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Edizioni su vinile Craft Recordings


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Eh vuoi troppo...non ho mica tutto 'sto spazio, anche per i giradischi vintage...anni fa avevo una fonovaligia, bellissima, inglese, che poi ho venduto perché faceva più che altro da soprammobile.

Di vintage però in casa mia c'è parecchia roba, a partire dal sottoscritto.

Alberto.

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  • 1 mese dopo...

 

Che voi sappiate è previsto il tè durante l’economia di guerra? O te lo requisiscono? Che dite, lo faccio sparire? Perché avevo una mezza intenzione di andarmelo a bere in giardino, ma considerando la tendenza a ficcanasare dei miei vicini...figurati se quelli non spifferano tutto...che rimanga tra noi comunque eh...i biscotti del discount li passa il comando generale?
Questo me lo requisiscono di sicuro:
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The Curtis Counce Group Vol. 2 – You Get More Bounce With Curtis Counce – Contemporary Records (1957) – AAA Craft Records (2022)
Recensione alla veloce che non abbiamo tempo da perdere (o meglio io ne avrei ma voi no, perché siete gente operosa e lavoratrice): questo disco ha venduto più per la musica o per la copertina? La copertina è un po’…come dire…ecco, avete capito.
Curtis Counce, contrabbassista, in effetti…è ancora vivo. E questo per un jazzista dell’epoca d’oro è un traguardo davvero ragguardevole. Nel Gennaio 2025 ha compiuto 99 anni.
Auguri Mr. Counce!
Non si può dire che sia un contrabbassista jazz particolarmente noto, tuttavia vanta molte collaborazioni ai più alti livelli.
“Avrai ancora più slancio con Curtis Counce!”…sarebbe il titolo del disco.
Gioca sulla rima “Bounce” (slancio) e Counce. Forse lo slancio serviva per conquistare la dama in copertina? Non lo sapremo mai.
Si da il caso che You Get More Bounce With Curtis Counce sia uno dei primi dischi Jazz che abbia comperato in vita mia. Pertanto lo conosco molto bene e mi è sempre piaciuto.
Ciò non di meno mi sono ritrovato sovente a pensare che Curtis Counce non fosse un genio del contrabbasso, bravino ma nulla di più.
Curtis Counce da Kansas City fece il suo apprendistato nell’orchestra di Stan Kenton, e si sente, per poi passare al gruppo di Lester Young. Studiò composizione ed arrangiamento, cui si dedicò con particolare passione. E’ uno di quei direttori d’orchestra e compositori, che suonavano anche uno strumento, sebbene quest’ultima attività non rappresentasse (evidentemente) il fulcro della loro attività artistica. Quando ascolti un jazzista della categoria di Curtis Counce, ti accorgi subito che il suo fine è quello di dirigere il gruppo, di guidarlo sia dal punto di vista della scrittura che degli arrangiamenti.
You Get Bounce nel suo complesso acchiappa, vuoi per la morbida tromba di Jack Sheldon, così pastosa da sembrare un flicorno, vuoi per il bravo Carl Perkins al pianoforte, vuoi per il sassofono molto raffinato di Harold Land, che spesso assurge al ruolo di protagonista, con buona pace del contrabbassista titolare, la cui presenza è abbastanza defilata.
Ora io eviterei volentieri di attaccare con la solita manfrina del disco audiophile registrato da paura, perché francamente…abbasta! Però me tocca, essendo di fronte a due registrazioni datate 1956 e 1957, vale a dire preistoriche. E questo povero disgraziato che vi scrive alla veloce, come fa a non tessere le lodi di una registrazione, anzi due, antichissime, che suonano da dare le allucinazioni?
Sax e tromba ragazzi…sono lì davanti a voi. Non so se mi spiego…
Non sorprende che all’inizio del ventunesimo secolo la Analogue Productions ne abbia licenziata una versione (introvabile) doppio 45 giri. Si è quasi obbligati a ristampare cose come You Get Bounce su doppio vinile 45 giri.
Roy DuNann anche questa volta ha impresso il suo aureo sigillo, e Bernie Grundman ha completato l’opera.
L’intesa tra i musicisti è orchestrale, vi è cioè una compattezza che è tipica dei collettivi. Il disco è piacevolissimo e snocciola quaranta minuti di ottimo Cool Jazz tra standard e brani originali dello stesso Counce.
Uno di quei dischi che non deludono gli intenditori ed al contempo sono in grado di conquistare il cuore dei profani. Aggiungeteci che è stato registrato come nemmeno oggi capita tanto spesso, anzi mai, ed avrete sufficienti ragioni per acquistarlo. Quasi quasi ne compero un’altra copia da tenere lì.
Così sarebbero tre, la vecchia copia semidistrutta OJC-Classic del 1984 (trovata in un mercatino molti lustri fa), e le due copie Craft.
Sì, avete ragione, il Craft suona…diverso dall’OJC del 1984 stampa USA. L’OJC 1984 è più spettacolare e americano, più badaboooom (con tutto che è piuttosto rovinato). Il colpo di piatto all’inizio ti arriva alla gola come un fendente di katana. Se lo trovate (magari messo meglio del mio) comperatelo ad occhi chiusi. Di converso…massì mettiamoci un’espressione un po’ colta…di converso il Craft è più naturale, compassato e...svizzero.
Mi sa che terrò entrambe le edizioni (anche perché a chi lo vendo l’OJC devastato del ’84?).
Pagato 33 Euro sull’Amazon franciosa, inclusa la spedizione. Sia benedetta l’Amazon franciosa, che ancora è abbordabile (non si sa per quanto).
Voto artistico : 9 ½
Voto tecnico: 10 +
Voto alla copertina: ammazza quant’è bbona la signorina...c’ha tutto un suo carisma…intrinseco…
Non so se avete notato che io possiedo la rarissima versione con copertina tridimensionale, realizzata da Craft apposta per me, in edizione limitata ad UN esemplare.

