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qual è il primo segno di civiltà di una cultura?


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Inviato
4 minuti fa, appecundria ha scritto:

saltuariamente gli fanno cilecca i freni inibitori. 🙂

azzo! quattro figli da mantenere ... avessi frenato di più boia cane!

Inviato
27 minuti fa, mom ha scritto:

Discorso sull’origine della disuguaglianza di J.J. Rousseau scritto a metà del 1700

io posso avere il disegnino intanto che mi preparo un po' con anticipo... ☺️

Inviato

@mom

L’idea di società nella storia della filosofia

Nella storia della filosofia un esempio di organicismo è dato dalla filosofia di Hegel. Per il filosofo tedesco reale è sempre l'intero, l'universale, lo Spirito; ogni entità "finita" e determinata non è e non vale per se stessa, ma solo come momento o aspetto dell'insieme. Dal punto di vista socio-politico ciò si traduce in una subordinazione, alla perdita di valore dell'individuo.

Difficile far rientrare in questa classificazione i pensatori classici. Nel pensiero greco si incontrano posizioni individualistiche, come in alcuni sofisti e nella scuola cinica, ma la linea prevalente è quella di considerare la società come una prosecuzione naturale dell'individuo, perché solo nella società (nella polis) l'individuo può realizzarsi integralmente. Per Aristotele l'uomo non può vivere isolatamente; egli scrive “Chi non è in grado di fare parte di una comunità civile o non ha bisogno di nulla perché basta a se stesso, non è parte dello stato. Quindi o è una bestia o è un dio.” Platone, tende a comprimere l'individuo in ruoli ben definiti, ad assegnargli un posto fisso in vista della realizzazione di uno Stato ideale, unitario e perfetto.

Se si prende in considerazione il concetto di società intesa come luogo dei rapporti e dei conflitti economici, sociali, religiosi, ecc., in cui agiscono "liberamente" individui, ceti, classi, gruppi, movimenti e ogni possibile "libera" associazione, dove per libertà è da intendersi la non interferenza del potere politico-statuale, questa concezione di società ha assunto tale significato non prima del Seicento, da quando si è cominciato a interpretare il corpo sociale come ordine artificiale, effetto di un contratto liberamente stipulato dagli uomini. Ciò avviene ad opera del Giusnaturalismo. E’ un’accezione fortemente innovativa rispetto alla tradizione, che fin dall'antichità non solo ha identificato dimensione sociale e dimensione politica della comunità, ma ha anche considerato "naturale" tale comunità. Nel pensiero medioevale la si considerava corrispondente alla legge divina.

La svolta è avvenuta a seguito dello sviluppo e della diversificazione del corpo sociale, dell'importanza crescente assunta dalla città rispetto alla campagna, della progressiva affermazione dell'economia di mercato, degli sconvolgimenti politici, che hanno imposto soluzioni nuove nell'organizzazione degli stati, del radicamento, nelle società europee, di nuovi modelli culturali, come l'immagine dell'homo faber di matrice rinascimentale, l'individualismo e il senso della responsabilità personale indotti dalla riforma protestante, la concezione operativa del sapere propria della nuova scienza, un processo che corrisponde all’affermarsi della borghesia. Tutti questi fattori hanno concorso nel suggerire l'idea che l'ordine della comunità non è dato una volta per tutte, ma che dipende da scelte, varia col tempo e presenta soluzioni sempre nuove.  

La filosofia ha variamente interpretato questi sviluppi storici; il fondamento comune è stato il contrattualismo, che ha definito la società in contrapposizione allo "stato di natura", condizione presociale caratterizzata dall'isolamento degli uomini. Nella tradizione giusnaturalistica e contrattualistica il patto, stipulato proprio al fine di uscire da tale isolamento, ha una doppia natura, di pactum societatis, mediante il quale gli uomini si associano per assicurare la protezione delle loro vite e la conservazione dei loro beni, e di pactum subjectionis, mediante il quale gli stessi trasferiscono il potere nelle mani di un sovrano. L'accento batte soprattutto sul secondo, perché è la presenza del sovrano o dello Stato a consentire l'esistenza dell'umanità socializzata. Si consideri che in tutti gli scrittori dell'età moderna, fino a Hegel, l'espressione "società civile" indicava lo stato.

