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Della borghesia


Savgal

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Inviato

Vorrei aprire una riflessione e una discussione sulla borghesia, soggetto sociale che pare scomparso dal dibattito contemporaneo. Inizierò con Marx, per poi passare Proust e a Mussilini.

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La vulgata vuole che Marx fosse un nemico della borghesia (da cui peraltro proveniva). Se si cercano lodi della borghesia li si può trovare nel "Manifesto del partito comunista", in cui Marx scrive quanto segue.

La borghesia ha avuto nella storia una parte sommamente rivoluzionaria.

...
La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. Prima condizione di esistenza di tutte le classi industriali precedenti era invece l'immutato mantenimento del vecchio sistema di produzione. Il continuo rivoluzionamento della produzione, l'ininterrotto scuotimento di tutte le situazioni sociali, l'incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l'epoca dei borghesi fra tutte le epoche precedenti. Si dissolvono tutti i rapporti stabili e irrigiditi, con il loro seguito di idee e di concetti antichi e venerandi, e tutte le idee e i concetti nuovi invecchiano prima di potersi fissare. Si volatilizza tutto ciò che vi era di corporativo e di stabile, è profanata ogni cosa sacra, e gli uomini sono finalmente costretti a guardare con occhio disincantato la propria posizione e i propri reciproci rapporti.
….
Durante il suo dominio di classe appena secolare la borghesia ha creato forze produttive in massa molto maggiore e più colossali che non avessero mai fatto tutte insieme le altre generazioni del passato. Il soggiogamento delle forze naturali, le macchine, l'applicazione della chimica all'industria e all'agricoltura, la navigazione a vapore, le ferrovie, i telegrafi elettrici, il dissodamento d'interi continenti, la navigabilità dei fiumi, popolazioni intere sorte quasi per incanto dal suolo -quale dei secoli antecedenti immaginava che nel grembo del lavoro sociale stessero sopite tali forze produttive?

 

  • Melius 2
Inviato

 

Marcel Proust (1871-1922), Pastiches et mélanges

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Sulle cose le cui regole ed i cui principi le erano stati insegnati dalla madre, sulla maniera di preparare certi piatti, di suonare le sonate di Beethoven e di ricevere con grazia, era certa di avere un'idea precisa della perfezione e di capire se gli altri ne fossero vicini o lontani. Per queste tre cose, d'altronde, la perfezione era quasi la stessa: una sorta di semplicità di mezzi, di sobrietà e di fascino. Aveva orrore del fatto che si mettessero delle spezie nei piatti che non ne avevano assolutamente bisogno, che si suonasse con affettazione usando troppo i pedali, che quando si riceveva ci si discostasse da una perfetta naturalezza e che si parlasse di sé in modo esagerato. Dai primi bocconi, alle prime note, ad un semplice biglietto, nutriva la pretesa di capire se aveva a che fare con una buona cuoca, con un vero musicista, con una donna beneducata. «Potrà anche avere molte più dita di me, ma dimostra di non avere gusto suonando con tanta enfasi questo andante così semplice». «Potrà anche essere una donna molto brillante e piena di qualità, ma è una mancanza di tatto parlare di sé in una simile circostanza». «Potrà anche essere una cuoca molto esperta, ma non sa fare la bistecca con le patate». La bistecca con le patate! una prova ideale da concorso, difficile per la sua semplicità, una specie di «<patetica» della cucina, l'analogo gastronomico di quello che nella vita di società è la visita di una signora che viene a chiedervi delle informazioni su un domestico e che, in una cosa tanto semplice, può dimostrarsi all'altezza o mancare di tatto e di educazione fino a tal punto.

 

Inviato

 

BENITO MUSSOLINI (1883-1945)

IL FASCISMO UNA RIVOLUZIONE ANTIBORGHESE

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Alla fine dell'anno XVI [1938] ho individuato un nemico, un nemico del nostro regime. Questo nemico ha nome «borghesia». Quando, alcuni anni fa, mi occupavo di questa faccenda e tentavo, invano, di raddrizzare le gambe ai cani, io dicevo: fate una distinzione nettissima fra capitalismo e borghesia. Perché la borghesia può essere una categoria economica, ma è soprattutto una categoria morale, è uno stato d'animo, è un temperamento. E una mentalità nettissimamente refrattaria alla mentalità fascista. [...] La borghesia è una categoria a carattere politicomorale. Come la identificheremo? Attraverso delle esemplificazioni. Esempio: un giorno di luglio il principe Colonna vola e cade. [...] Commento del borghese: «Ma chi glielo ha fatto fare?». Si fanno dei voli transoceanici che portano la nostra ala in continenti lontani. [...] Il borghese si mette al tavolo e dice: «<Tre motori, tre apparecchi, nove motori. Consumo di benzina per ogni motore cinquecento litri. Dunque questo ci viene a costare dai quindici ai venti milioni. []

