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"Ars Gratia Artis" e il M° Riccardo Muti


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55 minuti fa, garmax1 ha scritto:

Cerca per sabato! 

Io ci sarò, fila 17 platea 

 

 

Fatto poco fa il biglietto per sabato, ne restavano una dozzina nella profonda piccionaia  a sinist..,  il resto, tutto ma tutto esaurito stando alla mappa della biglietteria online. Vedremo cosa si potrà fare... magari ti vengo a stanare nella fila 17, spero non anche posto 17... :classic_laugh: per proporti uno scambio biglietti... 🤣

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Nel pomeriggio ripasso preparatorio della terza diretta da Klaus Tennstedt che trovo molto avvincente, idema la prima e la seconda che parimenti mi intrtigano. Klaus Non viene nominato spesso come specialista mahleriano, non saprei cosa dire al riguardo, a paragone, non sono un profondo conoscitore di interpretazioni mahleriane, ma in assoluto mi piace il suo grado di emotività musicale e "testuale" che ben si addice al compositore boemo che porta nella musica molta letteratura.

Per tornare in tema, ad una delle osservazioni lanciate "provocatoriamente" da Muti nell'intervista, cosa ne pensiamo della musica d'arte e di tutte le forme d'arte: la musica - la più asemantica delle arti - è fine a se stessa, è "arte per l'arte", cultura del bello per il bello, oppure anche  strumento della politica, della società, della ricreazione e dell'intrattenimento, aspetti compatibili, o meno, con la dimensione poetica, spirituale e psichica dell'arte dei suoni?

 

 

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Il 19/12/2025 at 18:31, mozarteum ha scritto:

Parliamone dopo la vostra serata

Uscito adesso. 

La prima cosa che mi viene in mente è che il pubblico abbonato del sabato non si merita un'orchestra superlativa di quel livello. 

Molto maleducati, rumorosi, uscite durante i movimenti e un fuggi fuggi generale mai visto in altri posti.. Peccato 

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analogico_09

In princio era l'emozione. La primitiva emozione che ho provato durante circa due ore di concerto serratissimo e travolgente, fino al lungo, estenuante finale della sinfonia nr. 3 di Mahler dal quale, anche grazie alla complicità degli emozionatissimi interpreti, mi sono lasciato imbarcare nel mistico viaggio che oltrepassando le nuvole, mi ha condotto verso il cielo,  mentre l'emozione sfogava a talki altezze in lacrime vere, di quelle esterne asciugabili con un fazzoletto furtivamente estratto dalla tasca del cappotto per non farsi notare dal vicino di posto. 

Al netto di ogni coatto sentimentalismo o volgare, sacrilega allegoria, mi sono sentito come santa Teresa d'Avila in estasi senza provare il bisogno di dover cambiare nella circostanza di sesso. 

Ma l'emozione non spiega nulla a nessuno, neppure a chi la prova figuriamoci quindi in che modo potrei raccontare del concerto con parole critico-razionali mentre la partita tra ascoltatore/fruitore e la musica/arte, si gioca invero sul piano dell'inconscio, dell'emozione ancestrale pre-logica, a-speculativa, insomma de core e di coratella. E su tali "segreti" ed elettivi piani bisognerebbe comunicare, condividere, comprendere. La mente arriva dopo, per ultima, la mia ora è un po' assonata la lascio riposare... 

 

Quindi così a caldo l'unica cosa che potrei condividere è il fatto di aver provato delle emozioni inspiegabili cosa di nessun interesse per nessuno, quindi per una volta non dirò (quasi) niente, come cantava Tenco a proposito dell'amore di cui tutti parlano spesso a sproposito.

Potrei azzardare due battute: Mahler è un compositore instancabile, bizzoso, monologante dotato di una forma di egocentrismo visionario ed in grado di portare l'ascoltatore verso le più ardite, geniali,  stancanti od esaltanti, direzioni. 

Ma bisogna prendere la musica dal vivo come viva e la musica dal morto come morta. A tale riguardo, ciò che non avevo mai provato da nessun altro ascolto hifi della Terza sinfonia di Mahler, al primo ascolto live mi sono ritrovato in stato emozionale fin nelle ossa. 

