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Res gestae et historia rerum gestarum. Riflessioni intorno alla falsificazione


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briandinazareth
Inviato
1 minuto fa, maxnalesso ha scritto:

Perchè loro preferivano la monarchia ed avevano le loro motivazioni

 

infatti possiamo dare un giudizio sulle motivazioni di voler mantenere la monarchia che ha consentito il fascismo e la distruzione della democrazia, la guerra... fra le varie cose.

non un giudizio sul fatto che fossero minoranza o maggioranza, ma nel merito.

Inviato
4 ore fa, Savgal ha scritto:

Una prima premessa, le foibe rispetto alla immane tragedia della Seconda guerra mondiale, ai suoi decine di milioni di morti, è un episodio del tutto marginale

Vedi, le guerre sono una immane tragedia, ed e’ ovvio che fanno milioni di morti.

Poi ci sono i crimini di guerra, che sono un’altra cosa, rappresentano un “quid pluris” rispetto alla guerra.

Ad esempio la strage delle fosse ardeatine, con 335 prigionieri ostaggi uomini italiani e’ un crimine di guerra.

La pulizia etnica e il genocidio sono crimini di guerra.

Cercare di sminuire l’immane crimine di guerra delle foibe, con decine di migliaia di uomini, donne e bambini sterminati in modo orribile e sistematico in una immane operazione di pulizia etnica contro gli italiani, attuata dai comunisti di Tito, derubricandolo ad “episodio marginale”, significa falsificare la storia.

 

  • Melius 1
Inviato

L'eccidio delle foibe, i cui morti sono stati stimati tra i 5000 e i 10000, rimane un episodio marginale della Seconda guerra mondiale. Per chiarire con un altro episodio, nella guerra di Etiopia fu utilizzata l'iprite contro l'esercito etiope, ma non è certo quell'episodio a definire cosa fu e quali erano gli obiettivi della guerra di Etiopia. In un saggio sul fascismo l'utilizzo dell'iprite è limitata ad una frase, nonostante vi sia un capitolo sull'argomento. Al pari dei morti per stenti, fame e malattie nel campo di Arbe troverete al più un rigo, ed anche in questo caso i morti si contano in migliaia.

Quando eventi secondari sono posti al pari di quelli determinanti, mi sorge il dubbio che vi siano intenti strumentali. Difatti cosa cambia l'interpretazione del ruolo dell'Italia nella Seconda guerra mondiale con le foibe mi sfugge, aggressori siano stati e tali rimaniamo.

  • Melius 2
Inviato
9 ore fa, Savgal ha scritto:

Sopra è stata citata la questione "foibe" come esempio di storia. La storia è altra cosa.

È uno dei più classici esempi di ricostruzione della realtà al fine di farla entrare nel proprio castello immaginario. Al secondo posto via Rasella. Non ho commentato perché tanto è inutile, nessuno toglie mattoni al suo castello.

  • Melius 1
Inviato
Il 18/7/2023 at 18:35, Savgal ha scritto:

L'eccidio delle foibe, i cui morti sono stati stimati tra i 5000 e i 10000, rimane un episodio marginale della Seconda guerra mondiale.

Nelle dinamiche della guerra mondiale senz’altro, ma in quelle relative alla definizione del confine post bellico tra Italia ed Jugoslavia assolutamente no, quello che si ripete da tempo è che le foibe furono il tentativo jugoslavo messo in atto dai partigiani di Tito di fare tutto ciò che Stalin al tempo e Putin ai giorni nostri hanno fatto con ì territori che volevano annette, deportato e massacrando i civili residenti, con il Donbass e con la Crimea è stato fatto tra l’indignazione mondiale leggi Bucha ed il resto, con le foibe avvenne allora, in sostanza una “pulizia etnica” messa in atto dai partigiani di Tito con la collaborazione di “alcuni” partigiani comunisti, in questo aspetto si colloca la vicenda di Maga Porzus e L'Eccidio di Porzûs fu uno degli episodi più controversi della Resistenza italiana: l'esecuzione capitale di alcuni componenti della Brigata Osoppo, formazione di orientamento cattolico e laico-socialista, da parte di alcuni partigiani gappisti, partigiani alle dirette dipendenze del PCI.

http://www.porzus.it/it/Le-Malghe-di-Porzus/
Alla fine la dimostrazione di questa “verità nascosta” sulle foibe, ricordiamo anche eliminate dai ricordi nei libri di testo scolastici e riapparse solo qualche decennio fa, è la contesa su Trieste italiana e sui territori ceduti agli jugoslavi che, nella volontà dei partigiani di Tito, avrebbe dovuto essere una contesa per un territorio ancor più vasto che arrivasse all’Isonzo o addirittura ancora più giù.

