nullo Inviato 28 Novembre 2024 Inviato 28 Novembre 2024 1 ora fa, extermination ha scritto: Se non ci fossero i pensionati, quelli ancora giovani in particolar modo, perderemmo un buon 50% di zavorra. Sempre avendo ben chiaro come obiettivo abbassare il livello del dibattito, certe storture le puoi riallacciare alla “dialettica” sulle cosiddette conquiste sociali, che purtroppo non sempre sono fonte di progresso, ma anche semplici scambi di “favori” grazie ai quali qualcuno cede (a terzi che arraffano) ricchezza non propria per rimanere a cavallo della sedia. poi col tempo i nodi….
Savgal Inviato 28 Novembre 2024 Autore Inviato 28 Novembre 2024 @Gaetanoalberto Ritengo esemplificativo dell'habitus borghese il pensiero di Cartesio. Nel "Discorso sul metodo", sia nella sostanza che nella forma si ritrovano i caratteri fondamentali del rapporto che il borghese ha con il mondo esterno e con sé stesso. Per me, non ho mai presunto che il mio ingegno fosse in niente più perfetto di quello degli altri; anzi ho spesso desiderato di avere il pensiero così pronto, o l’immaginazione così netta e distinta, o la memoria così ampia e pronta come altri. E non vi sono altre qualità all’infuori di queste, che io sappia, che giovino alla perfezione dello spirito; ma, quanto alla ragione, siccome è la sola cosa che ci fa uomini e ci distingue dalle bestie, voglio credere che sia tutta intera in ciascuno, seguendo in questo l’opinione comune dei filosofi, i quali dicono che il più e il meno s’addicono solo agli accidenti e non alle forme o nature degl’individui d’una stessa specie. IL METODO Ma non esito a dire che mi reputo molto fortunato di avere avuto, fin dalla giovinezza, l’opportunità di seguire certe vie che m’hanno condotto ad alcune considerazioni e massime, da cui ho formato un metodo atto ad accrescere gradualmente la mia conoscenza e ad elevarla a poco a poco al più alto punto che la mediocrità del mio ingegno e la brevità della mia vita le consentiranno di raggiungere. Infatti ne ho già raccolto tali frutti che, per quanto nel giudicarmi io cerchi di essere incline alla diffidenza piuttosto che alla presunzione, e nel guardare con occhio di filosofo le azioni umane le ritenga quasi tutte inutili e vane, tuttavia non so fare a meno di sentirmi assai soddisfatto del progresso che credo di aver già compiuto nella ricerca della verità e di concepire tali speranze per l’avvenire che, se tra le occupazioni degli uomini — in quanto uomini — ve n’è qualcuna veramente buona e importante, oso credere che sia quella che ho scelta. Tuttavia, può darsi che m’inganni e che prenda un po’ di rame o di vetro per oro e diamanti. Io so quanto siamo soggetti a sbagliarci in quel che ci tocca e quanto anche i giudizi dei nostri amici ci debbano esser sospetti allorché sono in nostro favore. Ma sarò lieto egualmente di mostrare in questo discorso quali sono le vie che ho seguite e di ritrarre come in un quadro la mia vita, affinché ciascuno possa formarsene un giudizio, ed io stesso, apprendendo le opinioni altrui dalla voce comune, possa aggiungere un nuovo mezzo d’istruirmi a quelli di cui son solito servirmi. Così, il mio proponimento non è d’insegnare qui il metodo che ciascuno deve seguire per indirizzare bene la sua ragione, ma soltanto di mostrare in che modo ho cercato d’indirizzar la mia. Quelli che si atteggiano a maestri debbono stimarsi più abili di quelli a cui impartiscono i loro precetti, e, se vengono meno nella minima cosa, son degni di biasimo. Ma, poiché io non presento questo scritto che come una storia, o, se vi pare, come una favola, in cui, in mezzo a taluni esempi che possono essere imitati, se ne trovano forse molti altri che si avrà ragione di non seguire, spero che esso sarà utile ad alcuni, senza essere nocivo a nessuno, e che tutti mi ringrazieranno della mia franchezza. 1
