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Melius Club

Un Legnetto In Una Cascata: Hampton Hawes


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Inviato
2 ore fa, OTREBLA ha scritto:

Recensione alla veloce per chi non ha voglia di leggere ... In occasione dell’uscita della ristampa Craft-Recordings di For Real, uno dei capolavori dell’immenso Hampton Hawes, al posto di scrivere la solita recensione, che nel caso di Hampton Hawes è inutile, perché…diciamo che vi dovete fidare di me, ho preferito raccontarvi la sua storia, o meglio farvene un sunto; che tanto sunto non è.
A puntate.

 

.... Siccome ho la fortuna di saper distinguere tra un discreto musicista, uno buono ed uno che proprio è un altro pianeta

 

 

Vorrei, volentieri gradirei farlo, ma tendo a non fidarmi troppo di chi dice di se stesso di saper distinguere tra musicisti discreti, buoni e di altri pianeti dopo aver letto che lo stesso più volte abbia cercato di "sminuire" - con giudizi trancant, senza adeguatamente, anzi senza un minimo motivare - uno dei più grandi musicisti della scena del jazz e della musica tutta del '900 che aveva e seguita ad avere per nome John Coltrane. Per non parlare dell'altro genio della musica afroamericana, Ornette Coleman ed altri grandi musicisti del modale, del free, altre avanguardie, robe fondamentali, capitali, primarie, non episodi periferici della storia della musica afroamericana. Sarebbe come attribuire a ste stessi le capacità di riconoscere i grandi e meno grandi musicisti dell''800 europeo sostenendo nel contempo, ad esempio,  che Schubert sia noioso e Brahms un compositore della domenica...

 

Mi pare inoltre apprezzabile il fatto di voler risparmiare al lettore una recensione del disco presentato che non sia alla veloce, ma noto una contraddizione formale, visto che, lo si voglia leggere o meno, ci si ritrova di fronte ad lungo e nonolitico racconto biografico mutuato da fonte/i di cui si sarebbe potuto citare anche  il/i link come si usa di norma fare per lasciare al lettore la possibilità di attingere al testo originale di Hampton Hawes non già "liberamente adattato" autoreferenzialmente...

 

Sul fatto che FOR REAL sia un grandissimo disco, e che H. H. sia un grande pianista, non si discute, pleonastico enfatizzare ciò che rappresenta l'evidenza universalmente riconosciuta, come non si discute che Coltrane sia un musicista dell'anima che ha lasciato nella storia del jazz perle discografiche irripetibili, dal primo all'ultimo album, a cui vanno il riconoscimento e la graditudine universali, anzi cosmica, "interstellare"...  un'"ascension" di beatitudine musicale suprema, checchè ne dicano i "critici idiosincratici" improvvisati, prevenuti e risentiti. 

  • Melius 2
Inviato
5 ore fa, analogico_09 ha scritto:

Vorrei, volentieri gradirei farlo, ma tendo a non fidarmi troppo di chi dice di se stesso di saper distinguere tra musicisti discreti, buoni e di altri pianeti dopo aver letto che lo stesso più volte abbia cercato di "sminuire" - con giudizi trancant, senza adeguatamente, anzi senza un minimo motivare - uno dei più grandi musicisti della scena del jazz e della musica tutta del '900 che aveva e seguita ad avere per nome John Coltrane

Ormai certe “recensioni” evito proprio di leggerle. La musica è un hobby anzi una passione ma il tempo è limitato, meglio impiegarlo nell’ascolto. Documentarsi è sempre un bene ma per fortuna e riviste sul jazz non mi mancano. 
Anche sul web sapendo cercare si trovano fonti autorevoli, anche qui su Melius ci sono forumers degni di stima. 

  • Melius 1
Inviato
40 minuti fa, giorgiovinyl ha scritto:

Documentarsi è sempre un bene ma per fortuna e riviste sul jazz non mi mancano. 
Anche sul web sapendo cercare si trovano fonti autorevoli, anche qui su Melius ci sono forumers degni di stima. 

 

Non vengo nel forum per "documentarmi", bensì per condividere idee ed opinioni, per il piacere di scrivere e leggere qualche buon intervento sulla musica, cinema, fotografia, dischi, vita, società, etc, benchè non legga tutto, ovvio.

Capita anche di imbattermi in interventi dai quali  cui non mi lascio scandalizare intervenendo secondo "coscienza".
Come ben sai neppure a me mancano le fonti di critica e di informazione musicale autorevole cui attingere per accrescere le modeste conoscenze. Dove i concerti live di jazz, di classica, di altre musiche seguiti assiduamente nel corso di numerosi anni, unitamente al mio interesse per la pratica musicale fatta per diletto in ambiti didattici e concertistici "professionali",  sono stati la mia "scuola" musicale più arricchente.  Io stesso modestamente mi autoconsidero un po' come una fonte di discrete conoscenze cui autoattingere... :classic_tongue:

:classic_wink:

Inviato

 

UN LEGNETTO IN UNA CASCATA: HAMPTON HAWES
Parte Seconda:

Il Magnaccia

Il giorno stesso in cui si diploma all’istituto tecnico, Hampton inizia la carriera di pianista professionista.

