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Good religion trascendenza/mistica


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Inviato

Mi pare opportuno riportare questa riflessione di S. Grof, (medico, psichiatra e ricercatore da oltre quarant’anni degli stati di coscienza non ordinari, è uno dei fondatori della Psicologia transpersonale. Negli Stati Uniti fu Direttore del reparto di Ricerca Psichiatrica al Centro di Ricerca Psichiatrica del Maryland, dove sperimentò l’Lsd come mezzo per alleviare le sofferenze dei malati di cancro terminali) il quale differenzia (da prendere sempre come diversità di massima) la religione (istituzione) dalla spiritualità:

La spiritualità e’ basata su esperienze dirette di aspetti e dimensioni di realtà non-ordinari e non necessita per essere esperita di un luogo speciale o di una persona ufficialmente preposta a mediare il contatto col divino.
I mistici non hanno bisogno di chiese o templi. Il contesto in cui essi sperimentano la dimensione sacra della realtà, compresa la loro stessa divinità, è il loro corpo e la natura ; e al posto di un prete officiante, necessitano di ricercatori e compagni a loro affini o la guida di un maestro più evoluto di loro nel cammino interiore.
La spiritualità consiste in uno speciale tipo di relazione fra l’individuo e il cosmo ed è, in essenza, un fatto personale e privato.
Allo stesso modo la religione organizzata è un’attività di gruppo istituzionalizzata che ha luogo in un posto designato, tempio o chiesa, e comprende un sistema di officianti designati che possono o meno aver avuto esperienze personali di realtà spirituali. Una volta che una religione diventa organizzata, spesso perde completamente la connessione con la sua sorgente spirituale e diventa un’istituzione mondana che sfrutta i bisogni spirituali umani senza soddisfarli. Le religioni organizzate tendono a creare un sistema gerarchico con l’intento di perseguire potere, controllo, mire politiche, denaro, possedimenti e altre preoccupazioni mondane.
In simili circostanze la gerarchia religiosa, di regola, non vede di buon occhio e scoraggia le esperienze spirituali dirette dei suoi membri poiché esse portano indipendenza e non possono essere efficacemente controllate.
Quando questo accade la vita spirituale genuina continua solo nei contesti mistici, negli ordini monastici e in sette estatiche delle religioni coinvolte.
... non vi e’ ragione per cui non dovremmo studiare seriamente la natura e le implicazioni delle esperienze transpersonali

  • Melius 1
  • Thanks 1
Inviato
1 ora fa, LUIGI64 ha scritto:

delle esperienze transpersonali

Una roba a luci rosse

Inviato

Citerò esponenti delle varie tradizioni religiose/spirituali con un approccio, per li più, interreligioso

I teologi possono litigare, ma i mistici del mondo parlano la stessa lingua.

M.Eckhart

 

extermination
Inviato

Dai vai che te la suoni e te la canti :classic_biggrin:

  • Haha 1
Inviato

Credo sia più semplice parlare della bad religion....in effetti

In questo thread, vorrei parlare soltanto dell'aspetto positivo delle Vie spirituali

appecundria
Inviato

Grazie @LUIGI64 per il topic. Personalmente lo trovo un argomento interessante ma più da leggerlo che da scriverci.

  • Thanks 1
jackreacher
Inviato
5 ore fa, LUIGI64 ha scritto:

I mistici non hanno bisogno di chiese o templi. Il contesto in cui essi sperimentano la dimensione sacra della realtà, compresa la loro stessa divinità, è il loro corpo

Ciao, anche nel cristianesimo il corpo del credente è il tempio , in questo caso dello Spirito Santo (cioè Dio).

Io ritengo saggio cercare di non schematizzare troppo la spiritualità e la religione, e per come la vivo io l'una non esclude l'altra.

Infatti nel cristianesimo sono previsti momenti nella collettività, cioè chiesa intesa nel senso "greco della Bibbia" (convocati) da non confondere col luogo, e momenti "personali" di relazione col divino (la preghiera personale e la meditazione della Parola).

.

 

1Corinzi 6:19-20

"19 O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? 20 Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!"

 

Inviato
7 ore fa, jackreacher ha scritto:

l'una non esclude l'altra.