Gaetanoalberto Inviato 28 Novembre 2024 Inviato 28 Novembre 2024 4 minuti fa, Savgal ha scritto: @Gaetanoalberto Ritengo esemplificativo dell'habitus borghese il pensiero di Cartesio. Nel "Discorso sul metodo", sia nella sostanza che nella forma si ritrovano i caratteri fondamentali del rapporto che il borghese ha con il mondo esterno e con sé stesso. Per me, non ho mai presunto che il mio ingegno fosse in niente più perfetto di quello degli altri; anzi ho spesso desiderato di avere il pensiero così pronto, o l’immaginazione così netta e distinta, o la memoria così ampia e pronta come altri. E non vi sono altre qualità all’infuori di queste, che io sappia, che giovino alla perfezione dello spirito; ma, quanto alla ragione, siccome è la sola cosa che ci fa uomini e ci distingue dalle bestie, voglio credere che sia tutta intera in ciascuno, seguendo in questo l’opinione comune dei filosofi, i quali dicono che il più e il meno s’addicono solo agli accidenti e non alle forme o nature degl’individui d’una stessa specie. IL METODO Ma non esito a dire che mi reputo molto fortunato di avere avuto, fin dalla giovinezza, l’opportunità di seguire certe vie che m’hanno condotto ad alcune considerazioni e massime, da cui ho formato un metodo atto ad accrescere gradualmente la mia conoscenza e ad elevarla a poco a poco al più alto punto che la mediocrità del mio ingegno e la brevità della mia vita le consentiranno di raggiungere. Infatti ne ho già raccolto tali frutti che, per quanto nel giudicarmi io cerchi di essere incline alla diffidenza piuttosto che alla presunzione, e nel guardare con occhio di filosofo le azioni umane le ritenga quasi tutte inutili e vane, tuttavia non so fare a meno di sentirmi assai soddisfatto del progresso che credo di aver già compiuto nella ricerca della verità e di concepire tali speranze per l’avvenire che, se tra le occupazioni degli uomini — in quanto uomini — ve n’è qualcuna veramente buona e importante, oso credere che sia quella che ho scelta. Tuttavia, può darsi che m’inganni e che prenda un po’ di rame o di vetro per oro e diamanti. Io so quanto siamo soggetti a sbagliarci in quel che ci tocca e quanto anche i giudizi dei nostri amici ci debbano esser sospetti allorché sono in nostro favore. Ma sarò lieto egualmente di mostrare in questo discorso quali sono le vie che ho seguite e di ritrarre come in un quadro la mia vita, affinché ciascuno possa formarsene un giudizio, ed io stesso, apprendendo le opinioni altrui dalla voce comune, possa aggiungere un nuovo mezzo d’istruirmi a quelli di cui son solito servirmi. Così, il mio proponimento non è d’insegnare qui il metodo che ciascuno deve seguire per indirizzare bene la sua ragione, ma soltanto di mostrare in che modo ho cercato d’indirizzar la mia. Quelli che si atteggiano a maestri debbono stimarsi più abili di quelli a cui impartiscono i loro precetti, e, se vengono meno nella minima cosa, son degni di biasimo. Ma, poiché io non presento questo scritto che come una storia, o, se vi pare, come una favola, in cui, in mezzo a taluni esempi che possono essere imitati, se ne trovano forse molti altri che si avrà ragione di non seguire, spero che esso sarà utile ad alcuni, senza essere nocivo a nessuno, e che tutti mi ringrazieranno della mia franchezza. Da leggere ad un raduno di Pontida
Savgal Inviato 28 Novembre 2024 Autore Inviato 28 Novembre 2024 @Gaetanoalberto Non intendo proporre un modello idealizzato del passato. Quando scrivo che gli uomini assomigliano più ai loro padri che ai loro tempi, intendo dire che l'habitus che hanno interiorizzato nella socializzazione primaria diviene un'eredità inconsapevole di cui non ci si sbarazza facilmente, tutt'altro. Nel momento in cui è quelle disposizioni a valutare, pensare ed agire nel mondo sociale non sono più coerenti con i mutamenti che la società ha subito divengono un ingombrante ed inutile bagaglio, questo intendo dire quando si manifesta il peggio dei loro tempi e il peggio dei loro padri. Un esempio, nell'habitus popolare la "virilità" è un valore, che non poche volte diviene aggressività e cattiva educazione, ricordo che certi comportamenti erano etichettati come femminei, da "signorine" (in ossequio alla divisione dei ruoli fra i sessi nella cultura popolare). Se negli ambiti sociali popolari certi comportamenti erano considerati