E’ ancora minorenne ed il Sevener deve firmare per suo conto ogni contratto, accordo e spesa. Fino a quel momento il giovane ha subito l’influenza dei maggiori pianisti Jazz dell’epoca, vale a dire Fats Waller ed Art Tatum; in seguito assorbirà la lezione di Charlie Parker e Bud Powell. Di tali ascendenze e discendenze comporrà un miscuglio da cui ne scaturirà uno stile solo in parte derivativo ed allo stesso tempo distinto e separato, che lo porrà, sin da subito, fuori dall’agone delle competizioni da jam session. Appena due anni dopo il debutto al Minton’s Club, nessuno lo considera più un esordiente. E’ già Hampton Hawes: registrato ed acquisito; non si discute. Il ragazzo guarda dentro di sé ed attorno a sé, fotografa la situazione dei concorrenti sulla piazza e decide che può sfidarli a testa alta. Poco più che ventenne stringe amicizia con Billie Holiday, che lo tratterà da figlio, consigliandolo e proteggendolo. Entra in buoni rapporti con Charlie Parker e per un certo periodo gli fa da autista, poiché il sassofonista è un pessimo guidatore; un giorno l’automobile di Bird non ne vuole sapere di avviarsi e Charlie l’abbandona in mezzo alla strada. Anche Thelonious Monk era piuttosto imbranato al volante, tanto che in una occasione simile piantò pure lui la macchina per strada.
Charlie Parker offrirà al giovane Hawes il primo spinello della sua vita.
Inizia una collaborazione col tenorsassofonista di Rhythm & Blues Wild Bill Moore, ma dura poco; in seguito Hampton passa all’orchestra di Red Norvo, che lo minaccia con i mazzuoli del vibrafono ad ogni accordo sbagliato. Il periodo con Red Norvo diventa un corso di specializzazione e gli sarà utile a colmare in maniera definitiva ogni minima lacuna in ambito teorico. Norvo non gliene lascia passare mezza ed Hampton mal sopporta di essere rimproverato.
Visitando diverse cittadine degli Stati Uniti deve fare i conti col segregazionismo e le discriminazioni razziali, cose a cui non è abituato e che lo fanno ribollire di rabbia. Il ragazzo detesta tutte le forme di razzismo, non solo quella più comune e diffusa dei bianchi verso i neri, ma anche le altre, che all’epoca costituivano varianti alla principale: il razzismo dei neri verso i neri che ce l’avevano fatta; dei neri verso i bianchi; dei neri e dei bianchi verso i bianchi nati da coppie miste. Odia ogni pregiudizio ed ha imparato dal Sevener che è sempre una questione di “Giusto o sbagliato”, non di colore della pelle.
Durante l’intervallo, tra la prima e la seconda parte di un concerto, i musicisti di colore vengono fatti sloggiare e confinati in fatiscenti baracche, granai, rimesse e scantinati; in mancanza di meglio direttamente all’aperto. Una sera la cantante del gruppo, cercando di riscaldarsi nel retro del pulmino col quale viaggiano, poco ci manca che se ne vada al creatore, intossicata dal monossido di carbonio. Hampton e gli altri riescono a rianimare la donna in un campo a bordo strada; in seguito raggiungono uno spaccio in mezzo al nulla, dove comperano delle bibite ma il proprietario li obbliga a consumarle all’aperto. Avendo perso tempo il concerto nel frattempo è stato cancellato.

Nella città di San Francisco sarà testimone dell’omicidio, per futili motivi, di Frank Clarke, il bassista della band in cui suona in quel momento, freddato da un colpo di pistola sulla soglia di un albergo di quart’ordine, esploso dal fratello della tenutaria con la quale Clarke aveva avuto un alterco sul consumo eccessivo di acqua calda. Va detto che all’epoca era considerato disdicevole affittare stanze ai musicisti, neri o bianchi che fossero, reputati attaccabrighe e cattivi pagatori.
Hampton soffre moltissimo questa situazione il che lo porta a rifugiarsi prima nella musica ed in seguito...
Quattro mesi più tardi gli telefona la vedova Clarke, comunicandogli che avrebbe intenzione di risposarsi; sono trascorse poche settimane dalla tragedia e la donna ha molti dubbi sull’opportunità di questo passo; Hawes risponde esattamente come avrebbe risposto il Sevener: “Vivi la tua vita, non vale la pena di restare a casa a piangere”.
A quel principio si atterrà per tutto il corso della sua esistenza terrena.
E’ proprio durante l’ingaggio a San Francisco che un magnaccia suo conoscente lo introduce al consumo di eroina. Non ha nemmeno ventidue anni. Il magnaccia in questione, che in seguito passerà ad una florida attività legale nell’ambito della ristorazione, determinerà il destino di Hampton Hawes, la cui vita sarà in gran parte condizionata da quella fatale scelta.
A seguito del consumo di eroina il ragazzo inizia a sentirsi male e ne fa cenno al Sevener, annunciandogli che si trasferirà da un amico in Mexico. Il padre gli consiglia di prendere un po’ di magnesia, ma il giovane spiega che la cosa è più grave: talvolta gli capita di avere allucinazioni. Risposta del Sevener: “Allora potresti anche impazzire”.
Questo modo di trattare i problemi descrive perfettamente il carattere del Sevener, la cui figura avrà un ruolo fondamentale nelle scelte e nello sviluppo di Hampton: il Sevener, con la sua incrollabile fede ed il suo freddo raziocinio, si piazzava sulla soglia della chiesa chiamando a raccolta i fedeli: “Restate tranquillamente lì fuori a farvi prendere a calci in c…, oppure entrate a pregare il Signore!”. Piatto e diretto. Fede o calci in c…, tertium non datur.
Di lì a poco Hampton conosce Jacqueline (detta Jackie) Claget, impiegata di banca, alla quale confessa la propria dipendenza, in una drammatica notte in cui si inietta una dose davanti a lei.

