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AI ed estinzione del genere umano


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Inviato

INTELLIGENZA ARTIFICIALE     

 

Con questa espressione si indica il settore di ricerca che utilizza i programmi per calcolatore per simulare comportamenti umani ritenuti intelligenti. Le indagini sull'I.A. hanno radici lontane in alcune tesi filosofiche, particolarmente dibattute tra il XVII e il XVIII secolo e sostenute per esempio da Thomas Hobbes (1588-1679) e Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716), secondo le quali l'intelligenza umana è il risultato di operazioni deterministiche e razionali, analoghe a quelle di sistemi meccanici e di calcolo. Per la data di nascita ufficiale del progetto, e dell'etichetta, Intelligenza Artificiale (IA) si deve comunque aspettare il 1956. Durante l'estate di quell'anno, infatti, Marvin Minsky, John McCarthy, Claude Shannon e Nathaniel Rochester, organizzarono un seminario a Darmouth e dettero l'avvio al programma di ricerca che mirava a riprodurre su macchina alcune delle capacità intellettive della nostra specie. L'obiettivo del progetto era immediatamente ambizioso: lo dimostra il fatto che uno dei compiti assegnati da Minsky a un gruppo di giovani studenti, che consisteva nel collegare una telecamera a un calcolatore così da realizzare un sistema di visione artificiale, può essere tuttora considerato come uno dei problemi più complessi di questo settore.

I primi passi dell'I.A. coincidono, in certa misura, con la storia delle macchine destinate a verificare l'ipotesi che alcuni processi intelligenti possano essere simulati tramite congegni artificiali. Nella storia delle macchine di calcolo, gli anni attorno al secondo conflitto mondiale hanno segnato una svolta. In modo indipendente, ricercatori statunitensi, inglesi e tedeschi realizzarono un nuovo genere di calcolatori con lo scopo di eseguire calcoli balistici, precedentemente realizzati tramite calcolatori analogici. Questi calcolatori erano di tipo numerico e discreto, e realizzavano l'idea di Babbage, il matematico inglese che nei primi decenni dell'Ottocento aveva progettato, e parzialmente realizzato, una macchina calcolatrice meccanica. Parallelamente allo sviluppo delle macchine, come si dice dell'hardware, va seguita la realizzazione dei primi programmi che simulano attività intelligenti, il software. Un programma che suscitò notevole interesse fu quello realizzato nel 1956 da Newell, Shaw e Simon. Si trattava di un programma che dimostrava i primi 36 teoremi di logica enunciativa individuati nei Principia mathematica di Russell (1872-1970) e Whitehead (1861-1947). Ciò che impressionò molto fu che il Logic Theorist (era questo il nome del programma) riuscì a dimostrare uno dei teoremi in un modo più elegante e diretto di quanto non avevano fatto i due logici inglesi. In questa prima fase di studi emersero in modo piuttosto chiaro due aspetti: in primo luogo le macchine riuscivano bene quando simulavano compiti specifici; in secondo luogo, la simulazione era ancor più efficiente se tali compiti rientravano in determinati domini di attività intelligenti. La prima questione riguarda la generalità dell'intelligenza. Le macchine sono in grado di affrontare compiti dai contorni ben definiti, in cui le variabili in gioco, gli obiettivi e le possibilità sono stabilite sin dall'inizio, una caratteristica questa ben sfruttata dai progettisti degli odierni "sistemi esperti", programmi destinati ad assistere l'essere umano in settori circoscritti e con opzioni stabilite. Laddove queste caratteristiche vengono lasciate indeterminate sorgono immediatamente delle difficoltà. Questo ci porta al secondo problema. Se il compito da affrontare è uno di quelli tipicamente risolti dal "senso comune", le macchine si trovano di fronte a difficoltà enormi, dal momento che è estremamente complesso definire i contorni di problemi apparentemente banali come "riconoscere un essere umano". Per far questo occorre non solo rappresentare elementi di conoscenza in un determinato dominio, ma anche le giuste relazioni inferenziali tra tali elementi.

