ferdydurke Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio 8 ore fa, ferrocsm ha scritto: Ma tu la chiami democrazia quando uno stato sovrano ne invade un altro? Io credo che l'Ucraina sia stata usata per uno sporco gioco fatto sulle sue spalle. Penso che sia stata in qualche modo spinta in una situazione che ha portato alla guerra. Ti ricordo che l'Ucraina era nata come stato neutrale, poi qualcuno l'ha illusa che sarebbe entrata nella NATO e nella UE. Comunque è una lunga storia con tanti lati ancora piuttosto oscuri. 1
Gaetanoalberto Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio E se fosse che, invece, la forza dell'euro, derivante dalla fiducia e solidità della sua economia, abbia dato fastidio al rinnovo dell'enorme debito del gigante americano ? E se per questo fossimo stati sottoposti al ricatto ed assistessimo al sostegno di Trump alle criptovalute garantite in dollari ?
iBan69 Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio “Trump e il complotto contro l’Europa: le due strategie per dare l’assalto all’euro (e nascondere le fragilità Usa)” Il tallone d’Achille dell’America di Trump è dato dall’enorme e crescente deficit pubblico. Se Trump non riuscisse ad assicurarne il finanziamento, fallirebbe la sua promessa elettorale.Ecco perché ha deciso di assaltare l’Europa. https://www.corriere.it/economia/finanza/25_febbraio_17/le-due-strategie-di-trump-per-l-assalto-all-europa-e-all-euro-dazi-stablecoin-e-la-fragilita-nascosta-degli-usa-c7a56506-2200-4397-b5f6-e6ebbf265xlk.shtml
31canzoni Inviato 17 Febbraio Autore Inviato 17 Febbraio 1 ora fa, dax ha scritto: Dimentichi putiniano, oibo' 😅 E anche nazista poffarbacco. Toccato leggere anche della stratificazione della società e della meritocrazia. Miserie e sono pure intellettuali. La stessa gente che parifica svastica e falce martello e che non è né di destra né di sinistra, cioè fascista. Che schifo i poveri, che schifo i non acculturati; aggiungo che spreco gli acculturati che non hanno capito una mazza e che sono funzionali a tutti gli ordini costituiti sempre al servizio del più forte sempre nel flusso del momento. Davanti ad un buon sigaro discettiamo dell'intervista di marina Berlusconi, carissimo.?..che visione che esempio! ;)
Savgal Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio @LeoCleo La leggo come un'ammissione da parte tua che il tuo status sociale è inferiore al mio. 1
analogico_09 Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio Il 16/02/2025 at 13:35, iBan69 ha scritto: E quale sarebbe questa chance di futuro? Delle nuove elezioni in Europa, in questo momento, farebbero il gioco di Putin e Trump e soprattutto darebbero una chance all’estrema destra. Assolutamente, non è questo il momento per nuove elezioni. Con le arie di destra che tirano ci ritroveremmo un nuovo hitler e un nuovo mussolini rispettivamente fuhrer e sottopanza alleati con il verro di casabianca. Lo zar ce lo abbiamon già.
Savgal Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio @ferdydurke In altri termini stai dicendo che glu ucraini sono una massa di cog...ni e che i migliaia di soldati ucraini caduti sono imbecilli totali. Ed imbecilli al pari sono Finlandia e Svezia che hanno chiesto di entrare nella NATO. Attendo che a guerra finita vada gridare in piazza a Kiev (e poi a Stoccolma ed Helsinki) quello che il tuo superiore intelletto ha colto e quegli imbecilli non hanno compreso.
Savgal Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio @iBan69 Letto ora, pone molti interrogativi. Ma è un po' troppo lungo per gli utenti dei social media, che si fermano dinanzi ad un testo di oltre 10 righe (anche perché mettono dura prova le loro capacità di comprensione di un testo). Aggiungo che uno dei timori maggiori degli SA è che il dollaro non sia più la moneta di scambio internazionale, che oggi permette loro di emettere cambiali che nessuno mette mai all'incasso.