Al riguardo vi sblocco un ricordo per fatti accaduti a ridosso della fine del conflitto è passato alla storia:

 

 

 

https://www.ilpost.it/2016/06/15/giro-italia-1946/

 

 

 

https://www.ilpost.it/2014/10/26/trieste-italia-jugoslavia/
 

Il ritorno di Trieste all’Italia

Accadde oggi, 60 anni fa, alla fine di una lunga e complicata contesa diplomatica iniziata alla fine della Seconda guerra mondiale, e che oggi in pochi ricordano

La mattina del 26 ottobre del 1954, esattamente 60 anni fa, i soldati italiani entravano a Trieste per la prima volta dopo dieci anni. Quel giorno la città cessava di essere un territorio amministrato dalla comunità internazionale e tornava a fare parte dell’Italia. Era la fine di un complicato contenzioso diplomatico cominciato alla fine della Seconda guerra mondiale e oggi quasi dimenticato, che aveva diviso l’Italia e la Jugoslavia di Tito e che alla fine avrebbe portato quasi duecentomila italiani a vivere in territorio jugoslavo.

La questione orientale
Nella primavera del 1945 la Seconda guerra mondiale stava per arrivare alla sua conclusione militare, ma restavano ancora aperte una serie di questioni. Una di queste, naturalmente, era quale sistemazione dare ai confini europei terminata la guerra. L’Italia, considerata uno dei paesi aggressori, avrebbe dovuto compiere una serie di rinunce territoriali. Le più ovvie – e quelle su cui c’era poco da discutere – erano le colonie: Eritrea, Somalia, Etiopia, Libia e le isole del Dodecaneso. C’erano speranze di poter mantenere una qualche forma di mandato sulla Libia, dove abitavano circa 150mila italiani.

Meno realisticamente, in quei mesi si parlava anche del desiderio francese di annettere la Valle d’Aosta e di quello austriaco di annettere l’Alto Adige. Ma la questione più complicata era quella dei territori al confine orientale tra l’Italia e quelle che oggi sono Slovenia e Croazia: qui c’erano città a chiara maggioranza italiana, come Trieste, mentre nei vicini territori dell’Istria e della Dalmazia c’erano borghi e città con comunità italiane sin dai tempi della Repubblica di Venezia. L’Istria era divenuta parte dell’Italia dopo la Prima guerra mondiale e nel 1924 lo era diventata anche Fiume (la città famosa per la grottesca “impresa” di Gabriele d’Annunzio).

Tutti questi territori, nell’intervallo tra le due guerre, furono amministrati duramente e le popolazioni slave locali furono represse e osteggiate in ogni modo dal governo fascista e dalle squadracce locali. Le lingue diverse dall’italiano erano di fatto vietate in molti posti e gli attivisti e politici slavi subivano spesso veri e propri raid punitivi. La politica di italianizzazione forzata divenne ancora più crudele durante la guerra, quando ai pestaggi si sostituirono le deportazioni in Germania e le fucilazioni. La repressione non riuscì però a cambiare la realtà di quella regione, dove la popolazione di lingua slava (croato e sloveno) rimase mischiata con quella di lingua italiana. In molte città costiere, come Fiume, Pola e Zara, c’era una chiara maggioranza italiana, mentre nei sobborghi e nell’entroterra la maggioranza era di lingua slava.