Hai ragione

Ma non è sempre così 

Per questo motivo ho ritenuto opportuno puntualizzare 

Ed ora partiamo con riflessioni, citazioni, argomenti secondo la propria good religion

😊

Inviato

Mi piace iniziare con delle poesie e pensieri di Rumi (mistico Sufi islamico)

Anche nell'Islam, come è ovvio che sia, possiamo trovare scintille di saggezza

Tutto molto lontano da qualsivoglia fondamentalismo, o pensiero intollerante, nei confronti di altre tradizioni spirituali 

Hanno detto: “Da ogni parte c’è la luce di Dio”.
Ma gridano gli uomini tutti :”Dov’è quella luce?”
L’ignaro guarda a ogni parte, a destra, a sinistra;ma dice una Voce:
Guarda soltanto, senza destra e sinistra!”.

...

TUTTO QUANTO…..

Tutto quanto concerne l’Anima si
svela spontaneamente ed ogni
sforzo razionale non fa che allontanarla.
Questo perche’ la sua natura
non e’ fenomenica. Si coglie
col cuore come una poesia,come
un’opera d’arte. Si sente,si ama
ma nessun concetto,come ombra
fugace, e’ ad essa adeguato
”.

...

Dio ha fatto in modo che l’illusione sembri reale e il reale un’illusione. Ha nascosto il mare ed ha reso visibile la schiuma; ha nascosto il vento e manifesta la polvere. Tu vedi la polvere turbinare, ma come potrebbe sollevarsi da sola? Tu vedi la schiuma, ma non l’oceano. Perciò invocalo con le azioni, non con le parole, perché le azioni sono reali e ti daranno la salvezza nella vita a venire.

...

Io non sono…

Che cosa farò, musulmani?
Non mi riconosco più…..
Io non sono né cristiano né ebreo,
né magio né musulmano.
Io non sono dell’Est né dell’Ovest,
né della terra né del mare.
Io non provengo dalla miniera della natura
né dalle stelle orbitanti.
Io non sono della terra o dell’acqua,
del vento o del fuoco.
Io non sono dell’empireo
né della polvere su questo tappeto.
Io non sono del profondo né dell’oltre.
io non sono dell’India o della Cina,
di Bulghar o di Saqsin.
Io non sono del regno dell’Iraq
né della terra del Khorasan.
Io non sono di questo mondo né dell’altro,
non del cielo né del purgatorio.
Il mio luogo è il senza luogo,
la mia traccia è la non traccia.
Non è il corpo e non è l’anima,
perché appartengo all’anima del mio amore.
Ho riposto la dualità
e visto i due mondi come uno.
Uno io cerco, Uno conosco.
Uno io vedo, Uno chiamo.
Egli è il Primo, egli è l’Ultimo.
Egli è l’Esterno, egli è l’Interno.
Non conosco che Hhuu, nient’altro che lui.
Ebbro della coppa d’amore,
i due mondi mi scivolano dalle mani.
Non mi occupo di nient’altro
che divertimenti e bere forte.
Se una volta nella vita ho trascorso un instante senza te,
mi pento della mia vita da quel momento in poi.
Se una volta in questo mondo
otterrò un istante con te,
mi metterò i due mondi sotto i piedi
e danzerò eternamente di gioia.
Oh Shams di Tabriz, sono così ebbro in
questo mondo
che salvo la baldoria e l’ebbrezza
non ho storie da raccontare

...

Nella generosità e nell’aiuto degli altri sii come un fiume.

Nella compassione e nella grazia sii come il sole.

Nel nascondere le mancanze altrui sii come la notte.

Nell’ira e nella furia sii come la morte.

Nella modestia e nell’umiltà sii come la terra.

Nella tolleranza sii come il mare.

Esisti come sei oppure sii come appari.

...

Di là dalle idee, di là da ciò che è giusto e ingiusto, c’è un luogo. Incontriamoci là

 

 

 

Inviato

 

L’uomo di Dio

L’Uomo di Dio è, senza vino, ubriaco,

l’Uomo di Dio è, senza cibo, già sazio.

L’Uomo di Dio è pazzo e stupito,

l’Uomo di Dio non mangia e non dorme.

L’Uomo di Dio è re sotto il saio,

l’Uomo di Dio è, in diroccate rovine, tesoro.

L’Uomo di Dio non è d’aria e di terra,

l’Uomo di Dio non è d’acqua e di fuoco.

L’Uomo di Dio è mare senza sponde,

l’Uomo di Dio piove perle senza bisogno di nube.

L’Uomo di Dio ha cento lune e cieli,

l’Uomo di Dio ha pur cento soli.

L’Uomo di Dio è per Realtà sapiente,

l’Uomo di Dio non ha dottrina di libro.

L’Uomo di Dio è oltre fede e non-fede

l’Uomo di Dio è oltre il male e il bene.