L'I.A. è intrinsecamente legata ai calcolatori elettronici che la realizzano ed è allora opportuno considerare gli aspetti teorici fondamentali dei calcolatori. Ogni calcolatore digitale non è altro che una realizzazione fisica della macchina astratta ideale nota come "macchina di Turing". Tale modello, concepito dal matematico inglese Alan Turing (1912-1954), è dotato di tre componenti fondamentali: un nastro di lunghezza potenzialmente infinita diviso in celle, una testina di lettura/scrittura e un insieme di regole. Sulle celle del nastro sono scritti dei simboli (poiché si tratta di macchine discrete un codice binario a 0 e 1 è la soluzione astratta più semplice). La testina scorre lungo il nastro e può compiere determinate operazioni, come cancellare i simboli che incontra, scriverne altri, o anche non fare nulla. Ciò che la testina fa è completamente determinato dalle regole, che specificano sia gli stati interni della testina che le sue operazioni. In questo senso, la "macchina di Turing" non è altro che un insieme di cinque informazioni: una coppia di informazioni in ingresso, che segnala lo stato attuale della testina e il simbolo scritto sul nastro, e una tripla in uscita, che segnala l'operazione o regola eseguita, l'eventuale nuovo simbolo sul nastro e il nuovo stato della testina. Un calcolatore non è altro che una realizzazione possibile, spesso più rapida ed efficiente, di questo modello astratto e generale di macchina. L'aspetto fondamentale della macchina di Turing è la sua generalità: essa può simulare tutto ciò che è computabile, dato che tutto ciò che è computabile è trasformabile in termini di operazioni su un codice binario (questa è, in sostanza, la tesi di Church-Turing). Questo modello astratto di macchina viene spesso realizzato tramite un'architettura computazionale complessiva ideata e descritta dal matematico John von Neumann (1903-1957). In base a questa architettura un calcolatore si compone di tre parti: una memoria, un processore e un interfaccia con l'utente. Nella memoria, che può essere suddivisa in fissa e volatile, vengono conservati i programmi e i dati (se si tratta di memoria fissa). Gli uni e gli altri sono trasformati, tramite calcoli, dal processore, e i risultati vengono riportati sull'interfaccia, uno schermo o una stampante, in modo tale che possano essere disponibili per l'utente. Le differenze rilevabili tra questa architettura computazionale e l'architettura del nostro cervello costituiscono una delle motivazioni che spingono i connessionisti a criticare la fattibilità del progetto dell'IA secondo le linee tradizionali. Venendo alle strategie di ricerca, possiamo osservare che esistono due interpretazioni dell'I.A., una più ingegneristica, l'altra più teorica. La prima cerca di realizzare sistemi in grado di assistere l'uomo in compiti specifici. La seconda interpretazione ha come scopo la simulazione dei processi  oltre che dei risultati intellettivi umani, configurandosi così come una vera e propria riproduzione artificiale dell'intelligenza. All'interno di questa seconda interpretazione è possibile operare una ulteriore suddivisione, in termini di I.A. forte e debole. Secondo l'I.A. forte un calcolatore che simuli i processi tramite i quali gli esseri umani giungono a fornire determinate risposte dati specifici problemi sarebbe a sua volta dotato di mente: si tratterebbe a tutti gli effetti di una macchina pensante; l'IA debole, al contrario, ritiene che un tale calcolatore sarebbe soltanto un ottimo strumento per controllare le nostre ipotesi circa i processi interni attivi negli esseri umani quando questi vengono posti di fronte a un problema dato. Secondo l'I.A. debole, in sostanza, i programmi sarebbero solo teorie della mente, e non menti.