Le trattative
Con la resa di Italia e Germania, al confine orientale si svolse una specie di gara. Le truppe alleate anglo-americane, che risalendo l’Italia erano sfociate nella pianura padana, cercarono di raggiungere il più rapidamente possibile la frontiera con la Jugoslavia. Dall’altro lato, le truppe del leader comunista Tito cercarono di avanzare altrettanto velocemente. Anche se nessuno all’epoca lo ammetteva apertamente, in molto pensavano che il punto dove i due eserciti si sarebbero incontrati avrebbe segnato la nuova frontiera tra i due paesi. La gara fu vinta, in sostanza, dagli jugoslavi. Le truppe di Tito riuscirono a occupare Fiume, Pola e gran parte dell’Istria. In quei mesi circa 11 mila italiani vennero uccisi in una serie di ritorsioni e processi di “defascistizzazione”: molte delle persone uccise vennero sepolte nelle fosse carsiche chiamate “foibe”. Le truppe di Tito riuscirono ad arrivare anche a Trieste, dove però scoprirono che erano appena arrivati i soldati neozelandesi del generale Bernard Freyberg. Il 9 giugno le truppe jugoslave lasciarono Trieste e la situazione si stabilizzò. In sostanza: le truppe alleate erano riuscite a occupare una zona poco più larga dell’attuale confine tra Italia e Jugoslavia. Correndo molto più rapidamente, l’esercito di Tito era riuscito a occupare gran parte di quella che fino al 1924 era considerata “Italia”. La questione, a questo punto, diventava di competenza dei diplomatici.

Il 3 settembre del 1943 l’Italia aveva firmato un armistizio, cioè un documento “preliminare” di resa, annunciato pubblicamente l’8 settembre. Per considerare del tutto conclusa la guerra era necessario firmare un trattato di pace complessivo che riguardasse tutti i paesi coinvolti. I ministri degli Esteri e i capi di governo dei vari stati si incontrarono in una serie di conferenze tra il 1945 e il 1946. I ministri degli Esteri (o più spesso, i funzionari dei loro ministeri) delle potenze vincitrici principali – Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Unione Sovietica – preparavano dei documenti su ogni questione aperta. Le varie parti peroravano la propria causa, si raggiungeva un accordo e solo a quel punto la questione veniva chiusa. Quella italo-jugoslava era uno dei temi più complessi. Non c’era soltanto il problema delle complicate divisioni etniche e linguistiche da rispettare, ma anche il fatto che Italia e Jugoslavia erano ai due lati della divisione tra mondo occidentale e blocco comunista.

In sostanza bisognava determinare dove sarebbe passato il confine tra Italia e Jugoslavia. I più favorevoli all’Italia erano gli americani, che proposero una linea che lasciava al nostro paese gran parte dell’Istria. L’Unione Sovietica, molto più vicina alla Jugoslavia, propose un confine che lasciava Trieste e parte di Gorizia alla Jugoslavia. La Francia propose una via di mezzo, molto vicina all’attuale confine, che sembrava anche l’opzione più realistica. Non perché rispettava le divisioni linguistiche, ma perché seguiva il confine effettivamente occupato dagli eserciti nei mesi precedenti. Furono momenti drammatici per l’Italia che si trovava anche a dover gestire la transizione da monarchia a repubblica, e un’economia in gravissima difficoltà. Nel frattempo furono inviate commissioni per studiare la situazione sul confine orientale; e furono organizzate manifestazioni più o meno propagandistiche per dimostrare che la popolazione del posto era da una parte piuttosto che dall’altra.

Alla fine del 1946 la questione italo-jugoslava era divenuta per molti un peso che intralciava la soluzione di altre e ancora più importanti questioni, come la sistemazione di Vienna, quella di Berlino e della Germania divisa. Venne deciso che il confine avrebbe seguito la linea francese, che consegnava alla Jugoslavia numerose città e borghi a maggioranza italiana – in sostanza tutta l’Istria. Circa centomila italiani finivano così in Jugoslavia e alcune decine di migliaia di slavi finivano in Italia. Non solo: Russia e Jugoslavia si erano opposte con tale forza al fatto che Trieste divenisse italiana che per ottenere il loro assenso al piano di pace fu necessaria un’invenzione spericolata. Trieste e il suo circondario sarebbero divenute un Territorio Libero, amministrato dalla comunità internazionale. Gli stessi alleati avevano stabilito che la maggioranza assoluta degli abitanti di questa zona era di lingua italiana e così in molti ritennero che l’escamotage del Territorio Libero fosse solo un modo per ritardare di qualche tempo il ritorno del territorio all’Italia.