L’Uomo di Dio è cavaliere venuto dal Nulla,

l’Uomo di Dio è venuto su glorioso destriero.

L’Uomo di Dio è Shams ad-Dîn nascosto,

l’Uomo di Dio tu cerca e tu trova!

...

 

Evoluzione

Ogni forma che vedi ha il suo Tipo supremo nell’Oltrespazio:

se la forma scompare, non temere: la sua radice è eterna.

Ogni immagine che vedi, ogni discorso che ascolti

non penarti quando scompare, ché questo non è vero.

Poiché eterna è la fonte, i suoi rami scorrono sempre,

e poi che ambedue mai cessano, inutile è il lamento.

Considera l’Anima come fontana e le opere sue come rivoli:

finché la fonte dura ne scorrono freschi i ruscelli.

Via dal cervello il dolore, e di quest’acqua pur bevi;

non temer che si secchi, è acqua senza sponde!

Da quando tu venisti in questo mondo d’esseri

davanti ti fu messa, a salvarti, una scala.

Fosti dapprima sasso, poi divenisti pianta,

e ancora poi animale: come ciò t’è nascosto?

Poi divenisti Uomo con scienza, mente, e fede:

guarda come ora è un Tutto quel corpo, già Parte di terra!

E, trascorso oltre l’Uomo, diverrai Angelo certo,

oltre questa terra, dopo: il tuo luogo è nei cieli.

E passa ancora oltre l’Angelo e in quel Mare ti immergi:

così tu, goccia, sarai mare immenso e Oceano.

Smetti di parlar di «Figlio»,1 di’ col cuore: «Uno».

Se il tuo corpo è vecchio, a che temere, se l’anima è giovane?

 

 

Inviato

Come ben sintetizza Ibn Arabi (filosofo, mistico e poeta arabo.

La sua opera ha influenzato molti intellettuali e mistici sia orientali sia occidentali):

La chiave di volta del sistema, se ci si concede il termine, è, come in tutte le gnosi, il mistero di una pura Essenza inconoscibile, impredicabile, ineffabile. È da questo Abisso insondabile che si desta e si propaga il torrente delle teofanie e che procede la teoria dei Nomi divini… Questo abisso divino racchiude il mistero del ‘Tesoro nascosto’ che aspira a essere conosciuto, e che crea le creature al fine di divenire in esse oggetto della propria conoscenza”.

Questo Abisso insondabile, la pura Essenza, il Tesoro nascosto, è il nocciolo di ogni tradizione spirituale

Di tutte le dottrine tradizionali, la dottrina islamica è forse quella in cui più nettamente è segnata la distinzione di due parti complementari l’una dell’altra, che si possono designare come esoterismo ed essoterismo. (…) Le si paragona spesso, per esprimere il loro carattere rispettivamente esteriore ed interiore, alla scorza e al nocciolo, o ancora alla circonferenza ed al suo centro (R. Guenon-scrittore francese noto per i suoi studi sul patrimonio simbolico, rituale e metodologico delle tradizioni spirituali orientali e occidentali)

Puntualizzo, che non mi sono convertito all'Islam...:classic_biggrin:

 

Inviato

Come non ricordare anche Al-Ghazali (Considerato il più importante filosofo e teologo dell'Islam, ad al-Ghazālī è riconosciuto soprattutto il merito di esser riuscito nell'unificare il sufismo con l'ortodossia legale):


I maestri spirituali hanno insegnato che il mondo terreno è il campo ove si semina per la vita eterna, il cuore è come la terra, la fede come il granello gettato nel cuore e gli atti d'obbedienza a Dio sono tal quali la vangatura e la pulizia del suolo, lo scavo dei canali e la conduzione di acqua ad essi; il cuore infatuato per i beni terreni e in essi immerso è come il suolo paludoso in cui il seme non cresce; il giorno della Resurrezione è il giorno della mietitura; ciascuno raccoglierà soltanto ciò che avrà seminato e non crescerà messe se non dal seme della fede

 

Inviato

 ...con l’unica differenza di usare la parola Allah, vocabolo formato giustapponendo l’articolo determinativo al (che significa ‘il’) con llah (‘Dio’). Letteralmente Allah significa ‘il Dio’. Non un dio, poiché ce n’è uno solo. Il Dio. Quando alla parola ebraica per Dio, Elohim, si toglie il suffisso plurale maschile im, le due parole si assomigliano molto.

