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Melius Club

Jazz!


analogico_09

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Inviato

Ero su su You Tube e l'algoritmo mi ha messo davanti questo video... Ho avuto un tonfo al cuore.., mai visto prima perchè non c'è scritto da nessuna parte "Music Inn", un tag grazie al quale ho trovato diversi video della serie "schegge jazz" di RaiTre dei concerti registrati nello stesso leggendario jazz club in molti dei quali ero presente.

C'erò anche quella sera del 1979 ad ascoltare il trio di Bill Evans con Marc Johnson , basso e Joe LaBarbera,  batteria. Ricordo in modo particolare, chiaramente, lo stupore provato durante l'ascolto dell'ineffabile brano composto dallo stesso Evans: Laurie.
Scusate l'autoreferenzialismo.., ma credo sia anche una buona occasione per condividere un brano musicale di grande fascino, di comune interesse, spero, per rivedere o vedere per la prima volta, per chi non vi sia mai stato, il Music Inn, un luogo "familiare", senza fretta e senza "tempo" (le ore "blu" scorrevano lisce e spensierate, il lavoro, al mattino, diventava un effetto collaterale che bisogna affrontare...), una "caverna" oscura e senza fronzoli  illuminata ogni notte dalla musica suonata dai musicisti più "modesti", eppur di notevole interesse e talento, e dai più grandi protagonisti d'oltreoceano ancora impegnati a scrivere la grande storia del jazz.
 

 

No comment, buoni ascolti!

 


 


 

 

  • Melius 1
  • Thanks 1
Inviato
Il 2/12/2022 at 19:49, damiano ha scritto:

È un percorso arduo perché HT è un compositore che deve essere ascoltato con mente libera da pregiudizi.

 

 

 

Mii pare giusto e questo vale per tutti i musicisti, per tutte le musiche.

 

Il 2/12/2022 at 19:49, damiano ha scritto:

Io ho iniziato dai suoi lavori con il gruppo Zooid (Tuba, chitarra, violoncello, basso e batteria, oltre i suoi fiati) Qualcuno scrive che HT ha portato avanti e completato, in qualche senso, il lavoro di Ornette...

 

Stessi ascolti che ho fatto anch'io, dovrei approfondire ma per il momento mi sono sembrati  lavori abbastanza interessanti, con delle ripetitività, anche comprensibili, ma non molto più di questo.

 

Per quanto riguarda una certa discendenza dalla musica di Ornette Coleman, diciamo che molti musicisti d'area "sperimentale" presentano delle affinità ereditate più o meno alla lontana dalla grande ed irripetibile "lezione" del "padre" del Free Jazz, la quale potrà essere messa a frutto ma non fatta propria o addirittura "completata", un autentico paradosso quest'ultima cosa, non sono affatto d'accordo con quel "qualcuno" che afferma ciò.
Ornette Coleman, all'interno della sua specifica ed unica sfera d'azione poetica, stilistica, estetica ed espressiva, resta non perfezionabile nè superabile; rappresenta un punto di arrivo e di ripartenza per gli altri ma per fare altre cose. Non è possibile sovrapporre, mescolare disinvoltamente i distinti piani musicali, esperenziali, espressiìvi, ecc.
Tale "lezione" potrà essere a limite assimilabile, imitabile dai "seguaci".., un po' come la musica di Coltrane che nessun sassofonista di nuova generazione potè mai portare avanti al fine di impossessarsene  o per completarla, benchè dopo la morte di Trane pochi furono i sassofonisti NON "coltraniani" ... visto che Coltrane aveva rivoluzionato in maniera irreversibile oltre il punto di non ritorno, il linguaggio, gli stili, le "tecniche" e le forme d'espressione, la "voce" stessa dello strumento che proveniva dalle profondità dello spirito.

 

 

  • 2 settimane dopo...
Gaetanoalberto
Inviato

Eureka! Ho trovato un altro spazio interessante. 