La teoria si dimostrò però molto presto in conflitto con la situazione sul campo. Più di metà dell’area del futuro Territorio Libero faceva parte di quelle zone che l’esercito jugoslavo aveva occupato nel 1945 e Tito aveva fatto capire che i soldati jugoslavi non se ne sarebbero andati a meno che costretti con le armi. Così venne deciso di dividere il Territorio Libero in due aree. La Zona A, con Trieste e circa 300 mila abitanti (gran parte italiani), amministrata dagli alleati. E la Zona B, con circa 60 mila abitanti, la maggioranza sempre italiana, amministrata dagli jugoslavi. Con il trattato di Parigi del 10 febbraio 1947 questa situazione venne legalmente sanzionata e per i sette anni successivi cominciò un lungo stallo.

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Di fatto gli alleati avevano intenzione di abbandonare la Zona A quanto prima. Non solo era costoso mantenere un contingente militare per controllare il Territorio Libero, ma l’occupazione aveva anche esasperato gli animi e ci furono numerosi incidenti, anche con morti e feriti, con gruppi di nazionalisti italiani. Di fatto però, fino a che al governo ci fu De Gasperi, l’Italia non affrettò mai il passaggio di consegne tra amministrazione internazionale e governo italiano. Il timore era che non appena gli alleati avessero ceduto la Zona A, gli jugoslavi si sarebbero annessi, anche formalmente, la Zona B che già controllavano di fatto, insieme ai 50 mila italiani che la abitavano. Per anni il governo italiano cercò di trovare la soluzione per far sì che anche la Zona B venisse tolta alla Jugoslavia. Non ci riuscì e il 5 ottobre 1954, con al governo Mario Scelba, venne firmato il Memorandum di Londra con cui veniva accettata la situazione di fatto. Il 26 ottobre Trieste ritornò italiana.

Inviato

@Savgal @appecundria ovviamente entrambi conoscete benissimo le vicende sopra riportate perché conoscete benissimo la storia,

molto meglio di me, ragione per la quale rientrare perfettamente entrambi nell’argomento che nel thread si voleva sviscera credo, siete d’accordo? 😉

Inviato

La storia... questa sconosciuta ... spesso vista a senso unico.... :

 

<<  La cosiddetta operazione Meetinghouse, messa in atto il 10 marzo 1945, è stato il più duro bombardamento statunitense su Tokyo: 267mila edifici distrutti, pari al 25% della città, 100mila vittime. In generale, i bombardamenti di Tokyo avvennero nel corso della seconda guerra mondiale dal 1942 all’estate del 1945 e furono condotti esclusivamente dalle forze aeree statunitensi. Provocarono devastazioni ingenti alla capitale nipponica e centinaia di migliaia di morti.

 

Ben 234 bombardieri B-32 rovesciarono su Tokyo 1.665 tonnellate di bombe incendiarie

 

L’episodio avvenuto nella notte tra il 9 e il 10 marzo del ‘45, in particolare, fu paragonabile ad una tempesta di fuoco che investì Tokyo: 234 bombardieri B-32 rovesciarono sulla città 1.665 tonnellate di bombe incendiarie a cluster, bombe al magnesio, bombe al fosforo bianco antesignane del napalm. L’effetto fu devastante e vennero distrutti circa 41 chilometri quadrati della città, e  si contarono oltre 72.489 civili giapponesi. Il coinvolgimento della popolazione civile, che in Europa si cercò in tutti i modi di evitare, venne ignorato in estremo Oriente. La prima città colpita fu Kobe, il 3 febbraio 1945. Poi fu il turno di Tokyo.

 

Il calore sprigionato incendiò gli abiti delle persone e le acconciature delle donne

 

Dopo due ore di bombardamenti, Tokyo era avvolta in una vera e propria tempesta di fuoco, che sprigionò tanto calore al punto da incendiare spontaneamente gli abiti delle persone e le acconciature delle donne. I raid con il napalm furono affiancati anche da attacchi che facevano uso di bombe tradizionali ad alto potere distruttivo. L’intensità dei bombardamenti aumentò mese dopo mese passando dalle 13.800 tonnellate di bombe sganciate a marzo, alle 42.700 di luglio. >>

 

https://www.ilgiornaleditalia.it/news/esteri/463950/operazione-meetinghouse-bombardamento-usa-tokyo.html

Inviato

https://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Toffanin

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Mario Toffanin detto Giacca
 

L'eccidio di Porzûs

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Il casolare presso il quale furono catturati i partigiani della brigata Osoppo


 

Biografia

Quando Toffanin aveva sette anni il padre si trasferì a Trieste, per lavorare ai Cantieri San Marco. Nel 1933 entrò nel Partito Comunista Italiano, al quale aveva fatto richiesta di affiliarsi già a 17 anni. Lavorò al San Marco dal 1927 al 1940, quando fu coscritto in previsione dell'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale. Si fece riformare dopo tre mesi di leva e riparò in Jugoslavia.

