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Dopo la morte c'è un'altra vita?


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Probabilmente sì 

Saremmo costretti ad ascoltare i nostri dischi preferiti, tramite un compattone da supermercato, con una volgare piattina rosso e nera e cavi di serie

Immersi in un nero infrastrumentale da incubo e grana grossa  come pietra

Costretti da carnefici con testa a valvola ad utilizzare un vetusto Eq e controlli di tono incandescenti

Sofferenze indicibili

Poveri noi...

Chiedere intercessione tramite gli angeli Cherubini, potrebbe forse alleviare queste tremende pene

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Chi non crede non ha giustificazioni di fronte a Dio.

Basta uscire al mattino o di notte o in qualsissi momento e guardarsi intorno.

Ogni cosa intorno a noi ci parla di un qualcosa di superiore.

Un promontorio. I capelli d’una giovane donna che giocano coi raggi del sole. Una frittura mista di primo mattino. Il traffico. La regione dei Grandi laghi. Il sugo col pomodoro fresco. I grandi scrittori. Bach…  Leonardo DaVinci, Milly D’Abbraccio e via continuando all’infinito.

Non si puo’ non credere.

 

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Riporto in maniera integrale le percezioni avute durante NDE della psicoterapeuta da me citata in precedenza (Laura Boggio Gilot)

 

 

«L'esperienza di morte riguarda uno stato di coscienza “transpersonale” ovvero oltre i confini dell'ordinaria personalità, in cui l'identità trascende il senso dell'io incapsulato nel corpo e il contesto empirico della coscienza razionale. Nell'esperienza di morte si accede a un reame non percepibile sensorialmente, che è essenzialmente un reame di bontà, verità e bellezza. Lo stato di coscienza transpersonale non comporta identificazioni con limiti spaziali e temporali, in quanto l'ambito della realtà oggettiva è sperimentato come arbitrario e la discontinuità della materia è sperimentata come un'illusione. Nel caso personale, l'esperienza della morte è cominciata con l'attutimento della percezione sensoriale e con la conseguente consapevolezza di morire vissuta senza paure o emozioni particolari.

Alla consapevolezza di morire ha fatto seguito l'uscita dal corpo fisico e la visione di quest'ultimo come un involucro distante e separato dalla coscienza. Successivamente ho sperimentato il distacco dalle emozioni e dai pensieri, che sono apparsi come diversi “corpi” indipendenti dalla mia coscienza. A questa esperienza ancora descrivibile è seguita un'immersione in una dimensione ineffabile che è al di là di qualsiasi concettualizzazione e verbalizzazione. In questa fase si sperimenta l'ingresso illimitato in una realtà trascendente che è unitaria, eterna e infinita, essenza di bene e di conoscenza. La coscienza cosmica che ne deriva rientra nella visione unitaria, ordinata e armonica dell'universo e nella consapevolezza della propria appartenenza a questa perfezione».

Quanto alle conseguenze di questo tipo di esperienza, Laura Boggio Gilot così si esprime:

«Il ritorno alla vita dopo un'esperienza di morte comporta una rivoluzione nel contesto della conoscenza della realtà e delle motivazioni individuali. Le implicazioni del “viaggio” oltre il sensibile e oltre i confini dell'io sono cognitive ed etiche. Dal punto di vista cognitivo il senso della propria identità si dilata fino a includere la realtà trascendente: questo vanifica la paura della morte e conferisce al senso della vita il colore dell'eternità. La visione dell'esistenza quale realtà che trascende i confini del corpo e della mente concreta porta a una modificazione dei propri bisogni e delle proprie mete, che si indirizzano nel senso della conoscenza e del bene. A mio giudizio, dal punto di vista di una valutazione scientifica dell'esperienza di morte, questo tipo di consapevolezza in assenza di ordinario funzionamento cerebrale dimostra che esiste un'attività della mente al di là dei confini organici del cervello.

Anche se le coordinate sensoriali e razionali sono cadute, la coscienza continua a esistere e si espande a possibilità transrazionali che hanno un voltaggio assai superiore a queste ultime.

«Quello che mi sembra importante è la coincidenza, nell'esperienza di morte, tra ingresso in un reame trans -sensibile e cognizione di perfezione e ineffabile gioia, che rende chiaro il senso dell'interpretazione mistica dell'incontro con Dio. Credo che sia proprio questo tipo di “divino contatto” che non permette più a una persona che “ritorna” di vivere come prima, e ineluttabilmente fa slittare le motivazioni individuali da una posizione egocentrica a una cosmocentrica».

 

 

 

 

 

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in un reel si faceva una supposizione:immaginate un aldila dove un numero sterminato, infinito di individui stanno in uno stato di benessere e felicità assoluti. Per un tempo infinito.Ma ogni giorno uno di loro  ( e ognuno lo sa che prima o poi toccherà a lui) viene prelevato e portato in un altro posto fatto di dolore e sofferenza , ma questa volta per l'eternità. Quindi si sta in questo "paradiso" un tempo quasi infinito , miliardi di anni magari ma sai che ad un certo momento verrà il tuo turno per traslocare definitivamente.

Al contrario ci stà un aldilà dove una moltitudine infinita di persone stanno in uno stato di sofferenza e dolore per un periodo infinito. Ma ad un certo momento , e ognuno lo sa ,si traslochera in un altro posto dove ci sarà la "felicità" questa volta eterna.

Alla fine del breve video, il narratore domandava: e voi se potreste scegliere, quale delle due situazioni scegliereste?...brrr...

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loureediano

Perdonate ma me quanto scritto dalla signora mi fa molto ridere.

Intanto era morta certificata?

E' resuscitata?

Ossia in bara?

Perché tutte quelle morti in cui si misura ancora attività cerebrale non sono morti.

La morte avviene dopo che tutte le attività cerebrali cessano.

 

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