Inviato

@Look01  Per caso lo hai mai ascoltato dal vivo Bill Evans? Fuor di ironia, sto facendo un'indagine di mercato... ;)

 

@Gaetanoalberto

 

Ottimo, perchè non ci fai una recensione della leggendaria compilation di La Rocca Bolden? :classic_cool:

Inviato

@Look01 E meno male che ci sono i dischi, altrimenti il jazz, a differenza della classica, e così altri generi musicali non "scritti", sarebbero spariti per sempre.

  • Melius 1
Inviato

@analogico_09 non sono giovane, ho compiuto i cinquantasei anni e li sento tutti. Per mille motivi ne vorrei qualcuno in meno, musicalmente ne vorrei almeno dieci in più. Mi sono avvicinanato al jazz quando Miles Davis moriva. Ho fatto in tempo a vedere Ornette Coleman, Sonny Rollins, il MJQ e poco più: tutti gli altri non c'erano già più oppure si erano ritirati. Studiano la storia della musica afromaericana mi sono imbattuto nel nome di Benny Golson:, protagonista del primo concerto a cui ho assistito al Louisana di Genova (a introdurlo Giorgio Lombardi). Quando penso che mi sarebbero bastati dieci anni in più per riuscire ad assistere ai concerti di Mingus, Monk, "il tuo" Bill Evans... (e tanto che c'ero avrei vissuto in diretta quella che per me è l'epoca d'oro del rock che va da Sgt. Pepper a Dark Side of the Moon: mi immagino accendere la Radio Marelli che avevamo in cucina e sentire annunciare l'ultimo quarantacinque giri dei Beatles).

  • Melius 1
Inviato

@campaz  Bella testimonianza, mi fa venire delle nostalgie.., anche della straordinaria stagione del rock, dell'"occhio magico" delle radio Marelli o altra marca, valvolari...
Aver ascoltato e visti dal vivo Rollins, Coleman e il M.J.Q. saranno state esperienze poche ma arricchenti.

In virtù di una condizione anagrafica allora favorevole (ora meno ma non bisogna lamentarsene...),  ho potuto ascoltare i grandi del jazz che citi, dei quali mi manca solo Monk.., lo sfasamento generazionale era troppo pronuciato, lo stesso vale per Coltrane mancato per poco... diciamo che dalla fine dei '60 in avanti ho avuto il privilegio di ascoltarne , di grandi e meno grandi, davvero in gran numero. Non ho mai ascoltato il M.J.Q., mi batti! 😉

Non ho neppure ascoltato Benny Golson, gran "signore" del sax, insieme ad Art Farmer (che invece ascoltai nel marzo del 1974 al Music Inn, fantastico flicornista , accompagnato da Franco D'andrea piano, Giovanni Tommaso basso, Pepito Pignatelli alla batteria, conservo ancora la registrazione della memorabile serata), misero su un ottimo gruppo, The Jazztet.

Visto che alla fine le cose sono collegate, i discorsi si rincorrono, una ciliegia tira l'altra.., mettiamoci pure che noi latini tendiamo ad accavallare i discorsi..,  vorrei citare e condividere Richie's Dilemma, un  brano che mi piace molto tratto da un bellissimo album dei The Jazztet...

 


 



 

  • Melius 1
  • 1 mese dopo...
Inviato

 

Stavo prima sfogliando il libro "Blue Note Records - La Biografia", a cura di Richard Cook, un libro "mastro" sulla celebre casa discografica e, in cerca di info sulle registrazioni di Bud Powell (cinque in tutto, i tre volumi "The Amazon B.P." più "Time Whaits" e "The Scene Canges", anch'essi recanti la stessa definizione "The Amazon B.P., quindi di fatto i volumi sono cinque) mi sono imbattuto in una osservazione sul modo di suonare del grande pianista che mi ha molto colpito. In realtà è stato come mettere a fuoco in modo più consapevole una particolarità importante dell'estetica e del linguaggo tecnio-espressivo di Powell di cui sapevo "inconsciamente"...