Da un punto di vista filosofico, l'I.A. concepisce i calcolatori come sistemi fisici di simboli. Vale a dire, le sequenze di 0 e 1 che caratterizzano l'operare fisico della macchina, caratterizzano anche il suo operare simbolico, il tipo di computazioni che la macchina sta eseguendo.  Nella sua forma più radicale questa tesi sostiene che la cognizione non è altro che computazione.  Naturalmente, ciò non è sufficiente affinché una macchina pensi. Sarà necessario realizzare un sistema di rappresentazione della conoscenza, ovvero un sistema che faccia corrispondere alle strutture di simboli nella macchina delle relazioni semantiche nel mondo. In questo senso si può comprendere l'impatto teorico dell'I.A. forte: se il pensiero è manipolazione di simboli tramite processi di calcolo, e se questi simboli sono fisicamente realizzati in una macchina calcolatrice ma possono presentare corrispondenze con stati del mondo, allora la macchina che sta fisicamente realizzando delle computazioni semanticamente adeguate sta di fatto pensando. Tale proposta teorica vorrebbe così risolvere l'antico dibattito sul problema mente-corpo, mostrando come l'attività mentale sia possibile a partire dalla sola attività fisica, il calcolo. Al tempo stesso, è alla radice di quella corrente di pensiero nota sotto il nome di funzionalismo. Tuttavia, questa proposta non fornisce alcuna definizione di cosa sia un comportamento o un'attività intelligente. Spiega in che modo l'intelligenza possa essere attività di calcolo di un apparato fisico, come un calcolatore o il cervello, ma non dice quando questa attività può essere considerata intelligente. Per affrontare questo aspetto del problema ci si è per molto tempo affidati a una sorta di test, anch'esso ideato da Turing (noto come "test di Turing"). Una possibile versione di questo test, formulato originariamente come "il gioco dell'imitazione", prevede di definire intelligente un calcolatore soltanto se riesce a ingannare un essere umano facendosi passare per un suo consimile mediante processi che intuitivamente consideriamo intelligenti (come per esempio una conversazione). La tesi del sistema fisico di simboli, assieme al test di Turing, hanno stimolato molti scienziati dell'artificiale a produrre programmi in grado di interagire in linguaggio naturale così da poter sostenere l'effettivo raggiungimento di una intelligenza artificiale. Ad opporsi a questa possibilità, e quindi al contempo all'ipotesi del sistema fisico di simboli come all'efficacia del test di Turing, è stato il filosofo John Searle. Il problema che pone Searle è il seguente: se un calcolatore fosse in grado di "chiacchierare" come un normale parlante, diremmo che sta effettivamente usando il linguaggio? Searle attacca tale eventualità sostenendo che quanto emerge dal test di Turing e dai programmi basati sull'ipotesi del sistema fisico di simboli non è altro che una pura imitazione comportamentale, la quale non mette in gioco alcun fenomeno intenzionale. Poiché l'intenzionalità è uno degli elementi cardine della comprensione e della produzione di enunciati, non si può dire che la macchina comprende le storie. Secondo Searle, lo stato funzionale di una certa risposta a una certa domanda può essere simulato con un programma, ma di fatto non coincide con uno stato di comprensione. Comprendere, dunque, non può essere equivalente alla manipolazione di simboli in base alla loro forma, per quanto velocemente e accuratamente si possa farlo. L'intensità della polemica sollevata da Searle è comunque un chiaro segnale del profondo impatto filosofico di questo settore di studi.

Inviato

@Savgal Lo sai che riportare il contenuto di interi libri puo' essere soggetto a violazione del diritto d'autore?:classic_biggrin:

Inviato
46 minuti fa, appecundria ha scritto:

Di solito me lo dicono le donne, ma comunque grazie

Cala...che vendi !

:classic_biggrin:

  • Haha 1
Inviato
15 minuti fa, briandinazareth ha scritto:

È pura necessità, non volontà.

 

Comunque ci sono specie sterminate da altre specie, estinzioni guidate dalla selezione sessuale, massacri all'interno della stessa specie, intere foreste distrutte dal ficus strangolatore e moltissime altri casi possibili 

Ma sempre non per volontà di una specie qualsiasi. Qui invece l'AI potrebbe (o no) decidere di farlo perchè ne è in grado.

Inviato

E' una sintesi di qualche anno fa, quindi datata.

Definire cosa si intenda per mente e per intelligenza è estremamente difficile, rientrano nei casi tipici in cui si utlizzano dei significanti, ma il cui significato è estremamente vago, indefinito.

