa gestire forse come nessun altro. Così realizza sottovoce di grande fascinazione, effetti di eco, effetti di lontananza, alonature, nebulose. Sembra saper gestire i fenomeni acustici in modo quasi miracoloso. La prima parte si conclude con la Sonata n. 10, degli 'insetti', e il suo turbinio di trilli e ronzii...e ti trascina nel gorgo, portando a un livello di tensione difficile da sostenere. E così con Vers la flamme, con l'accordo finale che diventa liberatorio e quasi salvifico. Molto bella la Sonata di Schubert in la minore: Volodos è generosissimo nella dinamica, e i fortissimi, pieni, rotondi, sono quelli che ci aspetteremmo in Skrjabin o Rachmaninov. E la lettura tende ad essere skrjabinizzata: credo che le interpretazioni schubertiane di Arcadi tendano a irradiarsi dal fuoco di Skrjabin, per cui l'approccio è completamente diverso da quello di un Brendel, affine invece a quello di più estremo di un Sofronitsky. Alcuni momenti bellissimi: in particolare l'espressività alla conclusione del primo movimento, certe variazioni dell'Andante. La cosa che io ho sofferto un po' è l'eccesso nei contrasti, i fortissimi estremi, che ho trovato destabilizzanti. Volodos ha una paletta dinamica incredibile, dai pianissimi che rasentano l'inudibilità ai fortissimi apocalittici. Quello che manca un po' è la via di mezzo, dal mezzoforte al forte. E' quindi uno Schubert molto fauve, che tende all'espressionismo, con fraseggi tormentati, intensi, che hanno la loro matrice negli interpreti russi, in particolare Sofronitsky. Tre bis, il 'suo' Lecuona, uno Skrjabin e un pezzo, il primo, che non ho riconosciuto. Bellissimo concerto di un grandissimo pianista. Cosa pensate di questo artista e della sua tecnica? Angelo 3 2
Carlo Inviato 13 Gennaio 2024 Inviato 13 Gennaio 2024 Il 11/1/2024 at 09:10, Lolparpit ha scritto: Cosa pensate di questo artista e della sua tecnica? Angelo Aforisticamente: ha tradotto nel 21mo secolo il pianismo e la poetica che Horowitz aveva presentato nel 20mo, senza rimanerne vittima. Bravò C 1
mozarteum Inviato 13 Gennaio 2024 Inviato 13 Gennaio 2024 Ero anche io presente in sala Sinopoli e condivido a pieno la recensione di Angelo. In Schubert a mio avviso e’ mancata la dimensione “viennese” e cioe’ il fluire della musica attraverso il dolore senza accentuazioni nel colloquio interiore mesto trasfigurato in melos: la lezione di Brendel insomma anche se io in assoluto continuo, nelle sole sonate, a preferire Kempff, forse perche’ il primo amore non si scorda mai e anche per la eccellenza tecnica delle registrazioni (da me suonano meglio che le altre). Grandissimo concerto peraltro, Scriabin difficilissimo e di gran tecnica come oggi forse nessuno. Peccato sia saltato Schumann
FLORESTANO Inviato 13 Gennaio 2024 Inviato 13 Gennaio 2024 Bella recensione Angelo. Lo ascoltai molti anni fa quando non era un nome conosciutissimo e mi piacque molto nonostante opinione contraria di un mio vicino di poltrona. 1
OTREBLA Inviato 13 Gennaio 2024 Inviato 13 Gennaio 2024 Purtroppo ce lo propinano quasi tutti gli anni a Bergamo, ed io lo salto (nonostante sia abbonato) come salto il suo alter-ego Sokolov. Interpretazioni piattissime, tutte uguali e di una noia mortale. Purtroppo Bergamo questo passa, ormai da anni. Se se vuole ascoltare un pianista (o una pianista) come Dio comanda, bisogna spostarsi a Milano. La medesima cosa vale per le orchestre. Alberto. 1
Mighty Quinn Inviato 13 Gennaio 2024 Inviato 13 Gennaio 2024 33 minuti fa, OTREBLA ha scritto: alter-ego Sokolov Sokolov è un onesto lavoratore della pianola, al confronto di Volodos 1
giorgiovinyl Inviato 13 Gennaio 2024 Inviato 13 Gennaio 2024 Visto in concerto anni fa, anche per me un grandissimo pianista. Se non lo vogliono a Bergamo potrebbe venire più spesso a Palermo. 1
Lolparpit Inviato 14 Gennaio 2024 Autore Inviato 14 Gennaio 2024 @FLORESTANO Per me su Volodos ha influito una certa 'cattiva' fama, almeno 15-10 anni fa: erano diventati molti popolari alcuni video su youtube con pezzi da virtuoso popolare, la sua trascrizione di 'Alla turca' di Mozart, una sua Rapsodia ungherese di Liszt sempre trascritta...insomma, è così rientrato nell'idea stereotipata del pianistone russo, virtuosone, spaccatastiera. Un mio conoscente lo chiamava 'il trattore'...In realtà nel concerto dell'altra sera l'unica concessione a questo tipo di virtuosismo è stato nel secondo bis, la sua trascrizione di Malaguena di Lecuona...e in un recital con esecuzioni molto tormentate, un pezzone spettacolare per congedarsi, spagnoleggiante, non ha fatto male. Poi per me il bello di Volodos è la grande espressività, e la sua tecnica favolosa, è al servizio di questo. Per paradosso per me i momenti più belli, con le sonorità più affascinanti e penetranti, sono stati i pezzi lenti. Angelo
FLORESTANO Inviato 14 Gennaio 2024 Inviato 14 Gennaio 2024 @Lolparpit Grazie Angelo. Appena avrò occasione tornerò ad ascoltarlo.