 

...Considerando la differenza tra l’Arabia pre- e quella post-islamica, siamo costretti a chiederci se la storia abbia mai assistito a un simile progresso morale di tanti popoli in un periodo così breve. Prima di Maometto praticamente non esisteva un limite alla violenza intertribale. Manifeste diseguaglianze in termini di ricchezza e di proprietà erano accettate come se rientrassero nell’ordine naturale delle cose. Le donne erano considerate proprietà piuttosto che esseri umani. Invece di dire che un uomo era autorizzato a sposare un numero illimitato di mogli, sarebbe più esatto affermare che le sue relazioni con le altre donne erano talmente libere che difficilmente ricordavano un matrimonio se non nel caso della prima o della seconda moglie. L’infanticidio era pratica comune, specialmente se nascevano femmine. Abbiamo già osservato la diffusione su larga scala dell’abuso dell’alcol e del gioco d’azzardo. In tutti questi ambiti, nel giro di mezzo secolo si realizzò un notevole mutamento del contesto morale.

A compiere questa sorta di miracolo contribuì una caratteristica dell’islam alla quale abbiamo già fatto allusione: la sua chiarezza. Riguardo alle relazioni interpersonali, direbbero i musulmani, l’islam ha lo stesso obiettivo fondamentale che ebbero Gesù e gli altri profeti: l’amore reciproco tra fratelli e sorelle. Lo specifico dell’islam non sta nel suo ideale ma nelle prescrizioni dettagliate che detta per conseguirlo...

Tratto da: Le religioni del mondo di H. Smith (viaggiatore, musicologo, è stato docente di Filosofia e Storia delle Religioni presso University of Denver, Washington University, Massachusetts Institute of Technology-MIT, Syracuse University, University of California, Berkeley. Ha scritto saggi di grande successo, inserendosi a pieno titolo tra gli autori tradizionalisti del Novecento)

 

---

 

Abbiamo bisogno del coraggio come pure dell’inclinazione
per consultare e trarre vantaggio dalle “tradizioni

sapienziali dell’umanità”.

(Ernst Friedrich Schumacher)

 

 

Inviato

Si parla spesso di intolleranza e fanatismo religioso... ma vorrei riportare quanto scrive Giovanni Filoramo  (ha insegnato Storia del cristianesimo presso l'Università di Torino. Si è occupato di vari aspetti della storia del cristianesimo antico, di nuovi fenomeni religiosi, di storia delle interpretazioni e di problemi metodologici della storia religiosa) sul suo libro, Ateismo:

Il termine proviene dal latino atheismus , a sua volta resa del greco atheotes .  L’ alpha (a -) privativo del greco indica un’assenza di theotes “divinità” o theos “dio”: un’assenza, si badi bene, non un’opposizione, così come “anarchia” (a-arche ) indica assenza di una guida, di una legge, non il rifiuto di ogni legge (come l’hanno poi intesa gli anarchici). Precisazione importante perché dovrebbe ricordarci che, dal punto di vista etimologico, il termine non contiene quel significato polemico (l’ateo come colui che, novello Prometeo, lotta contro Dio e gli dei), che invece normalmente tende ad avere nel linguaggio comune e che ha contribuito, nei secoli, a dargli quell’ombra negativa che continua ad accompagnarlo.

...Come precisa lo storico della filosofia Eugenio Lecaldano, in un suo recente lavoro consacrato a difendere una visione e pratica di vita senza riferimenti a qualunque dimensione sovrannaturale:

L’ateismo è dunque una nozione che può essere maneggiata con precisione solo chiarendo di volta in volta quale sia il senso preciso che si dà alla componente di negazione che fa parte integrante di essa: non bisogna cioè confondere tra coloro che mostrano, nella loro condotta o nei loro discorsi, di non fare alcun ricorso all’idea di Dio e coloro che invece, in modo assertivo, si impegnano a criticare l’idea di Dio e le sue ricadute nella vita umana.

 

Ciò significa che, mentre l’ateismo negativo può comprendere posizioni come l’agnosticismo o l’indifferentismo, l’ateismo positivo implica un suo mondo di credenza, se non una sua vera e propria visione del mondo alternativa e in concorrenza con quella teistica. Ne consegue che l’ateismo positivo implica quello negativo, ma non è vero il contrario

...