Il borghese è un minuzzatore di quelli che si chiamano i grandi uomini. [...] Il borghese è nemico dello sport. [...]

Questi sono i tratti caratteristici somatici del borghese.

Vediamo un po' cosa è successo nel sedicesimo anno del regime. È successo un fatto di grandissima importanza. Abbiamo dato dei poderosi cazzotti nello stoma co a questa borghesia italiana. L'abbiamo irritata, l'abbiamo scoperta, l'abbiamo identificata. Qualche volta si nasconde anche nelle nostre file. Dobbiamo liberarci di essa, bisogna cacciarla, anche se dovessimo essere co stretti a strapparci di dosso la carne viva.

Il primo cazzotto è stato il passo romano di parata. Il popolo adesso lo adora. Ma la borghesia lo ha detestato. Ha detto: «Ma che cosa è questo passo romano di parata?». Non sapeva che è stato inventato da Eugenio di Savoia e adottato poi da tutti gli eserciti. Si è detto che esso non era democratico e perciò era stato abolito, mentre noi lo abbiamo ristabilito. Si è detto anche che esso è uguale al «passo dell'oca». Prima di tutto ciò non è vero. Secondo, anche se fosse vero, c'è un dato di fatto curioso: che il popolo italiano è forse il solo popolo della terra che abbia l'oca nella sua storia. Infatti tutti gli storici di Roma lo attestano. C'era un accantonamento di romani sul Campidoglio. Ora l'oca faceva migliore guardia dei cani. Del resto l'oca era dedicata a Giunone, e quindi era un animale altamente rispettabile, ed è perfettamente normale che l'oca abbia risvegliato i romani, che forse erano stanchi e dormivano, e quindi il console abbia sconfitto i Galli (francesi di oggi) ed abbia impedito che salissero fino sulla vetta del Campidoglio.

Tutti coloro che hanno visto il nostro passo di parata ed il passo di parata germanico hanno constatato che c'è una differenza essenziale. Tutti gli eserciti lo hanno adottato, ivi compreso l'inglese, ivi compreso l'albanese, il bulgaro; persino i soldati della Repubblica Argentina ei cadetti degli Stati Uniti. Evidentemente bisogna da re, ad un certo momento, l'impressione della forza.

Decisivo e grave è questo che vi dico: perché non si faceva prima il passo di parata? Perché si riteneva che noi fossimo incapaci di farlo. Infatti si diceva: «È un passo da giganti e non può essere un passo di un popolo dove tutti sono piccoli, storpi». C'era quasi un riconoscimento della nostra inferiorità fisica per rinunciare a manifestazioni di questa nostra forza. Il popolo l'ha sentito. La borghesia si è inalberata. Ma, dopo le mie parole del 1° febbraio, in cui gettavo fasci di luce contro i borghesi definendoli sedentari, mezze cartucce ed altro, la borghesia si è acquetata.

Quel passo esprime la volontà. Chiunque è capace di andare al passo. Se voi prendete un gregge di tremila pecore con i campanelli, tutti i campanelli suonano nel lo stesso tempo e il gregge va al passo. Possiamo noi accontentarci di questo? No. L'introduzione del passo romano ha avuto una ripercussione enorme in tutto il mondo, come espressione di forza morale. Noi lo man" terremo perché risponde a queste caratteristiche.

Altro piccolo cazzotto: l'abolizione del «<lei». È incredibile che da tre secoli tutti gli italiani, nessuno escluso, non abbiano protestato contro questa forma servile, che ci è venuta dalla Spagna del tempo. Fino al cinquecento gli italiani non hanno conosciuto che il «<tu» e il «<voi». Poi solo il «tu»>, ignorando il «<lei». Infatti quando il contadino ha parlato con me, non mi ha detto: «Senta Eccellenza», ma mi ha detto: «Senti, Duce, noi non abbiamo l'acqua». [...]