Le nozze avranno luogo pochi mesi dopo (da chi sono celebrate, ma naturalmente dal Sevener!) ed i due sposini andranno ad abitare a casa del padre di Jackie, poiché Hampton non ha il denaro neppure per le fedi nuziali, alle quali penserà l’amico Jack McVea (sassofonista e direttore d’orchestra). Fra alti e bassi la coppia resterà unita sino alla fine.
E’ il 1952 ed il ventiquattrenne Hampton Hawes riceve una lettera che lo invita a trasferirsi dall’altra parte dell’oceano, esattamente in Corea. Un invito che non si può rifiutare.

 

  • Thanks 1
Inviato

Ottima segnalazione, grazie ancora.

Ho ascoltato e ascolto musica in maniera "cialtronesca", senza un metodo filologico e così facendo chissà quante belle cose mi sono perso.

Oggi con lo streaming in parte si può rimediare, se non fosse per il tempo che è sempre tiranno (meglio, non conosco la noia)

giorgiovinyl
Inviato

 

Intervengo sul paragone tra  Hampton Hawes e Eric Dolphy.

Non c'è dubbio che siano due grandi jazzisti, Dolphy addirittura grandissimo, ma anche a prescindere dalla differenza degli strumentI suonati, io non ci vedo proprio similitudini. 

Hawes, almeno nella prima fase di carriera, prima di essere incarcerato per droga, anche se dopo 5 anni, provvidenzialmente graziato dal presidente Kennedy,  posizionato nel blues e nel bebop, mentre Dolphy pur mantenendo un piede nella tradizione, pronto a sperimentare e a spaziare collaborando con altri musicisti, John Coltrane, Mingus, ma partecipando anche all'incisione di Free Jazz di Ornette Coleman.

Avrei visto meglio un confronto, oltre che con Bud Powell, che è il padre di tutti i pianisti bop, prendendo spunto dalla presenza del grandissimo Scott La Farò, con Bill Evans che sull'altra costa stava esplorando le possibilità del trio (con piano) jazz. 

 

capodistelle
Inviato

 

 

18 ore fa, giorgiovinyl ha scritto:

Intervengo sul paragone tra  Hampton Hawes e Eric Dolphy.

Non c'è dubbio che siano due grandi jazzisti, Dolphy addirittura grandissimo, ma anche a prescindere dalla differenza degli strumentI suonati, io non ci vedo proprio similitudini. 

 

"Hampton Hawes ed Eric Dolphy, due figure chiave del jazz della West Coast, hanno avuto alcuni contatti professionali, sebbene non esista una documentazione estesa di collaborazioni regolari tra i due. Entrambi erano attivi nella scena jazz di Los Angeles, una città in cui il bebop, l'hard bop e il jazz d'avanguardia stavano fiorendo tra gli anni '50 e '60.

 

Punti in comune e contesto della scena jazz di Los Angeles:

West Coast Jazz: Sia Hawes che Dolphy erano musicisti fortemente radicati nella scena jazz della West Coast, che, pur essendo meno nota rispetto a quella di New York, era un terreno fertile per l'innovazione musicale. Los Angeles era un centro di sviluppo del bebop, e mentre Hampton Hawes era principalmente conosciuto per il suo stile bebop e hard bop, Dolphy stava esplorando territori più d'avanguardia, spingendo i limiti dell'improvvisazione e della struttura melodica.

 

Collaborazioni con Artisti Comuni:

Entrambi lavorarono con musicisti comuni, tra cui Dexter Gordon e Charles Mingus. Mingus, in particolare, fu un personaggio centrale nella vita musicale di Eric Dolphy, ma Hawes e Mingus erano anche legati da affinità musicali e da una forte connessione alla scena di Los Angeles. È possibile che abbiano condiviso contesti musicali simili, anche se non c’è traccia di registrazioni congiunte.