L’illusione di Dio è un bell’esempio di questo scientismo ateo militante, che rifiuta ogni teoria del doppio binario o magistero (a Dio, e cioè alla teologia, quel che è di Dio; e a Cesare, e cioè alla scienza, quel che le compete), deride “la miseria dell’agnosticismo”, incapace di prendere posizione nello scontro, invita il lettore, preda della follia della fede o semplicemente dubbioso, a convertirsi al vangelo della selezione naturale e, particolare non trascurabile, è in grado, come nel caso di Dawkins, di produrre un libro scritto in modo talmente avvincente da trasformarlo in un best-seller, facendo dell’autore un protagonista dello star system internazionale (“Time” gli ha dedicato una copertina)
...
Lasciando ad altri più competente di me in materia la valutazione degli argomenti filosofici e scientifici portati da Dawkins, 76 mi limito a qualche considerazione sulla pars destruens del libro, perché essa mette chiaramente in luce i forti limiti di quest’impostazione e solleva un problema più generale.

Dawkins pesca a piene mani, consapevole o meno, in un arsenale di critiche plurisecolare, utilizzandolo in modo spesso caustico ed efficace, con esempi studiati ad arte, senza però che la sostanza muti: nulla di nuovo, se non un elenco di crimini che, nel frattempo, si è allungato, e il rivestimento scientifico, che rimanda alla fine a una classica origine psicologica infantile e deviante. Classico anche l’attacco alla teologia: “in diciotto secoli non ha fatto un passo”; i teologi “non hanno nulla da dire in merito a nulla”. Il tono liquidatorio non può nascondere la debolezza dell’argomento: da Agostino a Barth, tutta una tradizione culturale, spesso di altissimo livello, è gettata, con boria e sprezzo degni della superficialità e del vuoto culturale che tradiscono, nel cestino. Più in generale, quel che colpisce uno storico è l’assenza della storia: al posto delle religioni come fatti di civiltà e cultura subentra una astorica fede “molto, molto pericolosa”. Nella prefazione alla seconda edizione del libro,  Dawkins si difende da una serie di accuse, tra cui quella di essere, nella sua battaglia contro il fondamentalismo religioso, anch’egli caduto in questa trappola. Quel che meno convince nella sua risposta è il fatto che permane la radicalità della contrapposizione, che alimenta il clima da crociata: tertium non datur . Con alla base un limite fondamentale: non distinguere, all’interno della millenaria storia delle religioni e del fenomeno religioso in generale, tra elementi positivi ed elementi negativi, buttando via, come si suol dire, il bambino con l’acqua sporca.

Non è certo ora il momento di mettersi a fare un’apologia della religione. Ma, di fronte alla schiera di nuovi atei che, con maggiore o minore verve polemica ed efficacia di argomenti, attraverso il rifiuto di Dio mirano in realtà alla eliminazione tout court della religione, non si può fare a meno di ricordare che, in quanto prodotti culturali, le religioni riflettono limiti, ma anche grandezze dell’uomo: sono “riserve di senso” a cui l’umanità ha attinto a piene mani per rispondere agli interrogativi esistenziali fondamentali. Non soltanto quelli relativi alle origini o alla conduzione pratica e politica della vita, ma anche, direi prima di tutto e soprattutto, all’interrogativo che concerne il nostro destino finale. Non solo, dunque, “da dove veniamo” o “come dobbiamo vivere”, ma anche o soprattutto “come e perché dobbiamo morire” e quale è il premio-punizione che attende il credente.

Le religioni, in altri termini, sono state e continuano ad essere anche fattori etici determinanti: se si dovesse accettare l’argomento della ditta Dawkins&Co., per cui, in merito a queste risposte, “tutte le religioni hanno torto, molto semplicemente” si potrebbero tranquillamente bruciare i libri di quegli studiosi come Max Weber o Émile Durkheim – e di tutti coloro che continuano a ispirarsi al loro pensiero – che, da un punto di vista assolutamente laico, hanno tuttavia guardato alla religione e alle religioni, dalle più primitive alle grandi religioni universali, come fattori fondamentali della coesione e solidarietà sociale e come sorgenti basilari del senso etico.

Se è innegabile il nesso tra religione e violenza, religioni e guerre, non si può dimenticare l’altra faccia della medaglia: le religioni, in casi determinati, sono state anche fattori di convivenza, hanno favorito valori di pace e progresso, si sono dimostrate capaci di alimentare l’altruismo e la fratellanza, hanno ispirato artisti e poeti. L’impressione finale che si ricava da questo dibattito alquanto desolante è, in fondo, che il nuovo ateismo ha creato o ricuperato un nuovo tipo di sport, in cui i due contendenti si menano colpi senza pietà, ma alla fine il risultato è prigioniero di una situazione di stallo: nel gioco intitolato “Dio”, ciascuno può assestare terribili fendenti, ma nessuno esce veramente vincente.

