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Toni Negri, il "cattivo maestro" è morto


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Inviato

La nuove libertà inesplorate fanno paura, ma possiamo stare tranquilli che l'onda di risacca è in azione da 40 anni e i risultati adesso li possono vedere anche i più distratti. Legge e ordine, dio patria e famiglia. Ci si sente tanto sicuri. 

Inviato

Di tutto quello una cosa è rimasta  

Da allora gli stipendi non sono aumentati.

Da allora nessuno va più in TV o su i giornali a dire che noi abbiamo il costo del lavoro più alto del mondo.

Da allora una famiglia con 2 stipendi che faceva settimana bianca e mese estivo di vacanza, oggi fa un paio di fine settimana di vacanza ed esce poco la sera.

Cosa abbiamo oggi? Rassegnazione condita da tanto menefreghismo.

Accidenti come si sta bene adesso!

 

 

Inviato
1 ora fa, 31canzoni ha scritto:

Legge e ordine, dio patria e famiglia. Ci si sente tanto sicuri. 

Quello purtroppo è uno dei frutti malati di scelte politiche cieche.

sono automatismi che arrivano regolarmente quando si superano certe linee e tocca purtroppo sopportare assieme alle stupidaggini propalate al tempo e oggi viste con nostalgia, come il clima dell’epoca e i lutti conseguenti.

proprio un bel risultato il fallimento scontato delle idee rivoluzionarie, una logorante lotta intestina che dura da decenni, e la generazione altrettanto scontata di una svolta reazionaria conseguente ad una azione politica priva di linearità che non trova base logica applicabile.

come non esserne orgogliosi e celebrarne gli attori che hanno spinto migliaia di persone a perdersi.

Inviato
46 minuti fa, loureediano ha scritto:

Rassegnazione condita da tanto menefreghismo

Appunto, due miserie in un corpo solo… ( ri-cit.)

 

Inviato

Di Negri e di altri intellettuali dell'epoca ricordo un determinismo, un meccanicismo che ben poco si addice ai fenomeni storici e sociali.

Condivido la lettura molto più articolata di Hobsbawm e di altri storici che ritenevano che la rivoluzione socialista fosse in fondo, se non l'ultimo dei pensieri, del proletariato di quegli anni.  La contestazione studentesca del ’68 appariva agli occhi del proletariato dell’epoca difficilmente comprensibile. Era difficile comprendere come coloro che l’operaio considerava dei privilegiati rifiutassero l’ordine delle cose e come tale rifiuto avvenisse in nome di un’illimitata autonomia dei desideri dei singoli individui e non per un altro ordine sociale. Il peccato d’origine della contestazione studentesca fu il basarsi su un individualismo estremo, egocentrico, narcisista, che, forse inconsapevolmente, condivideva paradossalmente le motivazioni psicologiche della società consumistica, la stessa società che contestava in piazza, condividevano una rappresentazione dell’essere umano che identificava la sua essenza nel perseguimento dei propri desideri individuali. La spinta innovatrice si dissolse nella società dei consumi che si contestava, accelerò il dissolvimento del residuo del senso di appartenenza ad una comunità, visibile nella coscienza di classe. A mio parere ciò che Negri ed altri non colsero o non furono in grado di cogliere fu l’universalizzazione di alcuni aspetti, quelli negativi, dell’individualismo borghese, la chiusura nell’interesse privato, il rincorrere il benessere materiale e la gratificazione della propria vanità quale unici fini, l’indifferenza verso il mondo e gli altri. In altri termini, utilizzando la terminologia che sarebbe piaciuta a Toni Negri, che il capitalismo aveva sconfitto il proletariato.

briandinazareth
Inviato
15 minuti fa, Savgal ha scritto:

A mio parere ciò che Negri ed altri non colsero o non furono in grado di cogliere fu l’universalizzazione di alcuni aspetti, quelli negativi, dell’individualismo borghese, la chiusura nell’interesse privato, il rincorrere il benessere materiale e la gratificazione della propria vanità quale unici fini, l’indifferenza verso il mondo e gli altri. In altri termini, utilizzando la terminologia che sarebbe piaciuta a Toni Negri, che il capitalismo aveva sconfitto il proletariato.

 

hai ragione, questa tua annotazione si ritrova nel libro che citavo prima, "impero" del 2000 e nei successivi. 

il concetto di moltitudine si avvicina a quello che dicevi

Inviato
1 ora fa, Savgal ha scritto:

A mio parere ciò che Negri ed altri non colsero o non furono in grado di cogliere fu l’universalizzazione di alcuni aspetti, quelli negativi, dell’individualismo borghese, la chiusura nell’interesse privato, il rincorrere il benessere materiale e la gratificazione della propria vanità quale unici fini, l’indifferenza verso il mondo e gli altri. In altri termini, utilizzando la terminologia che sarebbe piaciuta a Toni Negri, che il capitalismo aveva sconfitto il proletariato.

Capirai che fatica cogliere una simile banalità, se non sei in piena sbornia ideologia, un intellettuale fine analista che che sfugge da tali basi, che peraltro erano già ben presenti e sottolineate anche da altri in precedenza, tipo Pasolini ecc.

 

 

Inviato
1 ora fa, Savgal ha scritto:

In altri termini, utilizzando la terminologia che sarebbe piaciuta a Toni Negri, che il capitalismo aveva sconfitto il proletariato.