 

Influenza e approccio musicale:

Anche se Hawes e Dolphy avevano stili musicali molto diversi, è interessante notare come entrambi fossero pionieri nell'ampliare i confini del jazz. Hawes era noto per il suo approccio ritmico complesso e la sua capacità di inserire elementi di blues e gospel nel bebop, mentre Dolphy esplorava nuove tecniche e sonorità con strumenti come il flauto e il clarinetto basso, spingendosi verso il free jazz. Entrambi, quindi, rappresentavano una spinta verso l'innovazione, pur venendo da punti di vista stilistici differenti.

 

Collaborazioni e registrazioni congiunte:

Non risultano collaborazioni documentate in studio tra Hampton Hawes ed Eric Dolphy. Tuttavia, data la loro presenza nella stessa scena musicale, è probabile che abbiano incrociato i loro percorsi in esibizioni dal vivo o in contesti non registrati, specialmente considerando la fitta rete di musicisti a Los Angeles negli anni '50 e '60.

 

Influenza reciproca:

Nonostante le differenze stilistiche, entrambi potrebbero aver influenzato il panorama jazz della West Coast, contribuendo a creare un ambiente in cui l'esplorazione e la sperimentazione musicale erano all'ordine del giorno. La presenza di Hawes, con il suo jazz più strutturato e radicato nel bebop, avrebbe potuto contrastare in modo complementare con l'approccio libero e sperimentale di Dolphy, creando un dialogo musicale indiretto tra le due figure.

 

In conclusione, anche se non esistono prove concrete di una stretta collaborazione tra Hampton Hawes ed Eric Dolphy, è molto probabile che i due musicisti si siano conosciuti e rispettati all'interno della vivace scena jazzistica di Los Angeles."

 

18 ore fa, giorgiovinyl ha scritto:

Avrei visto meglio un confronto, oltre che con Bud Powell,

 

 

"Hampton Hawes e Bud Powell sono due dei più grandi pianisti del jazz bebop, entrambi con uno stile virtuosistico e influente, ma con alcune differenze significative nei loro approcci e nelle loro esperienze musicali. Ecco un confronto dettagliato tra i due:

 

1. Stile Pianistico

Bud Powell: Considerato uno dei padri del pianismo bebop, Powell ha trasportato il linguaggio del bebop — nato nei fiati con Charlie Parker e Dizzy Gillespie — sul pianoforte. La sua tecnica era eccezionalmente veloce e fluida, con l'uso di scale rapide e complesse e accordi dissonanti. Powell era un maestro nell'equilibrare virtuosismo e musicalità, concentrandosi molto sull'improvvisazione solistica e sull'energia ritmica. Il suo stile è caratterizzato da un'esplosione di idee melodiche e armoniche, quasi sempre con un'intensità incalzante.

Hampton Hawes: Anche Hawes era un pianista bebop molto tecnico, ma il suo stile era più radicato nel blues e nel gospel, rendendo il suo suono più caldo e "terreno" rispetto alla tensione intellettuale di Powell. Hawes era noto per il suo senso del swing e la sua capacità di incorporare elementi bluesy nel suo fraseggio, mantenendo una profonda connessione con la tradizione afroamericana. Il suo tocco ritmico era spesso più rilassato e meno frenetico di Powell, pur restando molto intricato e ricco di sfumature.

 

2. Influenze e Formazione

Bud Powell: Powell fu pesantemente influenzato dai pionieri del bebop come Charlie Parker e Dizzy Gillespie. Sin da giovane, suonava con alcuni dei più grandi musicisti del tempo a New York, immergendosi nella scena jazz dell'epoca e diventando il punto di riferimento per i pianisti bebop. L'approccio di Powell era principalmente tecnico e cerebrale, con un focus sull'innovazione armonica e melodica. Aveva anche una formazione classica che lo aiutò a sviluppare la sua padronanza tecnica.

Hampton Hawes: Hawes, nato a Los Angeles, fu esposto in giovane età al blues e al gospel, in parte grazie al background musicale di sua madre, pianista in chiesa. La sua influenza principale, tuttavia, fu Bud Powell, di cui Hawes era un grande ammiratore. Hawes portò avanti il linguaggio bebop che Powell aveva contribuito a sviluppare, ma aggiunse un tocco più rilassato, personale e legato alle radici della musica nera americana.

 

3. Innovazione e Contributi al Jazz

Bud Powell: Powell è considerato il primo pianista a trasporre il linguaggio bebop dal sassofono e dalla tromba al pianoforte. Ha cambiato radicalmente il modo in cui i pianisti jazz vedevano lo strumento, rompendo con l'approccio stride e creando un nuovo linguaggio pianistico. La sua influenza su pianisti successivi è stata immensa, e ancora oggi viene visto come un punto di riferimento per qualsiasi pianista bebop. I suoi album come The Amazing Bud Powell e Bud Powell in Paris sono pilastri della discografia jazz.