Il motivo è presto detto. Questo tipo di ateismo – che di nuovo ha ben poco, se non la risonanza mediatica dei protagonisti – è alla fine in grado di nutrire e di nutrirsi soltanto della “cattiva religione”. Ma ciò di cui in genere si è dimostrato incapace è confrontarsi con la ricchezza immaginativa di una religione matura, di una fede consapevole. Si tratta, in fondo, di un dibattito che assimila in modo errato la fede, o meglio la credenza religiosa, al pensiero astratto e razionalistico. Riconducendo e riducendo il nemico al proprio terreno, si pensa di abbatterlo più facilmente, ma si trascura un piccolo dettaglio: la fede o credenza religiosa non è soltanto, o tanto, un processo trasparente di assenso intellettuale, ma anche, o soprattutto, una dimensione più profonda, che tocca le dimensioni più intime dell’essere umano, le pascaliane “ragioni del cuore”. :classic_smile:

Nel dibattito sul nuovo ateismo, non sono mancati i critici che hanno parlato, al proposito, di una nuova forma di fondamentalismo ateo. Valga per tutti la posizione di Eugenio Lecaldano che, pur difendendo nel suo libro un naturalismo metodologico e, più in generale, una concezione del mondo che cerca di spiegare sistematicamente tutte le varie parti della cultura umana sulla base di dati ricavati soltanto dall’esperienza sensibile e, dunque, senza alcun riferimento al soprannaturale e al trascendente, ha visto nel nuovo ateismo un naturalismo metafisico che rischia di finire assimilato a una fede religiosa:

L’assimilazione dell’ateismo a una vera e propria fede religiosa fondata in modo assoluto e proposta come concezione identitaria per la comunità degli atei ...

 

 

Inviato

 

Se la natura umana ci spinge a cercare la realizzazione esistenziale, non possiamo accontentarci della descrizione parziale della realtà che ci viene offerta dalla scienza. Abbiamo bisogno di una «nozione completa del mondo», di una «idea integrale dell’universo». Già da ragazzo ero consapevole di aver bisogno di una «narrazione più grande», di una visione più «ricca» della realtà, che intrecciasse fra loro la comprensione intellettuale e il significato delle cose. Ma non riuscivo a trovarla. Se una cosa mi risultava inafferrabile, allora la bollavo come illusoria. Eppure, quell’idea non se n’è mai andata del tutto, né dalla mia mente né dalla mia immaginazione. Sì, la scienza possedeva una magnifica capacità esplicativa, ma non riusciva a soddisfare i desideri e gli interrogativi più profondi del genere umano.

Dunque, secondo Ortega y Gasset ogni filosofia della vita, ogni riflessione sugli interrogativi che contano davvero, alla fine va oltre la scienza – e non perché nella scienza ci sia qualcosa di sbagliato, ma proprio perché la conquista delle virtù intellettuali della scienza ha un prezzo: se la scienza funziona tanto bene è perché si basa su metodi assai peculiari e su di essi è totalmente focalizzata.

"La verità scientifica si caratterizza per la sua esattezza e per il rigore delle sue previsioni. Ma queste ammirevoli qualità sono conquistate dalla scienza sperimentale a caro prezzo: mantenendosi su un piano di problemi secondari e lasciando intatte le questioni ultime, decisive" (José Ortega y Gasset)

Per Ortega y Gasset, il grande merito intellettuale della scienza è la consapevolezza dei propri limiti. La scienza risponde solo a quelle domande a cui sa di poter rispondere basandosi sulle evidenze. La curiosità umana, però, desidera andare oltre. Avvertiamo il bisogno di avere risposte a interrogativi più profondi che non possiamo evitare di porci. Chi siamo veramente? Qual è il senso ultimo della vita? Come osservava giustamente il filosofo spagnolo, gli esseri umani – gli scienziati quanto i non scienziati – non possono vivere senza dare una risposta, anche solo provvisoria, a queste domande. «Non possiamo non prendere una posizione di fronte ai temi ultimi: lo si voglia o no, in un modo o nell’altro, finiscono per imporcisi. La “verità scientifica” è una verità esatta, ma incompleta e non definitiva». Serve una narrazione più ricca, che leghi comprensione e significato. È a questo che alludeva il filosofo americano John Dewey (1859-1952) quando sosteneva che «il problema più serio della vita moderna» consiste nel fatto che l’uomo non sia riuscito a integrare le proprie «credenze circa il mondo» con le proprie opinioni riguardanti i «valori» e gli «scopi».