Durante l'invasione della Jugoslavia ricevette l'incarico di organizzare la resistenza e di costituire delle formazioni partigiane, con le quali combatté dal 1941 al 1943 in Croazia. Arrestato il 20 aprile 1943 riuscì a fuggire quattro mesi dopo assieme ad altri 28 antifascisti, durante il trasferimento in Germania. Tornò a Trieste dopo l'8 settembre e dove diresse i GAP locali; in tale periodo la moglie fu deportata ad Auschwitz, da dove tornò alla fine del 1945.

L'eccidio di Porzûs

Trasferito, fu assegnato ai GAP di Udine. Il 2 febbraio 1945 formò un nuovo battaglione. Il 7 febbraio 1945, su mandato del Comando del IX Korpus sloveno e dei dirigenti della federazione del PCI di Udine, il battaglione si finse composto da sbandati e prese prigioniero, alle malghe di Porzûs (comune di Faedis), il comando della Brigata Osoppo, guidata da Francesco De Gregori, detto "Bolla" (zio dell'omonimo cantautore Francesco De Gregori).

I membri dell'Osoppo furono radunati e Toffanin interrogò "Bolla" sull'ubicazione delle armi e delle munizioni della brigata, che furono requisite. De Gregori e Gastone Valente detto "Enea" (commissario politico delle Brigate Giustizia e Libertà) furono subito uccisi, gli altri partigiani osovani furono portati via e interrogati.

«Caricato il materiale saccheggiato sulle spalle dei prigionieri, venne formata la colonna per scendere in pianura. L'operazione non era però finita. Circa venti garibaldini con a capo "Giacca" rimasero alla malga e dopo non molto furono udite delle raffiche. Era la fine di "Bolla" ed "Enea". I loro corpi vennero poi trasfigurati, pugnalati e sputacchiati.»

([1])


Il giorno dopo i partigiani della Osoppo furono smistati presso il battaglione "Ardito" e il Battaglione "Giotto". Alcuni, fra i quali Guido Pasolini detto "Ermes", fratello dello scrittore Pier Paolo Pasolini, furono uccisi. La federazione del PCI di Udine cercò di attribuire le uccisioni a forze tedesche o fasciste ma essa stessa sciolse, qualche giorno dopo, il battaglione di Toffanin.[2]

Il fatto viene ricordato come eccidio di Porzûs. Mario Lizzero, commissario politico delle brigate Garibaldi friulane, non appena seppe della strage, propose la pena di morte per Toffanin e i suoi uomini.

In un'autobiografia pubblicata postuma 1995[3], Lizzero affermerà:

«un centinaio di gappisti garibaldini, senza divise (...) convintisi, senza avere prove concrete, che la ventina di partigiani osovari avessero rapporti con il nemico, appena giunti passarono per le armi il comandante "Bolla", il Commissario "Enea", una donna indicata come spia da Radio Londra, e un quarto uomo. Arrestarono poi gli altri che passarono per le armi in modo feroce, uno dopo l'altro, senza processo alcuno: 19 osovari assassinati! (...) Quella non è stata giustizia partigiana, ma un vero e proprio eccidio (...). Ritengo che l'eccidio di Porzus sia all'origine della grande perdita di prestigio e di forza della Resistenza garibaldina ed anche del PCI. Purtroppo su quella formazione GAP di "Giacca" il Comando del Gruppo Divisioni Garibaldi "Friuli" di cui ero commissario politico non ha mai avuto alcuna influenza, essendo quella formazione (che dopo Porzus pressoché sciogliemmo) legata, e questo è assai grave, alla direzione della Federazione Comunista friulana dell'epoca[4].»