Alberto.

 

  • Melius 1
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  • 1 mese dopo...
  • 4 settimane dopo...
  • 1 mese dopo...

 

Eh, prima o poi doveva arrivare, e difatti è arrivato: il Pablo che non mi ha convinto.
Be’, dopo tutta la infilata di primi della classe recensiti nel thread "Analogue Productions - Pablo Records Serie", è giusto movimentare un po’ le cose con una recensione meno entusiastica del solito.
E’ pronto il tè? Fatemi controllare…il colore pare quello giusto, spruzzatina di limone, zuccheratina…saggiamo…mmm…bbono…scegliete voi, Rigoli o Campagnole? Mi faccio la campagnola?
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Joe Pass – Virtuoso – Pablo Records 1974 – AAA Craft Recording 2025
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Recensione alla veloce per chi preferisce le campagnole...: un po’ mi ha stancato ‘sto disco…perché lui è bravo sì…però esagera.
A dispetto di ciò esiste un solido motivo per cui bisogna possedere Virtuoso di Joe Pass, vale a dire la portentosa registrazione ad opera di Dennis Sands: incredibile. Va bene che è uno strumento solo, però ragazzi, io la chitarra registrata così bene di sopra ai padelloni non l’avevo mai ascoltata.
Metteteci anche il fatto che la stampa RTI è fatata e non fa un tic nemmeno se la prendi a cacciavitate, ed avrete una riproduzione Hi-Fi che rasenta l’assoluta perfezione. L’illusione di trovarsi di fronte al musicista è totale. Joe Pass Virtuoso, per dettaglio, timbrica e dinamica, si può considerare un, anzi il riferimento nel suo genere, pertanto l’audiofilo doc deve possederlo per forza.
Circa il lato musicale il nostro musicista fa ciò che promette, Virtuoso il titolo e virtuosa è l’esecuzione dei brani. Anche troppo. Joe Pass è uno e trino: espone la melodia, accompagna con giro di basso e improvvisa. Al tema iniziale segue scoppio di foga iper-virtuosistica, ripresa del tema, pausa di riflessione, precipitose giocolerie con incursioni nel Funk e persino nel Rock, ripresa e coda virtuosistica.
In alcuni passaggi ho fatto fatica a seguirlo, troppa confusione. Vi sono momenti in cui mi ha dato la netta impressione di voler strafare e francamente in quei frangenti mi sono distratto.
Ho decisamente preferito i brani in cui il chitarrista accompagna con gli accordi: è meno funambolico e crea un effetto orchestrale pieno, che riempie la stanza d’ascolto.
Ho sentito netta la lezione di Art Tatum, sennoché Tatum era un genio ed in quanto tale non perdeva mai il controllo del disegno generale; inoltre Tatum suonava il pianoforte, che dal punto di vista timbrico ed armonico è superiore alla chitarra di cento (mila) volte. E questo è sicuramente un bel vantaggio.
Purtroppo l’Art Tatum way nella mani di Pass diventa un cliché, manca qualcuno che diriga il chitarrista, che a dirigersi da sé mostra taluni limiti.
Joe Pass suona la classica chitarra a sei corde, e soltanto in un brano ricorre alla semi-acustica amplificata.
Se devo dare un voto al chitarrista non posso che dargli undici, perché oggettivamente è una potenza atomica. Ragazzi, in alcuni passaggi sembrano tre chitarre, non una.
Se invece devo votare il disco a stento arrivo a nove.
Al contrario la registrazione, pentadimensionale, si colloca nel panorama delle riprese Hi-Fi come un riferimento assoluto.
Copertina non filologica, causa laminatura lucida, che io preferisco alla finitura opaca, però l’originale non era laminato.
Pagato 28 Euro su IBS con lo sconto “Festa Dell’Uccello”, concesso soltanto a chi...vi ho visto, avete riso! Niente sconto per voi.
E comunque la Festa Degli Uccelli esiste davvero e si tiene ad a Agosto.
Voto artistico: 9 meno meno.
Voto tecnico: pazzesco!
Alberto.