...

Non mi sono mai pentito della mia scelta. Dai quindici anni in poi mi concentrai sullo studio della fisica, della chimica e della matematica. Vinsi un’importante borsa di studio per frequentare i corsi di chimica all’Università di Oxford, dove mi specializzai in teoria quantistica. In seguito, sempre a Oxford, conseguii il dottorato presso i laboratori del professor George Radda lavorando allo sviluppo di nuove tecniche per lo studio dei sistemi biologici complessi. Conservo ancora quel vecchio microscopio di ottone sulla scrivania nel mio ufficio, in ricordo del ruolo fondamentale che ha avuto nella mia vita.

 

E così avevo abbracciato una forma alquanto dogmatica di ateismo, e mi compiacevo del minimalismo intellettuale e della desolazione esistenziale che lo caratterizzavano. Sì, la vita era priva di senso, ma che problema c’era? Accettare quella dura verità scientifica da parte mia era un atto di audacia intellettuale. La religione era solo un’inutile reliquia di un ingenuo passato la quale offriva un’ingannevole illusione di senso di cui era facile disfarsi. Ero convinto che la scienza fornisse una spiegazione esaustiva e totalizzante del mondo e che, inesorabile, smascherasse il carattere illusorio e menzognero dei propri antagonisti. La scienza smentiva l’esistenza di Dio, e ogni scienziato serio era ateo. La scienza era il bene e la religione era il male.

Si trattava, ovviamente, di un’opposizione binaria e intransigente. Ogni cosa era o bianca o nera, senza alcuna considerazione per le tante sfumature di grigio che esigevano il loro giusto riconoscimento. Allora, però, quell’atteggiamento semplicistico mi si adattava alla perfezione. Senza averne minimamente idea, ero caduto nella trappola di una mentalità di contrapposizione fra in-group e out-group, basata sul rafforzamento del senso privilegiato di appartenenza a un «gruppo dei noi» attraverso la messa in ridicolo, la denigrazione e la demonizzazione degli avversari. (Tradizionalmente questo tipo di atteggiamento è ritenuto una delle più sgradevoli caratteristiche della religione, ma ormai si è capito che si tratta di un’attitudine tipica di ogni fondamentalismo, religioso o antireligioso che sia.) La religione era sbagliata dal punto di vista intellettuale e dannosa sul piano morale. Era contaminante; meglio non averci a che fare.

...

Tuttavia, nel caso dei neo-ateisti il problema va oltre questa sconcertante ossessione verso un Dio che a loro dire non esiste. Come scrive Greg Epstein, cappellano umanista dell’Università di Harvard, l’approccio aspramente aggressivo e i toni sprezzanti del movimento derivano proprio dall’aver adottato l’anti-teismo come caratteristica definitoria.

Anti-teismo significa andare costantemente alla ricerca degli aspetti più deteriori della fede in Dio e raffigurarli come indicativi della religione nel suo complesso. L’approccio anti-teistico mira ad allontanare gli individui dalla religione infondendo in loro un senso di svilimento e vergogna, intimorendoli con l’idea che credere in un dio bellicoso sia una cosa stupida.

L’implacabile ostilità verso ogni forma di religione fa parte dell’abito mentale fortemente dogmatico dei neo-ateisti, e li porta a screditare i propri oppositori con un’arroganza intellettuale che non ha rapporto alcuno con la qualità delle argomentazioni di questi ultimi. Mi fa venire in mente le critiche mosse da Platone alla politica ateniese dei suoi tempi, nella quale si «chiamano buone maniere la prepotenza».  Questo atteggiamento ostile rende inoltre impossibile il dialogo, nel senso che le conversazioni sono impostate in termini di sconfitta o di compromesso – soprattutto là dove il neo-ateismo (diversamente da altre forme più morbide e non dogmatiche di ateismo) ha investito moltissimo nella perpetua verità del conflitto tra scienza e fede come segno principe della propria identità.

...

Scienza e religione rappresentano due forze culturali tra le più importanti del mondo odierno. Se formulato nella maniera giusta, il dialogo reciproco può arricchire ed elevare. Se costruita nel modo giusto, una «più ampia narrazione» della realtà crea spazio intellettuale per il dissenso e la discordanza, affermando nel contempo l’intelligibilità e la coerenza del mondo.