Sorge il problema di quale sia la natura della società che nasce dal patto. Le risposte a tale domanda sono all'origine di due linee di pensiero. La prima, che ha i suoi massimi esponenti in Locke e Kant, ha elaborato i fondamenti teorici del liberalismo. La seconda, che parte da Rousseau e arriva a Marx, fonda il pensiero democratico e/o socialista.

Per Locke l'uomo gode della pienezza dei suoi diritti già nello stato di natura; la società nata dal contratto non aggiunge nulla, se non la protezione di quei diritti. Ora, i diritti non sono altro che le libertà individuali. Tra essi il primo e più importante è il diritto di proprietà. La società che Locke legittima è quindi atomistica e individualistica. È noto che queste idee/valore saranno alla base dell'economia politica, nata nel XVIII secolo, i cui assi portanti sono la proprietà privata, la libertà d'iniziativa e la libera concorrenza.

L'altra linea di pensiero parte da Rousseau. Per il filosofo ginevrino l'uomo allo stato di natura non vive in una condizione morale già perfetta, nel godimento di tutte le libertà fondamentali. Il patto che dà origine alla società costituisce una seconda nascita per l'uomo, che grazie ad esso passa da uno stato primitivo e brutale di innocenza a una condizione propriamente umana: "egli dovrebbe benedire senza tregua l'istante felice che lo strappò per sempre [dalla condizione iniziale] e che d'un animale stupido e limitato lo fece un essere intelligente e un uomo" (Contratto sociale, I, VIII). Non esistono "libertà" presociali da consolidare, perché la vera libertà l'uomo la ottiene solo dal riconoscimento dei suoi simili: la libertà dell'uno si afferma con la libertà di tutti. Per Rousseau tutti i mali della società civile nascono proprio dall'egoismo: "concorrenza e rivalità da una parte, dall'altra opposizione di interessi, e sempre il desiderio nascosto di fare il proprio vantaggio a danno degli altri: tutti questi mali sono il primo effetto della proprietà e l'inseparabile accompagnamento della nascente disuguaglianza" (Discorso sull'origine della disuguaglianza, II). Egli rifiuta l’idea di una società il cui fine ultimo è proteggere l'isolamento e legittimare gli egoismi. Il patto deve creare un uomo nuovo, "trasformare ogni individuo, che in sé è un tutto completo e solitario, in una parte di un più grande tutto da cui tale individuo riceve in qualche modo la propria vita e il proprio essere, di alterare la costituzione dell'uomo per rafforzarla" (Contratto sociale, /II/, VII). Quanto alla duplice natura del patto, Rousseau, contro tutta la tradizione giusnaturalistica, tende a riassorbire il pactum subjectionis nel pactum societatis, il politico nel sociale, grazie alla teorizzazione della democrazia diretta.

L'ideale rousseauiano è ripreso da Marx, il quale accetta la descrizione che della società ha dato il pensiero liberale, per identificarla con una specifica società storica, quella capitalistico-borghese. Analizzando le moderne dichiarazioni dei diritti, Marx conclude che in esse "il diritto dell'uomo alla libertà si basa non sul legame dell'uomo con l'uomo, ma piuttosto sull'isolamento dell'uomo dall'uomo. [...] Ben lungi dall'essere l'uomo inteso in essi [= nei diritti] come specie, la stessa vita della specie, la società, appare piuttosto come una cornice esterna agli individui, come limitazione della loro indipendenza originaria" (La questione ebraica, /I/).  

La concezione che Marx ha della società è alla base di gran parte dell'ideologia e dell'utopia del socialismo e del comunismo contemporanei, per i quali l'emancipazione dell'uomo passa attraverso l'opposizione all'individualismo borghese e la valorizzazione della vocazione alla socialità e si combina con l'eliminazione della divisione sociale del lavoro. Alla base dei grandi progetti rivoluzionari c'è stato il sogno di un "mondo nuovo", in cui i principi della concorrenza, della competizione, dell'egoismo, dell'accumulazione, del privato, siano sostituiti da quelli della socialità, della collaborazione, della solidarietà, del pubblico.

