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Arcadi Volodos


Lolparpit

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Ero anche io presente in sala Sinopoli e condivido a pieno la recensione di Angelo.

In Schubert a mio avviso e’ mancata la dimensione “viennese” e cioe’ il fluire della musica attraverso il dolore senza accentuazioni nel colloquio interiore mesto trasfigurato in melos: la lezione di Brendel insomma anche se io in assoluto continuo, nelle sole sonate, a preferire Kempff, forse perche’ il primo amore non si scorda mai e anche per la eccellenza tecnica delle registrazioni (da me suonano meglio che le altre).

Grandissimo concerto peraltro, Scriabin difficilissimo e di gran tecnica come oggi forse nessuno. Peccato sia saltato Schumann

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Purtroppo ce lo propinano quasi tutti gli anni a Bergamo, ed io lo salto (nonostante sia abbonato) come salto il suo alter-ego Sokolov. Interpretazioni piattissime, tutte uguali e di una noia mortale. 

Purtroppo Bergamo questo passa, ormai da anni. Se se vuole ascoltare un pianista (o una pianista) come Dio comanda, bisogna spostarsi a Milano. La medesima cosa vale per le orchestre. 

Alberto.

  • Confused 1
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@FLORESTANO Per me su Volodos ha influito una certa 'cattiva' fama, almeno 15-10 anni fa: erano diventati molti popolari alcuni video su youtube con pezzi da virtuoso popolare, la sua trascrizione di 'Alla turca' di Mozart, una sua Rapsodia ungherese di Liszt sempre trascritta...insomma, è così rientrato nell'idea stereotipata del pianistone russo, virtuosone, spaccatastiera. Un mio conoscente lo chiamava 'il trattore'...In realtà nel concerto dell'altra sera l'unica concessione a questo tipo di virtuosismo è stato nel secondo bis, la sua trascrizione di Malaguena di Lecuona...e in un recital con esecuzioni molto tormentate, un pezzone spettacolare per congedarsi, spagnoleggiante, non ha fatto male.

Poi per me il bello di Volodos è la grande espressività, e la sua tecnica favolosa, è al servizio di questo. 

Per paradosso per me i momenti più belli, con le sonorità più affascinanti e penetranti, sono stati i pezzi lenti.

Angelo 

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@Lolparpit  Grazie anche da parte mia per la bellissima recensione. Trovo in particolare condivisibile le considerazioni che fai sulla innumerevoli gradazioni dei "piano" e "pianissimo" che Volodos riesce a produrre conservando chiarezza e uguaglianza di suono. C'è qualcosa di miracoloso in questo. Ho un biglietto per il concerto del 7 marzo e il tuo resoconto non può che aumentare l'attesa :)

Per quanto mi riguarda, come è facile intuire, ammiro molto Volodos come musicista. I suoi dischi dedicati a Brahms e a Schubert sono poi tra le cose migliori pubblicate in anni recenti in ambito pianistico, a mio avviso. Li trovo semplicemente straordinari.

Mi ha colpito poi il paragone proposto da @Carlo con Horowitz. Non avevo mai pensato a Volodos in questi termini, forse perché nella mia testa Horowitz è un fuoriclasse assoluto che fa storia a sè e non ammette paragoni, un po' come Gould e pochi altri grandi pianisti il cui numero non supera quello delle dita di una mano. Ma probabilmente Carlo ha ragione, c'è una sorta di implicita assonanza e continuità tra i due, anche se guardiamo la lora parabola artistica. 

 

 

 

  • Thanks 1
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@Grancolauro A me il paragone con Horowitz convince molto: trovo lo stesso gusto nel trovare sonorità pianistiche rare, preziose, capaci di sedurre l’ascoltatore. Notavo che Volodos non insegue il mito della chiarezza e distinzione a tutti i costi…ama spesso una poetica dell’indistinto, cerca le brume, la macchia. E in Skrjabin funziona benissimo. E va ascoltato dal vivo, va captata l’atmosfera che riesce a creare…

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  • 1 mese dopo...

@Grancolauro grazie per la bella recensione. Molto interessante la riflessione sulla capacità di Volodos nel gestire le voci, di farle emergere e caratterizzarle. Mi è venuto in mente che ho ascoltato, e mi sono piaciuti moltissimo, alcuni Lieder di Schubert trascritti da Liszt…repertorio alla Horowitz, o Sofrinitsky, o Berman. 
Ecco qui:

Per me è splendido.

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14 ore fa, Grancolauro ha scritto:

Ultima aggiunta: un amico che mi era accanto ha notato che alla fine il concerto è stato freddo, privo di trasporto emotivo. Questa cosa mi ha fatto riflettere. In effetti Volodos non sembra abbandonarsi mai.

Condivido: mi sembra in effetti molto calmo, molto riflessivo, molto razionale (anche fuori dal palcoscenico dove, pur sembrando chiuso, ha un aspetto bonario). Non trovo però la facilità ostentata di un Lang Lang, che mi sembra tenda alla spettacolarizzazione. A me comunque non sembra distaccato dall'oggetto sonoro che sta producendo.

Ci sono questioni aperte per me su questo pianista: perché non suona Chopin? Eppure adora Schubert, Schumann, Skrjabin...

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