prometheus Inviato 3 Settembre 2021 Inviato 3 Settembre 2021 @Alpine71 Diciamo che tra i finalisti Park è quello che ha avuto maggior tenuta in tutte le prove. Poi di certo la sua 106 non è passata inosservata!! Kim a volte suona in modo grossolano (Mozart) forse si trova più a suo agio con il Novecento, poiché anche il suo Chopin non mi è piaciuto (quegli accenti alla quartina nello studio in terze e la mano sinistra così sciatta poi…). Mi sembra il più maturo di tutti ma lo trovo poco musicale e troppo sgarbato. L’austriaco è stato il più debole, il quinto di Beethoven è una brutta bestia, e ha dato l’impressione di non riuscire a tenerlo nell’insieme. Forse Petrov avrebbe meritato di stare al suo posto in finale… 1
Alpine71 Inviato 5 Settembre 2021 Inviato 5 Settembre 2021 Il 4/9/2021 at 00:01, prometheus ha scritto: quinto di Beethoven è una brutta bestia, e ha dato l’impressione di non riuscire a tenerlo nell’insieme Sono d’accordo. È una brutta bestia, per come la vedo io, sia per la parte solistica sia perché propone dialoghi ed amalgama con l’orchestra (anche oltre il celebre finale coi timpani); ed allora con così poco tempo per trovare l’intesa con l’orchestra si rischia parecchio
Grancolauro Inviato 7 Settembre 2021 Autore Inviato 7 Settembre 2021 Il 2/9/2021 at 15:19, analogico_09 ha scritto: Penso che oramai i concorsi nell'era delle telecomunicazioni in tempo reale che attraversano ogni angolo del mondo, ogni citta, nazione, famiglia.., siano diventati anacronosctici... la globalizzazione ha cambiato i riferimenti estetici, i valori di prima sono saltati subendo profonde trasformazioni... mentre nei concorsi si seguita a giudicare con i vecchi criteri accademico-ottocenteschi occidentali e centralistici, mentre ogni cosa è cambiata... Non sto a giudicare se sia un cambiamento per bene o per male, se sia giusto o sbagliato.., semplicemente questo potrebbe rappresentare il quadro reale dell'esatto stato delle cose. Grazie per le tue considerazioni. Probabilmente non sono la persona più adatta per commentarle ma provo a fare comunque qualche osservazione, per continuare a dialogare. Premetto che non sono un fan dei concorsi pianistici. Tutto il contrario. Ai concorsi si possono imputare vari mali: la spinta verso l'esaltazione degli aspetti tecnici a scapito di quelli espressivi, la tendenza a circoscrivere il repertorio a pochi autori e/o pezzi, una concezione "agonistica" dell'esperienza musicale, e via dicendo. Su ciascuno di questi mali e sulle loro cause si potrebbe discutere a lungo. Al contempo, tuttavia, va detto che i concorsi pianistici sono una vetrina importante per i giovani musicisti. Alla fine, non importata chi vince; spesso ha più fortuna chi arriva 3° o 4°, per dire. Importa avere l'occasione di essere ascoltati da un pubblico più ampio di quello di una masterclass o di un concerto di provincia. Il Busoni 2021 a me è piaciuto molto perché ha offerto l'opportunità di ascoltare moltissimi giovani provenienti da tutto il mondo nelle diverse fasi del concorso, grazie ai video disponibili online. Un privilegio, quello di poter essere ascoltati da chiunque, che fino a qualche anno fa era precluso anche al vincitore. E questa, per i giovani, è un'opportunità enorme sotto il profilo professionale. Ovvio che vi si gettino a capofitto al meglio delle loro possibilità. Si potrebbe poi aggiungere che oggi, come in passato per altro, si può diventare importanti concertisti anche senza passare attraverso i concorsi, come pure che in alcuni concorsi importanti sono emersi giovani di grande valore che per repertorio, stile e sensibilità non sono assimilabili a canoni "accademico-ottocenteschi". Il primo nome che mi viene in mente, in anni recenti, è quello di Alexandre Kantorow, vincitore del Cajkovskij 2019. Insomma, la realtà come al solito è più complessa di quanto non sembri a prima vista. Il successo dei pianisti coreani è un altro fenomeno curioso e interessante. E' come se questi pianisti fossero riusciti a interiorizzare alcuni stilemi delle grandi scuole europee del secondo Novecento, probabilmente ascoltando molto e frequentando masterclass in Europa, e a fornirne una sintesi che ne perpetua l'influenza, la cristallizza quasi. Una sintesi fatta non solo con grande maestria tecnica (non sono dei semplici atleti della tastiera) ma anche con grande partecipazione e intensità emotiva. Proprio ieri ho ascoltato l’ultimo disco di Seong-Jin Cho, ultimo vincitore del concorso Chopin di Varsavia, con le 4 Ballate. Caspita se suona! Solo che ascoltandolo mi sembra di cogliere una strana sintesi tra Richter, Pollini, Rubinstein e Zimerman. Una specie di versione post-neoclassica di questi pezzi. Straniante per certi versi, per il fatto di essere innovativa senza esserlo, estranea alla sensibilità contemporanea e al contempo ancorata alla tradizione da cui questa sensibilità proviene. Come se i coreani fossero diventati l’espressione più pregnante della tradizione eurocentrica di cui parlavi nel tuo post. Bizzarro da pensare? Forse questa è semplicemente una delle tante espressioni della globalizzazione in musica, non la sua negazione. Accade che musicisti asiatici siano più eurocentrici degli europei, proprio perché gli stili e le tradizioni musicali si sono disancorate dal territorio e dalla storia personale dei singoli artisti, per diventare fluttuanti, fungibili, intercambiabili. Ma sono solo suggestioni, ovviamente. Sta di fatto che l’innovazione e la scoperta di qualcosa di nuovo va ricerca altrove, non nei successi di questi per altro straordinari musicisti. 1 1
Grancolauro Inviato 8 Settembre 2021 Autore Inviato 8 Settembre 2021 Errata corrige: il disco di Seong-Jin Cho a cui mi riferivo contiene i 4 Scherzi, non le 4 Ballate, più il secondo concerto sotto la direzione di Noseda. Disco decisamente pieno di energia, da ascoltare. Sono una forza questi coreani 🙂
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