Questo è un messaggio popolare. Savgal Inviato 17 Febbraio Questo è un messaggio popolare. Inviato 17 Febbraio @iBan69 Trump e il complotto contro l’Europa: le due strategie per dare l’assalto all’euro (e nascondere le fragilità Usa) di Federico Fubini Il tallone d’Achille dell’America di Trump è dato dall’enorme e crescente deficit pubblico. Se Trump non riuscisse ad assicurarne il finanziamento, fallirebbe la sua promessa elettorale. Ecco perché ha deciso di assaltare l’Europa L’America di Donald Trump ha un tallone d’Achille. È sotto gli occhi di tutti, eppure viene discusso di rado. È la ragione di fondo che spinge il presidente a cercare di intimidire gli altri Paesi – alleati o no – con minacce e misure sui dazi. È anche la ragione che lo spinge ad accelerare sulle monete digitali, non solo e non tanto le criptovalute ma soprattutto gli stablecoin (le «valute» digitali private sostenute da depositi, per lo più in dollari, di valore equivalente). Le due strategie insieme convergono in un assalto all’Europa e all’euro e contribuiscono a spiegare molte delle mosse dell’amministrazione americana. Lo so che suona come fantapolitica, ma non dovete credere a me: è tutto negli ordini esecutivi e nelle dichiarazioni ufficiali dell’amministrazione americana delle ultime settimane. Oggi cercherò dunque di unire i puntini per mostrare una tendenza di fondo: la sua stessa vulnerabilità sta spingendo Trump verso un attacco alla sovranità europea. Alcuni dei principali responsabili di politica economica nell’area euro per fortuna ne sono consapevoli. La speranza è che il sistema politico europeo reagisca, perché ne ha gli strumenti: a cominciare dal progetto dell’euro digitale. Vediamo perché. La promessa sulle tasse Qual è il tallone d’Achille di Trump? Esso è prodotto dall’enorme e crescente deficit pubblico, che obbliga gli Stati Uniti a trovare ogni anno compratori di titoli del Tesoro per almeno duemila miliardi dollari in più – rispetto all’anno precedente – sperando di non dover aumentare gli interessi offerti per attrarre investimenti. Se Trump fallisse in questa missione, se non riuscisse a contenere il peso del debito pubblico e ad assicurarne il finanziamento senza problemi, allora sarebbe destinato a fallire anche nella sua promessa più importante agli elettori: confermare nel 2026 i tagli alle tasse per le imprese già varati nel suo primo mandato (dal 35% al 21%) e di rafforzarli fino al 15%. Qui entriamo in gioco noi europei, in due modi. In primo luogo, perché agitare la minaccia di dazi punitivi per Trump e la sua squadra è un sistema volto a obbligare altri Paesi a comprare e detenere più titoli di Stato americani; in questo modo gli Stati Uniti potrebbero finanziare il loro crescente deficit pubblico, tenendo sotto controllo i tassi d’interesse sul debito. In sostanza, Trump sta cercando di mettere l’Europa davanti a una brutale alternativa: comprare più debito americano man mano che viene emesso – e comprarlo malgrado rendimenti contenuti – oppure rischiare di perdere l’accesso al mercato dei consumatori americani e a quel che resta dell’ombrello di sicurezza del Pentagono. In secondo luogo, noi europei siamo chiamati in causa perché gli «stablecoin» emessi in America potrebbero diventare mezzi di pagamento alternativi all’euro in Italia e negli altri Paesi dell’area; già solo attuare il progetto di soppiantare in parte l’euro in Europa con degli «stablecoin» americani – in sostanza, con dollari digitali – aiuterebbe non di poco sempre allo stesso scopo: finanziare i vasti e crescenti squilibri finanziari del governo degli Stati Uniti. Fin qui, non lo nego, suona tutto come teoria del complotto. Starete pensando che io sia leggermente paranoico. Può darsi. Ma da ora in poi parlerò dei dati, delle dichiarazioni e dei documenti ufficiali che – in modo diretto – danno sostanza alla mia interpretazione. Duemila miliardi solo nel 2024 Il problema di Trump è che il deficit federale americano è tale da creare un fabbisogno di dimensioni eccessive non solo per gli Stati Uniti, ma per il mondo. Secondo i dati della Federal Reserve di St Louis, il disavanzo del governo nel 2024 è al 6,3% del prodotto lordo e il debito al 120,7%. Entrambi cresceranno nei prossimi anni, anche più rapidamente Trump confermerà e rafforzerà i tagli fiscali in scadenza dal 2026. Ma questi numeri in sé a priori non sono insostenibili; il Giappone ha gestito per decenni deficit simili e un debito pubblico più alto di quello americano. Ciò che rende l’America speciale sono le sue dimensioni: con un prodotto lordo di oltre 29 mila miliardi di dollari nel 2024, pesa per il 27% di un Pil