Altro cazzotto nello stomaco è stata la questione razziale. Io ho parlato di razza ariana nel 1921, e poi sempre di razza. Una o due volte sole di stirpe, evidente mente alludendo alla razza. E quindi ho respinto le parole schiatta, genere umano, ecc., e altre parole che sono troppo evanescenti. Ed ho parlato di uomini vivi di car ne ed ossa. Per il Papa le anime non hanno colore, ma per noi i volti hanno un colore. Pur avendo io sempre parlato di razza, la borghesia si è risvegliata all'improvviso e ha detto: «Razza?». Allora io mi sono domandato: <<Per avventura non sarei come quell'autore più citato che letto?»,

Il problema razziale è per me una conquista impor tantissima, ed è importantissimo l'averlo introdotto nel la storia d'Italia. I romani antichi erano razzisti fino al l'inverosimile. La grande lotta della Repubblica La grande lotta della Repubblica Romana fu appunto questa: sapere se la razza romana poteva aggregarsi ad altre razze.

 

Inviato

Infine una citazione da "Storia d'Italia. Dall'Unità ad oggi" di Aurelio Lepre e Claudia Petraccone relativa a Togliatti.

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L'annuncio che stava per arrivare dall'Unione Sovietica Palmiro Togliatti, il leggendario Ercoli, li aveva emozionati e molti lo avevano immaginato come il commissario del popolo sovietico, interpretato da Fosco Giachetti, che aveva ottenuto un grande successo nel film "Noi vivi e Addio Kira" di Goffredo Alessandrini: un duro e puro, vestito con una rivoluzionaria giubba di pelle (che somigliava molto alla divisa di Stalin), pronto ad imbracciare il mitra. Si trovarono invece di fronte un distinto signore, freddo e controllato, che dava del lei e pretendeva il lei e non si vergognava di conoscere il latino. I dirigenti dovettero adeguarsi e la base li seguì, anche se con molte perplessità.

 

Inviato

Buongiorno.

Il tema è interessante anche se molto ampio il taglio, forse troppo.

Ciò detto io inizierei a mettere l'accento sulla necessità di comprendere cosa sia la borghesia e come si è evoluta. Iniziando proprio dall'urbanesimo nel basso medioevo. Come è agevole comprendere secoli e secoli prima della critica marxista alla borghesia o ancor più al rapporto tra pensiero fascista e borghesia.

La borghesia degli albori è fatta da lavoratori, piccoli commercianti, artigiani che hanno contribuito al successo dei centri urbani che si venivano creando, con spostamenti importanti di persone dalle campagne. Quindi direi che la borghesia si sviluppa nell'arco di 6, 7 secoli per raggiungere l'apice  naturalmente nel 1800 che è appunto "il secolo della borghesia"

Inviato

@Savgal La storia del passo romano è esilarante, la ignoravo, grazie.

Comunque i tre citati vedono della borghesia aspetti diversi, in tempi diversi.

Inviato

La borghesia ( o classe media ) è quello "strato cuscinetto" tra il "popolo" (plebe) e la "nobiltà" (patrizi). Nobiltà che, con la progressiva scomparsa delle monarchie, si è riciclata in "classe padrona". L'ascensore sociale risiede nella borghesia, ed è il luogo che può consentire al popolo di diventare classe padrona e viceversa. E' quindi il luogo che la vecchia classe nobile e poi padrona aborrisce perché, per ogni plebeo che diventa patrizio, un patrizio rischia di diventare prima borghese e poi plebeo.

Poiché l'ascensore sociale viene attivato con lo studio e con l'intelligenza, la classe patrizia ha sempre cercato di mantenere il popolo ignorante e stupido, negandogli l'evoluzione in borghesia. Strumento numero uno della classe patrizia nell'opera è la povertà, esaltata dalla "tassazione". Quindi ignoranza, stupidità e tassazione reprimono la classe borghese garantendo alla classe patrizia l'eterna rendita di posizione acquisita, non dimentichiamolo, originariamente da qualcuno che proveniva inevitabilmente dal popolo. Chiaramente la falsa motivazione della tassazione sono i benefici sociali. Quella vera, il ricco mantenimento dei diritti dei patrizi.