In ogni caso, comunque la società venga intesa, il pensiero moderno è concorde nell'attribuirle una propria autonomia rispetto allo stato; essa è il "paese reale", a cui il politico si deve costantemente riferire, perché solo la società può legittimarlo. "La società civile rappresenta il luogo dove si formano, specie nei periodi di crisi istituzionale, i poteri di fatto che tendono ad ottenere una propria legittimazione anche a danno dei poteri legittimi, dove, in altre parole, si svolgono i processi di delegittimazione e di rilegittimazione" (Bobbio).

 

 

  • Thanks 2
Gaetanoalberto
Inviato

Ma cosa non bisogna fare per i forumers

@Jack Evvabene, alleggiu alleggiu

 

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@mozarteum d'accordo, facciamo sei righe

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@Panurge Immagine3.png.6845d0050f4a4d7f5de3035485592acc.png

Chimminxiacce da ridere ah ? 😡

 

 

 

Gaetanoalberto
Inviato
12 minuti fa, Savgal ha scritto:

Non esistono "libertà" presociali da consolidare, perché la vera libertà l'uomo la ottiene solo dal riconoscimento dei suoi simili: la libertà dell'uno si afferma con la libertà di tutti. Per Rousseau tutti i mali della società civile nascono proprio dall'egoismo:

 

12 minuti fa, Savgal ha scritto:

La società civile rappresenta il luogo dove si formano, specie nei periodi di crisi istituzionale, i poteri di fatto

 

Combinando i due estratti citati e la visione attuale che proviene da parte dei consociati, che definisco un po' arditamente ma con una certa fondatezza "rossobrunismo", comprendi la mia fortissima preoccupazione, anche perchè gli effetti pratici  deleteri di alcune visioni sono di stretta attualità. 

Tral'altro, la difesa delle minoranze, anche nel caso che la maggioranza voglia determinati cambiamenti, è possibile solo negli stati democratici di un certo tipo, ed io vedo fronteggiarsi solo intolleranze.

E' il motivo per il quale richiamo spesso i principi fondamentali della Costituzione, difesi astrattamente da molti, ma poco compresi.

Gaetanoalberto
Inviato
1 ora fa, Jack ha scritto:

io posso avere il disegnino

jack.thumb.png.56c4d7355e694cfd185bea010ddf57cb.png

Gaetanoalberto
Inviato

@Panurge Ah, beh, bello. Io ho fatto il classico, mio fratello lo scientifico, e pareva che Don Camillo e Peppone dormissero nella stessa stanza. 

P. S. Mio figlio fa lo scientifico 😱😱😱

Inviato

Era bello però menare quelli del classico durante le partite... di pallavolo, che bei ricordi. 

Inviato
49 minuti fa, Savgal ha scritto:

Non esistono "libertà" presociali da consolidare, perché la vera libertà l'uomo la ottiene solo dal riconoscimento dei suoi simili: la libertà dell'uno si afferma con la libertà di tutti. Per Rousseau tutti i mali della società civile nascono proprio dall'egoismo: "concorrenza e rivalità da una parte, dall'altra opposizione di interessi, e sempre il desiderio nascosto di fare il proprio vantaggio a danno degli altri: tutti questi mali sono il primo effetto della proprietà e l'inseparabile accompagnamento della nascente disuguaglianza" (Discorso sull'origine della disuguaglianza, II). Egli rifiuta l’idea di una società il cui fine ultimo è proteggere l'isolamento e legittimare gli egoismi. Il patto deve creare un uomo nuovo, "trasformare ogni individuo, che in sé è un tutto completo e solitario, in una parte di un più grande tutto da cui tale individuo riceve in qualche modo la propria vita e il proprio essere, di alterare la costituzione dell'uomo per rafforzarla"

Ecco, grazie! È proprio a questo che mi riferivo.🤗

Gaetanoalberto
Inviato

@Panurge Ah, anche tu giocavi a pallavolo? Pensa, che condivisione di esperienze... Poi noi, vinti costantemente i giochi comunali, andavamo ai provinciali. Una volta ai regionali. 

P. S. Anche mio fratello era in squadra. 

Inviato

Per carità, solo in istituto, tappo sono. 

Gaetanoalberto
Inviato
5 minuti fa, Panurge ha scritto:

tappo sono

Magari io... Alzavo... Ma avevamo 1 giocatore di A2 ed un paio dell'allora serie D. Io ero il più scarso

Inviato

@Gaetanoalberto

Devo premettere che ciò che posto sul forum sono sunti e lezioni, da testi o enciclopedie filosofiche, che utilizzavo nelle lezioni. 