Fallita l'idea che un'élite borghese avrebbe fatto da avanguardia rivoluzionaria, fallita la funzione organizzatrice e rivoluzionaria del partito comunista (italiano), non rimaneva che la prassi rivoluzionaria della "moltitudine", diretta, elementare basata sui bisogni elementari e naturali, non subordinati a nulla e a nessuno, non differibili, immediati e assoluti nella loro urgenza. Il punto debole è che lo spontaneismo senza organizzazione e struttura non va da nessuna parte. La parte di analisi destruens era cmq corretta, mancava la parte costruens o meglio era totalmente contradditoria.

Inviato

Aho’ di chi e’ la simca in doppia fila fuori della sezione?

Inviato

@31canzoni

Alcuni aspetti inoltre non sono stati considerati. Fare propria l'idea che il benessere materiale, inteso come quantità di beni da poter acquistare, e che la gratificazione della vanità, intesa come collocazione nella gerarchia sociale, siano gli obiettivi della vita, crea inevitabilmente frustrazione in coloro che possono conseguirli ed un rancore che cerca ragioni.

Inviato
55 minuti fa, Savgal ha scritto:

Alcuni aspetti inoltre non sono stati considerati. Fare propria l'idea che il benessere materiale, inteso come quantità di beni da poter acquistare, e che la gratificazione della vanità, intesa come collocazione nella gerarchia sociale, siano gli obiettivi della vita, crea inevitabilmente frustrazione in coloro che possono conseguirli ed un rancore che cerca ragioni.

Concordo che possa sembrare, ed anche essere riduttivo, considerare le persone "materialisticamente" , insomma una eccessiva semplificazione dell'essere umano; credo però che, nel caso di Negri, questo non sia ignorato ma di contro acquisito. Per semplificarla la tesi è: soddisfazione dei bisogni materiali come presupposto per la libertà, l'accesso alla soddisfazione di bisogni secondari, e superamento di una visione unidimensionale/materiale della persona, una vita insomma non alienata che vive nel passato o nel futuro, ma una vita qui ed ora primo passo di autodeterminazione.

PS: @mozarteum pfuiii...non ho la simca, la mia è la NSU color senape, senza i copricerchi.

Inviato
3 ore fa, mozarteum ha scritto:

Aho’ di chi e’ la simca in doppia fila fuori della sezione?

Non disturbare! Aspetta che finisca il dibbbattito 

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Inviato

A volte,per porre fine al dibbbattito: "qualcuno" tirava giù dal terzo piano tavoli e scrivanie...

Inviato

@31canzoni

 

Si sostiene di aver studiato i classici, ma li si rimuove quando costoro sostengono tesi molto lontane dalle convinzioni dei presente. L’individualismo fino a pochi secoli addietro era considerato un disvalore.

Aristotele considerava l’uomo come “bios politikos” e scriveva: Quindi ogni stato esiste per natura, se per natura esistono anche le prime comunità: … Da queste considerazioni è evidente che lo stato è un prodotto naturale e che l’uomo per natura è un essere socievole: quindi chi vive fuori della comunità statale per natura e non per qualche caso è un abietto o è superiore all'uomo, … E per natura lo stato è anteriore alla famiglia e a ciascuno di noi perché il tutto dev'essere necessariamente anteriore alla parte: … È evidente dunque e che lo stato esiste per natura e che è anteriore a ciascun individuo: difatti, se non è autosufficiente, ogni individuo separato sarà nella stessa condizione delle altre parti rispetto al tutto, e quindi chi non è in grado di entrare nella comunità o per la sua autosufficienza non ne sente il bisogno, non è parte dello stato, e di conseguenza è o bestia o dio.

L’essenza dell’uomo in Aristotele, la sua umanità, è in ragione del suo appartenere ad una comunità, che egli considera anteriore al singolo. L’uomo è tale in quanto parte di una comunità e che solo in questa comunità possa esprimere la sua essenza, anzi che “La comunità esiste per rendere possibile una vita felice”.

La stessa convinzione di Aristotele la ritroviamo nel mondo latino e in Cicerone, che scrive: “Dunque, che un uomo sottragga qualcosa ad un altro e aumenti il proprio vantaggio con lo svantaggio di un altro è contro natura più della morte, della povertà, del dolore e di tutti gli altri mali che possono accadere al corpo o ai beni esterni: ciò infatti mina alle basi la convivenza umana e la società.” (Cicerone - de Officiis - Libro terzo - La legge naturale).

La stessa convinzione la ritroviamo nel pensiero di Tommaso d’Aquino e del mondo medioevale.

Tommaso d'Aquino scrive "Individuo è ciò che rimane indiviso in se stesso, e diviso da qualunque altro essere, senza che sia possibile un'ulteriore suddivisione". In questa concezione atomistica, l'individuo era dunque una sorta di limite del pensiero, l'ulteriormente irriducibile, che, proprio in quanto monade, è incomunicabile: "Dall'essenza individuale discendono due cose, l'incomunicabilità, e l'impossibilità di trovarsi in più di una cosa". Non è possibile darne scienza perché i nomi individuali, a differenza di quelli universali, possono essere predicati soltanto in relazione ad un unico soggetto. All'interno di questa convinzione l'individuo era percepito come limite, elemento più lontano dalla razionalità che si esprime nel mondo e nel corpo sociale, e dunque fonte di possibile perturbazione della natura stessa, in quanto incarna un principio egoistico rispetto a quello universale che si esprime nella società. Per Tommaso d’Aquino la razionalità si esprime nel mondo e nel corpo sociale, l’individuo era considerato una fonte di disordine di quella natura che si esprime nel mondo sociale. L’individuo incarna un principio egoistico in antitesi con quello universale che nel mondo sociale trova espressione.

 

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