Grancolauro Inviato 15 Gennaio 2024 Inviato 15 Gennaio 2024 @Lolparpit Grazie anche da parte mia per la bellissima recensione. Trovo in particolare condivisibile le considerazioni che fai sulla innumerevoli gradazioni dei "piano" e "pianissimo" che Volodos riesce a produrre conservando chiarezza e uguaglianza di suono. C'è qualcosa di miracoloso in questo. Ho un biglietto per il concerto del 7 marzo e il tuo resoconto non può che aumentare l'attesa :) Per quanto mi riguarda, come è facile intuire, ammiro molto Volodos come musicista. I suoi dischi dedicati a Brahms e a Schubert sono poi tra le cose migliori pubblicate in anni recenti in ambito pianistico, a mio avviso. Li trovo semplicemente straordinari. Mi ha colpito poi il paragone proposto da @Carlo con Horowitz. Non avevo mai pensato a Volodos in questi termini, forse perché nella mia testa Horowitz è un fuoriclasse assoluto che fa storia a sè e non ammette paragoni, un po' come Gould e pochi altri grandi pianisti il cui numero non supera quello delle dita di una mano. Ma probabilmente Carlo ha ragione, c'è una sorta di implicita assonanza e continuità tra i due, anche se guardiamo la lora parabola artistica. 1
Lolparpit Inviato 18 Gennaio 2024 Autore Inviato 18 Gennaio 2024 @Grancolauro A me il paragone con Horowitz convince molto: trovo lo stesso gusto nel trovare sonorità pianistiche rare, preziose, capaci di sedurre l’ascoltatore. Notavo che Volodos non insegue il mito della chiarezza e distinzione a tutti i costi…ama spesso una poetica dell’indistinto, cerca le brume, la macchia. E in Skrjabin funziona benissimo. E va ascoltato dal vivo, va captata l’atmosfera che riesce a creare…
Questo è un messaggio popolare. Carlo Inviato 20 Gennaio 2024 Questo è un messaggio popolare. Inviato 20 Gennaio 2024 Il 15/1/2024 at 20:53, Grancolauro ha scritto: anche se guardiamo la lora parabola artistica. Più che nella parabola artistica, io trovo paralleli molto densi proprio nel modo di approcciare il testo e restituirne il senso. Tecnica pianistica oltre il trascendentale, del suono, della costruzione meccanica del fraseggio, della collocazione dei piani sonori, della chiarezza descrittiva che ne risulta, per entrambi che porta a presentazioni di grandezza "asiatica" come la definiva uno famoso. Approccio al segno scritto molto libero, nei limiti sempre rispettati dell'obiettivo ricreativo della nota esatta ma con grandi libertà anche di rimodulare il passaggio, riscrivendone la grammatica in funzione financo dell'effetto meta-strumentale. Interpretazioni che ne escono stravolte e stravolgenti, personalissime e anche in parecchi casi profondissime (op.99 di Schumann, ce c'è il disco e che è una cosa che pure uno Richter trattava come il cristallo). Parole in libertà... ascoltare (e guardare per chi ci capisce qualcosa) per credere. Dal vivo questa esecuzione, di un pezzo peraltro di una bellezza infinta, è stata una cosa pazzesca. Un fantastico domatore di leoni, capace di intenerire un pulcino. Ciao C 3
Grancolauro Inviato 7 Marzo 2024 Inviato 7 Marzo 2024 Nessuno viene a Treviso stasera ad ascoltare Volodos suonare Schubert e Schumann?
Lolparpit Inviato 7 Marzo 2024 Autore Inviato 7 Marzo 2024 @Grancolauro purtroppo mi trovo sulle rive del biondo Tevere, ma credo che a molti piacerebbe leggere un commento sul recital….e comunque grande Arcadi.