L'autore del suddetto libro, nell'affrontare alcuni brani del primo volume della trilogia "Amazing", scrive:

"La musica di Powell è iperattiva, la sua mano destra sembra a momenti voler esplodere sulla tastiera con un tocco percussivo enfatizzato da un rapporto empatico con i batteristi; d'altra parte la sua capacità di pensare musicalmente anche su tempi velocissimi e le sue melodie spesso molto suggestive annullano l'impressione che stia restando senza fiato.

"Bouncing with Bud" [...] è una corsa ad ostacoli. "Wail" è frenetico e i solisti lo attraversano in volo. "Dance of Infidels " è una delle sue melodie più singolari, con una bellissima scrittura per fiati e un assolo miracoloso di Powell. "52nd Street Theme" di Monk è un omaggio all'amico [correva affettuosa e reciproca stima tra i due giganti del piano] : qui, un urgente Rollins è seguito da un Navarro in forma smagliante e da Powell stesso , che cavalca impetuoso attraverso i cambi d'accordo senza la minima esitazione.

 

Aggiungerei che la "velocità" ritmica, la grande lucidità armonico- melodica con la quale Powell costruisce le sue frasi complesse e piene di note estrememente fluide, gli deriva dalla sua militanza nel Be-Bop del quale fu colonna portante insieme a Parker, Gillespie, Mingus, Roach, ecc. 

 

Credo che, grazie a queste "introduzioni" all'ascolto, resterò ancora qualche giorno sui primi due dischi Blue Note, pozzi delle meraviglie senza fondo e delle primigenie delizie (il secondo volume già mostra un carattere diverso, nella ricorsitità stilistica e musicale, naturalmente, non meno impressionante dell'altro disco) prima di passare agli altri tre volumi... Magari ci si risente sugli stessi.

 

 

 

 

 

 

 

 

  • Melius 2
Inviato

 

Oggi pomeriggio è all'insegna di Powell.., questa volta tramite Dexter Gordon... "Our Man In Paris" è uno dei migliori dischi incisi dal sassofonista per la Blue Note che si avvale dalla energetica presenza di Bud Powell il quale "velocizza" un poco di più lo stile più "rilassato" (ma non addormentato, figuriamoci) di Gordon sfoderando la solita classe dei grandi maestri della musica.
Il disco d fu inciso a Parigi nel 1963, durante l'"esilio" dei due jazzman che in Europa, insieme ad altri colleghi e "fratelli neri",  trovarono la favorevole accoglienza, l'apprezzamento il roconoscimendo della loro arte da parte del pubblico, quella tranquillità per poter seguitare a creare senza il peso dell'indifferenza e del razzismo americano.
Powell, tra alti e bassi per via dei suoi gravi problemi psichici e altri malanni fisici, grazie all'affetto del suo pubblico, all'aiuto materiale e morale del giovane Francis Paudras appassionato di jazz, grande fan del pianista che aiutò anche a disintossicarsi dai psicofarmaci e da altri veleni, riusciva a tornare alla sua musica, lui, genio della meraviglia musicale, con la necessaria lucidità e tranquillità che erano purtroppo legati a un filo.

Sia quel che sia stato - un solo "eroico" e trasfigurante momento della vita vissuta con bruciante poesia, potrà valere più di una vita intera vissutta nella calma piatta... -,  nel momento della "riconciliazione" poetica e morale, affettiva e sentimentale, Powell suona da dio! con Dexter Gordon, con Pierre Michelot  al basso, con Kenny Clarke alla batteria (Michelot e Clark erano nel 1958 con Davis a registrare LA colonna sonora del film Ascenseur pour l'echafaud di Luis Malle.., una delle più grandi imprese della storia del jazz "colluso" con l'arte cinematografica in mirabile equilibrio)

 

 

Inviato
Il 18/1/2023 at 20:05, analogico_09 ha scritto:

Oggi pomeriggio è all'insegna di Powell.., questa volta tramite Dexter Gordon... "Our Man In Paris" è uno dei migliori dischi incisi dal sassofonista per la Blue Note che si avvale dalla energetica presenza di Bud Powell il quale "velocizza" un poco di più lo stile più "rilassato" (ma non addormentato, figuriamoci) di Gordon sfoderando la solita classe dei grandi maestri della musica.