Il dopoguerra

Durante l'occupazione jugoslava del capoluogo giuliano, nel 1945, Toffanin ricevette la nomina a funzionario del PCI cittadino. Il 23 giugno 1945 fu denunciato presso la procura di Udine per l'eccidio di Porzus dal Comando Divisioni Osoppo. Nel 1946, quindi, fuggì in Jugoslavia, dove ricevette la "Partizanska spomenica 1941", onorificenza jugoslava per i veterani della guerra partigiana. Quando la Jugoslavia fu espulsa dal Cominform si spostò in Cecoslovacchia. Nell'ottobre del 1951 iniziò il processo per i fatti di Porzûs presso la Corte d'Assise di Lucca. Nel 1952 fu quindi condannato, in contumacia, all'ergastolo. Nel 1978, durante la presidenza Pertini gli venne concessa la grazia, atto che fu contestato da diversi commentatori[5]. Nel 1991 si trasferì a Sesana, centro sloveno a poca distanza dal confine italiano, dove morì a 86 anni, il 22 gennaio 1999.

Inviato

@maxnalesso

I bombardamenti su Tokyo rasero al suolo la città e si stima furono 200.000 i morti, per la quasi totalità civili. Ho verificato personalmente che chi insiste sulle foibe ignora cosa avvenne a Cefalonia o a Marzabotto o a Sant'Anna di Stazzema o cosa fu dell'ARMIR o la battaglia di Stalingrado. Quando fu istituito il "Giorno del ricordo" un gruppo di attivisti di AN venne nella mia scuola a parlare delle foibe (tra parentesi le foibe le ho anche visitate). Pareva che le foibe fossero l'episodio centrale della guerra e che gli aggressori fossero stati gli yugoslavi, rimuovendo il dato di fatto che nell'invasione di quei territori gli italiani furono a fianco dei tedeschi e che dopo al termined ell'invasione l'Italia annetté alcune aree della Yugoslavia.

Inviato
23 minuti fa, Savgal ha scritto:

Ho verificato personalmente che chi insiste sulle foibe ignora cosa avvenne a Cefalonia o a Marzabotto o a Sant'Anna di Stazzema o cosa fu dell'ARMIR o la battaglia di Stalingrado.

Scusami ma perché insistere per cercare altri episodi sui quali la narrazione storica non ha assolutamente perso la memoria, tra i quali quelli da te indicati, ma ai quali vi ha dedicato giustamente film e libri oltre che spazi nei libri di testo, paragonandolo alla questione delle foibe da inquadrare anche e soprattutto in base a quanto riportato nei precedenti post e che “raccontano” una parte di storia importante del periodo immediatamente successivo alla guerra e che ha rappresentanti l’inizio della storia del periodo successivo caratterizzato della contrapposizione tra i due blocchi di cui invece fu cancellata ogni traccia dai libri di testo scolastici per lungo periodo?

Il thread si riprometteva proprio di raccontare esempi di “falsificazione storica” e le foibe ne sono un esempio lampante al contrario dei fatti da te ricordati che vanno inquadrati diversamente e sui quali certamente non si è ne si era persa la memoria storica, tutt’altro.

 

Inviato

Non bastasse quanto sopra basti ricordare il Kosovo, Milosevic e le fosse comuni nella guerra civile che portò alla dissoluzione della ex Jugoslavia, la pulizia etnica effettuata dalle milizie serbe di Milosevic portarono ad un numero di morti stimati analogo a quelle delle foibe, quei tragici eventi li ricordiamo tutti e furono classificati come crimine di guerra, vi fu un processo con primo imputato Milosevic che fu condannato, questo non prima che intervenissero per fermare il massacro direttamente le forze della NATO.

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_del_Kosovo#:~:text=10.317 civili furono uccisi o,un totale di 13.548 caduti.

Inviato

Falsificazione della storia non è solo "dire menzogne", ma anche "nascondere le verità" ...

Ma fino a che non si capisce questo semplice assunto, tutto il resto si trasforma facilmente in pretesto ideologico

Inviato
5 ore fa, maurodg65 ha scritto:

che “raccontano” una parte di storia importante del periodo immediatamente successivo alla guerra e che ha rappresentanti l’inizio della storia del periodo successivo caratterizzato della contrapposizione tra i due blocchi di cui invece fu cancellata ogni traccia dai libri di testo scolastici per lungo periodo?


è falso.

Inviato
26 minuti fa, appecundria ha scritto:

è falso.

Negare le evidenze storiche non è mai una scelta corretta, non è una mia invenzione ma un sto di fatto che la città di Trieste ed i suoi abitanti hanno vissuto sulla propria pelle.. 