normali, in altri, più borghesi, erano invece ritenuti inaccettabili, da cafoni. Mutarli non è cosa facile e la conseguenza è che chi continua a comportarsi con la convinzione incoscia che i metodi virili consentono di ottenere diviene un emarginato in un ambiente borghese. Che certe convinzioni siano ancora vive lo dimostra la frase, spesso ripetuta anche nel dibattito politico, di "battere i pugni sul tavolo", con il valore simbolico del gesto, ossia di poter imporre la propria volontà con modi autoritari. Il borghese è consapevole che vi sono dei rapporti di forza e che il rapporto è alla pari i modi autoritari conducono spesso all'esatto contrario di ciò a cui si mira. Al pari l'individualismo deve essere temperato dalla cultura e della razionalità, quella espresso sopra da Cartesio, altrimenti diviene vuota vanità. E in questo caso prevale il peggio del nostro tempo.
Gaetanoalberto Inviato 28 Novembre 2024 Inviato 28 Novembre 2024 9 minuti fa, Savgal ha scritto: @Gaetanoalberto Non intendo proporre un modello idealizzato del passato. Quando scrivo che gli uomini assomigliano più ai loro padri che ai loro tempi, intendo dire che l'habitus che hanno interiorizzato nella socializzazione primaria diviene un'eredità inconsapevole di cui non ci si sbarazza facilmente, tutt'altro. Nel momento in cui è quelle disposizioni a valutare, pensare ed agire nel mondo sociale non sono più coerenti con i mutamenti che la società ha subito divengono un ingombrante ed inutile bagaglio, questo intendo dire quando si manifesta il peggio dei loro tempi e il peggio dei loro padri. Un esempio, nell'habitus popolare la "virilità" è un valore, che non poche volte diviene aggressività e cattiva educazione, ricordo che certi comportamenti erano etichettati come femminei, da "signorine" (in ossequio alla divisione dei ruoli fra i sessi nella cultura popolare). Se negli ambiti sociali popolari certi comportamenti erano considerati normali, in altri, più borghesi, erano invece ritenuti inaccettabili, da cafoni. Mutarli non è cosa facile e la conseguenza è che chi continua a comportarsi con la convinzione incoscia che i metodi virili consentono di ottenere diviene un emarginato in un ambiente borghese. Che certe convinzioni siano ancora vive lo dimostra la frase, spesso ripetuta anche nel dibattito politico, di "battere i pugni sul tavolo", con il valore simbolico del gesto, ossia di poter imporre la propria volontà con modi autoritari. Il borghese è consapevole che vi sono dei rapporti di forza e che il rapporto è alla pari i modi autoritari conducono spesso all'esatto contrario di ciò a cui si mira. Al pari l'individualismo deve essere temperato dalla cultura e della razionalità, quella espresso sopra da Cartesio, altrimenti diviene vuota vanità. E in questo caso prevale il peggio del nostro tempo. Scusa se rispondo brevemente ma sto piallando a raffica le ultime nomine PNRR. Per effetto di una molteplicità di concause, politiche, economiche, tecnologiche, in alcuni paesi il benessere o quantomeno la possibilità di godere di una qualità di vita dignitosa, si è molto diffusa. La borghesia di cui parliamo era una cerchia ristretta, i cui costumi erano spesso morigerati, assomigliando nella morigeratezza se non nei modi esteriori, alle classi popolari. Con le dovute eccezioni ovviamente, di chi ambiva a frequentare la nobiltà. A ben guardare però, in ogni epoca, troviamo censori di costumi che si evolvono in senso peggiorativo, se non nella letteratura e nel pensiero laico, in quello religiosamente orientato. Dunque dal mio punto di vista siamo di fronte alle normali dinamiche del cambiamento. Cambia anche il tipo di competenze utili alla "scalata sociale", ma questa esiste ed è possibile, anche se purtroppo (o per fortuna) non ci assomiglia. Il tema è cosa serve per comprendere gli effetti delle scelte. Da questo punto di vista, ovvero l'interpretazione degli strumenti utili all'interesse generale, abbiamo dei problemi, che derivano dalla mancata elaborazione di una prospettiva generale. Insomma, il ritorno all'egoismo un po' alla Adam Smith.