Hampton Hawes: Sebbene non sia stato innovativo come Powell nel ridefinire il linguaggio del jazz, Hawes ha avuto un impatto significativo, specialmente nella scena del jazz della West Coast. Il suo suono era meno "urbano" rispetto a quello di Powell e più radicato nella tradizione blues, ma era anche incredibilmente innovativo in termini di ritmo e uso di spazi musicali. Hawes ha contribuito a rendere il bebop accessibile a un pubblico più ampio, introducendo elementi melodici e bluesy che potevano collegarsi a un pubblico più vasto.

 

4. Carriera e Vita Personale

Bud Powell: La carriera di Powell fu segnata da gravi problemi di salute mentale, che influenzarono negativamente la sua vita personale e professionale. Dopo essere stato brutalmente picchiato dalla polizia a New York, soffrì di problemi psichiatrici che lo portarono a frequenti ricoveri ospedalieri e all'uso di trattamenti discutibili come l'elettroshock. Questo influenzò pesantemente la sua carriera, facendolo suonare a livelli altalenanti nei suoi ultimi anni, anche se le sue prime registrazioni restano capolavori indiscussi.

Hampton Hawes: La vita di Hawes fu anch'essa segnata da difficoltà personali, in particolare legate alla dipendenza da eroina, che lo portarono a un arresto e a una condanna negli anni '50. Tuttavia, la sua carriera ebbe una rinascita grazie alla grazia presidenziale concessa da John F. Kennedy. Dopo il suo rilascio, Hawes tornò a suonare e registrare con successo. Anche lui, come Powell, ha avuto una carriera breve (morì a 48 anni), ma ha mantenuto una continuità musicale più stabile rispetto a Powell.

 

5. Eredità e Influenza

Bud Powell: La sua eredità è enorme e il suo contributo al pianoforte jazz è paragonabile a quello di Charlie Parker al sassofono. Powell ha ispirato generazioni di pianisti, da Thelonious Monk (suo contemporaneo e amico) a pianisti successivi come Bill Evans, Chick Corea, e McCoy Tyner. Il suo stile ha ridefinito il ruolo del pianoforte nel bebop e rimane uno dei più grandi innovatori della storia del jazz.

Hampton Hawes: Anche Hawes ha lasciato un segno importante, soprattutto nella scena jazz della West Coast e nell'hard bop. Ha influenzato pianisti che volevano un approccio più bluesy e rilassato al bebop, mantenendo però la virtuosità e la creatività. Pur non avendo raggiunto la fama universale di Powell, è ancora molto rispettato per la sua capacità di mescolare l'anima del blues con la tecnica del bebop.

 

Conclusione:

Bud Powell è stato un pioniere del bebop e un innovatore nel pianismo jazz, con un linguaggio rivoluzionario che ha avuto un impatto duraturo su tutta la musica jazz.

Hampton Hawes ha preso quell'innovazione e l'ha fatta sua, aggiungendo una profondità bluesy e una sensibilità più melodica e accessibile, diventando una delle voci principali del jazz della West Coast.

Entrambi hanno segnato profondamente la storia del jazz, ma Powell rappresenta l'avanguardia tecnica e l'intellettualismo del bebop, mentre Hawes incarna una versione più melodica e radicata in tradizioni musicali americane."

 

 

18 ore fa, giorgiovinyl ha scritto:

prendendo spunto dalla presenza del grandissimo Scott La Farò, con Bill Evans che sull'altra costa stava esplorando le possibilità del trio (con piano) jazz

Si può sempre chiedere a ChatGTP.

 

 

 

 

 

giorgiovinyl
Inviato
22 ore fa, giorgiovinyl ha scritto:

Hawes, almeno nella prima fase di carriera, prima di essere incarcerato per droga, anche se dopo 5 anni, provvidenzialmente graziato dal presidente Kennedy,  posizionato nel blues e nel bebop, mentre Dolphy pur mantenendo un piede nella tradizione, pronto a sperimentare e a spaziare collaborando con altri musicisti, John Coltrane, Mingus, ma partecipando anche all'incisione di Free Jazz di Ornette Coleman.

 

4 ore fa, capodistelle ha scritto:

Anche se Hawes e Dolphy avevano stili musicali molto diversi, è interessante notare come entrambi fossero pionieri nell'ampliare i confini del jazz. Hawes era noto per il suo approccio ritmico complesso e la sua capacità di inserire elementi di blues e gospel nel bebop, mentre Dolphy esplorava nuove tecniche e sonorità con strumenti come il flauto e il clarinetto basso, spingendosi verso il free jazz. Entrambi, quindi, rappresentavano una spinta verso l'innovazione, pur venendo da punti di vista stilistici differenti.

Non mi sembra che ChatGTP mi contraddica. A me continua a sembrare un accostamento superficiale. Tu che ne pensi?

P.s. visto che sei amico di ChatGPT prova a chiedere se è d’accordo che Coltrane e pedante o Miles non sa quello che vuole. Speriamo non esploda😂😱

capodistelle
Inviato
32 minuti fa, giorgiovinyl ha scritto:

Non mi sembra che ChatGTP mi contraddica. A me continua a sembrare un accostamento superficiale. Tu che ne pensi?