  • Melius 2
Inviato

Delle precisazioni sullo sviluppo storico della borghesia

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Il termine burgensis fa la sua comparsa nel latino dell’XI secolo per indicare, in contrapposizione all’abitante del contado, chi viveva nel burgus, nella città e, in quanto tale, godeva di una condizione giuridica particolare, non soggetta ai vincoli di dipendenza propri del sistema feudale. La borghesia – che come fenomeno storico nasce e si sviluppa in relazione alla rinascita del fenomeno cittadino e alla ripresa dei traffici e dell’economia monetaria – andò originariamente caratterizzandosi come un aggregato sociale assai composito, formato tanto da piccoli artigiani, bottegai, lavoratori salariati urbani quanto dai mercanti delle potenti “arti maggiori” e dai professionisti (notai, medici, farmacisti, scrivani). Era un aggregato distinto per le attività che svolgeva, per il luogo di residenza e per lo status giuridico di cui godeva, sia dagli ordini privilegiati della nobiltà e del clero sia dai lavoratori delle campagne.

Tra il XIII e il XVI secolo, agli albori dell’età moderna, andarono mano a mano emergendo le figure dei banchieri, degli armatori, dei commercianti impegnati nei mercati regionali e internazionali.

Nel Cinquecento, si consolidò un ceto imprenditoriale industriale di una notevole consistenza. Le imprese restavano per lo più di piccole dimensioni, ma in settori legati all’attività mineraria, alla cantieristica, all’edilizia, alla fabbricazione delle armi, all’editoria e all’industria tessile esse raggiunsero in molti casi dimensioni notevoli, localizzandosi anche nelle zone non urbane.

La formazione dello stato moderno comportò inoltre la formazione di nuovi strati di funzionari. Questo processo andò intensificandosi nei secoli XVII e XVIII, con il sempre maggior sviluppo di imprese fondate sull’accentramento dei mezzi di produzione e sul lavoro salariato.

La borghesia non si caratterizzava allora per una propria identità o coscienza di classe. È significativo che gli strati superiori cercassero molto sovente, in riconoscimento del loro status acquisito, la nobilitazione da parte dei monarchi. L’emergere della borghesia come classe sociale autonoma, come soggetto politico portatore di specifici interessi, distinti e in conflitto con gli interessi di altre classi sociali, fu il risultato di due grandi processi concomitanti: la lotta contro l’assolutismo monarchico e la rivoluzione industriale. Il primo vide impegnati in uno sforzo congiunto la borghesia e i settori liberali dell’aristocrazia; il secondo consentì alla borghesia di qualificarsi come nuovo soggetto candidato a dirigere i settori più innovativi e moderni del sistema economico.

La lotta contro l’assolutismo monarchico ebbe le sue origini nell’Inghilterra del Seicento, e portò all’affermazione del sistema politico liberale, senza che la borghesia assumesse un carattere pregiudizialmente anti-aristocratico.

Diverse furono le modalità di affermazione del liberalismo in altri paesi del mondo occidentale. Negli Stati Uniti esso si connotò fin dagli inizi come una ideologia esplicitamente anti-aristocratica (con il divieto di ogni titolo nobiliare) ed ebbe quale esito la proclamazione della piena eguaglianza politica e giuridica di tutti i cittadini (fatta eccezione per i neri). In Francia la lotta contro l’antico regime monarchico e aristocratico prese un corso apertamente e violentemente rivoluzionario. Ma a condurre l’attacco risolutivo al vecchio sistema di potere non furono in primo luogo gli strati superiori della borghesia bensì i contadini, gli intellettuali repubblicani, gli operai e il sottoproletariato urbano.

La borghesia, intesa come classe dei proprietari in contrapposizione da un lato all’aristocrazia e dall’altro a coloro che minacciavano la proprietà, stabilì la sua egemonia sociale a partire dal 1794 con la caduta della dittatura giacobina e l’avvento della reazione termidoriana.

La storiografia di orientamento marxista ha definito globalmente la Rivoluzione francese come “borghese”, in quanto essa ebbe l’effetto di liberare il modo di produzione capitalistico da tutti i vincoli di natura politica e giuridica che facevano ostacolo al suo sviluppo. Lo storico inglese E.J. Hobsbawm, in particolare, ha esteso tale definizione all’epoca che va dal 1789 al 1848 da lui chiamata, appunto, l’“età delle rivoluzioni borghesi”: di quelle rivoluzioni, cioè, che avevano avuto come esito l’avvento della “società borghese”, caratterizzata, marxianamente, dalla presenza di due classi fondamentali in conflitto, la borghesia e il proletariato e da un ordinamento giuridico funzionale alle esigenze dello sviluppo capitalistico, strumento nella mani della borghesia, divenuta la classe politicamente e socialmente dominante in ragione della tendenza alla concentrazione dei mezzi di produzione nelle mani di una ristretta oligarchia e alla proletarizzazione dei ceti intermedi.