gorillone Inviato 28 Novembre 2024 Inviato 28 Novembre 2024 Il 27/11/2024 at 09:57, Savgal ha scritto: @gorillone Si è lontani dall'essere tutti borghesi, avendo quale riferimento l'idealtipo del borghese razionale e colto. Troppo spesso si dimentica che agiamo per la gran parte come se fossimo degli automi. Aristotele sosteneva che l'uomo, il suo carattere, è l'insieme di hexeis (che in latino diviene habitus), che non è propriamente l'abitudine, ma il complesso di strutture interiorizzate inconsapevolmente che generano gran parte dei nostri comportamenti. Questi si interiorizzano nella socializzazione primaria, ossia nella famiglia e nei primi anni di vita, è questo habitus che definisce i criteri con cui valutare e giudicare la vita sociale. Se il tema ti interessa ti consiglio la lettura di Pierre Bordieu "La distinzione. Critica sociale del gusto". A mio parere stiamo attraversando un lungo periodo di transizione, in cui l'habitus ereditato dalla famiglia continua a operare per alcuni aspetti, mentre per altri è in contraddizione. Siamo borghesi, nel senso di cultura e razionalità, solo in parte, spesso piccola, per il resto siamo ancora proletari o piccolo borghesi (sul cui habitus forse sarebbe il caso di aprire un thread). Si diceva che "gli uomini assomigliano più ai loro tempi che ai loro padri", sono dell'opinione che assomigliano in molti casi al peggio dei loro tempi e al peggio dei loro padri. Sei una persona colta con cui è un piacere discutere, per questo mi permetto di rispondere, non filosoficamente, ovviamente, ma in modo molto più pratico. Secondo me, non esiste più nel mondo capitalistico occidentale la divisione in classi come definita dai marxisti. La classe operaia o proletariato, come lo si voglia chiamare … è stata brutalmente ridotta di numero già da decenni, altrimenti le forze atlantiste avrebbero perso nettamente le elezioni nei seventies … come ampiamente documentato dal grande Nanni Balestrini, in un bellissimo audio inserito nell’album “Le radici e le ali” dei Gang. Io condividevo molte loro idea filosofiche, in gioventù; ora sono un po’ diverso. Ora penso che la cosa importante sia un mondo il più possibile libero e democratico dove si possa almeno dire quello che si pensa (da lì a farlo possono esserci difficoltà, ma ci sta). Nella vita lavorativa, i peggiori ceffi che ho incontrato erano quasi tutti quelli che pensavo fossero dalla mia parte … ma loro odiano gli eclettici, perché li ritengono poco affidabili (gli eclettici non sono sottomessi per definizione) … e questo traspare da un’intervista della Castellina, quando morì Magri … lei disse che erano gli individui che lui odiava di più … dopo aver letto l’articolo ne abbiamo parlato a lungo io e la mia povera moglie e la mia coscienza ha cominciato a vedere le cose al di fuori delle parti 😉 1