Ai miei studenti per indicare cosa potesse essere l'intelligenza, raccontavo gli esperimenti con gli scimpanzé degli psicologi della Gestalt. Questi consistevano nell’osservare il comportamento dei primati in una situazione problematica quale quella di raggiungere del cibo posto fuori da una gabbia e non raggiungibile senza l’ausilio di uno strumento. A portata della mano degli scimpanzé ponevano un bastone. Questi riuscivano a prendere il cibo impiegando il bastone per avvicinarlo alla gabbia, mostrando un atto di intelligenza che essi definivano la ristrutturazione dl campo cognitivo attraverso un atto di insight.

 

Inviato

@dec

Sintesi da una enciclopedia filosofica, ammetto che non è una mia opera.

Inviato

@Savgal Ma figurati, mi permettevo solo di scherzare sul fatto che il tuo post fosse "diversamente breve".:classic_rolleyes:

Comunque si nota che la sintesi non è aggiornata, in questo campo anche pochi mesi fanno la differenza.

extermination
Inviato

Sarebbe già buono se l'AI non prendesse decisioni politiche di modo che, in una remota eventualità, tutti contro l'AI ( pure il M5s contro le alleanze allargate!!

Inviato
1 ora fa, ferdydurke ha scritto:

se vogliamo pure il termostato che accende e spenge il riscaldamento è intelligenza artificiale il quanto reagisce ad un input abbassando o alzando la temperatura…

Secondo me una delle caratteristiche dell'intelligenza è la non prevedibilità creativa. Ovvero: a fronte degli stessi input, possiamo avere output diversi. La sostituzione dell'intelligenza con un'altra non darà con certezza lo stesso risultato, e non lo darà con certezza neppure la stessa intelligenza in due momenti diversi (potrebbe "pensarne una nuova" apparentemente persino senza relazione con l'input).

Ovvero: intelligenza e creatività sono una e duplice.

Il termostato è assolutamente prevedibile: se la temperatura scende sotto la soglia impostata lui accenderà la caldaia, sempre e comunque. E qualsiasi altro termostato al suo posto farà la stessa cosa.

Intelligenza zero.

Inviato
14 minuti fa, lufranz ha scritto:

Il termostato è assolutamente prevedibile:

Shht... Una notizia del genere sarebbe la fine di parecchi caldaisti artigiani...  :classic_biggrin:

Mighty Quinn
Inviato
25 minuti fa, extermination ha scritto:

Sarebbe già buono se l'AI non prendesse decisioni politiche

Meglio farle prendere a statisti di comprovata affidabilità tipo kim yong un, Putin, Berlusconi ecc ...

 

23 minuti fa, lufranz ha scritto:

Secondo me una delle caratteristiche dell'intelligenza è la non prevedibilità creativa

Infatti è quello che sa fare meglio l'AI

L'arte 

Musica, quadri... eccellente

Approposito: 

Tra un po' chissà come distingueremo le idee e le capacità dell'artista da quelle di AI

https://abcnews.go.com/amp/Business/christies-sells-ai-produced-art-half-million-dollars/story?id=58749667

Inviato
Adesso, FabioSabbatini ha scritto:

Infatti è quello che sa fare meglio l'AI

L'arte 

Musica, quadri... eccellente

Ma non scherziamo.

Le ho chiesto di scrivere un "elogio della mosca".

Confrontato il risultato con una pagina scritta sullo stesso argomento da uno scrittore greco di oltre 2000 anni fa (Luciano di Samosata), fa semplicemente ridere i polli. Un ragazzino di quinta elementare appena bravino avrebbe fatto di molto meglio.

 

Mighty Quinn
Inviato
7 minuti fa, lufranz ha scritto:

Luciano di Samosata

Grande Luciano

Attenzione però

Un conto sono i giochini AI gratis

Un conto le versioni a pagamento

Spesso dedicate a scopi specifici, ad es scientifici e costano assai

E hanno ben altre performance

Inoltre

Scherzo dici?

Quando la gente paga mezzo milione per un quadro AI io ci vedo tutto tranne che uno scherzo

Ed è solo l'inizio

Col permesso e con tutto il rispetto per Luciano 

L'AI farà l'arte come e meglio degli umani

E chi lo decide?