della Terra da circa 109 mila miliardi. Ora, il fabbisogno di finanziamento del deficit e dunque i titoli in più che ogni anno il Tesoro di Washington deve piazzare a investitori pubblici e privati, sono una somma molto vasta per il mondo: come si vede dai dati ufficiali, 1.958 miliardi di dollari solo nel 2024, pari all’1,8% del Pil mondiale. E quelle sono solo le nuove emissioni nette, che si sommano ai 40 mila miliardi di dollari di debito – poco meno di metà del Pil del mondo, grafico sopra – già presenti nei portafogli di privati, fondi, banche e banche centrali del pianeta e da rinnovare in parte ogni anno (il dato qui include il debito di agenzie garantite dal governo come Fannie Mae e Freddie Mac). Quei duemila miliardi l’anno in più che il Tesoro americano deve attrarre da nuovi investitori ogni anno, si sommano al nuovo debito delle agenzie semi-pubbliche e ai piani di tagli alle tasse destinati a costare altre centinaia di miliardi l’anno. In sostanza, il governo americano deve rastrellare ogni anno quasi tremila miliardi di dollari in più dal mercato mondiale e dalle banche centrali degli altri Paesi. E deve farlo agli attuali rendimenti. Se quelli salissero, i tassi sul debito pubblico e privato in America diventerebbero pesanti; il Paese rischierebbe una grave recessione, con conseguenze potenzialmente deleterie per il dollaro, per il suo status di grande moneta di riserva del mondo e per un mercato azionario di Wall Street già oggi molto fragile e squilibrato. Ma tremila miliardi di nuovi titoli pubblici e semi-pubblici di Washington da piazzare in più ogni anno non sono uno scherzo. Sono quasi pari alla crescita economica netta del mondo in un anno, che è intorno al 3%: come dire che quasi tutti i nuovi flussi di risparmio di quasi tutti i Paesi del pianeta dovrebbero essere reclutati e andare – ogni anno – a finanziare il maxi-deficit americano. Così, Trump sarebbe libero di tagliare ancora di più le tasse alle multinazionali del suo Paese e agli americani facoltosi. Com’è noto gli uomini più ricchi al mondo – Elon Musk, Mark Zuckerberg di Meta-Facebook, Jeff Bezos di Amazon – praticamente già oggi non pagano tasse sui redditi personali e anche le loro aziende ne pagano relativamente poche. Anzi, Trump sta già ingiungendo ai Paesi europei di rinunciare agli accordi internazionali in sede Ocse che aumentano un po’ il prelievo sui gruppi americani del Big Tech. Coercizione Ma è credibile che la Cina continui a finanziare il nuovo e crescente deficit pubblico del suo grande rivale – Pechino detiene titoli Usa già per quasi 800 miliardi – in modo da permettergli di continuare a vivere sopra ai propri mezzi e intanto di rafforzare anche la propria difesa? È credibile che lo faccia il Giappone – detiene già almeno 1.100 miliardi di debito Usa – quando ha ben altre priorità interne? È plausibile che lo faccia l’area euro, rischiando di subire i costi di una probabile svalutazione futura del dollaro proprio a causa degli squilibri americani? Nessuna delle grandi banche centrali del pianeta in questa fase vorrà incrementare di molto la propria esposizione netta verso il debito degli Stati Uniti. Non spontaneamente, per lo meno. Di qui la strategia di Trump e dei suoi di farglielo fare con la coercizione. Il «Piano Miran» Come faccio a dirlo? Perché lo dicono loro. Lo scrive il nuovo presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca, Stephen Miran. Miran, ricorda Federico Rampini, è uno degli uomini più vicini al presidente e più influenti nella strategia dei dazi. Dottorato a Harvard, una carriera da grande investitore a Hudson Bay Capital, vicino al segretario al Tesoro Scott Bessent, Miran ha pubblicato un lungo documento di strategia per la nuova amministrazione dopo il trionfo di Trump in novembre. Lì si pone il problema di conciliare tre obiettivi complicati da tenere insieme: trovare i finanziatori per quasi cinquemila miliardi di dollari di nuovo debito in più (da tagli alle tasse) nei prossimi dieci anni, oltre ai duemila in più all’anno già previsti; svalutare il dollaro in modo che l’America riesca a vendere più merci al resto del mondo, comprandone meno da esso; mantenere contenuti i rendimenti sul debito e dunque tassi d’interesse di mercato americani, preservando lo status del dollaro quale moneta di riserva dominante del mondo. Dov’è la contraddizione? Gli investitori esteri accetterebbero di comprare debito americano in dollari a rischio di svalutazione, finanziando il nuovo enorme deficit federale, solo a rendimenti (tassi) più alti. Miran la risolve proponendo di minacciare gli altri Paesi: «È più facile immaginare che dopo una