Savgal Inviato 28 Novembre 2024 Autore Inviato 28 Novembre 2024 @Gaetanoalberto Quando Adam Smith scrive: “Cercando per quanto può d’impiegare il suo capitale […] in modo che possa avere il massimo valore, ogni individuo contribuisce necessariamente quanto può a massimizzare il reddito annuale della società. Invero, generalmente egli né intende promuovere l’interesse pubblico né sa quanto lo promuova. […] Egli mira soltanto alla sua sicurezza; […] egli mira soltanto al proprio guadagno e in questo, come in molti altri casi, egli è condotto da una mano invisibile a promuovere un fine che non rientrava nelle sue intenzioni. Né per la società è sempre un male che questo fine non entrasse nelle sue intenzioni. Perseguendo il proprio interesse, egli spesso promuove quello della società in modo più efficace di quando intenda realmente promuoverlo. Non ho mai visto che sia stato raggiunto molto da coloro che pretendono di trafficare per il bene pubblico”. Adam Smith non scrive cose sostanzialmente diverse da Hegel, che nascerà pochi decenni dopo, quando scrive di "astuzia della ragione". Entrambi sono convinti che vi sia un disegno ed una mano provvidenziale che regge le vicende umane e che le nascenti istituzioni borghesi sono la realizzazione della razionalità in virtù di questa mano provvidenziale. Queste istituzioni si reggevano tuttavia su costumi e valori antecedenti, che facevano appello al senso di appartenenza alla comunità, non a quello di società borghese-capitalistica in cui, citando Marx: "Dove ha raggiunto il dominio, la borghesia ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliche. Ha lacerato spietatamente tutti i variopinti vincoli feudali che legavano l'uomo al suo superiore naturale, e non ha lasciato fra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, il freddo "pagamento in contanti". Ha affogato nell'acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell'esaltazione devota, dell'entusiasmo cavalleresco, della malinconia filistea." Ritengo che il dissolversi di ciò che richiama Marx (o Tonnies) non siano stati brevi, per questo sostengo che gli uomini e le donne assomigliano più ai loro padri e alle loro madri che ai loro tempi, ma questo dissolversi si incrementa progressivamente, in una commistione fra passato ereditato parzialmente dai genitori e presente, fondato su un egoismo privo di razionalità. 1
Savgal Inviato 28 Novembre 2024 Autore Inviato 28 Novembre 2024 @gorillone In Hegel la razionalità filosofica, sostanzialmente borghese, si realizza appunto nelle istituzioni dello stato borghese; Marx, anche egli borghese, rinvia la realizzazione della razionalità filosofica ad un futuro che egli non definisce ed in cui il proletariato avrebeb avuto il compito storico di realizzare pienamente la razionalità della filosofia. Storicamente le classi subalterne, il "popolo" non ha mostrato tednenze progressiste, oscillando tra la ribellione anarchica e la sottomissione quasi masochistica (anche grazie al contributo della religione). Il marxismo ha compiuto per un breve periodo qualcosa di unico, far divenire progressista, nel senso di aver fiducia nel futuro, una classe sociale che in passato ha sempre guardato con sospetto ad ogni forma di cambiamento. A mio parere oggi la paura del futuro e l'ostilità nei confronti dei cambiamenti ha ripreso il sopravvento. Da uomo di scuola, la razionalità non è riuscita a rimuovere la diffidenza verso il futuro e verso le istituzioni ereditate nell'ambito familiare.