La seconda battuta, un'opinione, sarebbe che Harding sia un grande direttore d'orchestra e un grande interprete che con  aggraziata e concreta eleganza si è rivelato capace di sondare le profondità di una partitura musicale di abbagliante bellezza e "tirannica" complessità.  

Mahler era lì.., attraverso le note e i linguaggi della sua musica - oltre le letterature che fungono da pretesto - e grazie alla saggezza del grande "medium", il compèositore era presente in spirito per parlare ancora dell'uomo e dell'artista, del suo instancabile, bizzoso, emozionante e vivo egocentrismo. 

In tal senso, per tornare al discorsetto che nessuno riprende, forse non sarà vero che la musica sia solo a se' stessa, "ars, gratia, artis":  volendeo condividere la metafisica ultra-musicale di Monsieur de Saint Colombe, la musica è lo strumento in grado di mettere in comunicazione i vivi e i morti. 

La musica, l'arte, quale strumento dell'immortalità. 

 

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@analogico_09 bellissime parole Peppe che condivido e faccio mie, soprattutto quelle relative alle intense emozioni che questa serata ci a fatto dono. 

Grandissima orchestra in tutta le sue parti. 

Per chiudere e ricordandomi che una volta ero audiofilo, in platea una qualità e varietà di suono pazzesco!

 

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mozarteum

Sono molto contento del vostro entusiasmo. Io lo condivido in parte. Mi e’ sembrato uno di quei casi in cui la qualita’ dell’orchestra sopravanza le intenzioni del direttore. La sinfonia e’ durata nelle mani di Harding quasi un’ora e 50 minuti: la durata in se’ non sarebbe significativa se -come in questo caso- non si accompagnasse a un pericoloso slegamento e perdita di tensione narrativa, fondamentali nella Terza Sinfonia. Cio’ soprattutto nel primo, interminabile primo

mov. Ma in generale e’ come se questa esecuzione mancasse di “lievito”. 
Ora Mahler e’ spettacolare e coinvolgente di suo dal vivo specie con un’orchestra formidabile come la nostra (che meraviglia il corno postiglione nel terzo mov. impeccabile, come lo e’ stata nel complesso l’orchestra), ma se si sono sentite altre esecuzioni, anche solo a Roma (Mehta, Maazel, Sinopoli, Dudamel), risultera’ evidente come ad Harding sia sfuggito il senso panico dell’opera, quel dialogo fra Natura (secondo e terzo mov) e Uomo che culmina nella “preghiera” dell’immenso finale.

lettura meditata, ordinata ma orizzontale.

Solo una settimana fa Tugan Sokhiev ci aveva travolti con un Bruckner da leggenda.

p.s. Quasi 50 anni fa un generale in pensione che frequentava santa cecilia, grande e reale appassionato nonche’ collezionista di vinili mi spiego’ che lui sentiva in disco solo musica da camera….

E come dargli torto
 

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46 minuti fa, mozarteum ha scritto:

sinfonia e’ durata nelle mani di Harding quasi un’ora e 50 minuti: la durata in se’ non sarebbe significativa se -come in questo caso- non si accompagnasse a un pericoloso slegamento e perdita di tensione narrativa, fondamentali nella Terza Sinfonia. Cio’ soprattutto nel primo, interminabile primo

mov. Ma in generale e’ come se questa esecuzione mancasse di “lievito”. 

Capisco cosa intendi dire, ovviamente ti vengono in soccorso i numerosi ascolti dal vivo necessari per poter andare a fondo e poter scrivere le tue sensazioni poco sopra. 

La mia meraviglia ed emozione era così alta da non notare le"critiche" che hai elencato. 

Ridabisco la altissima qualità Dell'orchestra che dovrò per forza riascoltare quanto prima 😏

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mozarteum

Vorrei dire qualcosa sul grande concerto di Muti a Firenze due sere fa (compreso il cazziatone che mi ha fatto coram populo). In programma Incompiuta di Schubert e Requiem in do min di Cherubini.