Inviato
8 ore fa, maurodg65 ha scritto:

conoscete benissimo le vicende sopra riportate perché conoscete benissimo la storia, molto meglio di me, ragione per la quale rientrare perfettamente entrambi nell’argomento che nel thread si voleva sviscera credo, siete d’accordo? 😉


Sui fatti storici innesti la classica chiave di lettura anti Resistenza e pro Fascismo.

Non mi è chiaro quale tesi sostieni, per me l'interpretazione è libera, ognuno ha la sua.

Poi ciascuna interpretazione può essere più o meno interessante a seconda se riesca a spiegare la complessità oppure si limita a mettere in croce quattro fatterelli per avvalorare una falsificazione.

 

La complessità, a parte il generale teatro di guerra mondiale, non può eludere il fatto che l’invasione nazifascista in Jugoslavia fece un milione di vittime su 15 milioni di abitanti senza farsi mancare nessuna forma di barbarie, vedi Ruza Petrovic per tutte, arrestata e torturata, sulla via del ritorno a casa, un gruppo di fascisti la ferma e la picchia nuovamente. Dopo essere stata colpita in fronte con il calcio del fucile, cade a terra. A quel punto i fascisti la legano ad un albero, mentre uno di loro le cava entrambi gli occhi con un pugnale.

In Istria nel ’43 le persone uccise nel corso della insurrezione successiva all’8 settembre contro gli occupanti nazifascisti sono 471 (riportato da un articolo apparso il 19 gennaio 1944 sul Corriere della Sera) o forse 2.000 considerando il conteggio più inclusivo e discutibile. Considera che nello stesso periodo, in Emilia Romagna furono altrettanto 2.000 le vittime dei vari regolamenti di conti.
 

Una interpretazione che non tenga conto di questi aspetti, diciamo che è poco interessante, giusto per per non chiamarla falsificazione.

Inviato
23 minuti fa, maurodg65 ha scritto:

Negare le evidenze storiche non è mai una scelta corretta, non è una mia invenzione ma un sto di fatto che la città di Trieste ed i suoi abitanti hanno vissuto sulla propria pelle.. 

è falso questo

Cita

episodi sui quali la narrazione storica non ha assolutamente perso la memoria, tra i quali quelli da te indicati, ma ai quali vi ha dedicato giustamente film e libri oltre che spazi nei libri di testo, paragonandolo alla questione delle foibe da inquadrare anche e soprattutto in base a quanto riportato nei precedenti post e che “raccontano” una parte di storia importante del periodo immediatamente successivo alla guerra e che ha rappresentanti l’inizio della storia del periodo successivo caratterizzato della contrapposizione tra i due blocchi di cui invece fu cancellata ogni traccia dai libri di testo scolastici per lungo periodo?

 

Inviato
Adesso, appecundria ha scritto:

Sui fatti storici innesti la classica chiave di lettura anti Resistenza e pro Fascismo.

No, questa è una tua conclusione del tutto arbitraria, dimmi da dove la deduci? 

1 minuto fa, appecundria ha scritto:

La complessità, a parte il generale teatro di guerra mondiale, non può eludere il fatto che l’invasione nazifascista in Jugoslavia fece un milione di vittime su 15 milioni di abitanti senza farsi mancare nessuna forma di barbarie, vedi Ruza Petrovic per tutte, arrestata e torturata, sulla via del ritorno a casa, un gruppo di fascisti la ferma e la picchia nuovamente. Dopo essere stata colpita in fronte con il calcio del fucile, cade a terra. A quel punto i fascisti la legano ad un albero, mentre uno di loro le cava entrambi gli occhi con un pugnale.

Si, ma questo con quanto ho scritto non c’entra nulla, quello che accadde sul Carso triestino avvenne anche nel Carso jugoslavo e nelle foibe finirono anche gli oppositori di Tito non italiani di origine o di lingue, al netto delle ovvietà riportate da più fonti che videro i partigiani di Tito effettuare una vera e propria pulizia etnica nella Venezia Giulia con l’intento di annettere i territori giuliani alla Jugoslavia, questa è storia e non chiacchiere di parte.

In quel contesto noi abbiamo “oscurato” le foibe per decenni anche sui libri di scuola e minimizzato la querelle sui confini post bellica, che da sconfitti ci stava tutta ma che avrebbe dato un senso diverso alla tragedia delle foibe.

Inviato

Cinquemila anni di storia e di cosa parliamo? Della vendetta sui criminali di guerra nazifascisti. 


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