Gaetanoalberto Inviato 28 Novembre 2024 Inviato 28 Novembre 2024 24 minuti fa, Savgal ha scritto: Ha affogato nell'acqua gelida del calcolo egoistico i sacri brividi dell'esaltazione devota, dell'entusiasmo cavalleresco, della malinconia filistea. Ma non leggi qualcosa di simile al giudizio che si è espresso di fronte alla fluidità di cui parlavo? È estremamente difficile che le comunitá partecipino in modo consapevole ai filoni di pensiero che, del resto, sono contraddetti continuamente in ogni tentativo di loro pratica applicazione, e richiedono la continua intermediazione politica. A mio avviso nessuna delle pur profonde analisi che prospetti rappresenta più che un fascio di luce che illumina in modo parziale angolature della complessità dei rapporti umani e sociali; tutte però dovrebbero ispirare lo spirito di servizio verso il progresso. Per i contemporanei è sempre difficile misurarlo ed esserne soddisfatti, particolarmente oggi, in cui una certa diffusa miopia, come in altri momenti storici, rischia di indebolirlo. 1
nullo Inviato 29 Novembre 2024 Inviato 29 Novembre 2024 8 ore fa, Gaetanoalberto ha scritto: e sociali; tutte però dovrebbero ispirare lo spirito di servizio verso il progresso. Per i contemporanei è sempre difficile misurarlo ed esserne soddisfatti, perdona la ovvietà, in ogni caso tieni presente che qui scrivo come se io prendessi appunti su un mio taccuino. come puoi misurarlo, esserne soddisfatto o meno secondo una qualche scala, se non esiste ( e non credo possa esistere) una visione univoca di tale complesso fenomeno? puoi usare un insieme di parametri statistici, che possono essere contraddittori e che poco dicono sul come vengano recepiti dal singolo e da alcune aree sul totale della comunità... e quale peso assegno a quelle frange? una società evoluta pesa e tollera quanto una società meno evoluta le eventuali storture? un esempio come un altro, nella amministrazione della giustizia, come lo misuro il progresso?
Jarvis Inviato 29 Novembre 2024 Inviato 29 Novembre 2024 Impossibile legare una sola filososfia alla borghesia. La borghesia si sviluppa, l'abbiamo già detto, dall'urbanesimo del basso medioevo fino al totalitarismo novecentesco che crea una parentesi una sospensione alla borghesia che poi riprende fino agli anni '60 del 900 quando scompare definitivamente sostituita da altre definizioni come classe media. Ciò che intendo è che nel periodo borghese di 8 secoli circa abbiamo l'umanesimo e il rinascimento, sicuramente una visione del mondo anteopocentrica rispetto al medioevo e nel '700 l'illuminismo, certamente molto connaturato al pensiero e all'agire borghese dell''800. Però arriveranno anche Kant, Hegel fino a Nietzsche che e' puir sempre un iconoclasta borghese che preconizza il superuomo dei sistemi totalitari. Altra cosa non citata, il colonialismo, espressione economica ma anche ideologica, è un fenomeno borghese, a partire da quello delle origini, del capitalismo mercantilista che gravita attorno al 1492. Poi bisognerebbe anche parlare di come il protestantesimo ha influenzato la borghesia o, il che è una variante, di come il pensiero borghese ha piegato il cristianesimo a proprio uso e consumo.
appecundria Inviato 29 Novembre 2024 Inviato 29 Novembre 2024 Estratto da Aldo Rocco Vitale. Il diritto senza dubbio progredisce, ed è progredito lungo la sua storia, ma non nel senso comunemente inteso e ciò per almeno tre ragioni. - In primo luogo: il diritto non progredisce in senso quantitativo come accade con il progresso delle cosiddette “scienze dure” (chimica, fisica, biologia ecc), poiché il diritto non è un fenomeno materiale, ma, afferendo alla persona, è un fenomeno etico, per cui mentre il progresso nelle scienze dure avviene secondo la logica dell’utile o della necessità, il progresso nel diritto può venire essere soltanto secondo la logica della libertà. - In secondo luogo: il progresso nel diritto non si registra come accade nelle altre dimensioni della vita, cioè attraverso un travolgimento di ciò che viene prima da parte di ciò che viene dopo, poiché il progresso giuridico non si registra in orizzontale, sulla base della conoscenza nuova che sostituisce quella vecchia, ma in verticale, cioè sull’altezza di una più autentica e profonda conoscenza dell’umano secondo la quale la conoscenza recente non può che scrutare più a fondo nella conoscenza più remota. - In terzo luogo: come il progresso non è reale progresso se idolatrando se stesso si pone contro l’umanità, secondo quanto ampiamente dimostrato dalla storia del XX secolo con le sue terribili pagine tra le quali spiccano ben due guerre mondiali e due esplosioni atomiche, così il diritto non può realmente progredire se idolatrando se stesso si riduce alla sua pura correttezza formale dimentico della sua vocazione sostanziale, cioè la giustizia. 1
nullo Inviato 29 Novembre 2024 Inviato 29 Novembre 2024 31 minuti fa, appecundria ha scritto: - In primo luogo: il diritto non progredisce in senso quantitativo come accade con il progresso delle cosiddette scienza dure... questo come altro intendevo. il grado di accettazione e gradimento da parte della popolazione quanto pesa? come si coniuga la disparità di velocità fra le élite che determinano i cambiamenti e le persone comuni?