Questo è un messaggio popolare. Grancolauro Inviato 8 Marzo 2024 Questo è un messaggio popolare. Inviato 8 Marzo 2024 23 ore fa, Lolparpit ha scritto: @Grancolauro purtroppo mi trovo sulle rive del biondo Tevere, ma credo che a molti piacerebbe leggere un commento sul recital….e comunque grande Arcadi. Grazie, ecco qualche impressione. il Del Monaco di Treviso è un piccolo teatro all’italiana pensato più per la prosa che per la musica. Perfetto per le commedie di Goldoni, mette in crisi qualsiasi strumento acustico. Lo Steinway grancoda occupava tutto il palco o quasi, eppure il suono faceva fatica ad espandersi e ad acquistare corpo, quasi inghiottito da legni, arazzi e stucchi. Eppure l'atmosfera raccolta di quel teatro, con luci soffuse e una certa aria di mistero, credo abbiano giovato al concerto. Volodos ha iniziato con la sonata di Schubert in La minore, la D945 di catalogo. Un po' contratto in apertura, Volodos si è poi sciolto progressivamente sfoderando le doti che conosciamo. La cosa che più mi ha copito è stato il tentativo, così perlomeno mi è sembrato, di attribuire alla sonata un carattere "polifonico". Un po' come se Volodos avesse voluto imitare, specie nel secondo e nel quarto movimento, l'andamento lirico dei leader schubertiani, separando minuziosamente i diversi piani sonori e trasformandoli in voci umane maschili e femminili che di volta in volta si alternano, rincorrono, incrociano l'una con l'altra. Scelta interessante e molto originale: non un pianoforte che fa il pianoforte o accompagna la voce quanto piuttosto un pianoforte che si fa voce, pluralutà di voci. Il tutto con grande gusto e maestria. La seconda parte del concerto è stata dedicata alle Davidsbündlertänze di Schumann. Qui la partita si è giocata nel caratterizzare i frammenti attribuiti da Schumann a Eusebio e Florestano. Operazione difficile, enigmatica quasi per l'interprete in un brano che secondo me è tra i più difficili in assoluto di Schumann. Volodos ha giocato le miniature che impersonano Florestano attribuendo tensione ritmica e percussività al suono ed eliminando quasi del tutto il pedale di risonanza. I frammenti di Eusebio avevano invece un carattere lisergico, come avvolto nelle nebbie di fumi d'oppio: ampio uso del pendale e pianissimi rarefatti, quasi come sussurri di un languido abbandono. Il concerto si è concluso con la Rapsodia n. 13 di Listz/Volodos, enigmatica anche quella devo dire, dove il Nostro ha messo in evidenza, come sempre d'altra parte, l'imbarazzante facilità e naturalezza con le quali compie le acrobazie più ardite. Ci sono stati poi due bis, un Preludio di Skrjabin e un altro pezzo che non conosco. Ah, dimenticavo: Volodos ha deliziato il pubblico spesso e volentieri coi suoi giochi di prestigio. Il più incredibile (per me) consiste in quelle che in gergo cinematografico si chiamano "dissolvenza a chiudere" e "dissolvenza ad aprire", una sorta di effetto flou del suono che se non lo senti non ci credi sia vero. Come faccia a farlo è un mistero. Bellissima serata, indimenticabile per me. Ultima aggiunta: un amico che mi era accanto ha notato che alla fine il concerto è stato freddo, privo di trasporto emotivo. Questa cosa mi ha fatto riflettere. In effetti Volodos non sembra abbandonarsi mai. Ogni cosa appare magicamente sotto controllo, come in un grande spettacolo di illusionismo nel quale succedono cose incredibili e mirabolanti, ma in tutti rimane la consapevolezze che al mago nulla sfugge e la donna segata a metà è solo un trucco. Che sia vero? Chissà, anche questo forse fa parte dello spettacolo 2 2
Lolparpit Inviato 8 Marzo 2024 Autore Inviato 8 Marzo 2024 @Grancolauro grazie per la bella recensione. Molto interessante la riflessione sulla capacità di Volodos nel gestire le voci, di farle emergere e caratterizzarle. Mi è venuto in mente che ho ascoltato, e mi sono piaciuti moltissimo, alcuni Lieder di Schubert trascritti da Liszt…repertorio alla Horowitz, o Sofrinitsky, o Berman. Ecco qui: Per me è splendido.
mozarteum Inviato 8 Marzo 2024 Inviato 8 Marzo 2024 il giovane Kissin inarrivabile per me in Schubert/Liszt Oggi non suona piu’ cosi’ purtroppo
Lolparpit Inviato 9 Marzo 2024 Autore Inviato 9 Marzo 2024 14 ore fa, Grancolauro ha scritto: Ultima aggiunta: un amico che mi era accanto ha notato che alla fine il concerto è stato freddo, privo di trasporto emotivo. Questa cosa mi ha fatto riflettere. In effetti Volodos non sembra abbandonarsi mai. Condivido: mi sembra in effetti molto calmo, molto riflessivo, molto razionale (anche fuori dal palcoscenico dove, pur sembrando chiuso, ha un aspetto bonario). Non trovo però la facilità ostentata di un Lang Lang, che mi sembra tenda alla spettacolarizzazione. A me comunque non sembra distaccato dall'oggetto sonoro che sta producendo. Ci sono questioni aperte per me su questo pianista: perché non suona Chopin? Eppure adora Schubert, Schumann, Skrjabin...
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