L’ ultimo Muti si e’ fatto - nel repertorio sinfonico- piu’ profondo e personale che in passato.

Dall’incompiuta eseguita da Giulini decenni fa con Santa Cecilia, non avevo piu’ ascoltato una interpretazione cosi’ scavata nel dettaglio agogico, nella cura del contrappunto e del colore senza che andasse perduta l’ unita’ di insieme. Magnifica la prova dell’Orchestra del Maggio.

L’incompiuta nasconde l’insidia dei pezzi celeberrimi: o ci si adagia scopiazzando i grandi (e che Grandi si sono cimentati qui da Reiner a Walter a Giulini a Sawallisch per non dire di Furtwangler), o per dire qualcosa di nuovo lo si fa strano, magari in nome d’un presunto approccio filologico che stitica e riduce l’ineffabilita’ della Musica a fattarello tecnico se non accompagnato dal genio d’un Harnoncourt o Bylsma.

Fin dal pizzicato d’inizio, mai sentito cosi’ cupo e carico di presagio, si e’ capito che sarebbe stata una lettura straordinaria in grado di rappresentare compiutamente la poesia dell’incompiuta: una liturgia del dolore intimo e soffocato, mitigata dal chiarore pudico della rassegnazione.  il piu’ grande Schubert insomma.

La densita’ del contrappunto negli archi, si e’ percepita non solo nell’intreccio delle linee strumentali ma per la differenziazione dinamica continua e mercuriale delle stesse.

il Requiem di Cherubini e’ stato altrettanto straordinario. Come sapete Cherubini era quasi coetaneo di Mozart (nato 4 anni dopo) e sopravvissuto a Beethoven di diversi anni.

La sua musica ha veramente poco di mozartiano, ma non ha neanche una parentela stretta con Beethoven e Gluck: in realta’ e’ difficile collocarla stilisticamente nei confronti dei contemporanei e cio’ ne accresce il pregio di originalita’. Si pensi alla Medea recentemente andata in scena a Napoli in ambito d’opera.

Dopo il concerto Muti -come sua recente abitudine- ha preso la parola per chiedere che io teatro venga intitolato a Vittorio Gui fondatore del Maggio e per dire qualcosa su Cherubini e altro.

Siccome il sermone si prolungava e io avevo l’ultimo treno per Roma alle 22.43, alle 22.20 mi sono accovacciato per uscire senza disturbare. Lui mi ha visto (ero in terza fila proprio davanti) e ha detto al microfono: guardi che puo’ uscire anche in piedi sollevando ilarita’ generale.

Evabbe’

 

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analogico_09
12 ore fa, garmax1 ha scritto:

Grandissima orchestra in tutta le sue parti. 

Per chiudere e ricordandomi che una volta ero audiofilo, in platea una qualità e varietà di suono pazzesco!

 

 

Grande davvero l'orchestra, con qualche passeggera imprecisone degli ottoni, un paio di sfiatamenti di tromba ma inezie rispetto alla somma che fa il grande totale (per dirla alla Totò).
Ora, a mente fredda, svaniti i fantasmi della notte che appartengo al reale (l'arte è il fantasma della realtà la quale è tuttavia finita mentre l'arte resta immortale), mi soffermo un attimo sulle acute osservazioni di @mozarteum per cercare una possibile quadra con le mie. Confesso, come già scritto, che questa sia stata la mia prima terza "pagnotta" maleriana sfornata dal vivo. Impossibilitato quindi a paragonarla ad altre grandi esecuzioni, potrei aver non notato la mancanza di "lievito", ovvero del collante "direttivo" in grado di tenere insieme, senza scollature i sei movimenti che formano la sinfonia, all'interno dei quali vi è tutto un rincorrersi di nuovi e reiterati "motivi" musicali, melodici, titmico-accordali, contrappuntistici, spesso in contrasto di di loro, a tratti finanche "schizofrenici", che Harding ha saputo armonizzare, assecondare, ben legando il tutto in maniera molto musicale ed organica a mio modesto parere, attento anche ad assecondare gli "impertinenti", numerosi frastagliamenti.
Di fronte a ciò, a tali livelli di poesia e di "mestiere", quanto relizzato da altri direttori diventa solo mera constatazione del fatto che ogni interprete dirà la sua in modo diverso. 