 

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giorgiovinyl

Virtuoso l’ho ascoltato solo in streaming ma è chiaro che non è un disco facile per l’audiofilo medio. È un disco per ascoltatori esperti  di jazz. Detto ciò per chitarra sola, pur esulando dal jazz, ad un primo ascolto, gli preferisco 6 and 12 string guitar di Leo Kottke o qualunque disco di John Fahey. Mi piacerebbe confrontarmi con qualche appassionato di jazz a 360 gradi però…

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  • 3 settimane dopo...
  • 1 mese dopo...

Grazie Alberto per queste tue recensioni sempre molto interessanti.

Aspetto però quelle con il 10++ “da avere assolutamente”…….

mi sto interessando sempre di

più alla classica e lo spazio mi è rimasto quello sulla libreria condivisa con il libri della mia signora 🤣

Grazie ancora, continua così,

Giorgio

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Non so, non mi sembra di grande utilità recensire i capolavori, che tutti conoscono peraltro. Magari di quando in quando un Somethin' Else ce lo butto dentro, ma tanto Somethin' Else ce l'hanno tutti...non vedo a che pro. Comunque, terrò presente.

Alberto.

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Il 30/11/2025 at 11:22, OTREBLA ha scritto:

Kenny Burell & John Coltrane – New Jazz (1963 – R. 7 Marzo 1958) – AAA Crafts Records (2024)

Letto con attenzione ed anche la nota sul thè indiano. Il grazie e per l'opera di divulgazione meritoria, però stavolta vale un Grazie - (meno) perché hai scritto una imprecisione:

Il 30/11/2025 at 11:22, OTREBLA ha scritto:

Se Coltrane avesse continuato su questa strada sarebbe diventato il più importante tenor-sassofonista della storia Jazz,

Coltrane è assolutamente il più importante sassofonista (ci dava anche di soprano) della storia del jazz. Ed è il più importante proprio perché ha suonato i capolavori che prendono polvere 🙂

 

Ciao

D.

  • Melius 1
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Il 30/11/2025 at 11:22, OTREBLA ha scritto:

Oggi c’ho il tè d’importazione, indiano, comperato dall’extracomunitario. Ci sarà da fidarsi? Saggiamo…mah…buono è buono…saggiamo con tre Rigoli impalati…mmm...sssè…può andare…

Considerato quello che scrivi su My Favourite Things e Giant Steps temo proprio che non fosse tè quello che hai comprato

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