serie di dazi punitivi, partner commerciali come l’Europa e la Cina diventino più aperti a qualche tipo di accordo monetario in cambio di una riduzione dei dazi stessi». E ancora: «Ogni accordo dovrebbe incorporare un’intesa sulle scadenze», cioè gli altri governi e banche centrali dovrebbero impegnarsi a comprare titoli americani a lungo termine più instabili e rischiosi – Miran propone titoli a scadenza di un secolo, a tassi contenuti – per poter evitare guerre commerciali da parte di Trump e il ritiro della tutela di difesa americana. Miran parla di «zone di sicurezza e i Paesi al loro interno le devono finanziare comprando titoli del Tesoro americano (…) titoli a scadenza fra un secolo (…): se non scambi titoli a breve con titoli a lunga scadenza, i dazi ti terranno fuori». Miran spiega l’insistenza sull’obbligo fatto all’Europa o alla Cina di comprare titoli Usa a lungo termine, «spostando il rischio (del debito degli Stati Uniti, ndr) dal contribuente americano ai contribuenti stranieri», con l’intenzione di tenere bassi i tassi di mercato in America. E aggiunge: «Come possono gli Stati Uniti far sì che i loro partner accettino un tale accordo? Primo, c’è il bastone dei dazi. Secondo, c’è la carota dell’ombrello di difesa e il rischio di perderlo». Se questo non è il disegno di un ricatto, non so come altrimenti definirlo. L’obiettivo è una parziale confisca delle riserve dell’Europa, in modo da far pagare a noi una quota del debito americano tramite una svalutazione del dollaro e tramite rendimenti insufficienti sui titoli del Tesoro Usa. Miran si spinge a proporre di usare dei poteri speciali della Casa Bianca per tagliare la cedola sui bond americani ai danni delle banche centrali estere che non accettino di rivalutare la loro moneta sul biglietto verde. Di fatto, un default punitivo. Sulla base di queste idee, Miran è diventato il capo del Council of Economic Advisors di Trump. Euro digitale o stablecoin Ma non è tutto, perché anche le mosse di Trump sugli stablecoin sono volte a coprire il tallone d’Achille dell’America. Il 23 gennaio il presidente ha firmato un ordine esecutivo che prevede: «Promuovere e proteggere la sovranità del dollaro americano, anche con azioni volte a promuovere lo sviluppo e la crescita di legali e legittimi stablecoin basati sul dollaro in tutto il mondo (worldwide)». I lavori per assicurare la relativa legislazione entro cento giorno sono già partiti al Congresso. Di che si tratta? Uno stablecoin basato sul dollaro è un mezzo di pagamento digitale – utilizzabile tramite una app sullo smartphone – al quale corrispondono depositi in dollari gestiti dall’emittente della «moneta». In teoria, i depositi devono consentire all’utilizzatore di cambiare i suoi stablecoin in dollari presso la piattaforma a un tasso (appunto) stabile. All’aumentare dell’uso degli stablecoin, corrisponde un aumento dei depositi in dollari da parte della piattaforma emittente e questi depositi vengono investiti dall’emittente quasi tutti in titoli del Tesoro americano. Dunque, aumentare l’uso di questo tipo di bitcoin «in tutto il mondo» (inclusa la zona euro) significa aumentare i depositi in dollari a scapito dei depositi in altre valute (incluso l’euro). Questi depositi, come detto, vanno a finanziare il debito americano. Ha dichiarato il 4 febbraio lo «special advisor» dell’amministrazione Trump per le cripto, David Sacks: «Gli stablecoin hanno il potenziale di assicurare che il dominio internazionale del dollaro americano aumenti e di creare potenzialmente migliaia di miliardi di dollari di domanda per i titoli di Stato americani». Esempi di stablecoin basate sul dollaro sono Tether, che capitalizza 142 miliardi di dollari ed è gestita da Giancarlo Devasini (l’uomo che ha appena comprato una quota della Juventus); o Circle (56 miliardi). Già oggi detengono tanto debito Usa quanto alcune fra le principali banche centrali del mondo, come si vede sopra. Come funziona? Questa «moneta» digitale potrebbe offrire a un ristorante o a qualcuno che affitta su AirB&B commissioni più basse rispetto a Mastercard o a Amex. Potrebbe fare accordi con reti di noleggio auto per promettere sconti se si paga con un certo stablecoin. Così alcuni – magari dapprima i turisti – inizierebbero a usarlo in Europa al posto dell’euro in Italia, Francia o Germania, spostando depositi dall’euro al dollaro e finanziando dunque il debito americano. Ci sono anche conflitti d’interessi, certo. Howard Lutnick, segretario al Commercio di Trump, controlla la grande piattaforma di valute digitali Cantor Fitzgerald e ha il 5% di Tether. Elon Musk, cinque giorni dopo l’ordine esecutivo sugli