Grazie per la dritta non mi ricordavo che il pianista in " Our Man in Paris " fosse Bud Powell ed è da parecchio che non lo sento.

Ora corro a cercare il CD chissà dove ho infilato questo tesoro e poi con calma  lo riascolto.

Ciao Stefano 

Inviato

@analogico_09 ciao, ti devo veramente ringraziare per questa tua segnalazione.

Non sono assolutamente un esperto di jazz perchè nella mia crescita musicale ho privilegiato altri generi (anche per questioni economiche, soprattutto da giovane) ma comunque ho sempre cercato di ascoltare anche un pò di musica jazz.

Curiosamente in tutta la mia "vita" ho assistito solo a tre concerti jazz ed in tutti e tre i "protagonisti" erano batteristi e cioè Buddy Rich - Max Roach - Elvin Jones ! 

Di Coltrane conoscevo le sue collaborazioni con Miles Davis e le sue opere del periodo precedente a questo.

Ho iniziato ad ascoltare Ascension per pura curiosità ed invece mi sono trovato immerso  in qualcosa di inaspettato ma immediatamente e totalmente coinvolgente.

Per ora mi sono fermato a circa 25 min. di ascolto perchè, come dici giustamente tu, è musica che va ascoltata con concentrazione ed oltretutto voglio ascoltarla meglio nel mio impianto.

Grazie, buona serata

Marco

Inviato
2 ore fa, Emmepi57 ha scritto:

Curiosamente in tutta la mia "vita" ho assistito solo a tre concerti jazz ed in tutti e tre i "protagonisti" erano batteristi e cioè Buddy Rich - Max Roach - Elvin Jones ! 

 

 

Pochi concerti ma buoni, hai ascoltato tre batteristi tra i più grandi del jazzo moderno. Quando e dove, per curiosità, magari c'ero anch'io, il mondo è piccolo... ;) mi manca solo Buddy Rich altra macchina del ritmo eccezionale.
Mi fa piacere ti il mio intervento ti abbia spinto ad ascoltare Ascension e che ti stia piacendo. Ascoltalo ancora interamente seguento la scaletta degli interventi , potrebbe rivelarsi utile anche per individuare bene ed approfondire i musicisti di tuo maggior interesse.

Buon ascolto, e facci sapere. ;)

 

Inviato

@analogico_09 Ti ringrazio per la segnalazione e mi sa che pur avendo quasi tutto di Coltrane questo mi manca é più sul Free  ultimamente ho preso Fire Music di Archie Shepp.

Sono attirato dal Free anche se non sono ancora riuscito ad entrarci in sintonia ma insisto e chissà magari Coltrane é quello giusto 😉.

Come dici bisogna dedicarci un ascolto attento e in solitudine però come molta musica difficile se riesci a trovare il grimaldello giusto e la apri inizi un viaggio  meraviglioso.

Ciao Stefano 

Inviato
1 ora fa, analogico_09 ha scritto:

Quando e dove, per curiosità

Io sono di Torino, sfruttando il documentatissimo sito del Centro Jazz Torino riesco ad essere molto preciso riguardo ai concerti di Max Roach ed Elvin Jones entrambi del 1980. Per Buddy Rich purtroppo non ricordo esattamente l'anno, credo fosse intorno al 1979, e l'ho visto con la Big Band al parco della Pellerina di Torino all'interno di una magnifica manifestazione estiva che si chiamava "Punti Verdi".

 

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ELVIN JONES JAZZ MACHINE

Elvin Jones, batteria, Ari Brown, Andrew White, sax, Marvin Horne, chitarra, Andy McCloud III, contrabbasso

 

  • Thanks 1

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