La concezione marxista della borghesia – che pure ha esercitato una enorme influenza politica e culturale nell’età contemporanea – messa a confronto con lo sviluppo storico si è tuttavia rivelata inadeguata per molti aspetti importanti.

L’unico paese in cui la borghesia ha esercitato una incondizionata funzione dirigente tanto sul piano economico quanto sul piano politico sono gli Stati Uniti.

Nel paese europeo che ha conosciuto la più rapida e imponente industrializzazione a cavallo tra Otto e Novecento, la Germania, il liberalismo venne sconfitto, la lotta tra borghesia e proletariato divenne acuta, ma lo stato restò fino al nazismo sotto il controllo di un insieme composito di forze in cui un ruolo essenziale ebbero la grande nobiltà agraria, l’alta burocrazia e la casta militare.

In Inghilterra, in Francia e in Italia le classi dirigenti furono il prodotto di un amalgama tra borghesia e aristocrazia, che resero quanto meno parziale e molto spuria l’egemonia borghese. Inoltre – e questo è forse l’aspetto più rilevante – in tutti gli stati occidentali la diffusione e l’intensificazione dell’industrializzazione portarono non già a una semplificazione e polarizzazione della struttura di classe, ma alla sua crescente diversificazione, confutando la tesi marxiana della progressiva proletarizzazione dei ceti medi.

Lungi dal ridursi a una ristretta oligarchia dell’industria e della finanza, la borghesia, in quanto classe sociale distinta dal proletariato, ha conosciuto uno straordinario sviluppo, per effetto non soltanto della mancata scomparsa degli strati intermedi tradizionali ma anche della formazione di nuovi strati sociali, i cosiddetti “nuovi ceti medi”, frutto dell’incessante creazione di nuovi ruoli professionali nei diversi settori dell’economia.

 

  • Melius 1
Inviato

@Panurge

Non è solo questione di fascino, che già coglieva Proust.

Sostanzialmente siamo stati educati ai valori borghesi, mentre ciò che sta accadendo è che la tradizione a cui alcuni sostengono di richiamarsi non riprende i valori borghesi, bensì quelli espressi da Mussilini. E non solo in Italia.

  • Melius 2
Inviato

Il dibattito è una tacca sopra le mie capacità, ma leggo con attenzione cercando di trarre qualcosa: Dateci dentro !

Inviato

Credo che non vi sia nessun dubbio che il fascismo si contrapponga ai valori borghesi.

I valori borghesi sono soprattutto quelli liberali ottocenteschi, quelli di un secolo legato ad una forma di stato ben diversa da quella totalitaria fascista.

Lo stato liberale ha appunto la libertà alla base. Libertà di e libertà da. Il ruolo dello Stato è limitato a pochi ambiti, viceversa il totalitarismo schiaccia la libertà del singolo in nome di una massa il cui valore sarebbe a sua detta maggiore della somma delle singole parti e postula un massiccio intervento dirigista dello Stato.

Le attuali democrazie attingono dalla base liberale arricchita dei diritti sociali e di un certo interventismo statale keynesiano. Certamente si allontanano dai valori fascisti.

Inviato

@Savgal qualcosa si potrebbe dire anche della borghesia del compianto Regno di Napoli.

La borghesia napolitana non aveva alcun potere politico, i cosiddetti galantuomini furono i primi a tradire la dinastia.

Inviato
5 ore fa, Savgal ha scritto:

Nel paese europeo che ha conosciuto la più rapida e imponente industrializzazione a cavallo tra Otto e Novecento, la Germania

 

Senza dubbio l'Inghilterra, non la Germania. 

Inviato
16 minuti fa, Velvet ha scritto:

Senza dubbio l'Inghilterra

La Germania, fu una delle cause della WW1.

Inviato

@Velvet appunto, quasi un secolo prima. Se consideriamo il periodo a cavallo tra Otto e Novecento, la Germania recuperò.


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