La letteratutra, la "retorica" morale, le filosofie, insieme agli altri elementi ispirativi extra-musicali, come scrivevo nell'altro post, fungono da pre-testo mentre l'essenza, il distillato lirico-poetico, trasfigurante, segreto e misterioso, è nell'estetica del linguaggio musicale "asemantico" che si incarica anche di trasmette la "grazia" musicale immateriale all'ascoltatore immaginativo che non abbia bisogno delle "didascalie".
La grazia paradisiaca del corno incantato del fanciullo, non è già nella bellezza letterarie e poetica del "testo" cantato dalla voce solista e dai cori, ma è  (quasi) tutta racchiusa nei primi suoni delle "campane" scintillanti e giocose che aprono ad una prospettiva sinfonica nuova ed insieme legata alla prima.
Numerosi, detto tra parentesi, i richiami ai "temi" e suoni" che si riascolteranno nella quarta sinfonia, già ascoltati nelle precedenti. 

Devastante, davvero potente nella sua astrattezza quasi impalpabile, gravida di dissonanze segrete, l'ultimo, mantrico, trascendentale movimento sorta di elevazione, di ascensione miastica verso il cielo, nell'estenuante rarefazione musicale dolorosamente emozionale.
L'orizzontalià - nella quale è tutto racchiuso -  è nella musica stessa, Harding non ha fatto altro che assecondarla mettendo da parte il proprio ego. Il riscatto della verticalità più estroversa è nell'esplosione sonora e contrappuntistica dell'insieme orchestrale la quale non avrebbe potuto essere che nelle estreme e non ancora rassegnate battute mal disposte a "morire", volendo seguitare a vivere nella memoria, nelle emozioni vive e indimenticabili provate dall'ascoltatore e da tutti gli interpreti. 

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analogico_09
1 ora fa, mozarteum ha scritto:

L’incompiuta nasconde l’insidia dei pezzi celeberrimi: o ci si adagia scopiazzando i grandi (e che Grandi si sono cimentati qui da Reiner a Walter a Giulini a Sawallisch per non dire di Furtwangler), o per dire qualcosa di nuovo lo si fa strano, magari in nome d’un presunto approccio filologico che stitica e riduce l’ineffabilita’ della Musica a fattarello tecnico se non accompagnato dal genio d’un Harnoncourt o Bylsma.

 

 

Non furono né sono così sporadici i filologi del calibro di Harnoncourt o Bylsma, gli interpreti di ieri e di oggi in grado di prospettare nuove dimensioni interpretative musicalmente rapinose, capaci di cogliere con grande musicalità le "imponderatezze" musicali le quali sono più importanti delle retoriche moral-letterarie non di rado compassatamente "eroiche" (non mi riferisco di certo ai Giulini).  Più in generale la filologia non è come seguiti a rappresentarla non avendola mai avuta particolarmente in amore. E sta be così, non serve dirlo ma èbene anche cercare di "difenderla" dalle tue arringhe... :classic_wink:

Poi leggo più attentamente l'intero tuo intervento. Non servirà commentare il finale... :classic_laugh:

 

 

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analogico_09
1 ora fa, mozarteum ha scritto:

il Requiem di Cherubini e’ stato altrettanto straordinario. Come sapete Cherubini era quasi coetaneo di Mozart (nato 4 anni dopo) e sopravvissuto a Beethoven di diversi anni.

 

 

Devo ancora ascoltare la registrazione del concerto vaticano. Cherubini appartiene a quella generazione di compositori della "scuola napoletana", tra cui Cimarosa, Paisiello, Traetta, Piccinni ed altri dei quali si dice che se non fossero stati, senza le loro influenze non avrebbe potuto essere neppure il genio salisburghese (che molto si avvalse anche delle influenze haydiane, naturalmente) . Anni fa lo stesso Muti si soffermò su tale ipotesi che umilmente avevo iniziato a propagandare anch'io prima di lui... 😅 

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