P.s. visto che sei amico di ChatGPT prova a chiedere se è d’accordo che Coltrane e pedante o Miles non sa quello che vuole. Speriamo non esploda😂😱

E' vero non ti contraddice, più che superficiale direi ardito. Il mio intervento coinvolgendo ChatGTP voleva alleggerire  il clima polemico che si è venuto a creare.

 

Per gioco ho posto la domanda:

E' d'accordo con me che a volte John Coltrane è pedante?

 

Ecco la risposta:

 

 

"John Coltrane è uno dei musicisti più influenti e innovativi nella storia del jazz, ma posso capire come la sua musica possa sembrare "pedante" a qualcuno, a seconda del contesto e dell'ascoltatore.

Coltrane ha esplorato percorsi musicali molto complessi, soprattutto negli anni successivi della sua carriera. Brani come quelli dell'album A Love Supreme o Ascension si spingono in territori modali, spirituali, e talvolta densi di improvvisazioni molto lunghe e intricate. A volte la sua ricerca può sembrare quasi eccessiva, ossessiva, specialmente quando si tratta di scale o sequenze armoniche, come nel caso del "Coltrane Changes", un approccio molto complesso all'armonia.

Se parliamo di "pedante", potrebbe essere un'impressione dovuta alla sua ossessiva ricerca di perfezione e spiritualità attraverso la musica, spingendo l'espressione artistica ai limiti delle convenzioni del jazz tradizionale. Ma per molti, questa profondità e complessità è ciò che lo rende geniale, anche se richiede molta concentrazione e apertura mentale.

Diresti che ti riferisci a questo quando lo trovi "pedante", o c'è qualcosa di specifico nel suo stile che ti trasmette questa sensazione?"

 

Direi che se l'è cavata. 

 

47 minuti fa, giorgiovinyl ha scritto:

o Miles non sa quello che vuole

Non ho voluto esagerare.

 

 

giorgiovinyl
Inviato
1 ora fa, capodistelle ha scritto:

Ma per molti, questa profondità e complessità è ciò che lo rende geniale, anche se richiede molta concentrazione e apertura mentale.

Certo per apprezzare Coltrane ci vuole apertura mentale…

Inviato

 

UN LEGNETTO IN UNA CASCATA: HAMPTON HAWES
Parte Terza:

Il Disertore


Hampton potrebbe facilmente sbarazzarsi del problema Corea; all’epoca l’esercito temeva che i soldati di colore rivolgessero le armi contro i propri commilitoni bianchi ed i provvedimenti di esonero per problemi psichici, fisici, presunta omosessualità, presunte malattie di vario genere, ed altre ragioni ancora, venivano firmati in continuazione. Un dato prudenziale, riferito alla metà degli anni ‘40, indica che la percentuale dei renitenti alla leva tra i giovani afroamericani superava il 35%. Bastava fingersi “qualcosa” ed il gioco era fatto. Il cantante Babs Gonzales si presentò al centro di reclutamento indossando biancheria intima femminile.

Esonerato.
Del resto c’era chi lo diceva apertamente di volersi schierare con il nemico; il trombettista Dizzy Gillespie, trovandosi davanti al medico militare, fece questo bel discorsetto: “Se mi mettete in prima linea e mi dite di sparare contro i tedeschi, che a differenza di voi non mi hanno mai fatto niente, è capace che “per caso” possa creare una situazione di “fuoco amico”...non so se mi spiego…”.

Esonerato.
Peraltro i soldati neri, un po’ per ragioni di pregiudizio un po’ per il timore di ritrovarseli “dall’altra parte”, raramente erano destinati ad incarichi in prima linea, ma più frequentemente venivano assegnati ai servizi nelle retrovie. Infine non dimentichiamo che Hampton è tossicodipendente.

C’è però una questione che annulla ogni considerazione precedente: il figlio del Sevener sin da piccolo ha sognato di indossare la divisa e di pilotare un monoposto Curtiss P-40; non ci pensa nemmeno di sottrarsi al suo dovere di patriota.
Il medico militare, notando i segni delle siringhe sulle braccia, gli offre una comoda via d’uscita: abbiamo scherzato, per me puoi anche andare a casa. Non se ne parla, l’aspirante pilota di Curtiss P-40 prega il medico di farlo restare.
E riesce a spuntarla.
E’ in caserma da pochi giorni, non ha un incarico, gironzola oppresso dalla noia. Un sergente deve recarsi per ragioni di servizio a San Francisco: - Lo accompagno io! -.
Partono con la Jeep d’ordinanza ma siccome il graduato è completamente fatto di droga, alla prima curva la Jeep va per conto suo, compie una serie di testa-coda e finisce tra gli alberi, tre metri sotto il ciglio della strada. Hampton passa il parabrezza con tutto il braccio e si procura un brutto taglio che raggiunge l’osso, mentre il sergente ci rimette la clavicola.
Quattro settimane più tardi è nuovamente in viaggio per San Francisco, questa volta in licenza, dove torna a rivedere Charlie Parker. Ormai l’antica amicizia è scomparsa e sono diventati concorrenti. No, non si fanno concorrenza sul piano musicale ma su quello della corsa alla dose giornaliera.