Non trovo gli appunti per delle lezioni in cui mostravo come le teorie politiche dal 1600 fino agli inizi del Novecento fossero state alla base della Costituzione. Evidentemente i nostri padri costituenti avevano uno spessore culturale che si è perso. 

Inviato
5 ore fa, Gaetanoalberto ha scritto:
5 ore fa, nullo ha scritto:

passione però l’abbiamo tolta anche ai giovani, e qui dovrebbe partire la riflessione.

non la negazione...

OK. Comincia pure. E dire che a me sembrava di aver fatto delle riflessioni... 

P. S. Posso dirti che, oltre che nel forum, passo parecchio tempo a tentare di spiegare le ragioni di scelte amministrative e regole ad una maggioranza di utenti che, più che aver perso la passione, non sente mai

Scusa l'ennesimo equivoco.

Parlo di riflessione sulla mancanza di partecipazione attiva dei giovani, quella dei vecchi è per me archiviabile per buoni motivi.

Ma non è bello vedere disillusione già nelle fasce giovanili, la mancanza di rapporto, la consapevolezza non potere incidere, avere di fronte precarietà, un muro di mummie che non molla la poltrona e quanto altro vuoi e puoi vedere tu da un osservatorio privilegiato.

Questo è un segno di società ingessata e senza spazi potenzialmente contendibili.

 

 

Inviato

@Gaetanoalberto

Sono in questi giorni presidente di una commissione dell'esame di stato. La riflessione sulle risposte ai quesiti di educazione civica è che per votare si dovesse superare un breve test di conoscenza della Costituzione, il numero degli elettori si ridurrebbe ad una frazione dell'attuale elettorato attivo.

Inviato
6 minuti fa, Savgal ha scritto:

il numero degli elettori si ridurrebbe ad una frazione dell'attuale elettorato attivo.

Dopodiché l'eletto non rappresenterebbe che sé stesso e pochi altri allargando il fossato e il sistema sarebbe ancora di più autoreferenziale.

  • Melius 1
Gaetanoalberto
Inviato
22 minuti fa, Savgal ha scritto:

Devo premettere che ciò che posto sul forum sono sunti e lezioni

Si si, ma mica i miei post sono necessariamente da leggere in contrapposizione. 

Hobbes e le sue teorie a sostegno dello stato assoluto, Rousseau illuminista, Montesquieu, Marx sono gli spunti di riflessione che bisogna fornire agli allievi ed a chi si approccia ad una teoria dello Stato. 

Se vogliamo aggiungere qualcosa, il fascismo ha superato i principi liberali e socialisti, ponendo al di sopra l'interesse della Nazione, e dall'altra parte i sovietici hanno fatto un'operazione diversa nel contenuto ma analoga nell'autoritarismo. 

Quando ripetutamente parlo di stato pluralista, intendo esattamente questo. 

Se hai insegnato diritto costituzionale, avrai sicuramente fatto notare che, secondo i costituzionalisti, abbiamo da una parte una Costituzione rigida, e dall'altra che, per quanto aggiornabile nella parte delle istituzioni (che gli italiani non hanno voluto cambiare), il titolo dei principi fondamentali, così come le libertà civili ed economiche, la visione del lavoro è dell'economia, insomma i principi fondamentali, non sono modificabili, ma bisognerebbe fare un'altra e diversa Costituzione. 

Io sarei affezionato ai principi fondamentali, e non li farei cambiare dalla società che cambia, perché ho il timore, ogni volta che mi confronto, che molti non abbiano interiorizzato il vero significato di alcuni principi

Se la realtà non coincide, che è vero, non significa si debba buttar via una certa visione dello Stato. 

Alcuni, osservando che lo Stato è al servizio della società e non viceversa (vero) usano l'argomentazione per propugnare tesi e principi in chiaro contrasto con quelli costituzionali (al momento inaccettabile). 

Nei confronti dei critici, osservo che quando parlano della concreta realizzazione dello Stato, dimenticano che spesso è la società civile che... non è poi così civile. 

Insomma, lo Stato siamo noi. 

 


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