Gli umani stessi, che ci appozzano già e ci appozzeranno sempre più un sacco di soldi

Che ci piaccia o no

Anche a Fontana Pollock Warhol ecc...li minchionavano all'inizio

Dicevano:

Arte? Non scherziamo!

 

extermination
Inviato
14 minuti fa, FabioSabbatini ha scritto:

Meglio farle prendere a statisti

Eddai! Non dirmi che servivano le faccine ( a proposito d'intelligenza)

Mighty Quinn
Inviato
1 minuto fa, extermination ha scritto:

Eddai! Non dirmi che servivano le faccine ( a proposito d'intelligenza)

È che non avevo capito il senso del tuo post

Mica sono intelligente come AI, abbi pazienza

:classic_smile:

  • Haha 1
Inviato
12 minuti fa, FabioSabbatini ha scritto:

Mica sono intelligente come AI, abbi pazienza

AI AI AI...

  • Haha 1
Inviato

La definizione di cosa sia la mente è al centro del dibattito nel campo delle scienze cognitive. Rientrano in questo campo le teorie scientifiche delle capacità cognitive basate sul paradigma, dominante alla fine degli anni Cinquanta, della "elaborazione delle informazioni". Il dibattito che in passato nella filosofia era tra monisti e dualisti cartesiani, è divenuto, in ragione di un comune presupposto materialistico, tra riduzionisti (teorici dell'intelligenza artificiale "forte") e non-riduzionisti (teorici dell'intelligenza artificiale "debole").
I teorici dell'intelligenza artificiale "forte" sono convinti che l'intelligenza umana sia solo più complessa di quella del computer.
I teorici dell'intelligenza artificiale "debole" ritengono invece che l'intelligenza umana debba essere specificamente distinta da quella del computer; la mente è intesa come il prodotto dell'organizzazione biologica e chimica del cervello, e presenta quindi proprietà peculiari, come la coscienza o l'intenzionalità, che non sono riproducibili.
I primi identificano l'intelligenza prevalentemente con la capacità di manipolare simboli, e ritengono che il computer comprenda; i secondi definiscono l'intelligenza come la capacità di interpretare simboli, e sostengono che il computer non comprende, ma simula la comprensione.
Howard Gardner utilizza il modello "modulare" della mente proposto da Jerry Alan Fodor, che sosteneva l'esistenza di un gran numero di unità specializzate e relativamente autonome, per avanzare la tesi di una pluralità di intelligenze, che va oltre quella, proposta a seguito agli interventi di separazione chirurgica dei due emisferi cerebrali eseguiti da Roger Sperry tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, della specificità dei due emisferi cerebrali (logico-linguistico e temporale il sinistro, intuitivo-artistico e spaziale il destro). Per Gardner esisterebbero, infatti, sette tipi diversi di intelligenza: musicale, corporeo-cinestetica, logico-matematica, linguistica, spaziale, interpersonale e intrapersonale.
Interessanti sono il caso H.M. https://it.wikipedia.org/wiki/H.M. e il caso Phineas Gage https://it.wikipedia.org/wiki/Phineas_Gage
Per approfondire consiglierei di Massimo Piattelli Palmarini "Le scienze cognitive classiche: un panorama"

briandinazareth
Inviato
1 ora fa, lufranz ha scritto:

Secondo me una delle caratteristiche dell'intelligenza è la non prevedibilità creativa. Ovvero: a fronte degli stessi input, possiamo avere output diversi. La sostituzione dell'intelligenza con un'altra non darà con certezza lo stesso risultato, e non lo darà con certezza neppure la stessa intelligenza in due momenti diversi (potrebbe "pensarne una nuova" apparentemente persino senza relazione con l'input).

Ovvero: intelligenza e creatività sono una e duplice.

Il termostato è assolutamente prevedibile: se la temperatura scende sotto la soglia impostata lui accenderà la caldaia, sempre e comunque. E qualsiasi altro termostato al suo posto farà la stessa cosa.

Intelligenza zero.

 

la ia, essendo come il cervello, statistico e non deterministico, risponde a questa definzione di intelligenza.


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