Il pianista ricorda che quando si tratta di procurarsi la dose, vige la legge del più forte e del più furbo.
Dopo quattro settimane di addestramento l’esercito si accorge che Hampton spara come un cecchino; il Sevener lo ha portato per anni a caccia con sé e ne ha ricavato un tiratore infallibile.
Veloce notazione personale: non so a voi ma a me ‘sto prete fa morir dal ridere.
Giunge la seconda licenza ed Hampton ha la bella idea di concedersi una proroga senza autorizzazione, pertanto rientra in servizio dopo oltre un mese; logicamente finisce davanti alla corte marziale che lo condanna a 90 giorni di carcere.
Siccome però non gli basta, in carcere ruba il fucile ad un agente penitenziario che lo perseguita e lo molesta in continuazione, e con il calcio ferisce l’uomo alla testa.

Altra condanna ma questa volta viene tradotto in un campo di detenzione nel deserto del Mojave, dove lo sbattono sotto ad un tavolaccio all’aperto, con quaranta gradi all’ombra. Praticamente lo infilano in un forno. Nel giro di poche ore il volto gli si riempie di vesciche ed è vicino a rimanerci secco; grazie all’intervento compassionevole del parroco militare ad un certo punto viene liberato. La moglie Jackie sporge denuncia per maltrattamenti presso il commando generale ed Hampton viene catapultato di tutta fretta a Fort Ord (vicino a Monterey), così in fretta che ci si dimentica di allegare all’ordine di trasferimento il carteggio che lo riguarda.

Per sovrappiù l’ufficiale che lo ha giudicato durante il secondo processo, muore improvvisamente di infarto.

E’ decisamente fortunato ‘sto ragazzo!
A Fort Ord non se la passa affatto male (è destinatario di incarichi fiduciari), ma si tratta di una breve parentesi: trascorse alcune settimane riceve l’ordine di partire per la Corea. Mentre è in viaggio, altro colpo di fortuna: gli Stati Uniti firmano l’armistizio. La nave sulla quale viaggia viene così dirottata in Giappone e lui assegnato al centro servizi e logistica di Asaka. All’epoca il Giappone era ancora occupato dalle forze alleate. Tenta di nuovo di disertare sennonché il comandante della caserma preferisce non deferirlo alla Corte Marziale, destinandolo alle pulizie delle camerate. Le numerose diserzioni hanno un solo scopo, trovare dosi di eroina. La sua dipendenza è nota e tuttavia nelle occasioni in cui si decide di ricoverarlo in infermeria, l’esercito lo “cura” col Demerol, ovvero lo stupefacente più in voga negli Stati Uniti prima che fosse introdotta l’eroina.
A Camp Drake, nella città di Asaka, diventa l’assistente di un sottoufficiale addetto all’accoglienza dei soldati statunitensi, anch’egli tossicodipendente. Questo tizio è capace di radunare 800 soldati in una sola volta sul piazzale della caserma e di spedire Hampton nelle camerate vuote, col compito di far sparire qualche macchina fotografica; il bottino viene successivamente ceduto ad una ricettatrice e così i due mettono assieme il denaro per le dosi di eroina.

Dopo due mesi di sostanziale inattività è nominato guardia dei fuochi; ciò significa che deve percorrere a piedi (con un bastone da montagna) il perimetro interno della caserma verificando che non vi siano focolai d’incendio. Appena dall’altra parte della recinzione c’è un’intera famiglia giapponese, tenutaria di un bordello a lui ben noto; i giovanissimi figli delle prostitute lo vengono a trovare, gli tengono compagnia e se ne ha bisogno gli lanciano una dose di qua della recinzione. Per queste persone Hampton è un fonte di reddito.

Ad Asaka si esibisce per caso in un locale pubblico e la voce arriva immediatamente alle orecchie delle alte sfere. C’è un tizio a Camp Drake che suona il pianoforte come un dio; pochi giorni dopo gli viene consegnato l’ordine di trasferimento, destinazione Yokohama, presso la banda militare della 289esima armata.
Ne diverrà il direttore stabile.
Giunto a Yokohama stringe amicizia con una bella ragazza giapponese che dice di chiamarsi Be-Bop e mostra di capirne di Jazz. Lo porta al Club Harlem (a Yokohama!) gestito da un americano di nome Ray Bass; qui incontra il contrabbassista palestinese Nabil Totah, nonché una bravissima pianista giapponese, Toshiko Akiyoshi, che suona come fosse nata a Kansas City e lo chiama per nome: “Sei Hampton Hawes, conosci Bud Powell?”. Hampton non riesce a credere che il Jazz, la sua musica, sia arrivato fino in Giappone!