E questo dialogo deve avere luogo. La religione è tornata a occupare la vita pubblica e il dibattito pubblico. Malgrado tutte le previsioni dei filosofi da salotto e dei commentatori mediatici, Dio non è morto, così come non è morto l’interesse per la «spiritualità». Al contrario, è il neo-ateismo a mostrare la corda, ad apparire datato e stagnante. Se pure ha sollevato alcune domande interessanti su Dio e sulla religione, le risposte che ha fornito sono ormai considerate scontate e superficiali. Slogan suadenti come «Dio è un’illusione» o «la fede è una patologia mentale» sono diventati celebri, ma in definitiva non sono riusciti ad appagare né la mente né il cuore di tante persone in cerca di risposte più profonde.

...Invece, dopo la mia immersione nella filosofia della scienza nei primi mesi del 1971, giunsi a capire che la scienza non sarebbe stata in grado di dare risposta a ciò che il filosofo della scienza Karl Popper chiamava le «questioni ultime». Secondo Popper la scienza non era in grado di fare «affermazioni sopra questioni ultime come gli enigmi dell’esistenza o sul dovere dell’uomo in questo mondo». 4 Tuttavia, questa verità – aggiungeva Popper – si prestava a equivoci e false interpretazioni, per esempio nel campo dell’etica. «Ma alcuni grandi scienziati, e molti scienziati minori, hanno malinteso la situazione. Il fatto che non sia compito della scienza pronunciarsi sui principi etici è stato frainteso nel senso che tali principi non esisterebbero»

...

La filosofa Mary Midgley è una delle principali promotrici di questo approccio «multi-mappa» per cogliere le profondità e i particolari della realtà. Midgley sostiene che per rappresentare la complessità del mondo bisogna ricorrere a «molte mappe, molte finestre», le quali sono il riflesso del fatto che «le forme e le fonti di conoscenza sono varie e indipendenti tra loro». Secondo la filosofa britannica può essere utile immaginarsi il mondo come un «enorme acquario»:

Dall’alto lo sguardo non riesce ad abbracciarlo per intero, e così sbirciamo attraverso una serie di finestrelle […]. Alla fine, a forza di mettere insieme pazientemente i dati da diverse angolazioni, ci si può fare anche una buona idea di questo habitat. Se invece si insiste a pensare che l’unica finestra da cui valga la pena di guardare sia la nostra, allora non si andrà molto lontano.

Nessun modo di pensare, preso singolarmente, è sufficiente a spiegare il senso del nostro universo. «Quando si tratta delle domande fondamentali dell’esistenza umana bisogna sempre pescare qua e là da diverse “cassette degli attrezzi” concettuali».  Se ci si affida solo ai metodi della scienza in generale, o a un’unica scienza in particolare (la fisica, per esempio), senza volerlo ci si imprigiona in una «visione di senso straordinariamente riduttiva»

Notevoli riflessioni tratte dal bel libro: La grande domanda di Alister McGrath (laureato in Chimica a Oxford, si è in seguito occupato di Biofisica molecolare presso il Dipartimento di Biochimica della stessa università, dove ha svolto ricerche pubblicate in riviste scientifiche internazionali. Accanto agli studi scientifici, McGrath ha coltivato i suoi interessi religiosi, laureandosi in Teologia a Oxford. Dopo un periodo di docenza in Teologia al St John’s College di Cambridge, e dopo essere stato ordinato sacerdote della Chiesa d’Inghilterra, McGrath è tornato a Oxford, dove è stato docente di Teologia storica, per passare poi alla cattedra di Teologia, ministero e educazione del King’s College di Londra. Attualmente è professore di Scienza e religione a Oxford.)

Credo che riporterò altre citazioni dello stesso libro

 

 

 

 

 

 

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Nel frattempo, ripropongo:

 

Tutte le religioni sono un cammino per arrivare a Dio. Sono – faccio un paragone – come diverse lingue, diversi idiomi, per arrivare lì. Ma Dio è Dio per tutti. E poiché Dio è Dio per tutti, noi siamo tutti figli di Dio. “Ma il mio Dio è più importante del tuo!”. È vero questo? C’è un solo Dio, e noi, le nostre religioni sono lingue, cammini per arrivare a Dio. Qualcuno sikh, qualcuno musulmano, qualcuno indù, qualcuno cristiano, ma sono diversi cammini.

Papa Francesco

https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2024/september/documents/20240913-singapore-giovani.html

Molto simile alla pensiero di Gandhi:

"Le religioni sono strade diverse che portano allo stesso punto. Che importa se facciamo strade diverse, finché raggiungiamo tutti la stessa meta?"

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