Gaetanoalberto Inviato 29 Novembre 2024 Inviato 29 Novembre 2024 @nullo Scusa la brevità: quando i dati statistici sono incontestabili e indicano, solo per esemplificare, maggiore e migliore sopravvivenza, riduzione complessiva dei reati, miglioramento dei collegamenti e della velocità, minor fatica nel lavoro, presenza di un sistema di assistenza, assicurazioni sociali, diffusa proprietà dell'abitazione etc, la discrasia tra dati e senso di insoddisfazione deve essere indagata con gli strumenti della psichiatria da una parte, e delle scienze politiche e sociologiche dall'altra. Da sempre nella storia esistono sistemi di potere e di forze che si contrappongono, utilizzando il bicchiere inevitabilmente mezzo pieno. 1
extermination Inviato 29 Novembre 2024 Inviato 29 Novembre 2024 37 minuti fa, Gaetanoalberto ha scritto: Scusa la brevità Non rimane altro che chiedersi che cosa ognuno di noi può fare per gli altri e che cosa gli altri possono fare per noi!!!
extermination Inviato 29 Novembre 2024 Inviato 29 Novembre 2024 @Gaetanoalberto Senza dubbio a welfare siamo messi ancora molto bene.
Gaetanoalberto Inviato 29 Novembre 2024 Inviato 29 Novembre 2024 Poi non voglio eludere il punto sollevato da @nullo sul sistema di valori, che sottende anche gli interventi di @Savgal. A ben guardare, perfino la fede, anzi, sarebbe meglio dire "le" fedi, con le varie correnti teologiche, gli scismi, le rivoluzioni protestanti, i Savonarola, i sunniti e gli sciiti, e poi le strutture sociali con il conflitto tra i samurai ed i loro successori borghesi, evidenziano una continua conflittualità, e non "un" sistema di valori, che noi tendiamo semplicemente a idealizzare, usando le semplificazioni a posteriori gradite agli storici, dimenticando che anche quelle sono diverse spesso a seconda della formazione e dell'orientamento dello storico, che possono però farsi solo dopo un intervallo che consenta di cogliere il trend complessivo di un periodo. L'analisi delle fonti documentali resta fondamentale, ma è pur essa parziale. Il giurista, che ha a che fare con la cronaca e la pratica quotidiana, ed usa la storia del diritto come strumento per sollecitarne l'evoluzione o difendere meglio un interesse, non può che rassegnarsi alla frammentarietà ed ogni volta cogliere il sottile filo logico e sistematico che conduce alla (sua visione della) giustizia, che infatti non è mai assoluta, ma si applica a singoli casi influenzando i successivi.
nullo Inviato 29 Novembre 2024 Inviato 29 Novembre 2024 @Gaetanoalberto grazie, con quest'ultimo intervento hai colto perfettamente il senso della mia "strumentale" provocazione, dando ottima misura di riscontro. una ulteriore provocazione, pensa che anche l'allungamento della vita media e la riduzione della mortalità infantile, hanno senza alcun dubbio risvolti che possiamo definire come minimo controversi per gli impatti conseguenti. la mia personale opionione mi dice che spesso troppa enfasi nel proporre in modo stringente alcuni parametri e idee come sintomi di progresso, prensentino le stesse criticità e limiti se solo si sposta il punto di vista da cui si osserva e si valuta, il che rende tutto molto meno agevole da districare in termini assoluti.
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