Alberto.

  • Thanks 1
giorgiovinyl
Inviato

z

Il 22/9/2024 at 10:20, OTREBLA ha scritto:

Liberamente tratto dalle memorie di Hampton Hawes, tradotte dall’Inglese dal sottoscritto (facendo una fatica enorme, perché il mio Inglese fa pietà).

Sarebbe stato meglio pubblicare direttamente in inglese stralci delle memorie di Hampton Hawes, non solo avrebbe fatto meno fatica il "traduttore" ma anche i lettori ne avrebbero tratto giovamento

analogico_09
Inviato

@capodistelle Una curiosità, chiedo fuor di polemica e di maliziosi sospetti, ma i "saggi" verosimilmente nozionistici che condividi sono il frutto delle tue conoscenze personali oppure mutuati da altre fonti che non vengono citate? Qui, parlo in generale, mi sembra che si voglia trasformare il forum di discussioni, dello scambio delle idee tra utenti che condividono le proprie idee, le proprie convinzioni critiche a volte anche accompagnate dalle avvaloranti opinioni degli illustri "addetti ai lavori", in una sorta di calderonica agenzia stampa culturale nella quale riversare, in italiano proprio o tradotto dall'inglese, quanto sia possibile leggere nel web e nei libri.

 

Da questa giungla di informazioni sommarie e generalizzanti che trovo personalmente dispersive - se ne sta parlando anche nel topic dedicato al jazz in modo più specifico - mi è balzato all'occhio la seguente affermazione:

 

Il 5/10/2024 at 15:00, capodistelle ha scritto:

Anche se Hawes e Dolphy avevano stili musicali molto diversi, è interessante notare come entrambi fossero pionieri nell'ampliare i confini del jazz. Hawes era noto per il suo approccio ritmico complesso e la sua capacità di inserire elementi di blues e gospel nel bebop, mentre Dolphy esplorava nuove tecniche e sonorità con strumenti come il flauto e il clarinetto basso, spingendosi verso il free jazz. Entrambi, quindi, rappresentavano una spinta verso l'innovazione, pur venendo da punti di vista stilistici differenti.

 

Mi sembra scontato, lapalissiano sostenere che Hawes e Dolphy, due musicisti diversi contribuissero ciascuno con proprio stile, il proprio linguaggio, la propria estetica ad ampliare i confini del jazz, ma questo lo si potrebbe anzi lo si dovrebbe dire dire di tanti altri musicisti che abbiano contribuito all'evoluzione del jazz ciascuno a "modo" e "motu" proprio (la lista dei nomi si farebbe assai lunga) è fatalmente ovvio, è l'abc più elementare della storia e della natura del jazz. Non serve sprecarci troppo inchiostro per spiegare ciò che si spiega da se', si potrebbero prendere invece in  esame le singole individualità musicali che contribuirono a definire un "genere", uno stile, un mood jazzistico condiviso all'interno del quale ciascun "contributore" faceva salva e rivendicava la sua propria, distinta identità artistica e poetica  che metteva a "servizio" degli altri musicisti ovvero del "genere" musicale di comune appartenenza.

Anche nel jazz di Dolphy che spingeva verso il free vi erano gli elementi del blue e della altre forme musicali afroamericane ovviamente "attualizzate", come pure in Coltrane, Sun Ra, Braxton, Sheep, Ayler,  e in tanti altri freeman più "spinti"...  Se ne potrebbero fare vari esempi ma non è in questo topic che intendo affrontare tali questioni.
 

 

 

 



 

analogico_09
Inviato
Il 5/10/2024 at 20:33, capodistelle ha scritto:

Il mio intervento coinvolgendo ChatGTP

 

 

Rileggo ora, prima mi era sfuggito, quindi la fonte delle voci enciclopediche  postati era stata citata ma non ho idea di chi sia questa chatGTP che viene interrogata e da' i suoi responsi cumani... :classic_rolleyes: Io sono antico, sono rimasto ai responsi giusti o sbagliati che uno da' a se stesso avendo studiato, conoscendo un poco in proprio gli argomenti. Noin so' di oracoli.

capodistelle
Inviato

@analogico_09 ChatGTP ovvero intelligenza artificiale. Prova a chiedergli la recensione di un disco, magari nello stile del critico musicale Arrigo Polillo o se preferisci Franco Fayenz , potrebbe sorprenderti. Chiaramente vuoleva essere un gioco. 

analogico_09
Inviato

@capodistelle Grazie del suggerimento , ma all'intelligenza artificiale potrei chiedere consiglio sul modo migliore di pelare le patate di imparare a giocare a tennis, o come riparare un computer, il motore di un'autovettura, altri oggetti, etc. in fatto di musica, di arte, di cultura seguiterò a confrontarmi sul piano naturale dello scambio delle idee umane tra persone in carne ed ossa, a studiare, approfondire le materie di mio interesse attravreso i libri cartacei o trasferiti nei file, nel web scritti , curati da una "N.I."

:classic_cool:

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