stablecoin, ha annunciato un accordo con Visa per permettere pagamenti digitali tramite il suo social media X (ex Twitter). La sostanza resta: questa è una sfida allo status di moneta di riserva dell’euro portata in casa nostra, per coprire il finanziamento degli squilibri americani. L’Europa può rispondere solo accelerando il lancio di un proprio mezzo di pagamento elettronico senza costi, l’euro digitale: le norme per farlo sono ferme nell’europarlamento da quasi due anni, ma ora il tempo stringe. Resto convinto che il disegno di Trump di coercizione economica sul resto del mondo difficilmente possa funzionare. Sembra un presagio di declino americano, non d’impero. L’esito più probabile è una svalutazione non pilotata del dollaro, un aumento degli interessi sul debito degli Stati Uniti e una coercizione sulla Federal Reserve perché lo monetizzi. Ma non per questo noi europei dobbiamo restare a guardare, mentre qualcuno cerca di sfilarci la nostra sovranità monetaria da sotto il naso. 2 1
claravox Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio 2 ore fa, piergiorgio ha scritto: Il nostro destino è in mano a delle persone, come intende il senso del thread, inadeguate ed incapaci. Repetita “Juventus” Una pedina è stupida! Il buon San Giovanni Falcone diceva: dove comandano le mafie vengono messi nei posti di potere degli idioti...
djansia Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio @appecundria Con i Muppet mi ammazzi Loro comunque sono più in tema nel nostro forum 1
claravox Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio 23 ore fa, mozarteum ha scritto: Come sempre in ogni crisi si aprono nuove opportunita’ se le si sanno cogliere. In fondo l’Europa resta il miglior posto del mondo dove vivere e io partirei da questo. Non dobbiamo sorprenderci che l'Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell'Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. È chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale, possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c'è una crisi in atto, visibile, conclamata. Mario Monti (2011)
iBan69 Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio 25 minuti fa, Savgal ha scritto: Ma è un po' troppo lungo per gli utenti dei social media, che si fermano dinanzi ad un testo di oltre 10 righe In effetti per costoro sarebbe meglio un disegnino.
31canzoni Inviato 17 Febbraio Autore Inviato 17 Febbraio https://www.ilfoglio.it/il-foglio-internazionale/2025/02/17/news/l-occidente-al-varco-7427417/
mchiorri Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio @dax ma per carità, significa non aver compreso un tubo. e mi riferisco anche all'opener... @31canzoni
criMan Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio 38 minuti fa, claravox ha scritto: possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c'è una crisi in atto, visibile, conclamata. Mario Monti (2011) secondo me , noncielodicono tutta.
scroodge Inviato 17 Febbraio Inviato 17 Febbraio Il problema è solo uno, che oramai è cronico. Le istituzioni, tutte, sono fatte da persone. Che mancano Mancano persone di qualità, non è una questione di avere idee o ideali, quelle abbondano sempre. Così le decisioni verranno prese sempre più sulla base non di principi etici o morali, ma di puro esercizio del potere. Chi più ne ha, più comanda. Putin è partito con l'Ucraina con un patrimonio personale di 200 Miliardi di dollari, che è poco meno della somma di quanto hanno regalato finora USA e EU all'Ucraina. Ora, abbiamo idea, a quanto ammonta il patrimonio personale di Elon Musk? Ce l'abbiamo: il doppio. 440 Miliardi dollari, e sono tutti là, perché Putin e noi, nel frattempo, abbiamo speso. Con tutto che ora dobbiamo pagare di più in armamenti e sì... anche un ponticello da 15 miliardi E non vorremmo mica rompere le balle al governo con minchiate come i Servizi alla popolazione? Sanità, Scuola, Giustizia..
31canzoni Inviato 17 Febbraio Autore Inviato 17 Febbraio 7 minuti fa, mchiorri ha scritto: @dax ma per carità, significa non aver compreso un tubo. e mi riferisco anche all'opener... @31canzoni Mi pare che non ci si stia rendendo conto che è finito l'interesse americano per l'Europa. l'Europa non c'è più o meglio non c'è più il protettorato americano, quindi c'è il nulla. Prima ci si rende conto di questo è meglio è. Non c'è neppure più la Nato. Prima o poi purtroppo ce ne accorgeremo. Per fortuna voi avete capito, discussione tra mosche cocchiere in ogni caso. E noi siamo mosche cocchiere e pure l'Europa. In altri tempi si sarebbe detto che l'Europa è un'espressione geografica.
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